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I Sepolcri di ugo foscolo riassunto

ugo foscolo
Corso

Letteratura italiana  (005048)

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Anno accademico: 2018/2019
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Università degli Studi di Bari Aldo Moro

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I SEPOLCRI Ugo Foscolo PARAFRASI “Siano rispettati i diritti dei Mani” massima di Cicerone. I Manes sono le anime dei defunti Il carme inizia con una domanda retorica: la tomba può offrire conforto al sepolto? La morte (sonno della morte) è forse meno doloroso (men duro) all’ombra dei cipressi e dentro le tombe (urne) consolate dal pianto [dei vivi]? Quando (ove) il sole avrà smesso per me di fecondare il creato (questa bella d'erbe famiglia e d'animali - iperbato), quando l’avvenire attraente per le vagheggiate promesse avrà perso ogni seduzione (vaghe…future), né udirò più te, Pindemonte (dolce amico), [recitare] i tuoi versi (il verso) e l’armonia malinconica che li ispira (lo governa), né più nel cuore sentirò l’ispirazione (spirto) delle Muse e dell’amore, unica consolazione della mia vita errabonda (mia vita raminga – perché esule), quale consolazione sarà per la vita finita (qual…perduti) una lapide (sasso – pietra sepolcrale) che distingua i miei resti dagli infiniti altri (le mie dalle infinite ossa) che la morte sparge (semina) in terra e in mare? È proprio vero Pindemonte ! anche la speranza, ultima dea (così era definita dai latini, l’ultima ad abbandonare l’uomo), fugge le tombe (si dilegua cioè l’ultima illusione di immortalità affidata appunto al sepolcro): la dimenticanza circonda (involve) tutte le cose nella sua tenebra (notte); e una forza attiva le trasforma (le affatica) incessantemente di movimento in movimento; e il tempo tramuta (traveste) sia l’uomo sia le sue tombe sia le ultime tracce (sembianze) sia ciò che resta (reliquie) della terra e del cielo. Ma perché l’uomo dovrebbe privarsi (invidierà – da invidere latinismo) prima del tempo dell’illusione che [una volta] morto (spento) lo trattiene [gli fa credere di fermarsi] ancora sulle soglie dell’oltretomba (limitar di Dite) ? Egli [l’uomo da morto] non vive forse anche sotto terra, quando gli sarà [divenuta] impercettibile (muta) l’attrattiva della vita (l’armonia del giorno, cioè la vita perduta), se può risvegliarla (destarla) nella mente dei suoi [cari] attraverso il culto della memoria (soavi cure: la cura delle tombe) ? Questa corrispondenza di sentimenti (sensi – lat.) amorosi è divina (celeste), è una dote divina negli uomini; e grazie a lei (per lei) si vive con l’amico morto e il morto [vive] con noi, se la sacra terra (se pia la terra) che lo ha accolto neonato e lo ha nutrito, porgendo l’ultimo asilo nel suo grembo materno, renda inviolabili (sacre) le sue spoglie dalle intemperie (dagli insulti delle nuvole - insultar de’ nembi) e dal piede profanatore degli uomini, e un sasso [la pietra sepolcrale] conservi il nome, e un albero (arbore – latinamente al femminile) amico profumato di fiori consoli le ceneri con la sua dolce ombra. Solamente chi non lascia eredità di affetti [chi muore senza legami affettivi] ha poca gioia nella tomba; e se solo guarda (mira) oltre la [propria] sepoltura (in un mondo ultraterreno), vede la propria anima (spirto) vagabondare (errar) in mezzo al dolore (compianto) dei luoghi infernali (templi acherontei - si riferisce agli Acherousia Templa di Lucrezio), o rifugiarsi sotto le grandi ali del perdono di Dio: ma lascia le sue ceneri (sua polve) alle ortiche di una terra (gleba) deserta dove non prega [nessuna] donna innamorata, né [alcun] passante solitario ode il sospiro che la natura manda a noi dalla tomba. Tuttavia (pur) una nuova legge [l’editto di Saint-Cloud] oggi impone che le tombe siano fuori dagli sguardi pietosi [fuori dai centri abitati], e toglie (contende) la fama (il nome) ai morti. E giace senza tomba il tuo sacerdote (si riferisce a Parini che non ebbe una tomba), o Talia (musa della poesia satirica), che poetando per te coltivò (educò – lat.) con lungo amore un lauro (l’alloro pianta sacra alle Muse) nella sua povera casa (povero tetto – allude alle modeste condizioni di Parini), e ti consacrò molte opere (t'appendea corone metafora); e tu (Musa) abbellivi del tuo sorriso le sue poesie che criticavano (pungean) i viziosi aristocratici lombardi (Sardanapalo leggendario Re d’Assiria ricco e dissoluto è assunto per antonomasia a rappresentare la grassa nobiltà lombarda – lombardo Sardanapalo indica il “giovin Signore” protagonista del Giorno pariniano - vv/58 iperbato), a cui è gradito solo il muggito dei buoi che dalle rive dirupate dell’Adda (antri abdüani) e del Ticino gli consentono (lo fan) un’esistenza pingue e oziosa. Dove sei tu? O bella Musa fra queste piante (i giardini di Porta Venezia a Milano) dove io siedo e ricordo con desiderio la mia casa materna non sento profumare (spirar) l’ambrosia (il profumo d’ambrosia indica la presenza della Musa), indizio della tua divinità. Eppure tu venivi e gli sorridevi [Parini] sotto quel tiglio che ora con fronde tristi va fremendo, o Dea, perché non copre la tomba del vecchio [Parini] al quale in passato era generoso (cortese) dispensatore di pace e di ombra. Forse tu [Musa] cerchi vagando (vagolando) fra le tombe umili (plebei tumuli) dove dorma [dove sia sepolta] la sacra testa del tuo Parini? La città [Milano], immorale (lasciva), amante (allettatrice) di cantanti castrati (oggetto di critica nell’ode pariniana La musica), non pose in suo onore alberi (non ombre pose – metonimia: ombre vale per piante) tra le sue mura, né lapidi (pietra), né iscrizioni (parola); e forse il ladro che scontò sul patibolo i delitti gli insanguina le ossa con la testa mozzata (l’ossa…delitti). [Tu Musa], senti raspare fra le macerie e le sterpi (bronchi) la cagna randagia che va errando (ramingando) sulle fosse e ululando per la fame; e l’upupa uscire dal teschio, dove fuggiva la notte (luna), e svolazzare intorno alle croci sparse per il camposanto e [senti] l’uccello immondo (la Bibbia la cataloga tra gli “uccelli immondi”) rimproverare con il [suo] verso funebre (luttuoso singulto) i raggi pietosi che le stelle donano alle sepolture dimenticate [e quindi senza lumi]. O Dea, preghi inutilmente [che] sul tuo poeta [Parini] [cadano] rugiade dalla notte tetra (squallida). Ahi! Sui morti non sorge [nessun] fiore, quando (ove) non sia onorato da lodi umane e da pianto affettuoso. Dal giorno in cui nozze, leggi (tribunali) e religione (are) [cioè la civiltà] fecero sì che gli uomini primitivi (umane belve) divenissero pietose verso se stesse e verso gli altri, i vivi sottraevano all’aggressione degli agenti atmosferici (etere maligno) e delle belve (fere) i miseri resti [i corpi dei morti] che la natura con continue metamorfosi (veci eterne) destina ad altre forme (sensi altri). Le tombe erano testimonianza delle glorie (fasti), e altari (are) per i figli; e da esse uscivano i responsi delle anime dei defunti (domestici Lari) [i trapassati diventavano divinità tutelari della casa ed elargivano ammonimenti e presagi] , e il giuramento sulle tombe degli avi fu considerato sacro: culto (religion) che le virtù civili e la pietà per i congiunti (pietà congiunta - ipallage) tramandarono (tradussero – lat.) per lungo tempo (lungo ordine d’anni). Non sempre le lapidi sepolcrali fecero da pavimento alle chiese (templi); né il puzzo (lezzo) dei cadaveri mescolato (avvolto) agli incensi contaminò i fedeli (supplicanti); né le città furono rattristate (meste) da scheletri disegnati: le madri si svegliano nel sonno terrorizzate (balzan ne’ sonni esterrefatte), e protendendo le nude braccia sulla testa amata del loro caro lattante così che non lo svegli il gemere prolungato della persona morta che chiede dal Santuario agli eredi le messe a pagamento (venal prece – messe di suffragio per abbreviare la sua permanenza in purgatorio). Ma (ma segna un cambio di tono e dalla concitazione dei versi precedenti si passa alla serenità e calma dei versi che seguono) cipressi e cedri [alberi che si facevano crescere anticamente vicino alle tombe], riempiendo l’aria (i zefiri) di profumi (puri effluvi), stendevano sulle tombe il verde perenne [delle loro fronde] per eterna memoria, e vasi preziosi raccoglievano le lacrime offerte in voto. Gli amici [del defunto] rapivano una scintilla al sole [accendevano una lampada] per illuminare il sepolcro (sotterranea notte), perché gli occhi dell’uomo morendo cercano il sole; e tutti i petti [dei moribondi] rivolgono l’ultimo sospiro alla luce fuggente (iperbato). (patrii Numi) della patria [per averla abbandonata], vagava silenzioso dove l’Arno è più deserto, osservando desideroso i campi e il cielo; e poiché nessun incontro (vivente aspetto) gli leniva (molcea) l’affanno (la cura), [egli], severo, si fermava qui; e sul volto aveva il pallore della morte e la speranza. [Alfieri] è sepolto (abita) in eterno con questi grandi [perché è sepolto a Santa Croce nella tomba scolpita da Canova]: e le ossa emanano amore di patria. Ah si! Un Nume (personificazione dell’amore di Patria) parla di quella pace sacra (religiosa) e ispirò il valore e l’ira dei greci contro i persiani a Maratona, dove Atene consacrò le tombe ai suoi caduti. Il navigatore che navigò a vela quel mare [l’Egeo] sotto [l’isola] Eubea [detta anche Negroponte, sta di fronte a Maratona], vedeva nella vastità buia balenare scintille di elmi e di spade che si scontrano (cozzanti brandi), [vedeva] i roghi [le pire - per bruciare i cadaveri] fumare vapore di fuoco (igneo vapor), [vedeva] fantasmi (larve) di guerrieri scintillanti (corrusche) di armi di ferro cercare lo scontro (cercar la pugna); e nell’orrore dei silenzi notturni si spargeva nei campi un lungo frastuono (lungo…tumulto - iperbato) di eserciti e un suono di trombe (tube) e un [rumore prodotto dall’] incalzare di cavalli che corrono scalpitando sugli elmi dei moribondi, e pianto, ed inni, e il canto della Parche. O Ippolito, felice te, che in gioventù (a’ tuoi verdi anni) percorrevi l’ampio regno dei venti! [fa riferimento al viaggio di Pindemonte a Malta e in Grecia] E se il pilota (piloto) guidò la nave (drizzò l’antenna) oltre le isole Egèe, certo udisti le coste dell’Ellesponto [stretto dei Dardanelli] [ri]suonare di antichi fatti, e [udisti] la corrente rimbombare portando le armi di Achille alle coste del Capo Reteo sopra le ossa di Aiace: la morte è giusta dispensatrice di gloria verso i valorosi; né l’astuta intelligenza, né il favore dei re (Agamennone e Menelao) conservavano a Ulisse (Itaco) le difficili spoglie [le armi di Achille] (spoglie ardue perché di faticosa conquista), poiché l’onda incitata dagli dei dell’oltretomba (inferno Dei) le ritolse alla nave errabonda (poppa raminga, cioè alla nave di Ulisse destinata a lunghe peregrinazioni). E le Muse, animatrici del pensiero umano (del mortale pensiero animatrici), chiamano me ad evocare gli eroi [greci], me che i tempi [malvagi] e il desiderio di onore fanno andare esule fra popolazioni diverse (diversa gente). Le Muse (le Pimplèe – così dette dal Monte Pimpla ad esse sacro) siedono custodi dei sepolcri, e quando il tempo con le sue fredde ali vi distrugge perfino le rovine (vi spazza fin le rovine), allietano i deserti con il loro canto, e l’armonia supera il silenzio di mille secoli. E oggi nella Troade [la regione dove sorgeva Troia] desertica (inseminata – lerreralmente “sterile”) splende eternamente [davanti] ai viaggiatori un luogo eterno [il sepolcro dell’Ilo antico Dardanide] grazie alla ninfa (per la ninfa [Elettra]) di cui Giove fu sposo e [che] diede a Giove il figlio Dàrdano [fondatore do Troia], da cui derivano (onde fur) Troia e Assàraco e i cinquanta letti nunziali (talami) [dei cinquanta figli sposati di Priamo] e il regno della popolazione discendente da Iulo [i Romani] (il regno della giulia gente). Eterno per il fatto che (Però che – va riferito a eterno: spiega il motivo dell’eternità dei vv-236) quando Elettra udì la Parca [Atropo – che taglia il filo della vita] che la chiamava dalle vitali brezze (aure) del giorno [dalla vita] alle danze dell’Eliso [nell’oltretomba], rivolse a Giove l’ultima preghiera (voto supremo): E se – diceva - a te furono cari i miei capelli e il [mio] viso e le dolci notti (vigilie), e la volontà del destino non mi concede (assente) premio [sottinteso: del mio amore] migliore [della morte], almeno proteggi (guarda) dal cielo l’amante morta [la sua tomba], così che resti memoria della tua Elettra. Così pregando moriva. E Giove (l’Olimpio cioè abitatore dell’Olimpo) piangeva di ciò; e assentendo col capo immortale (l’immortal…accennando) faceva piovere dai capelli ambrosia sulla ninfa, e fece sacri quel corpo e la sua tomba. Qui ebbe sepoltura (posò) Erittonio [figlio di Dardano ed Elettra], e riposano i resti del giusto Ilo [fratello di Assaraco e pronipote di Erittonio, da Omero detto giusto]; qui le donne troiane scioglievano i capelli inutilmente – ahi! - scongiurando di allontanare (deprecando) l’imminente destino [la morte] dai loro mariti; qui venne Cassandra [figlia di Priamo condannata da Apollo a predire il futuro senza essere creduta], quando Apollo (il Nume) [entratole] in petto le faceva predire la fine (il dì mortale) di Troia; e cantò ai morti (all’ombre) un canto (carme) d’amore e [vi] guidava i nipoti, e l’insegnava (apprendeva) ai giovanetti il lamento amoroso. E [Cassandra] diceva sospirando [ai nipoti]: O se mai il cielo vi consentirà di ritornare dalla Grecia (d’Argo – metonimia) dove nutrirete (pascerete) i cavalli [sarete cioè schiavi] di Diomede (Tidide – figlio di Tideo) e del figlio di Laerte [Ulisse], invano cercherete la vostra patria! Le mura, opera di Apollo (Febo) [in realtà fu Laomedonte aiutato da Febo e Poseidone], fumeranno sotto le loro rovine (reliquie). Ma le divinità tutelari (i Penati) di Troia avranno dimora in queste tombe; perché è un dono degli dei conservare (servar) la fama (altero nome) [anche] nelle sventure (miserie). E voi palme e cipressi [simboli del valore e della morte] che le nuore di Priamo piantano, e [che] crescerete presto – ahi!- innaffiati di lacrime vedovili, proteggete i miei avi: e chi, pietoso (pio), asterrà la scure dalle fronde consacrate (devote) si addolorerà meno (men si dorrà) per la perdita di persone care (consanguinei lutti) e toccherà santamente l’altare. Proteggete i miei avi. Un giorno vedrete un cieco mendicante [Omero] aggirarsi sotto le vostre ombre antichissime, e penetrare nei loculi (avelli) a tentoni (brancolando), e abbracciare le urne, e interrogarle. Le cavità nascoste gemeranno, e tutte le tombe narreranno (personificazione) di Troia (Ilio), distrutta (raso) due volte [da Ercole e dalle Amazzoni] e due risorta splendidamente sulle vie silenziose (su le mute vie – cioè sulla vita spenta dalla distruzione precedente) per rendere più bella la vittoria finale (ultimo trofeo) ai figli di Peleo [Achille e Pirro, cioè i greci] (Pelidi) mandati dal fato (fatati). Il poeta [Omero] (sacro vate), consolando con il suo canto quelle anime (alme) afflitte [i troiani], renderà eterna in tutto il mondo (per quante abbraccia terre il gran padre Oceano – Oceano è il fiume che secondo i greci scorreva ai margini dei continenti) la memoria dei principi Achei (prenci argivi) vittoriosi. E anche tu Ettore, avrai l’onore del pianto ovunque (ove) sarà santo e degno di lacrime (lagrimato) il sangue versato per la patria [dovunque vi sarà civiltà], e finché il sole risplenderà sulle sciagure umane [finché durerà l’uomo]. Analisi e commento: Carme in forma di Epistola in versi sciolti. Destinatario: Pindemonte, poeta neoclassico, autore di poesie di gusto cimiteriale). Occasione: EDITTO DI SAINT-CLOUD (1806 In Italia): Napoleone stabilì: cimiteri fuori dalle città e nessun titolo nobiliare sulle lapidi (spirito egualitario Rivoluzione francese). I riferimenti classici si compongono di: rinvii mitologici (per es. ai vv/253 il mito di Giove ed Elettra o ai vv/225 l’episodio delle armi di Aiace), reminiscenze di testi antichi, forme latineggianti. Metrica: Carme in endecasillabi sciolti. Il linguaggio poetico è difficile ed a volte oscuro sia a livello lessicale e sintattico sia per i numerosi riferimenti a fatti, persone e testi della letteratura antica. Numerosi gli enjambements.

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morte) è forse meno doloroso (men duro) all’ombra dei cipressi e dentro le tombe (urne) consolate dal
pianto [dei vivi]? Quando (ove) il sole avrà smesso per me di fecondare il creato (questa bella d'erbe
famiglia e d'animali - iperbato), quando l’avvenire attraente per le vagheggiate promesse avrà perso ogni
seduzione (vaghe…future), né udirò più te, Pindemonte (dolce amico), [recitare] i tuoi versi (il verso) e
l’armonia malinconica che li ispira (lo governa), né più nel cuore sentirò l’ispirazione (spirto) delle Muse e
dell’amore, unica consolazione della mia vita errabonda (mia vita raminga – perché esule), quale
consolazione sarà per la vita finita (qual…perduti) una lapide (sasso – pietra sepolcrale) che distingua i miei
resti dagli infiniti altri (le mie dalle infinite ossa) che la morte sparge (semina) in terra e in mare?
È proprio vero Pindemonte ! anche la speranza, ultima dea (così era definita dai latini, l’ultima ad
abbandonare l’uomo), fugge le tombe (si dilegua cioè l’ultima illusione di immortalità affidata appunto al
sepolcro): la dimenticanza circonda (involve) tutte le cose nella sua tenebra (notte); e una forza attiva le
trasforma (le affatica) incessantemente di movimento in movimento; e il tempo tramuta (traveste) sia
l’uomo sia le sue tombe sia le ultime tracce (sembianze) sia ciò che resta (reliquie) della terra e del cielo.
Ma perché l’uomo dovrebbe privarsi (invidierà – da invidere latinismo) prima del tempo dell’illusione che
[una volta] morto (spento) lo trattiene [gli fa credere di fermarsi] ancora sulle soglie dell’oltretomba (limitar
di Dite) ?
Egli [l’uomo da morto] non vive forse anche sotto terra, quando gli sarà [divenuta] impercettibile (muta)
l’attrattiva della vita (l’armonia del giorno, cioè la vita perduta), se può risvegliarla (destarla) nella mente dei
suoi [cari] attraverso il culto della memoria (soavi cure: la cura delle tombe) ? Questa corrispondenza di
sentimenti (sensi – lat.) amorosi è divina (celeste), è una dote divina negli uomini; e grazie a lei (per lei) si
vive con l’amico morto e il morto [vive] con noi, se la sacra terra (se pia la terra) che lo ha accolto neonato e
lo ha nutrito, porgendo l’ultimo asilo nel suo grembo materno, renda inviolabili (sacre) le sue spoglie dalle
intemperie (dagli insulti delle nuvole - insultar de’ nembi) e dal piede profanatore degli uomini, e un sasso
[la pietra sepolcrale] conservi il nome, e un albero (arbore – latinamente al femminile) amico profumato di
fiori consoli le ceneri con la sua dolce ombra.
Solamente chi non lascia eredità di affetti [chi muore senza legami affettivi] ha poca gioia nella tomba; e se
solo guarda (mira) oltre la [propria] sepoltura (in un mondo ultraterreno), vede la propria anima (spirto)
vagabondare (errar) in mezzo al dolore (compianto) dei luoghi infernali (templi acherontei - si riferisce agli
Acherousia Templa di Lucrezio), o rifugiarsi sotto le grandi ali del perdono di Dio: ma lascia le sue ceneri (sua
polve) alle ortiche di una terra (gleba) deserta dove non prega [nessuna] donna innamorata, né [alcun]
passante solitario ode il sospiro che la natura manda a noi dalla tomba.
Tuttavia (pur) una nuova legge [l’editto di Saint-Cloud] oggi impone che le tombe siano fuori dagli sguardi
pietosi [fuori dai centri abitati], e toglie (contende) la fama (il nome) ai morti. E giace senza tomba il tuo
sacerdote (si riferisce a Parini che non ebbe una tomba), o Talia (musa della poesia satirica), che poetando
per te coltivò (educò – lat.) con lungo amore un lauro (lalloro pianta sacra alle Muse) nella sua povera casa
(povero tetto – allude alle modeste condizioni di Parini), e ti consacrò molte opere (t'appendea corone -
metafora); e tu (Musa) abbellivi del tuo sorriso le sue poesie che criticavano (pungean) i viziosi aristocratici

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