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giacomo leopardi un poeta, filosofo, scrittore, filologo italiano.
Corso: Italiano (5555)
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Università: Scuola Normale Superiore di Pisa
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GIACOMO LEOPARDI
Giacomo Leopardi nasce il 29 giugno del 1798 a Recanati. Precocemente, a soli
dieci-undici anni, Giacomo, compone già vari testi poetici, le prime prose,
traduce le odi di Orazio. Seguono sette anni di ‘studio matto e disperatissimo’
come li definisce il poeta stesso, che ne compromettono irrimediabilmente la
salute. Nasce in questi anni di reclusione nella biblioteca paterna una
vocazione alla filologia. Nel 1817 Leopardi inizia a stendere gli appunti dello
Zibaldone, il cosiddetto “libraccio di pensieri”, questo era infatti un
quaderno degli appunti in cui Leopardi riportava tutte le sue riflessioni
personali. Non era intenzione di Leopardi pubblicarlo ma egli intendeva
custodirlo come un trattato morale, nel 1827 però sollecitato dall’editore
Stella, Leopardi iniziò a redigere un indice tematico in cui appunto, classificò i
principali nuclei tematici con lo scopo di costituirne un dizionario del sapere al
pari di quello che fu, ad esempio il “Dizionario filosofico di Voltaire”. Il progetto
non si concluse e finì nelle mani dell’amico Ranieri che non diede la giusta
importanza all’opera e lo regalo a due donne di servizio. Solo alcuni anni dopo
fu riscattato dallo Stato Italiano. Nello Zibaldone si concentra l’intero pensiero
filosofico leopardiano che ruota intorno al concetto di uomo-natura e che
confluisce nel cosiddetto “pessimismo leopardiano”, il quale a sua volta si
può suddividere in tre fasi: pessimismo storico, cosmico ed eroico. La fase del
“pessimismo storico” inizia con l’intervento di Leopardi nella polemica fra
classicisti e romantici. A rispondere, in nome dei classicisti, furono Pietro
Giordani e lo stesso Leopardi, infatti scrive Leopardi nello Zibaldone che la
ragione è nemica della natura: la natura è grande, la ragione è
piccola. Questa riflessione lo porta a elaborare il concetto di “pessimismo
storico”. La Natura ha creato gli uomini felici perché li ha dotati della fantasia,
che permette loro di non vedere i mali della vita; ma il progresso e la civiltà
hanno dato sempre più spazio alla Ragione, che ha tolto all'uomo la fantasia e
quindi la capacità di illudersi e di sperare. Gli antichi erano felici perché
sapevano immaginare e traducevano questa capacità in grandi azioni eroiche; i
moderni sono invece prigionieri di un mondo angusto, teso solo al
soddisfacimento dei beni materiali. In questo periodo Leopardi, partendo dalla
riflessione sull’infelicità, elabora una “teoria del piacere” secondo la quale
“l'amor proprio”, cioè l’amore che ogni persona ha per sé stessa è anche la
causa della sofferenza; infatti questo amore ci porta a desiderare un piacere
infinito, destinato a non poter essere mai interamente soddisfatto. Alla questa
prima fase pessimistica corrispondono i “piccoli Idilli”, un gruppetto di liriche
in endecasillabi sciolti, il termine idillio rimanda alla poetica greca in cui era
presente un quadretto naturale, infatti idillio significa proprio “piccolo
quadro”. Queste opere, oltre ad essere molto importanti nella letteratura
leopardiana lo sono anche in generale per quella italiana perché con esse viene
inaugurata la cosiddetta “canzone libera”, Leopardi infatti, a differenza di
altri autori come ad esempio, Petrarca, non segue uno schema preciso ma
decide di utilizzare versi sciolti endecasillabi o settenari, accanto ai quali
pone come figura retorica di spicco l’enjambement, la quale fornisce
musicalità alla poesia. Il tema di questi Idilli è legato parecchio al piano della