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Riassunto Le lingue e il linguaggio

Riassunto dei capitoli richiesti dalla Prof.ssa Giorgi
Corso

Linguistica Generale Mod. 1 Classe 1 (LT0240)

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Anno accademico: 2015/2016
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Università Ca' Foscari Venezia

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CHE COS'È IL LINGUAGGIO?

La linguistica, il linguaggio e i linguaggi

Esistono tanti tipi di linguaggio: degli animali, del computer, umano, ecc. Tutti questi linguaggi hanno tuttavia molte differenze ma anche una cosa in comune: sono sistemi di comunicazione, ovvero trasmettono informazioni da un individuo (emittente) ad un altro (ricevente), quindi i linguaggi hanno tutti la stessa funzione (comunicazione) ma strutture diverse. La linguistica è lo studio scientifico del linguaggio umano. Scientifico perché si basa sulla:

  • formulazione di ipotesi generali che rendano ragione di una molteplicità di fatti particolari;

  • formulazione univoca con termini specifici e la possibilità di fondarsi su esperimenti

ripetibili in modo da verificare la veridicità di tali ipotesi.

Solo così si possono rendere validi i risultati. Dunque la linguistica deve formulare ipotesi generali

sulla struttura del linguaggio ricorrendo ad una terminologia precisa ecc.

La linguistica è una disciplina descrittiva e non normativa perché il suo compito non è dire come si deve parlare (questo è compito delle grammatiche, ad esempio), ma spiegare e descrivere i meccanismi che stanno alla base del comportamento linguistico degli esseri umani (ergo, non cosa si deve dire ma come viene detto). La linguistica, in tal senso, ha un fine conoscitivo. Ogni lingua ha una varietà d'uso, cioè cose che possono essere dette nel parlato ma non scritte.

Caratteristiche proprie del linguaggio umano (o naturale)

Il linguaggio umano si distingue dagli altri tipi di linguaggio perché è:

  • discreto: i suoi elementi si distinguono gli uni dagli altri grazie a limiti ben definiti (ex patto-batto), mentre ad esempio il linguaggio degli animali è continuo, ovvero presenta una variazione graduale del segnale senza fratture nette;
  • articolato: le parole sono formate da entità più piccole, i fonemi, che ci permettono di formulare un numero altissimo di segni (entità che hanno un significante ed un significato.) nonostante essi siano pochi. I fonemi, pur non avendo significato da soli, in questo senso, ci permettono di distinguere i significati: ex: Batto – Patto – Ratto. Questo fenomeno si chiama doppia articolazione;
  • ricorsivo: il linguaggio umano può formulare una potenziale infinità di segni (mentre quello animale no), dunque una creazione continua non solo di parole ma anche di frasi. Questo fenomeno si chiama meccanismo della ricorsività. Da una frase semplice, volendo, si possono formare frasi sempre più lunghe e complesse (frase principale + una o più frasi subordinate), solo che per questioni di tempo e memoria, la capacità di formulare frasi infinite è possibile solo nella teoria; C'è un contrasto tra competenza ed esecuzione. Sembra che solo gli esseri umani abbiano la capacità di acquisire un sistema di comunicazione ricorsivo. Ergo il linguaggio umano è un sistema altamente specializzato e dotato di proprietà specifiche del sistema (possedute solo da esso) e della specie (possedute solo dall'uomo).
  • dipendente da struttura: gli umani comprendono le frasi attraverso le nozioni intuitive di grammaticalità e agrammaticalità (agrammaticale non significa sbagliato ma mal formato da un parlante nativo). Tale comprensione avviene anche se gli elementi sono molto distanti tra di loro ma concordati. In ogni caso è dipendente dalla struttura, non da unioni di parole casuali. Linguaggi come quello informatico invece si dicono indipendenti da struttura perché il valore di ogni elemento è determinato da quello immediatamente vicino. Dagli studi condotti con le scimmie hanno dimostrato l'assenza della ricorsività nei linguaggi animali. A parte le differenze fisico‐biologiche riguardanti gli organi fonatori e quindi l'incapacità degli animali di riprodurre i suoni umani, le scimmie non hanno inoltre la capacità di formulare frasi complesse, apprendendo solo se fortemente stimolate, a differenza degli umani, la cui capacità risulta innata. Il sistema di comunicazione usato tra le scimmie e i ricercatori dunque, è un altro tipo di linguaggio, non umano.

Linguaggio e lingue

Il linguaggio è la capacità comune agli esseri umani di sviluppare un sistema di comunicazione, mentre le

lingue naturali in generale, che sono tante quante le culture esistenti, sono tutte modi diversi di mettere in atto il linguaggio umano (cioè la forma specifica che questo sistema di comunicazione assume nelle diverse comunità). Le lingue sono diverse, ma sempre entro certi limiti (cioè quelli dettati dal linguaggio come capacità umana specifica) perché, in quanto varie espressioni dello stesso linguaggio, hanno elementi comuni, chiamati universali linguistici, mentre presentano differenze sia da lingua a lingua che tra gruppi di lingue riguardanti principalmente l'ordine delle parole (o gli elementi principali della frase) ed il sistema fonologico/fonetico. Esempio di universale linguistico: ricorsività e dipendenza dalla struttura. La variazione tra lingue è limitata da un ambito limitato di scelte possibili.

CHE COS'È UNA LINGUA?

La lingua è un sistema di sistemi, cioè articolato su più livelli linguistici:

  • fonologia: livello dei suoni;

  • morfologia: livello delle parole;

  • sintassi: livello della frase;

  • semantica: livello del significato. Le unità di ogni livello sono interdipendenti.

Scritto e parlato

Secondo la linguistica la lingua parlata è più importante della scritta per alcune ragioni:

  1. nessuna lingua nasce esclusivamente scritta, anzi, ci sono (state) lingue esclusivamente parlate, come ad esempio il Somalo, il cui alfabeto è stato creato negli anni '70;
  2. il bambino impara a parlare senza bisogno di alcun insegnamento, mentre per imparare a scrivere ha bisogno di esercizio;
  3. le lingue cambiano con il tempo e i cambiamenti avvengono sempre prima nel parlato e solo dopo, eventualmente, vengono registrati nello scritto. Le lingue prevalentemente scritte (ad esempio l'Italiano fino all'Unità o il latino) tengono a freno il naturale mutamento, dunque non progrediscono e tanto meno si arricchiscono. Gli alfabeti spesso nascono in ritardo rispetto alla lingua parlata e alla sua evoluzione, in più, anche in virtù di questa ragione, possono essere contraddittori rispetto alla lingua parlata (vedi l'Inglese: F= ph, f).

Astratto & concreto A seconda del posizionamento degli organi fonatori, del tono, ecc, non possiamo riprodurre lo stesso suono nello stesso identico modo, perciò si ricorre alla distinzione tra due livelli: astratto ( è quello che ci interessa) e concreto (non fa parte della linguistica). Questi due livelli ci fanno identificare i livelli di pertinenza. Esempio:

  • astratto /a/ -→distinzione linguistica perchè da essa dipende la distinzione tra parole diverse i→ fenomeni sono pertinenti.
  • concreto [a1] [a2] [a3] [an] (lo stesso suono riprodotto in modo diverso)

Langue e parole de Saussure fa la distinzione tra: langue e parole, rapporti associativi e sintagmatici, significante e significato, sincronia e diacronia. La langue è un atto collettivo e astratto, mentre la parole è un esecuzione linguistica individuale e concreta. (A produce dei suoni concreti a cui B associa un significato). Il parlante quindi da solo può modificare la parole (livello concreto) ma non la langue (livello astratto). Gli esseri umani comunicano tramite atti di parole, ma il fondamento di questi atti è nella langue perchè essa è il sistema di riferimento collettivo. La parole è attuazione, la langue è potenzialità.

base di “dati linguistici primari” e poi dalle regole grammaticali vere e proprie della lingua d'origine. Una lingua però non realizza tutte le possibilità. Infatti è costituita da due livelli: unità di base e le regole che combinano le unità. Sulla base di questi due livelli, ogni lingua compie delle scelte senza realizzare tutte le possibilità a livello lessicale, morfologico e sintattico (ex nasali francesi).

Sintagmatico e paradigmatico

I suoni sono disposti in una sequenza lineare per creare una catena parlata, perdendo in questo modo la loro individualità. I suoni si influenzano a vicenda. I rapporti sintagmatici avvengono tra elementi copresenti (in presentia).

Esempio: amico [amiko]‐ amici [amitʃi]

[k]→ suono velare

[tʃ ]→ suono palatale

La vocale successiva influenza la realizzazione del suono. I suoni che compaiono solo in uno o alcuni contesti e posizioni piuttosto che in altri, hanno invece rapporti paradigmatici (in absentia: se realizzo il suono [t] non posso realizzarne altri).

Esempio: il questo libro → agrammaticale

Paradigma: forme che si possono aggiungere, una ad esclusione dell'altra, ad una stessa base.

Sincronia e diacronia

Lo studio diacronico è lo studio di un fenomeno nel corso del tempo (in questo caso il cambiamento della lingua: sostituzione di un elemento con un altro nel corso del tempo), mentre quello sincronico è lo studio del rapporto tra elementi simultanei (o coesistenti, quindi senza prendere in considerazione l'aspetto temporale) come ad esempio lo studio dell'accordo tra nome e aggettivo senza ricorrere alla variabile diacronica. Sincronia e diacronia sono importanti aspetti delle lingue.

Il segno linguistico

Il segno è l'unione tra il significante (la forma sonora o grafica) ed il significato (il concetto/la rappresentazione mentale del referente). Il segno ha alcune proprietà:

  • distintività: a seconda del fonema, il segno cambia forma e dunque anche significato (es: notte ≠ botte ≠ rotte);

  • linearità: il segno si estende nel tempo (se pronunciato) o nello spazio (se scritto); esiste una successione: al è diverso da la, rami è diverso da rima.

  • arbitrarietà: non c'è nessuna legge che imponga di associare un significante ad un particolare significato e viceversa. A più significanti può corrispondere un solo significato : ex Book, livre, libro. L'associazione significato-significante è una convenzione sociale. L'arbitrarietà però ha delle eccezioni di fronte alle forme onomatopeiche (nel corso del tempo la lingua può eliminare la motivazione iniziale del segno). Il segno inoltre può anche essere non linguistico, ad esempio, un vestito nero (significante) può avere “lutto” come significato. I segni non linguistici non sono lineari (non importa se in un cartello è stata colorata prima la parte blu o quella rossa).La disciplina che si occupa dello studio dei segni in generale è la semiotica (o semiologia).

Le funzioni della lingua

Per Jakobson, l'atto di comunicazione è caratterizzato da 6 elementi a cui poi associa una precisa funzione del linguaggio:

ELEMENTO FUNZIONE LINGUISTICA CARATTERISTICHE

Parlante Emotiva (espressiva) Quando il parlante comunica qualcosa di sé. Più che comunicare è esprimere.

Referente – ciò di cui si parla, ciò cui l'atto linguistico rimanda

Referenziale Informativa e neutra. Relativa al contesto spazio-temporale Messaggio Poetica Quando il msg è costruito in modo tale da riportare chi ascolta a contemplare il modo in cui è stato formato Canale tramite cui passa la comunicazione (aria, linea telefonica ecc..)

'Fatica Quando si vuole verificare che il canale sia aperto e funzioni bene (ex: mi senti?) Codice Metalinguistica Quando si usa il codice x parlare del codice stesso (ex usiamo la lingua per parlare della lingua stessa) Ascoltatore Conativa (o direttiva) Quando si vuole indurre l'ascoltatore a modificare il suo comportamento con un comando o un'esortazione

Questo modello si usa per caratterizzare i vari testi letterari, ma attenzione, ogni tipo di testo può contenere più di una funzione o anche tutte, ma è sempre una a prevalere.

Lingua e dialetti

L'Italia ha l'Italiano (standard) come lingua ufficiale ed è affiancato dai vari dialetti, ma l'Italiano non è unico ed uniforme, infatti i parlanti si portano dietro una patina che ne denuncia la provenienza. Esistono dunque gli italiani regionali, scanditi in 3 grandi categorie: nord, centro e sud. Sostanzialmente l'Italiano regionale fa da intermedio tra l'Italiano standard e i dialetti locali. Le lingue però sono più stratificate a livello sociale e geografico, quindi avremo:

 Italiano

➢ scritto→ forma austera della lingua;

➢ parlato formale→ parlato a velocità moderata ed in modo corretto;

➢ parlato informale→ rapido e un po' trascurato (può contenere molti regionalismi);

➢ regionale→ influenzato dal dialetto.

 Dialetto

➢ di koinè→ identifica una regione dialettale;

➢ del capoluogo di provincia;

➢ locale→ parlato nei quartieri

In uno stesso luogo coesistono diversi registri e i parlanti passano da uno all'altro a seconda della situazione (code switching). Esistono codici e sottocodici che definiscono i vari gruppi sociali. Una lingua è articolata in codici e sottocodici, che a loro volta identificano determinati gruppi sociali. I dialetti sono sistemi linguistici a tutti gli effetti. La differenza tra lingua e dialetto non è linguistica, bensì socioculturale.

Pregiudizi linguistici Le lingue sono soggette a pregiudizi: 1)l'idea che esistano lingue primitive (poco sviluppate in certi sistemi). In realtà tutte le lingue hanno sistemi complessi; 2) l'dea che ci siano lingue più logiche di altre, ma tutte le lingue invece hanno una logica interna perché devono essere imparate e tramandate; 3) l'idea che la lingua sia superiore al dialetto. I dialetti sono più carenti a livello lessicale, ma fonologicamente e sintatticamente al pari delle lingue; 4) l'idea che

La famiglia linguistica indoeuropea (a.k arioeuropea o indogermanica) si divide in gruppi, sottogruppi e rami:

 gruppo indo‐iranico

 indiano→sanscrito, vedico, dialetti pracriti, hindi e urdu;

 iranico:

  • occidentale→ persiano, avestico, curdo;

  • orientale→ pashto e afgano (moderni);

 gruppo tocario→ tocario A e tocario B; estinte.

 gruppo anatolico→ ittita

 gruppo armeno→ armeno;

 gruppo albanese→ albanese e dialetti albanesi;

 gruppo slavo  orientale→russo, bielorusso e ucraino;

 occidentale→ polacco, ceco, slovacco;

 meridionale→ bulgaro, macedone, serbo‐croato, sloveno, slavo ecclesiastico (prima

attestazione delle lingue slave);

 gruppo baltico→lingue estinte (es: prussiano antico), lituano e lettone;

 gruppo ellenico→ greco (prime attestazioni nel miceno);

 gruppo italico

 orientale→ osco, umbro, sannita;

 occidentale→ latino

  • lingue romanze (o neolatine): italiano, francese, spagnolo, romeno, gallego (Galizia), catalano, ladino, provenzale, ecc;

 gruppo germanico  orientale→ gotico (estinto);

 occidentale

  • ramo anglo‐frisone→ inglese e frisone (regione olandese);

  • ramo neerlando‐tedesco→ Úúrolandese, tedesco, afrikaans e yiddish;

 settentrionale→ svedese, danese, norvegese, islandese e feroico;

 gruppo celtico

 gaelico→ irlandese, galico di Scozia;

 britannico→ cimrico (o gallese), cornico (estinto), bretone.

Non tutte le lingue genealogicamente parenti appartengono alla stessa areea geografica e viceversa. Le lingue d'Europa non sono tutte indoeuropee e non tutte le lingue dell'india sono indoeuropee.

La classificazione tipologica è di due tipi:

  1. morfologica A) isolante: mancanza quasi tot di morfologia. Non c'è distinzione tra caso, genere e numero. La forma verbale è sempre unica. Si fa un uso cruciale dell'ordine della frase e di alcune particelle; ex.

Cinese e anche l'inglese (ex lievi differenze tra sing e plu → mouth, mouths)

B) agglutinante: ogni parola contiene tanti affissi quante sono le relazioni grammaticali che devono essere indicate; C) flessivo: le relazioni grammaticali sono espresse da un unico suffisso (la maggior parte delle lingue è di tipo flessivo). ▪ Flessione interna: le lingue flessive possono anche modificare la vocale interna del

radicale della parola per indicare altre funzioni grammaticali (faccio, feci; → do, did, esco, uscii). Se

la flessione interna, oltre ai verbi, si applica anche la a molte altre radici, si chiama tipo introflessivo

(nelle lingue indoeuropee e semitiche); Il sottotipo analitico realizza relazioni grammaticali mediante più parole. Quello sintetico le concentra in una parola (es: ho fatto, sono uscito); D) polisintetico/incorporante: una sola parola esprime tutte le relazioni grammaticali necessarie (quelle che in italiano verrebbero espresse con una frase intera).

Nessuna lingua è solo isolante, solo agglutinante, solo flessiva o solo incorporante, però in ogni data lingua c'è sempre un tipo che prevale.

  1. sintattica (sviluppata da Greenberg). Si basa sull'osservazione che esistono correlazioni sistematiche tra l'ordine delle parole in una frase e in altre combinazioni sintattiche. È anche chiamata “tipologia dell'ordine delle parole” e presenta diverse combinazioni sintattiche: a) presenza di preposizione o posposizione; b) posizione del verbo rispetto a soggetto e oggetto (SVO, SOV, VSO, VOS. OVS); solo i primi tre tipi sono molto frequenti nelle lingue. c) ordine dell'aggettivo rispetto al nome; d) ordine del complemento di specificazione rispetto al nome. Le correlazioni generali tra queste combinazioni (universali implicazionali: se... allora..) sono: SVO/PR/NG/NA SOV/PO/GN/AN VSO/ PR/NG/NA SOV/PO/GN/NA es. se ho una frase SVO allora c'è un PR seguito da Nome seguito da genitivo, seguito da nome che precede aggettivo Non tutte le lingue rientrano perfettamente in questi schemi/categorie. (es. frasi che hanno SVO o SOV a seconda del loro tipo)

Sistemi di scrittura delle lingue

● ideografico/logografico: usato in antichità dagli Egizi e dai Sumeri e oggi usato dai Giapponesi e dai Cinesi. Può essere affiancato ad altri sistemi di scrittura. In questo sistema ogni simbolo corrisponde ad un concetto (astratto o concreto). I simboli ideografici spesso hanno solo valore fonetico secondo il “principio del rebus” es. rondine e grande si dicono e scrivono allo stesso modo. Dare valore fonetico all'ideogramma ha spesso come risultato il passaggio ai sistemi sillabici;

● sillabico: certi segni indicano certi gruppi di suoni (sillabe). Il sistema sillabico riduce non di poco il numero dei segni; ● alfabetico: a ogni suono corrisponde un segno. riduce ulteriormente il numero di segni. L'invenzione di questo sistema è stata attribuita ai Fenici ma in realtà sono stati i Greci i primi a metterlo in atto. In questo sistema ogni suono corrisponde ad un segno diverso, anche se questo principio viene spesso violato (ad esempio in inglese e in italiano: tough = taf ). Questo è dovuto al fatto che le lingue cambiano nel corso del tempo ma il modo di scriverle non va di pari passo. L'alfabeto greco è alla base di quelli Europei e del cirillico. Nota: ll fatto che due lingue abbiano lo stesso sistema di scrittura non significa che siano genealogicamente apparentate e viceversa.

I SUONI DELLE LINGUE: FONETICA E FONOLOGIA

Una caratteristica del linguaggio è la produzione di tantissimi suoni, anche se poi nella lingua ne viene utilizzata solo una piccola quantità, perché ogni lingua ha un inventario di suoni (che funzionano linguisticamente) che si combinano e che possono influenzarsi a vicenda. Questi suoni sono i fonemi. Le lingue seguono regole fonologiche. La fonologia si occupa non solo dei suoni ma anche degli accenti, dei toni e dell'intonazione. La fonetica invece studia la produzione (fonetica articolatoria), la ricezione dei suoni (fonetica uditiva) e la natura fisica del suono e della sua propagazione (uditiva): rappresentazione dei suoni delle lingue Mentre la fonologia studia le relazioni tra foni nei sistemi fonologici, la fonetica si concentra sullo studio fisico di essi.

  • nasali: il velo palatino si apre per far passare l'aria nella cavità nasale.;

  • laterali: la lingua è posizionata contro i denti e l'aria esce solo dai lati;

  • vibranti: il suono è prodotto tramite la vibrazione o della punta della lingua o dell'ugola.

  • fricative: l'aria passa attraverso una fessura stretta producendo una “frizione”; si possono prolungare nel tempo e quindi sono dette fricative.

  • affricate: iniziano con un suono occlusivo e terminano con un'articolazione fricativa;

  • approssimanti: gli organi articolatori si avvicinano ma non si toccano. In italiano sono semiconsonanti [j] e [w]. [i] e [u] sono semiconsonanti quando sono seguite da una vocale tonica e semivocali quando sono precedute da una vocale tonica.

Punti di articolazione (7 in ita)

  • bilabiale: si chiudono entrambe le labbra per produrre il suono;

  • labiodentale: suono prodotto facendo passare l'aria attraverso una fessura creata appoggiando gli incisivi al labbro superiore;

  • dentale: la punta della lingua tocca la parte interna degli incisivi;

  • alveolare: la punta della lingua tocca o si avvicina agli alveoli;

  • palato‐alveolare: la lamina della lingua si avvicina agli alveoli e ha il corpo arcuato;

  • palatale (o anteriore): la lingua si avvicina al palato;

  • (palatale posteriore) velare: la lingua tocca il velo palatino.

Le vocali dell'italiano

Parametri di classificazione:

  • altezza della lingua;

  • avanzamento/arretramento della lingua;

  • arrotondamento o meno delle labbra;

  • realizzazione di movimenti in modo teso/rilassato;

[i] e [u]→ lingua in posizione alta;

[a]→ lingua in posizione bassa;

[u] e [o]→ lingua in posizione arretrata e labbra arrotondate;

[i] e [e]→ lingua in posizione avanzata e labbra non arrotondate;

[e] e [o]→ sia semi aperte che semi chiuse.

Alcuni italiani regionali hanno un sistema optavocalico, mentre altri come il sardo ed il siciliano ne hanno uno pentavocalico perché hanno una vocale media anteriore e una media posteriore. E ed o medio alte: chiuse e ed o medio basse: aperte

Combinazioni di suoni

Quando le consonanti si combinano formano un nesso consonantico. La combinazione consonantica è soggetta a restrizioni: alcuni nessi possono stare sia in mezzo ad una parola sia all'inizio di una parola, altri possono stare solo in mezzo alla parola (es: [pr] può stare sia ad inizio che in mezzo alla parola, [rp] solo in mezzo). In italiano se una parola inizia per tre consonanti la prima deve essere x forza una S.

 Dittongo: vocale + approssimante nella stessa sillaba;

◦ ascendente: se l'approssimante è seguita da una vocale accentata (j+ V, w+ V);

◦ discendente quando l'approssimante precede la vocale accentata (V+i, V+ u).

Iato: 2 vocali appartenenti a due sillabe diverse. Nei dittonghi ascendenti le approssimanti sono chiamate semiconsonanti e viceversa.

Suoni e grafia

I sistemi grafici presentano spesso delle incongruenze: Suono: []

  • 2 simboli diversi per lo stesso suono (cuore‐ quando [k]);

  • 2 suoni diversi per lo stesso simbolo (sera‐ rosa→[s]‐[z]; cera-cara [tʃ][K]);

  • 2 simboli per un solo suono

  • 3 simboli per un solo suono (sciocco→ [∫])

GN ɲ

SC ʃ

GL ʎ

CH k

Gh G

GI dʒ

CI tʃ

GLI ʎ

SCI ʃ

C – K, tʃ

G – G, dʒ

I – j, i n (vedi su) Q – K S – S, Z Z – TS, DZ H non corrisponde a un suono.

Trascrizione fonetica

Il suono può essere: semplice [t, d, k, tʃ , dz] o geminato [tt, dd, kk, tʃ ʃt , dzdz]. La

lunghezza del suono si rende con [:] (es: [a:], [t:∫], ecc). Prima della sillaba accentata si mette ['] (es: ['kaza]. Nella trascrizione fonetica, l'accento non si mette sui monosillabi. In IPA non esistono maiuscole. Non si segnano nemmeno gli apostrofi (l'amico: la'mico)

I confini

Ci sono tre tipi di confine (si possono marcare anche due confini contemporaneamente):

  • di sillaba→ si indica con un punto [.] (es: ie);

  • di morfema 1 → si indica con un [+] (es: veloce+mente); è l'unità più piccola dotata di significato

  • di parola→ si indica con [#] (es: #ieri#).

Fonetica e fonologia

La fonetica studia l'aspetto fisico dei suoni e la sua unità di studio è il fono 2. La fonologia si occupa della funzione linguistica dei suoni e la sua unità di studio è il fonema 3. La fonologia cerca di scoprire: A) quali sono i fonemi in una data lingua, ovvero se la differenza di suono corrisponde a quella di significato; es. la R moscia non comporta cambiamento di significato B) come i suoni si combinano insieme (alcune combinazioni sono permesse mentre altre no); C) come si modificano i suoni nella combinazione (es: [s]fortunato, [z]regolato). Il punto A) si risolve con la nozione di coppie minime e con quella di distribuzione, mentre B) e C) si rifanno alla nozione di contesto (o posizione).

1 Morfema: parte più piccola di una parola dotata di significato. 2 Fono: suono linguistico del linguaggio umano prodotto dall'apparato fonatorio. 3 Fonema: parte più piccola della parola non dotata di significato.

solo dei membri dell'opposizione (es: /p/ e /b/, sono entrambe le sole occlusive e bilabiali ma una è sorda e l'altra sonora), sennò si ha una comparazione multilaterale (es: /p/ e /k/, p è occlusiva, bilabiale e sorda, k è occlusiva velare e sorda). I fonemi caratterizzati dall'opposizione bilaterale sono più vicini. L'opposizione può essere inoltre privativa o non privativa e riguarda coppie di fonemi dove uno ha delle proprietà e l'altro ha le stesse proprietà più un'altra proprietà (es /p/ ha x e /b/ ha x+1). Il fonema che ha una proprietà in più è detto “marcato”. Le opposizioni costanti invece riguardano le opposizioni che funzionano in tutti i contesti, quelle neutralizzabili invece funzionano in certi contesti ma in altri no. Il fenomeno della “desonorizzazione delle sonore in fine di parola” è un tipo di neutralizzazione che riguarda tutti i contrasti tra sordo e sonoro ed è il fenomeno per cui in una certa posizione si perde un contrasto presente in certe posizioni.

Tratti distintivi

Il binarismo è una teoria fonologica studiata da Jakobson e dice che ogni elemento linguistico si differenzia dagli altri per una serie di scelte binarie (sì/no) in modo che ogni fonema venga individuato in modo univoco da una serie di tratti distintivi: [±sillabico] (in ita solo le vocali), [±consonantico] (tutti tranne /j/, /w/ e le vocali), [±sonorante] (vocali, semiconsonanti, liquide e nasali), [±sonoro], [±continuo], [±nasale] (velo pal abbassato), [±stridente] (l'aria produce frizione), [±laterale], [±anteriore], [±rilascio ritardato], [±coronale] (se la punta della lingua è sollevata +), [±arrotondato] (arrotondamento labbra), [±alto], [±basso], [±arretrato].

Regole fonologiche

Le regole fonologiche collegano una rappresentazione fonematica (astratta) ad una fonetica (concreta) e sono delle istruzioni a cambiare una data unità con un'altra in un dato contesto. La forma

delle regole fonologiche di solito è: A→B/_C (A diventa B in un contesto C, ad esempio: k→ t∫/+i,

ovvero: una consonante velare sorda [k] diventa una affricata palatale sorda [t∫] prima della vocale palatale [i]). Se più regole fonologiche sono forme dello stesso processo, si usano le parentesi tonde e/o graffe per indicare tutte le possibili scelte. Le parentesi tonde indicano facoltatività (ex. Il crono)Inoltre, le regole fonologiche possono essere rappresentate non solo con questo sistema, ma anche ricorrendo ai tratti distintivi. Es: s- [+ sonoro]/_____[+cons][+ sonoro]

Fenomeni fonologici e tipi di regole

Le regole fonologiche apportano dei cambiamenti (soggetti a regole e restrizioni):

  • cambiare dei tratti (es dico/dici);

  • inserire segmenti: in italiano ad esempio, in alcune parlate regionali, si inserisce una [i] (vocale epentetica) dopo consonante e prima di una parola che inizia per [s] seguita da consonante (es: in

storia→ inistoria, in strada→ inistrada, per scritto→ per iscritto, ecc);

  • cambiare l'ordine dei segmenti: comune nei lapsus poiché in ita non è una regola produttiva(es: una caffina di tazzè);
  • cancellare i segmenti: diffusa soprattutto la cancellazione di vocale e di sillaba (es:

golpe+ista→golpista; vino+aio→vinaio). La cancellazione di vocale non è possibile se questa è

accentata (es: virtù+oso→ virtuoso).

Assimilazioni Possono essere totali quando il segmento che causa l'assimilazione rende quello assimilato uguale al primo, parziali quando invece l'assimilazione cambia il segmento assimilato solo parzialmente. Possono inoltre essere: progressive quando il segmento che causa l'assimilazione precede il segmento assimilato, regressive quando invece lo segue. Tipi di assimilazione:

totale regressiva: i[n+l]ogico→ i[ll]ogico;

totale progressiva: mondo→ monno; want to→ wanna;

parziale regressiva: in+probabile →improbabile;

parziale progressiva: dog+[s]→ dog[z];

a distanza (metafonesi o Umlaut): nero→ niri

armonia vocalica (assimilazione a distanza): la vocale entro un determinato dominio si assimilano x un particolare tratto o più tratti (es: adam+lar e ev+ler); La dissimilazione invece è il fenomeno opposto: il segmento cambia i tratti per distinguersi dagli altri

segmenti del suo contesto (es: peregrinus→ pellegrino [r..→ll..]; ebbene → embè [bb→mb]).

Le regole sandhi riguardano la fine di una parola e l'inizio di un'altra, come ad esempio il

raddoppiamento fonosintattico (che fai? →cheffai?) e la liaison (les amis→ [leza'mi]).

La sillaba

Per la fonetica è “un'unità prosodica costituita da uno o più foni agglomerati intorno ad un picco d'intensità”, mentre per la fonologia è “un'unità prosodica di orgnizzazione dei suoni”. In italiano la sillaba minima è costituita da un nucleo (componente obbligatoria, può essere una vocale o un dittongo) che può essere preceduto da un attacco (una o più consonanti) e seguito da una coda (aperta se finisce in vocale, chiusa se finisce in consonante). Il nucleo più la coda formano la rima. La sillaba ha quindi una struttura interna e questo è confermato dal fatto che nella aplologia (cancellazione di sillaba in composizione) la regola tiene conto solo dell'attacco sillabico, ovvero: si cancella la sillaba finale di parola prima di una parola che inizia con una sillaba con l'attacco uguale.

Es: esente+tasse→ esentasse; ostrica+cultura→ ostricultura.

La sillaba ha come simbolo σ (sigma). Attacco sillabico + nucleo vocalico (cv) è il tipo di sillaba più diffuso.

Livelli di analisi della parola

livello della parola → livello della sillaba→ livello dei fonemi (segmentale)→ livello dei tratti distintivi.

Fatti soprasegmentali

La fonologia basata sui segmenti (o fonemi) è segmentale, ma alcuni fenomeni fonologici sono soprasegmentali:

• lunghezza dei suoni: non tutti i suoni hanno la stessa durata. Le vocali toniche

(accentate) in sillaba aperta sono più lunghe di quelle atone in sillaba aperta o chiusa.

Esistono lingue dove la lunghezza vocalica e/o consonantica (ita) sono semanticamente

distintivi. In italiano non abbiamo questo problema per la lunghezza vocalica; in altre lingue

entrambe le lunghezze sono distintive. In altre lingue ancora la lunghezza ha solo valore

enfatico o espressivo.

• accento: è una proprietà delle sillabe e non dei segmenti. La sillaba tonica è più intensa di

quella atona. L'accento può essere contrastivo (es: 'ankora/an'kora) e si potrebbe anche

considerare come una specie di fonema. I fonemi sono di tipo segmentale, mentre l'accento è

soprasegmentale. L'accento inoltre non è prevedibile se non sulla base di contesti morfologici.

Alcune lingue hanno l'accento fisso, altre no. L'accento dunque ha valore distintivo solo nelle

lingue in cui non è fisso. Infine, una parola può avere più di un accento, uno primario e uno

secondario (ex capostazione);

• intonazione: è un effetto percettivo di tipo melodico, anche detta “melodia” perché ha una

grande rilevanza sintattica; dichiarative: andamento finale ascendente. La punteggiatura non

indica l'intonazione se non con punto interrogativo o esclamativo.

• tono: esistono lingue tonali, ovvero quelle dove il tono ha valore semantico e di

cambiamento di significato (es: lingue sino‐tibetane, africane e amerinde) e lingue atonali dove

una differenza di tono non cambia il significato della parola.

Il sistema fonologico dell'inglese

Verbo Pronome Verbo Preposizione Aggettivo Preposizione Aggettivo Congiunzione Avverbio Congiunzione Pronome Interiezione (ahi,ehi) // // Articolo //

L'inventario delle classi di parole può subire delle modifiche perché non è uguale in tutte le lingue (per esempio alcune lingue non hanno l'articolo). Probabilmente nome, verbo sono parti del discorso universali. Per capire a quale categoria fa parte una parola, si usano criteri di tipo semantico, ad esempio: il nome designa un'entità/oggetto/processo o stato, ecc; il verbo un'azione/stato/processo ; l'aggettivo una qualità/caratteristica, ecc... Il ricorso semantico però non è del tutto efficacie. È meglio supporre che ogni parlante abbia già un vocabolario mentale dove le parole sono già divise per categoria lessicale (che però limita le combinazioni di parole: ex La Mario Mangia Mela non è grammaticale: da qui la regola che ad un articolo segue un nome etc). Questo aiuta a combinare meglio le parole, dato che la grammaticalità sintattica non è arbitraria ma segue regole precise, infatti le parti del discorso sono riconosciute in base a criteri distribuzionali (possono ricorrere solo con certe classi di parole). Le classi lessicali possono inoltre essere sottocategorizzate in tratti:

  • nome: [±umano] (ex donna), [±comune], [±numerabile], [±animale], [±astratto];
  • verbo: [±transitivo], [±regolare], ecc... I verbi transitivi possono formare aggettivi in ‐bile. Il suffisso ‐bile è sensibile al tratto [+transitivo], con qualche eccezione. Tutte le informazioni associate ad una parola nella sua rappresentazione lessicale servono per il funzionamento dei processi morfologici che riguardano la parola stessa.

Il morfema

È la parte più piccola della lingua dotata di significato. È dunque un segno linguistico e dunque è costituito da significante e significato. Esistono morfemi lessicali (il significato non dipende dal contesto, es. libr-) e grammaticali (significato in parte dipendente dal contesto es. -i), anche se la distinzione non è sempre netta. Inoltre il morfema può essere così piccolo da essere costituito da un solo fonema, come ad esempio la preposizione “a” e la congiunzione “e”. Il morfema è libero quando può ricorrere da solo in una frase (bar, ieri, voi, ecc); è legato se ha bisogno di aggiungersi ad altre unità (desinenze del m/f s/p, desinenze dei verbi, affissi, ecc); il morfema legato è anche flessivo. In italiano i nomi e gli aggettivi semplici sono bimorfemici (due morfemi), i verbi regolari trimorfemici e le parole complesse sono trimorfemiche ed oltre. Per l'inglese vale la definizione “la parola è tutto ciò che resta una volta tolti i morfemi flessivi”.

Fonologia Morfologia

Astratto Fonema Morfema

Concreto Allofono Allomorfo

Di solito il morfema è rappresentato da un solo allomorfo (variante di un morfema determinata dal fonema iniziale della parola seguente), ma ci sono delle eccezioni in cui ce ne possono essere più di uno ed apparire in contesti ben definiti, quindi con distribuzione complementare. Flessione, derivazione e composizione sono dei processi morfologici

 derivazione: aggiunge una forma legata (affisso) ad una libera

➔ prefissazione: il prefisso sta a sinistra della parola (morfema legato);

➔ infissazione: il infisso sta in mezzo alla parola (quasi inesistente in italiano);

➔ suffissazione: il suffisso sta a destra della parola (morfema legato);

 composizione: formazione di una parola nuova tramite due parole esistenti;

 flessione: aggiunta di informazioni di genere, numero, persona, caso, tempo, ecc alla parola

di base.

Morfologia come processo

La categoria lessicale può nascere come tale o diventarlo attraverso dei processi (nominalizzazione, aggettivazione, verbalizzazione, ecc). La morfologia è un processo dinamico.

N→A→ V centro→centrale→centralizzare

A→N→V giusto→ giustizia→ giustiziare

N→N→V palla→palleggio→ palleggiare

V→N→V agire→ azione→ azionare

A→V attivo→ attivare

N→V magnete→magnetizzare

V→V giocare→giocherellare

V rompere Criteri di combinazione delle parole: 1) nome + nome; 2) aggettivo + aggettivo; 3) verbo+verbo Differenza tra composizione e derivazione: la prima combina due forme libere, la seconda combina una forma libera ed una legata. La prefissazione non cambia la categoria lessicale della parola, la suffissazione sì e cambia anche l'accento della parola base. La suffissazione può: N—V, N—A, N—N, V—N, V—A, A—N, A—V, A—Avv Altri processi morfologici sono: la conversione o suffissazione 0: cambiamento di categoria senza

che sia stato aggiunto alla base nessun affisso evidente (es: vecchio(a)→ il vecchio(n)); la

reduplicazione o raddoppiamento: si raddoppia un segmento e può essere parziale o totale, riguarda sia la flessione che la composizione e la derivazione (i verbi duplicati hanno valore frequentativo); la parasintesi: può essere sia verbale che aggettivale. La forma parasintattica è composta da prefisso + base+ suffisso, dove prefisso + base e base+ suffisso non sono parole

dell'italiano (es: abbottonare→ abbottone & bottonare); ci sono anche la retroformazione (editor—

edit) e la formazione di ideofoni. (glu glu).

Allomorfia e suppletivismo

Quando, in una serie morfologicamente omogenea, ci sono radicali diversi che hanno rapporti semantici

senza avere rapporti formali (es: vado→andiamo; acqua→ idrico, ecc). Il suppletivismo può essere

forte, quando c'è l'alternanza dell'intera radice (chieti/teatino); debole quando la base è comune presenta una differenza dei soli segmenti fonologicici (arezzo/aretino). Siccome non è sempre semplice distinguere tra i due tipi di suppletivismo e nemmeno tra suppletivismo e allomorfia, almeno per questo ultimo caso si usa il criterio della distanza fonologica (conto del numero di segmenti diversi tra una forma e l'altra). Le alternanze suppletive sono rappresentate nel lessico, quelle allomorfiche sono il frutto di una regola di aggiustamento.

Parole semplici e complesse

Le parole semplici sono memorizzate (non derivate e non composte), quelle complesse sono formate attraverso le regole morfologiche di derivazione e composizione. Una parola complessa può essere: suffissata (bar+ista); prefissata (dis+adatto); composta (alto+piano); suffissata più volte (industri+al+izza+zione); prefissata più volte (ex+pro+console); composta più volte (tergi+lava+lunotto); suffissata e prefissata (in+desidera+bile); composta e suffissata (ferro+via+ario); composta e prefissata (in+vero+simile); composta, prefissata e suffissata (in+vero+simil+mente). La morfologia deve rendere conto di tutte le parole complesse sintassi invece non esistono frasi date ma solo formate: da quelle semplici si formano quelle complesse (tranne per il caso delle frasi fatte).

Parole suffissate

I suffissi sono raggruppati in classi:

  • deverbali: danno nomi d'azione, deverbali astratti o nomi risultato (‐zione, ‐ata, ‐ura, ‐mento);

  • che formano nomi agentivi o strumentali (‐aio, ‐ista, ‐tore, ‐ino)[+ umano];

  • valutativi (diminutivi, accrescitivi, ecc → ‐ino, ‐one, ‐accio, ‐otto, ecc)

[P1+P2]+FLESS → Es: ferrovie; ✓

[P1+FLES]+P2 (P1 è la testa)→ es: navi traghetto; ✓

[P1+FLESS]+P2 (P1 non è la testa)→ maniscritto ✗ impossibile

[P1+FLESS]+[P2+FLESS] → es: cassepanche;✓

P1+P2→ es: voltafaccia;✓

P1+ [P2+FLESS]→ portalettere;✓

Esistono casi di doppia testa: CASSAPANCA. Per lo + i composti produttivi hanno testa a sx e

flessione della testa.

Composti endocentrici, esocentrici e “dvandva” I composti endocentrici hanno una testa più o meno facilmente individuabile, quelli esocentrici (V+N, P+N, N+A, V+V) non hanno una testa (es: [[porta]v[lettere]n]n o [[dormi]v[veglia]v]). I composti che hanno due teste si chiamano “dvandva” (es: [[cassa]n[panca]n]n).

Regole di aggiustamento A volte la composizione e la derivazione comportano la cancellazione della vocale finale della parola

(base): vino+aio → vinaio e sotto+esposto→sottesposto.

Se una forma legata è di origine greca la vocale finale di parola diventa “o”, se invece è latina diventa “i”: dietologo (dieta+logo), calorifero (calore+fero)

LESSICO E LESSICOGRAFIA

Il lessico è essenzialmente di due tipi: mentale dei parlanti (informazioni riguardanti le parole della propria lingua) e quello della forma del dizionario. Le parole vengono memorizzate nella mente del parlante ed istintivamente catalogate nelle rispettive categorie lessicali, mentre le frasi sono costruite

secondo le regole sintattiche (morfema →parola→sintagma→frase). Ogni parlante però ha conoscenze

ben più profonde della semplice elencazione ed estrazione delle parole, ad esempio ha conoscenze dovute alla scolarizzazione, sa fare collegamenti tra le varie unità e riconosce i casi di sinonimia e antinomia, ecc. Sa anche come si traducono i suoni di una parola nella grafia del proprio alfabeto, ecc. Esiste un problema di memorizzazione delle parole nel lessico: se sono memorizzate con un solo lemma o insieme alle forme flesse e derivate oppure no. Oggi si sostiene che siano memorizzate soprattutto le forme flesse irregolari. C'è inoltre un problema di riconoscimento: ci si domanda se le parole sono riconosciute solo sulla base di un input fonetico oppure con l'aiuto di informazioni contestuali sintattiche e semantiche.

I dizionari (livello della langue)

Lessicografia – disciplina che si occupa della progettazione e della realizzazione dei dizionari. Raccolgono la maggior parte delle parole usate da tutta la comunità linguistica. A causa della forte diacronia (studio di un fenomeno nel corso del tempo), i dizionari raccolgono anche molte parole che non sono più in uso. Un dizionario è composto da:

  • lemmi (scritti in neretto): a questi vengono ricondotte le forme flesse attraverso la lemmatizzazione delle parole;

  • trascrizione fonetica/fonologica (nei migliori dizionari);

  • etimologia della parola (nei migliori dizionari);

  • definizione della categoria lessicale;

  • accezioni di significato;

  • esempi. Il dizionario è sempre arretrato rispetto ai neologismi e ai nuovi significati assunti dalle parole. I dizionari contengono informazione linguistica ma non hanno lo scopo principale di evidenziare le conoscenze lessicali dei parlanti (nessuno conosce così tante parole). Sono rese accessibili anche voci

che differienziano i vari livelli d'uso. Nel dizionario trovano posto anche le parole complesse e le forme imprevedibili (lessicalizzazioni e sigle) che non si possono analizzare in modo regolare. Le lessicalizzazioni (dette anche costruzioni polirematiche) sono espressioni il cui significato non può essere dedotto dalla somma dei significati delle parti e sono dunque espressioni con struttura opaca, non analizzabile attraverso le regole della grammatica (ex tagliare la corda). Alcune parole subiscono poi un processo di grammaticalizzazione: una unità perde il suo significato lessicale e ne assume uno grammaticale come succede al suffisso ‐ mente oppure ad ‐able in inglese. Non bisogna confondere il dizionario con l'enciclopedia: il primo è una lista di parole che dà informazioni sul loro uso e la loro natura, mentre l'enciclopedia contiene informazioni sullo scibile umano (ovvero sulle conoscenze del mondo). Le sigle e le abbreviazioni sono forme non prevedibili e possono essere acronimi, ovvero formazioni costruite dalle lettere iniziali

di ogni parola del sintagma o sulla base delle iniziali (es: ALPRO→ Alleanza per il Progresso). Altre

formazioni sono le parole macedonia, derivate da incroci di abbreviazioni di parti di parole (es: polfer).

Stratificazione del lessico

Il lessico è costituito da vari strati: [±nativo], [±greco], [±latino], ecc. In italiano ci sono molti strati non nativi come le voci di origina latina, francese, inglese, araba, greca, ecc. Questa distinzione è importante perché ad affissi diversi corrispondono strati lessicali diversi. In inglese, il suffissi ‐ity è sensibile a parole di origine latina ma non a quelle non latine alle quali si aggiunge il suffisso ‐ness che a sua volta però non fa discriminazioni tra [±latino]. Di solito che radici native vengano accompagnate da affissi nativi, mentre quelle dotte vengono accompagnate da affissi dotti. Le parole con il tratto [+latino] selezionano forme latine con il riaggiustamento della vocale finale in ‐i‐ , quelle greche fanno lo stesso ma il riaggiustamento è in ‐o‐. Esistono però anche forme miste (es: epatobiliare [+greco] e [+latino]).

Stratificazioni dell'italiano Quando lo strato ha il tratto [‐nativo] abbiamo due risultati: i prestiti e i calchi. Entrambi sono forme di interferenza tra sistemi linguistici diversi e una riproduzione di una parola da lingua di partenza e lingua d'arrivo. Il prestito è la riproduzione , incentrata sul significante, di una parola da una lingua di partenza ad una di arrivo. Il prestito può essere di due tipi: adattato, ovvero una data parola è entrata nel lessico della lingua d'arrivo in tempi remoti e non si identifica più con la sua origine straniera. L'ingresso di tale parola è definitivo quando si può dar luogo alla derivazione; non adattato quando il prestito mantiene la sua forma originale estranea alle regole fonologiche della lingua d'arrivo (bricolage, B&B). Il calco a sua volta può essere: strutturale se la riproduzione della parola è di struttura morfologica o sintattica; semantico se tale struttura è semantica. I dizionari riportano anche le stratificazioni d'uso e di registro stilistico (antico, antiquato, dialettale, letterario, non comune, regionale; familiare, gergale, ironico, popolare, scherzoso, spregiativo e volgare) oltre che molti lemmi legati ai linguaggi settoriali. I dizionari più recenti riportano anche le categorie d'uso: fondamentale, alta disponibilità (per parole legate alla quotidianità) e alta frequenza. Esistono tanti tipi di dizionari: monolingui (sopratutto definizioni), bilingui, plurilingui, etimologici (etimologia e la storia delle parole); sinonimi e contrari, neologismi, inversi (ordinano la parola a partire dall'ultima lettera a destra e questo aiuta ad ottenere liste di parole che terminano allo stesso modo o con lo stesso suffisso, ma per farlo c'è bisogno che le parole siano contrassegnate con la loro categoria lessicale), di concordanze (liste di contesti in cui appare una data parola. Le concordanze si possono ottenere facilmente con dei software appositi), di frequenza ( importanti per lo studio delle lingue straniere dove la frequenza è riportata per categoria di testo) e infine quelli elettronici che hanno diverse funzioni: ricerca di lemmi, ricerca di più lemmi con caratteristiche comuni, caratteri speciali (es:?

are→ mare, fare, dare), operatori logici (per ricerche incrociate), sillabazione di lemmi, ottenimento

delle forme flesse, ricerca sinonimi/contrari, lemmatizzazione, pronuncia delle parole, giochi (anagrammi, rime, ecc). Esistono giochi lessicali, dizionari inversi (ordinano le parole in ordine alfabetico a partire dalle lettere finali di parola) e dizionari di frequenza.

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Riassunto Le lingue e il linguaggio

Corso: Linguistica Generale Mod. 1 Classe 1 (LT0240)

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CHE COS'È IL LINGUAGGIO?
La linguistica, il linguaggio e i linguaggi
Esistono tanti tipi di linguaggio: degli animali, del computer, umano, ecc. Tutti questi linguaggi hanno
tuttavia molte differenze ma anche una cosa in comune: sono sistemi di comunicazione, ovvero
trasmettono informazioni da un individuo (emittente) ad un altro (ricevente), quindi i linguaggi hanno
tutti la stessa funzione (comunicazione) ma strutture diverse. La linguistica è lo studio scientifico
del linguaggio umano. Scientifico perché si basa sulla:
formulazione di ipotesi generali che rendano ragione di una molteplicità di fatti particolari;
formulazione univoca con termini specifici e la possibilità di fondarsi su esperimenti
ripetibili in modo da verificare la veridicità di tali ipotesi.
Solo così si possono rendere validi i risultati. Dunque la linguistica deve formulare ipotesi generali
sulla struttura del linguaggio ricorrendo ad una terminologia precisa ecc.
La linguistica è una disciplina descrittiva e non normativa perché il suo compito non è dire come si
deve parlare (questo è compito delle grammatiche, ad esempio), ma spiegare e descrivere i
meccanismi che stanno alla base del comportamento linguistico degli esseri umani (ergo, non cosa si
deve dire ma come viene detto). La linguistica, in tal senso, ha un fine conoscitivo.
Ogni lingua ha una varietà d'uso, cioè cose che possono essere dette nel parlato ma non scritte.
Caratteristiche proprie del linguaggio umano (o naturale)
Il linguaggio umano si distingue dagli altri tipi di linguaggio perché è:
discreto: i suoi elementi si distinguono gli uni dagli altri grazie a limiti ben definiti (ex patto-batto),
mentre ad esempio il linguaggio degli animali è continuo, ovvero presenta una variazione graduale del
segnale senza fratture nette;
articolato: le parole sono formate da entità più piccole, i fonemi, che ci permettono di formulare
un numero altissimo di segni (entità che hanno un significante ed un significato.) nonostante essi siano
pochi. I fonemi, pur non avendo significato da soli, in questo senso, ci permettono di distinguere i
significati: ex: Batto – Patto – Ratto. Questo fenomeno si chiama doppia articolazione;
ricorsivo: il linguaggio umano può formulare una potenziale infinità di segni (mentre quello animale
no), dunque una creazione continua non solo di parole ma anche di frasi. Questo fenomeno si chiama
meccanismo della ricorsività. Da una frase semplice, volendo, si possono formare frasi sempre
più lunghe e complesse (frase principale + una o più frasi subordinate), solo che per questioni di
tempo e memoria, la capacità di formulare frasi infinite è possibile solo nella teoria; C'è un contrasto tra
competenza ed esecuzione. Sembra che solo gli esseri umani abbiano la capacità di acquisire un sistema
di comunicazione ricorsivo.
Ergo il linguaggio umano è un sistema altamente specializzato e dotato di proprietà specifiche del
sistema (possedute solo da esso) e della specie (possedute solo dall'uomo).
dipendente da struttura: gli umani comprendono le frasi attraverso le nozioni intuitive di
grammaticalità e agrammaticalità (agrammaticale non significa sbagliato ma mal formato da un
parlante nativo). Tale comprensione avviene anche se gli elementi sono molto distanti tra di loro ma
concordati. In ogni caso è dipendente dalla struttura, non da unioni di parole casuali.
Linguaggi come quello informatico invece si dicono indipendenti da struttura perché il valore di
ogni elemento è determinato da quello immediatamente vicino.
Dagli studi condotti con le scimmie hanno dimostrato l'assenza della ricorsività nei linguaggi animali. A
parte le differenze fisico‐biologiche riguardanti gli organi fonatori e quindi l'incapacità degli animali di
riprodurre i suoni umani, le scimmie non hanno inoltre la capacità di formulare frasi complesse,
apprendendo solo se fortemente stimolate, a differenza degli umani, la cui capacità risulta innata. Il
sistema di comunicazione usato tra le scimmie e i ricercatori dunque, è un altro tipo di linguaggio, non
umano.
Linguaggio e lingue
Il linguaggio è la capacità comune agli esseri umani di sviluppare un sistema di comunicazione, mentre le