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Appunti,tutte le lezioni - Linguistica Generale - a.a. 2015/2016 [Prof. Andrea Scala]

Appunti del corso "Linguistica generale" di Andrea Scala
Corso

Linguistica generale (L-LIN/01)

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Anno accademico: 2015/2016
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Università degli Studi di Milano

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GlottologiaLinguisticamonica

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Warning: TT: undefined function: 22 Warning: TT: undefined function: 22 28-29 settembre 2015

Andrea Scala

GRAFFI-SCALISE: Le lingue e il linguaggio. Introduzione alla linguistica, Bologna, il Mulino 2013

MATURI: I suoni delle lingue, i suoni dell’italiano. I suoni

LURAGHI-OLITA: Linguaggio e genere: grammatica e usi, Roma, Carocci, 2006 cap. 1-

E. BANFI– N. GRANDI, Lingue d’Europa. Elementi di storia e di tipologia linguistica, Roma, Carocci, 2003.

COS’E’ LA LINGUISTICA?

Studio scientifico del linguaggio umano; scientifico nel senso di formulazione di ipotesi generali che rendano conto del particolare come tutte le discipline scientifiche di fronte a due ipotesi che spiegano lo stesso fenomeno è preferibile quella più semplice e di più generale applicazione cercare ipotesi generali semplici per spiegare evidenze e impieghi; e formulazione di tali ipotesi in modo chiaro e controllabile: le ipotesi scientifiche devono essere falsificabili e basate su esperimenti ripetibili, permettere cioè un controllo pubblico.

Quindi la linguistica basa il tentativo della spiegazione del linguaggio umano su ipotesi falsificabili basate su esperimenti ripetibili e sottoposte a controllo pubblico.

OGGETTO E LIMITI DELLA LINGUISTICA

Linguaggio umano come facoltà dell’uomo, l’unica accessibilità allo studio del linguaggio umano è lo studio delle lingue del mondo perché solo in esse si manifesta la capacità di linguaggio. Realtà empirica molto vasta: tutte le lingue del mondo ma anche tutte quelle del passato e del futuro; il linguaggio umano è:

Infinito, in quanto infiniti sono gli enunciati producibili.

Costituito da fenomeni intrinsecamente non osservativi: guardare le lingue del mondo vuol dire ricevere enunciati dai quali ricavare sistemi che sta dietro che monta pezzi per produrre enunciati, il momento del montaggio è mentale e vediamo l’output ovvero ciò che sentiamo dire; l’attività quindi che porta all’enunciato non è osservabile. Quindi il linguaggio umano non è in se osservabile.

Un oggetto di studio non dato, ma la cui delimitazione è da costruire con la ricerca: molte discipline riescono a delimitare il proprio oggetto, in linguistica non è possibile in quanto l’ampiezza dell’oggetto linguaggio umano si scopre un pezzo per volta proprio perché non è osservabile.

LA LINGUISTICA NON PUO’ ESSERE CHE:

Descrittiva e non normativa: descrittiva significa prendere atto dell’esistenza di certi fati e cecare di spiegarli mentre normativa si intende prendere modello e imporne l’uso.

La linguistica non pone modelli da seguire ma cerca di spiegare perché si dice in un certo modo e perché si può dire in diversi modi, la varietà è intrinseca al linguaggio. La linguistica non ha interesse nell’obbligare l’uso della logica grammaticale, ma ad esempio l’interesse sui diversi usi

del pronome “che”. Constatare che esistono diverse opportunità con strutturazione differente che risolve la stessa cosa in modi diversi.

Eteròclita: per svolgere al meglio le proprie ricerche e fare ipotesi di buon livello sul linguaggio italiano deve appoggiarsi ad altre scienze, fisica acustica, pedagogia, psicologia, biologia, genetica...

IL LINGUAGGIO UMANO:

Cos’è? Sistema semiotico basato, come tutti i sistemi semiotici, sulla facoltà di associare due diversi ordini di entità chiamate sempre CONTENUTO (realtà di ordine mentale )-ESPRESSIONE (realtà di ordine sensoriale), quindi relazione tra contenuto ed espressione; l’espressione ha una caratteristica di percettibilità sotto i nostri sensi se no non può creare un segno. Il linguaggio si caratterizza per avere un’espressione (realtà sensoriale) fonica, fatta di suoni, allo scopo di manifestarla. La scrittura è come un’aspirapolvere rispetto al pulire il tavolo con le mani, strumento raffinato per fissare nel tempo e potenziare nello spazio l’oralità. Quindi i sistemi di scrittura sono sistemi semiotici secondari.

I linguaggi come sistemi semiotici sono molti (l. dei fiori, l. dei pc, l. degli animali, l. dei gesti) ed alcuni implicano anche espressioni foniche (es. marmotte). Contenuto complesso perché non è naturale e di solito è associato ad un segno complesso, teoria della marcatezza.

Dunque i linguaggi non si differenziano tanto per la funzione ma per la loro struttura; il linguaggio umano ha una struttura propria della specie homo sapiens e debolmente condivisa con qualsiasi altro animale, l’organizzazione del linguaggio umano è perciò altamente specifica quindi conosciuta solo dall’uomo.

PRINCIPALI CARATTERISRICHE DEL LINGUAGGIO UMANO

Dislocazione: il linguaggio umano consente di portare il discorso dei referenti che sono assenti nello spazio del discorso stesso, attraverso il linguaggio posso introdurre nel discorso riferimenti a oggetti lontani nel tempo, spazio, poco possibili ma che non sono accessibili direttamente nel momento in cui si parla.

“Ieri era nuvoloso, oggi piove, domani ci sarà il sole” nuvoloso e il sole non sono accessibili in questo momento in cui parlo. Posso perciò parlare di cose assenti, per lontananza nel tempo e nello spazio. Il linguaggio degli animali non ammette di parlare di realtà non percepibili al momento.

Produttività: ogni linguaggio umano potenzialmente può costituire enunciati infiniti.

Doppia articolazione: definizione di André Martinet; il linguaggio umano è formato da unità dotate di significato (parole), che a loro volta sono scomponibili in unità prive di significato, ma chiaramente identificabili e combinabili per creare unità di prima articolazione (suoni e sillabe).

Trasmissione culturale: gli animali parleranno sempre il loro linguaggio mentre l’uomo a seconda della lingua che impara parlerà quella.

Discretezza: linguaggio organizzato in unità discrete ovvero composto da unità dai confini determinati. Il linguaggio umano è un codice digitale: cara gara, in cara non vibrano le corde vocali mentre in gara si. Vinti, venti, venti (come vento) solo nel primo venti si abbassamento della lingua.

elementi sono universali assoluti presenti in tutte le lingue del mondo (tutte le lingue hanno strategie per distinguere tra la prima e la seconda persona; tutte le lingue del mondo hanno le vocali, non esistono lingue di sole consonanti perché le vocali hanno una sonorità molto maggiore della consonanti cioè a parità di sforzo si sentono di più); elementi sono universali implicazionali dove l’implicazione è uno schema logico che funziona se c’è A c’è B, “se piove, non ci sono nuvole in cielo” non è possibile. Chiamiamo A genere e B numero: se c’è A c’è B, lingua in si esprime il genere allora esprime il numero; lingua in cui non c’è il genere ma ha avere il numero (turco, armeno..); lingua in cui non c’è il genere non c’è il numero (cinese, vietnamita, giapponese..); se in una lingua c’è un modo per esprimere il genere ma non per esprimere il numero l’universale implicazionale non esiste, finora non è stata trovata una lingua così.

COS’E’ UNA LINGUA? Manifestazione storico naturale della facoltà di linguaggio, realtà strutturata su più livelli, conosciuta alla perfezione dai parlanti nativi, ma inconsapevolmente quindi senza capacità di riflettere su come è costruita ed articolata la sua lingua; essere parlanti nativi non coincide con la capacità di avere controllo della propria lingua, un sapere chiaro-confuso, so che si fa così ma non so perché. Le lingue sono un saper fare nel senso che sono competenze applicative che si manifestano solo nel saper dire. Chi possiede una scrittura in qualche modo riesce a comprendere l’esistenza di certi segmenti linguistici, parole, suoni, sillabe; per chi non ha una scrittura tutto questo non esiste. La costruzione della consapevolezza del sapere sul linguaggio è un percorso molto complesso in quanto l’abilità del parlante è unicamente parlare.

COSA SA IL PARLANTE? Qualsiasi parlante ha una conoscenza perfetta dei livelli di organizzazione della propria lingua; un parlante nativo conosce e usa tutte le combinazioni e strutturazioni esistenti nella propria lingua. L’organizzazione interna di una lingua può variare molto, ma ci sono dei limiti; questi limiti devono appartenere alla facoltà di linguaggio: Bacone (1214-1292) riteneva che “la grammatica è uguale nella sostanza, ma varia accidentalmente”; nell’ottocento però la descrizione di molte lingue renderà inevitabile una riflessione sui limiti della variazione nell’organizzazione strutturale. Le lingue sono generate dagli accidenti.

Alcune caratteristiche del linguaggio e delle lingue si comprendono meglio mediante coppie di concetti:

scrittura vs parlato

secondaria, tecnologia naturale, primario, prioritario accessoria, conservativa

L’essere umano con la sua dotazione genetica è programmato per parlare, ma non per scrivere. La scrittura è una tecnologia diffusa in pochi punti del mondo e che ha essenzialmente due scopi: trattenere gli enunciati nel tempo e renderli trasmissibili ad una distanza maggiore a quella che la voce umana può coprire. Potenzia aspetti di un’abilità che però è umana. Secondaria in quanto transcodifica qualcosa, non è naturale perché serve un addestramento specifico per imparare a scrivere. La scrittura è accessoria in quanto ci può essere o non essere, al contrario del parlato. Conservativa in quanto se leggo il francese e pronuncio tutti i segni con il valore italiano, ottengo la pronuncia francese dell’epoca medievale; la scrittura perciò è rimasta tale, ma la pronuncia fonetica si è evoluta tantissimo (lo stesso in inglese).

30 settembre 2015

Saussure: opposizione tra sincronia e diacronia sono due modi per studiare una lingua

  • studio diacronico: studio che contempla una variabile tempo → studia il mutare di una lingua nel tempo Parte caratterizzante della linguistica storica.

Es. espressione dell'oggetto diretto: latino: caso accusativo italiano: ordine delle parole → si cerca di capire cos'è successo tra due fasi così diverse

Es. espressione della determinatezza latino classico: manca (“domus” vuol dire “una casa” e “la casa”) latino volgare: con il pronome “ille, illa, illud” lingue romanze: articolo preposto (“il vino”) e postposto (“vinul”, come nel rumeno) L'accento sardo è un'eccezione (“so”, “sa”)

→ il secondo esempio è una cosa che nasce, il primo è una cosa che cambia

  • studio sincronico: non considera la variabile tempo Si focalizza sul funzionamento degli elementi simultaneamente presenti in quella lingua.

Es. sistemi vocalici: latino: c'erano le cinque vocali che potevano essere brevi o lunghe italiano standard: sette vocali (“e” e “o” hanno due pronunce) ma non c'è la lunghezza arabo classico: a, i, u lunghe e corte

Se si studia il passaggio nel tempo allora è diacronico → il diacronico ci spiega come le lingue cambiano, il sincronico come funzionano Glottologia: linguistica con maggior attenzione allo studio diacronico Linguistica generale: focus sullo studio sincronico

Saussure: distinzione tra astratto e concreto A livello astratto, per il funzionamento del linguaggio sono pertinenti solo delle posizioni fisse (es. le vocali), anche se una stessa vocale posso pronunciarla in modo diverso. In arabo le uniche vocali pertinenti sono a, i, o. Magari però qualcuno di loro pronuncia “e” e “u” → loro le riconducono alle tre loro vocali, noi le riconosciamo

Es. “re” in italiano In arabo: “malik”, “melik”, “melek”, “malek”

Le scelte paradigmatiche possono avere dei riflessi sui rapporti sintagmatici.

1 ottobre 2015

Saussure dice che a definire il valore di qualsiasi elemento linguistico non è tanto la sua natura concreta ma il fatto di essere diverso da altri elementi → tutto ciò che opera in una lingua può funzionare perchè è diverso dagli altri. Ogni elemento si definisce a partire dai limiti imposti dai rapporti paradigmatici con altri elementi. Es. In inglese “met” può voler dire sia “incontravo” che “incontrai” → in inglese non si possono definire le caratteristiche dei due passati tradotti in italiano perchè è uguale Es. In italiano: bambino – latino: puer ragazzo – latino: puer → il significato di “bambino” è limitato da un limite dato dalle presenza della parola “ragazzo” Es. se in una lingua non esiste il plurale, allora non esiste neanche il singolare Non a caso esistono delle lingue che hanno il duale → valore nella categoria di numero per cui un'entità viene citata in numero di due → es. in greco classico c'è un modo per dire un oggetto a coppia → in quella lingua il plurale non è >1 ma > Es. molte lingue distinguono tra il “noi inclusivo” (noi e voi) e il “noi esclusivo” (noi e non voi) Ci sono anche degli esempi fonetici → posso pronunciare la “t” seguita da una piccola aspirazione ma non è un problema perchè non invade lo spazio fonetico della “d” In armeno orientale però posso dare luogo a parole di senso diverso → ogni elemento viene definito in base agli elementi con cui è in rapporto paradigmatico

Significato e significante Il linguaggio è un sistema semiotico, ovvero un sistema di segni (= entità che associano un'espressione ad un contenuto). Espressione: significante → sequenza di suoni che costituisce la dimensione accessibile ai sensi. Contenuto: significato → immagine mentale suscitata dal significante I segni linguistici sono caratterizzati dall'unione stretta tra significante e significato. Le parole sono segni linguistici ma esistono segni inferiori (morfemi, come “top” nella parola “topo”, che da già un'indicazione) alla parola e superiori (frasi) alla parola. Segni linguistici: - distintività: si distinguono da altri segni - linearità: nel proporre un significante uso dei suoni tra i quali alcuni arrivano prima ed altri dopo - arbitrarietà: non c'è alcuna ragione naturale che giustifichi l'unione di un certo significato con un certo significante (nella gran parte dei casi)

→ il linguaggio non necessita di un rapporto naturale tra significante e significato Es. la luna è una sola ma in tutte le lingue si dice in modo diverso → cambia il significante ma il significato non cambia

Pierce classifica i segni in icone, indici e simboli: - icone: segni caratterizzati dal fatto che l'espressione rimanda al contenuto per somiglianza → contenuto ed espressione condividono una certa organizzazione di forma. Tre tipi di icone:

  • immagini: nelle immagini la somiglianza tra contenuto ed espressione è complessiva e diretta es. fotografia (segno iconico di quello che è stato fotografato)
  • diagrammi: somiglianza tra le relazioni che intercorrono tra le parti dell'espressione e tra le parti del contenuto es. i posti a tavola (nella tradizione sono iconici della relazione tra i membri a tavola nella vita reale)
  • metafore: somiglianza parziale, un'analogia tra qualche caratteristica dell'immagine e del contenuto es. caricatura (evidenzio solo alcuni aspetti)
    • indice: tipo di segno in cui il rapporto tra contenuto ed espressione è un rapporto di contiguità (vicinanza) es. fumo dietro una collina è espressione del fuoco, o le orme di un animale
    • simboli: il legame tra espressione e contenuto è arbitrario e convenzionale (è condiviso ma non c'è una causa logica). es. triangolo come segnale di pericolo In molti casi non chiamiamo le “icone” “simboli”.

Saussure dice che il rapporto tra significante e significato è arbitrario con l'eccezione della sinestesia → suoni che sembrano suggerire dei rapporti con certi significati Es. la parola “piccolo” in molte lingue ha la vocale tonica “i” Un'altra eccezione sono i composti (es.”ventidue” perchè riutilizza due segni, “venti” e “due”) → motivazione di secondo grado Le onomatopee rimandano a degli oggetti. Il suono del significante rimanda al referente → sono delle icone Alcune figure hanno un significato che ha un rapporto con le caratteristiche del referente (sono meno arbitrarie) → metasemie (“gli azzurri” = giocatori dell'Italia) Queste sono eccezioni all'arbitrarietà che hanno motivazioni esterne e che riguardano il rapporto tra segno e referente.

5 ottobre 2015

Esempi di iconicità e di arbitrarietà non riguardano il lessico bensì la grammatica. Es. In indonesiano “biri” = pecora “biri biri” = pecore → raddoppia il segno per indicare più di uno Questa cosa è iconica del fatto che non si tratta di un singolare ma di un plurale.

cavità nasali. Una volta arrivata nel cavo orale l'aria può incontrare varie ostacoli. Il suo canale di passaggio può assumere forme diverse: questo fatto porta alla formazione di onde sonore diverse. Le pliche possono chiudere la trachea ma non riescono ad opporre grande resistenza. Se io voglio continuare a tenerle chiuse si crea un ciclo di apertura e chiusura con una frequenza di 50-200 volte al secondo. Questa vibrazione dà luogo alla voce. Tutti suoni dunque possono essere distinti in suoni sonori (questi) o suoni sordi (senza la vibrazione delle corde vocali). Se l'aria incontra ostacoli che modificano la pressione dell'aria, dà luogo a suoni consonantici; le vocali si hanno quando, nel suo procedere oltre la laringe, l'aria non incontra ostacoli significativi che ne modificano la pressione. La posizione della lingua e delle labbra fanno si che ci siano fenomeni acustici diversi (vocali di tipo diverso). Le variabili sono tre: due associate alla lingua e una alle labbra. Unici tre movimenti che intervengono nella formazione delle vocali. Prima variabile: posizione di un punto medio ideale della lingua sull'asse orizzontale che può assumere tre posizioni (posteriori, centrale, anteriore) Seconda variabile: posizione di un punto medio ideale della lingua sull'asse verticale che può assumere quattro livelli (bassa, medio-bassa, medio-alta, alta) Terza variabile: arrotondamento o meno delle labbra Sulla base di queste variabili si classificano le vocali. La lingua dunque si può muovere in due direzioni. Tutti i punti che la lingua può toccare vanno a costituire un piano: nella pronuncia delle vocali lo spazio massimo entro cui può muoversi la lingua è un piano che ha la forma di un trapezio (trapezio vocalico). [i] = vocale alta, anteriore, non arrotondata [u] = vocale alta, posteriore, arrotondata [e] = vocale medio-alta, anteriore, non arrotondata [o] = vocale medio-alta, posteriore, arrotondata [Ɛ, aperta] = vocale medio-bassa, anteriore, non arrotondata [o, aperta] = vocale medio-bassa, posteriore, arrotondata

6 ottobre 2015

Le consonanti Un ostacolo significativo al passaggio dell'aria. Dalla laringe in poi, se incontra degli ostacoli, da luogo a suoni consonantici. Anche qui abbiamo tre parametri: 1) modalità di ostruzione (o di articolazione): riguarda l'entità dell'ostacolo frapposto all'aria; tale entità è proporzionale allo spazio lasciato libero per il deflusso dell'aria 2) luogo di articolazione: riguarda il punto dell'apparato fonatorio in cui avviene l'ostruzione 3) presenza o assenza del tratto di sonorità: vibrazione o meno delle corde vocali Modalità di ostruzione dell'italiano: - occlusiva : massima ostruzione possibile del canale fonatorio che è completamente chiuso o dalla lingua o dalle labbra. Quando l'occlusione viene rilasciata si ode un'esplosione. I foni occlusivi sono tutti momentanei e possono essere sordi o sonori ([p], [b],...) - fricativa: canale fonatorio fortemente ristretto ma si lascia una piccola fessura in cui può passare una piccola quantità d'aria. Suono stridulo, raschio. I foni fricativi sono continui (fino a quando ho aria nei polmoni posso pronunciarli) e possono essere sordi o sonori ([f], [v], [s]) - affricata: si ha prima una breve occlusione del cavo orale a cui segue immediatamente un rilascio tale da generare una frizione (sequenza brevissima tra una occlusiva e una fricativa), un fono compatto. I foni affricati sono momentanei e possono essere sia sordi che sonori ([ts] di can[ts]one) - nasale: completa ostruzione del cavo orale ma un abbassamento del velo palatino per consentire l'uscita dell'aria da naso. I foni nasali sono continui e nasali ([m], [n]) - laterale: la punta della lingua si appoggia a un qualche punto dell'apparato fonatorio ma permette all'aria di uscire dai lati del dorso della lingua. I foni laterali sono continui e sonori ([l]) - vibrante: la lingua pone e rimuove un ostacolo in rapida successione più volte. I foni vibranti sono tutti sonori e continui ([r]). - approssimanti: suoni consonantici in cui l'ostruzione è minima (minor grado di ostruzione), tanto che la lingua si alza di pochissimo al di sopra del margine superiore del trapezio vocalico. I foni approssimanti sono continui e sonori ([j]eri, [w]omo) Il secondo parametro è il punto di articolazione ( = presenza o assenza di sonorità)e il terzo è la vibrazione: luogo di articolazione; sorda/sonora - occlusive;

bilabiale [p]; [b] dentale [t]; [d] velare [k]; [g]

  • fricative labiodentale [f]; [v] alveolare [s]; [z] alveopalatale [ ʃ, shhh ]; [Ӡ, ghhh] (solo in prestiti)

  • affricate

7 ottobre 2015

I suoni possiedono una sonorità intrinseca, ovvero una maggiore intensità naturale indipendente dalla forza con cui l'aria esce dai polmoni. E' correlata all'apertura del canale fonatorio. Più esso è aperto, maggiore è la sonorità intrinseca. Ad ogni massimo restringimento del cavo vocale, corrisponde l'inizio di una nuova sillaba. Es. “culturista”, [k u l t u r i s t a], [kul.'ris] Le vocali basse (“a”) hanno la massima sonorità intrinseca. Affricative: sonorità intrinseca minima Le sillabe cominciano con una minima; k è un'occlusiva, t pure, r è una vibrante più bassa sia della u che della i, t è un'occlusiva

Dittongo Oggetti disomogenei nei libri di grammatica. → nella linguistica il dittongo è un movimento della lingua all'interno dello spazio vocalico all'interno della stessa sillaba Dopo aver pronunciato la vocale, la lingua può permanere ancora nello spazio vocalico realizzando così un'altra vocale che non occuperà il nucleo di sillaba → assomiglierà molto ad una vocale ma non ha tutte le proprietà di una sillaba (non costituisce il nucleo) → semivocale Quando il nucleo di una vocale è seguito da un'altra vocale, essa sarà una semivocale. Nei dittonghi avremo che la semivocale avrà sempre sonorità intrinseca minore (il nucleo è quello con sonorità intrinseca maggiore)

Es. “via”: due sillabe “vai”: una sola (la seconda vocale ha una sonorità intrinseca minore della prima e dunque è una sillaba sola, un dittongo) → non esistono dittonghi con sonorità intrinseca invertita Es. “viale”: due sillabe (“ia” è un'approssimante in questo caso) Le vocali toniche accrescono di molto la loro sonorità intrinseca → in “guaito” le sillabe sono tre perchè la “i” è tonica In italiano ci sono vocali più lunghe di altre in determinati contesti fonetici nella compresenza di tre condizioni: - in sillaba tonica (su cui cade l'accento) - in sillaba aperta (che finisce per vocale, dunque terminano con il nucleo) - in sillaba non finale → si allungano Es. “cantare” (“ta” è tonica, aperta e non l'ultima) “virtù” non si allunga perchè “tù” è finale Se una vocale è seguita da una nasale all'interno della stessa sillaba, tale vocale si nasalizza → un po' di aria della vocale esce anche dal naso Nella fonetica le vocali nasali hanno sopra un'ondina, quelle lunghe hanno due puntini che seguono la vocale. Per indicare la consonante lunga, si può fare scrivendo due volte il segno, ricordando che si tratta di una sola. Essa è ambi-sillabica (inizia in una sillaba e finisce nell'altra)

La trascrizione fonetica è il modo di rappresentare i suoni di un significante. 1) individuare e trascrivere i singoli foni di una parola 2) dividere in sillabe mettendo un puntino separatore 3) indicare l'accento con un trattino alto all'inizio della sillaba tonica 4) verificare la presenza di vocali lunghe 5) verificare la presenza di vocali nasalizzate

Es. “quaderno”, [kwa.'dεr] Non ci sono nasali né vocali lunghe Es. “conferenza”, [koɱ.fe.'rẽn] Es. “angolo”, ['ãŋ.go] Es. “fosso”, [ƒos] Es. “congresso” , [kõŋ.'grɛs] Es. “pinguino”, [pĩƞ.'gwi:.no] Es. “mancante”, [mãƞ.'kãn] Es. “infangato”, [ ĩɱ.fãŋ.'ga:.to]

(italiano). Altre lingue sfruttano maggiormente l'innalzamento dell'altezza della nota musicale (greco classico, serbo-croato). Altre sfruttano la lunghezza (georgiano).

Lunghezza: durata cronologica nella realizzazione di un segmento. Ci sono vocali lunghe e brev, consonanti lunghe e brevi. Es. “pala” e “palla”

Tono: altezza di nota musicale associata ad una sillaba. In certe lingue (tonali) ha valore distintivo. La più parlata tra queste lingue è il cinese mandarino.

13 ottobre 2015

“consorte” = [kõn.'sϽr] “fungaiolo” = [fũŋ.ga.'jϽ:.lo]

La possibilità di avere la “o” e la “e” aperte sussiste solo nella sillabe toniche; nelle sillabe atoniche il problema non sussiste perchè sono chiuse.

Fonologia Se due suoni hanno caratteristiche oggettivamente diverse, per la fonetica sono due unità (due foni) → applicato nella fonetica il principio della diversità Per la fonologia invece se due suoni sono oggettivamente diversi ma non hanno valore distintivo (non distinguono mai parole di significato diverso) non sono due unità. Se due suoni hanno valore distintivo, solo in quel caso per la fonologia sono due unità (= fonemi) e il criterio è quello della distintività. La fonetica riguarda il livello concreto; la fonologia il livello astratto e funzionale. La mente umana decifra gli enunciati senza prendere in considerazione tutti i dettagli fonetici, ma solo quei tratti che hanno valore funzionale, cioè distintivo. → parliamo con la fonetica, ascolto e comprendo attraverso la fonologia

Fonema: un suono dotato di carattere distintivo → scambiato con un altro fonema può dar luogo a parole di significato diverso Allofoni: varianti dei fonemi Si distinguono in allofoni liberi e in allofoni combinatori:

  • allofoni liberi: varianti di un fonema che possono correre in qualsiasi contesto e che possono occorrere o non occorrere es. se uso la r moscia

  • allofoni combinatori: sono obbligatori e sono dipendenti dal contesto es. le nasali pre-consonantiche in italiano sono varianti obbligatorie e dipendenti dal contesto (la consonante successiva)

es. In “fungo” non posso mettere un'altra nasale che non sia la “ŋ”

/n/ = [ŋ] o [ɱ] o [n] esistono però in posizione fisse e dove c'è uno non c'è l'altro e dunque non sono fonemi. L'ultima è l'unica delle tre che esiste anche davanti a vocale e per questo le riconduco a quella perchè è un fonema (“nano” può diventare “mano”, mentre gli altri due non sono fonemi) Nei fonemi non tutto ciò che esiste a livello fonico è pertinente.

14 Ottobre 2015

Stanchezza [ztãᵑ.’ket]

Ventaglio [vẽn.’taλ.λo]

Sistema legato al funzionamento del linguaggio, esiste un fonema vibrante che si oppone agli altri. Norma quasi totalità delle fonazioni si tratta di una realizzazione alveolare e sonora. Derivano dall’applicazione di una regola cioè un algoritmo, su una stringa di fonemi.

Passare da fonemi alla realizzazione concreta? Forma superficiale è fatta di foni la sottostante di fonemi

Tanfo [‘tãᶬ.fo] /t/ /a/ /n/ /f/ /o/ ci vuole perciò una regola che trasforma la forma sottostante in quella superficiale; queste regole che portano i fonemi a foni, quindi astratto in entità concrete agiscono soprattutto per generare gli allofoni combinatori. Questa azione potrebbe essere scritta così: a-> ã/__[+nasale]#

n- > ᶬ /__[+labiodentale] questa non sarà vera se al posto della labiodentale metto una velare.

/ nel contesto __ davanti a

I sistemi di scrittura si possno classificaare su base semiotica in base ai tipi di segni impiegati. I sistemi di scritttura sono inventaru chiusi di ssegni in cui il rapporto tra espressione e contenuto e il tipo di contenuto possono essere molto diversi, da qui la possibilità e l anecessita di una classifucazione tipologca

Traccia grafica espressione, elemento linguistico da veicolare è il contenuto

SISTEMI SEMIOGRAFICI

Tutti i sistemi di scrittura si possono dividere in due macro gruppi:

Sistemi semiografici e sistemi fonografici

I grafemi rappresentano delle parole, o comunque delle unità di prima articolazione. Se ne rappresentano il significato in maniera iconica (cioè motivata) si parlerà di ideogrammi es.: egiziano

croati → serbo-croatofoni cattolici → alfabeto latino - Connotazioni etniche (alfabeto armeno, georgiano, greco, sillabario etiopico) logogrammi cinesi → sistemi di scrittura che gli altri non usano

Gli alfabeti nascono come tecnologie ma non sono percepiti come tali. Lo Yiddistl ad esempio è un dialetto tedesco che è stato poi portato fuori dalle comunità ebraiche e ora viene scritto in ebraico

19 ottobre 2015

<languido> = ['lãɳ.gwi] <carciofo> = [kar.'tʃɔ.fo]

La “o” aperta è “ɔ”.

Morfologia I suoni non si combinano solo in sillabe (unità di seconda articolazione), ma anche in unità dotate di significato (unità di prima articolazione). La morfologia si occupa di studiare unità dotate di significato e ha come dominio massimo la parola (l'oggetto più grande di pertinenza della morfologia). L'unità minima è il morfema. La morfologia studia il modo in cui la parola viene formata (quali unità segniche si combinano per studiare la parola e quali sono le strategie per combinarle). I parlanti individuano con le parole certi oggetti (hanno intuizioni sui confini delle parole). Per parlanti privi di scrittura o per parlanti la cui scrittura non separa le parole non è facile capire quante sono le parole che pronuncio. “Ferro da stiro” è una parola sola, anche se le scrivo separate (non posso mettere nessuna parola ad intervallarle). In alcune lingue è possibile mettere una parola dentro l'altra (il soggetto dentro il verbo, per esempio). Es. in Arizona “akim” vuol dire “fa”; “ahokim” vuol dire “fare un buco” L'unità minima della morfologia è il morfema. Unità minima del linguaggio dotata di significato (è un segno linguistico minimo). Non ha nessuna importanza quanto è lungo in termini di suoni che lo compongono, ma deve essere un'unità minima (non ulteriormente scomponibile in altre unità dotate di significato). Il significante del morfema si chiama morfo. Il significato ad esso associato lo chiamiamo “contenuto del morfema”. I morfemi possono essere di varia natura. Es. “virtù” = un solo morfema “topo” = due morfemi (top-o) “casa” = due morfemi (cas-a) “casetta” = tre morfemi (cas-ett-a) “impermeabilizza” = cinque morfemi (im-permea-bil-izz-a) “virtuoso” = tre morfemi (virtu-os-o)

I morfemi possono essere classificati in liberi e legati:

  • liberi: possono stare da soli e da soli danno luogo ad una parola (“domani”)
  • legati: devono unirsi ad altri morfemi per dar luogo a parole

I morfemi possono essere classificati anche in un altro modo, in riferimento al loro tipo di contenuto: - morfemi lessicali: hanno come contenuto il rimando ad un referente (oggetto reale o mentale) - morfemi grammaticali: non rimandano ad un referente, ma rimandano ad una classe, ad una categoria Si dividono in derivazionali e flessionali. derivazionali: si uniscono ai morfemi lessicali e danno luogo ad una nuova parola cambiando la referenza (“canile” = can-il-e, dove “il” è derivazionale) flessionali: non modificano il significato di base della parola ma ne chiariscono il posizionamento di alcuni parametri categoriali (“cani” = can-i, la “i” è flessionale)

La forma astratta della parola è il lessema. E' la combinazione di un morfema lessicale, di uno derivazionale (se c'è) e di tutte le possibilità flessionali ammesse. Es. “civilizzò” = civil-izz-ò (“izz” = far diventare come il morfema lessicale dice). Il lessema lo si può pensare come civil + izz + tutte le possibili flessioni. Rimane comunque la stessa azione.

I morfemi grammaticali si potrebbero dividere in prefissi, suffissi e infissi (messi prima, dopo o dentro il morfema lessicale). Es. “capacità” = capac-ità, morfema suffisso (“ità” viene dopo il morfema lessicale) “incapacità” = in-capac-ità, morfema prefisso e suffisso Per i morfemi infissi non possiamo usare l'italiano, ma dobbiamo usare il filippino (tagalog). Es. “bili” = compra “bumili” = comprò

MORFEMA LIBERO MORFEMA LEGATO

MORFEMA LESSICALE Bar, virtù Gatt-, mucc-

MORFEMA GRAMMATICALE

Di, per -in, -o, -a

“giornalaio” = giorn-al-ai-o “autista” = aut-ist-a “annusò” = annus-ò “ex-marito” = ex-marit-o “ipercorrettismo” = iper-corrett-ism-o “sgambetto” = s-gamb-ett-o

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Appunti,tutte le lezioni - Linguistica Generale - a.a. 2015/2016 [Prof. Andrea Scala]

Corso: Linguistica generale (L-LIN/01)

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28-29 settembre 2015
Andrea Scala
GRAFFI-SCALISE: Le lingue e il linguaggio. Introduzione alla linguistica, Bologna, il Mulino
2013
MATURI: I suoni delle lingue, i suoni dell’italiano. I suoni
LURAGHI-OLITA: Linguaggio e genere: grammatica e usi, Roma, Carocci, 2006 cap. 1-8
E. BANFI N. GRANDI, Lingue d’Europa. Elementi di storia e di tipologia
linguistica, Roma, Carocci, 2003.
COS’E’ LA LINGUISTICA?
Studio scientifico del linguaggio umano; scientifico nel senso di formulazione di ipotesi generali
che rendano conto del particolare come tutte le discipline scientifiche di fronte a due ipotesi che
spiegano lo stesso fenomeno è preferibile quella più semplice e di più generale applicazione cercare
ipotesi generali semplici per spiegare evidenze e impieghi; e formulazione di tali ipotesi in modo
chiaro e controllabile: le ipotesi scientifiche devono essere falsificabili e basate su esperimenti
ripetibili, permettere cioè un controllo pubblico.
Quindi la linguistica basa il tentativo della spiegazione del linguaggio umano su ipotesi falsificabili
basate su esperimenti ripetibili e sottoposte a controllo pubblico.
OGGETTO E LIMITI DELLA LINGUISTICA
Linguaggio umano come facoltà dell’uomo, l’unica accessibilità allo studio del linguaggio umano è
lo studio delle lingue del mondo perché solo in esse si manifesta la capacità di linguaggio. Realtà
empirica molto vasta: tutte le lingue del mondo ma anche tutte quelle del passato e del futuro; il
linguaggio umano è:
Infinito, in quanto infiniti sono gli enunciati producibili.
Costituito da fenomeni intrinsecamente non osservativi: guardare le lingue del mondo vuol dire
ricevere enunciati dai quali ricavare sistemi che sta dietro che monta pezzi per produrre enunciati, il
momento del montaggio è mentale e vediamo l’output ovvero ciò che sentiamo dire; l’attività
quindi che porta all’enunciato non è osservabile. Quindi il linguaggio umano non è in se
osservabile.
Un oggetto di studio non dato, ma la cui delimitazione è da costruire con la ricerca: molte discipline
riescono a delimitare il proprio oggetto, in linguistica non è possibile in quanto l’ampiezza
dell’oggetto linguaggio umano si scopre un pezzo per volta proprio perché non è osservabile.
LA LINGUISTICA NON PUO’ ESSERE CHE:
Descrittiva e non normativa: descrittiva significa prendere atto dell’esistenza di certi fati e cecare di
spiegarli mentre normativa si intende prendere modello e imporne l’uso.
La linguistica non pone modelli da seguire ma cerca di spiegare perché si dice in un certo modo e
perché si può dire in diversi modi, la varietà è intrinseca al linguaggio. La linguistica non ha
interesse nell’obbligare l’uso della logica grammaticale, ma ad esempio l’interesse sui diversi usi

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