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Diritto Tribuatio Perugia

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Diritto privato (MN1-00532)

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Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

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CAPITOLO PRIMO

I CARATTERI ESSENZIALI DEI REDDITI TASSABILI CON IRPEF E IRES

  1. Premessa sul perché della nascita di due sole imposte fondate sulla tassazione di ogni tipo di reddito Le due imposte sul reddito, IRPEF (Imposta sul reddito della persona fisica) e IRES (Imposta sul reddito delle società) rivestono un‟importanza fondamentale nel sistema tributario italiano derivante da: elevatezza del gettito, estensione della platea dei soggetti passivi e dalla complessità dei problemi che la loro gestione fa nascere. Solo con la riforma del 1971/73 fu introdotta l‟imposta personale globale sul reddito complessivo (IRPEF) al fine di cancellare la sovrapposizione di molteplici prelievi sul medesimo imponibile; evitare trattamenti legali diversificati tra contribuente con eguale reddito proveniente da fonti diverse; realizzare la progressività voluta dall‟articolo 53; personalizzazione del prelievo.
  2. I tre concetti di reddito proposti in economia finanziaria come base della tassazione Il concetto di reddito è strumentale e varia in correlazione agli scopi cui esso deve servire. Agli economisti di finanza interessa quale indice di attitudine alla contribuzione oltre che come misuratore della capacità contributiva del paese (PIL). Rispetto alla prima rilevano tre definizioni: x Reddito come prodotto netto Æè il frutto che scaturisce dalla realizzazione di un disegno intenzionale e preordinato da parte del beneficiario a voler conseguire un maggior valore dei beni posseduti. x Reddito come entrata netta Æ ogni incremento, anche occasionale, fortuito o imprevedibile verificatosi nel patrimonio del soggetto nel periodo di riferimento di volta in volta considerato. x Reddito come consumo Æ la parte del reddito prodotto destinata al consumo ed esonerata dall‟imposta del reddito risparmiato. Il concetto di reddito è studiato anche in economia di azienda ed è volto a identificare nelle varie fasi della vita delle aziende quale parte dell‟accrescimento subito dal capitale investito sia reddito di impresa per gli organi di gestione e controllo delle aziende.
  3. Concetto di reddito nel diritto tributario Sin dal testo unico del 4021/1877 il legislatore adotta una nozione di reddito che si discosta da quella propriamente economica e da quella adottata in altre branche dell‟ordinamento. Tale testo unico era lacunoso e a tale lacune sopperisce in primis la dottrina che individua come primo elemento immancabile della nozione di reddito, l‟incremento patrimoniale concretamente valutabile in denaro. Il testo unico 645/1958 ha codificato l‟orientamento di tale dottrina all‟articolo 81 comma 1 e i testi unici successivi hanno lasciato inalterati i connotati del reddito fino al vigente t. 917/1986. Il primo di tali connotati è appunto il reddito come acquisizione patrimoniale netta costituita da una somma di denaro o da un bene in natura traducibile in una somma di denaro che aumenta il patrimonio preesistente del reddituario. L‟accrescimento può consistere in un aumento degli elementi costitutivi attivi, diminuzione degli elementi passivi, o maggiore valore di scambio di taluno degli elementi che compongono il patrimonio. Rileva in campo tributario la medesima definizione civilista di patrimonio (complesso dei diritti o dei rapporti giuridici che fanno capo ad una persona e che hanno un valore economico). Questo è uno stock di rapporti giuridici individuabile facendo riferimento a una data, il reddito è un accrescimento (flusso) di nuovo patrimonio formatosi in un lasso di tempo, più o meno lungo, avente una durata. All‟opposto la perdita è un deflusso, una diminuzione del patrimonio preesistente. La nozione di reddito permette di identificare dei corollari in ordine alla qualificazione di fatti che non hanno natura reddituale: a) Non rientrano nel patrimonio la posizione sociale e le qualità morali, intellettuali, culturali, ecc. in quanto qualità intangibili e insuscettibili di determinazione in denaro b) Non sono soggetti all‟imposta sul reddito i benefici o servizi che il proprietario trae dall‟uso dei propri beni se non nel caso in cui li ceda in uso a terzi verso corrispettivo (art. 67 lett. h Tuir)

c) Non partecipano alla formazione del reddito gli introiti costituenti mera restituzione di una perdita patrimoniale sofferta in precedenza salva l‟ipotesi in cui tale perdita abbia già concorso alla determinazione del reddito, quale elemento passivo, perché in tal caso tale restituzione dà luogo ad un recupero a tassazione quale sopravvenienza attiva. Il risarcimento del danno emergente non è mai reddito perché manca la ricchezza novella, a differenza di quanto accade per il risarcimento del lucro cessante, nonostante in questo caso sia indispensabile che il lucro risarcito abbia natura reddituale. Per le indennità liquidate a causa di morte o per invalidità permanente totale o parziale l‟esclusione dall‟ambito reddituale è disposta dall‟articolo 6 comma 2 del Tuir. La ratio di tale esclusione la rintracciamo nel fatto che tali novelle ricchezze sono prive di fonti produttive e non possono ricadere nel concetto di reddito come prodotto (rimpiazzano infatti il capitale-uomo distrutto menomato ma non la perdita dei redditi). d) Non costituiscono reddito gli incrementi patrimoniali virtuali o figurativi, a meno che non vi sia una disposizione eccezionale in deroga (es. redditi la cui esistenza è desunta dal possesso dei fabbricati non affittati o terreni non coltivati). In tali casi eccezionali le norme sulle imposte reddituali derogano al principio del reddito come reale incremento del patrimonio, è come se l‟imposta reddituale si trasformi in un‟imposta di stampo patrimoniale la cui finalità apparentemente incoerente con la logica del tributo assume una natura extrafiscale, ossia disincentivare la tendenza a tenere case sfitte o dimore inutilizzate. 4. Il reddito come incremento patrimoniale di periodo al netto delle spese di produzione L‟incremento di ricchezza per diventare imponibile dell‟imposta deve essere netto. Va precisato però che la legge non colpisce l‟incremento netto ma un incremento che essa, alla stregua di regole proprie, considera netto. Il reddito fiscale (determinato dal legislatore) non coincide quindi con il reddito contabile o con il reddito economico: esso infatti è un concetto di comodo destinato a soddisfare le esigenze del prelievo tributario. Ciò vale soprattutto per i redditi di lavoro dipendente e di capitale per i quali si prevede la indeducibilità di qualunque spesa di produzione, anche se limitazioni marcate alla deducibilità si rinvengono in ogni altra categoria in cui si ricorre a quantificazione forfettaria delle spese deducibili. Si ravvisi infatti una prassi scorretta del legislatore volta a gonfiare artificiosamente la base imponibile (estrogeni tributari) in palese contrasto con il principio di effettività cui la Corte Costituzionale non ha saputo dare adeguata garanzia. 5. La fonte produttiva del reddito: condicio sine qua non dell’arricchimento reddituale Non ogni incremento di patrimonio è reddito. Dobbiamo dunque evidenziare la differenza tra reddito e incrementi patrimoniali extra-reddituali. Per la legge fiscale italiana reddito è quell‟entrata netta che deriva da specifiche fonti. Il legislatore vuole che tra il reddito e la fonte sussista il rapporto causa-effetto. Ad ogni effetto corrisponde una causa ma vi sono fenomeni che scaturiscono da un insieme di cause concorrenti tra loro indipendenti, come accade per il reddito soprattutto quando esso sia costituito da accrescimento di valore dei beni capitali. L‟evoluzione dottrinale ha messo in luce come il reddito non è solo incremento che sia frutto diretto necessario ed esclusivo dell‟energia diretta spiegata dall‟individuo: il minimum dell‟efficienza causale che l‟operazione compiuta dal soggetto deve presentare rispetto alla ricchezza novella è che tale operazione sia condicio sine qua non del risultato. Non è quindi necessario che sia causa esclusiva dell‟arricchimento reddituale ma è sufficiente per ritenere esistente il reddito fiscale. 6 distacco dell’incremento di patrimonio dalla sua fonte di produzione Secondo una teoria che ha avuto in passato largo seguito, l‟origine del reddito mobiliare si configura come un frutto naturale che si distacca dalla sua fonte permanente (capitale). Tale teoria tuttavia verrà confutata soprattutto nell‟ambito delle imprese: il reddito di queste scaturisce dal concorso simultaneo di capitale e lavoro, di talché il requisito del distacco perde consistenza. Nell‟ambito dell‟esercizio di impresa il concetto di reddito è un fatto aritmetico- contabile che non si concretizza necessariamente in un complesso di beni ben determinato e fisicamente distinto dal capitale (es. maggior valore dei titoli acquisiti in portafoglio o riduzione dei debiti). Il distacco dunque assume molteplici sembianze:

l‟inflazione avrebbe incidenza sul tributo a prescindere dalla capacità contributiva. Strumenti idonei ad attenuare il fenomeno inflattivo sarebbero ravvisabili nei metodi di indicizzazione dei costi storici dei beni impiegati. ¾ Reddito effettivo e normale: per calcolare il valore degli elementi positivi e negativi, per certe fattispecie, rileva il prezzo realmente pattuito tra gli operatori; in assenza si ricorre ai valori normali dei beni e servizi calcolati in base a parametri stabiliti dalla legge tributaria. La regola generale rimane quella di tassazione in base al prezzo effettivo. ¾ Reddito concreto e astratto: riguardi il reddito fondiario, composto da reddito dominicale dei terreni, agrario e dei fabbricati, esso si presenta sempre come reddito medio ordinario che si determina mediante l‟applicazione di tariffe d‟estime stabilite dalla legge catastale. Sarebbe erroneo pensare che questo reddito sia la negazione della realtà, nonostante possano esserci degli scostamenti dei redditi della singola particella concreta catastale dalla realtà, entro precisi limiti. ¾ Redditi a formazione periodica annuale e poliennali: nell‟ambito dell‟imposta progressiva, per risolvere il problema della inclusione nella base imponibile di guadagni casuali o non ricorrenti (plusvalenza speculative isolate), Vickrey propone l‟adozione del sistema della “media cumulativa” del reddito nel tempo dal quale i vari Paesi hanno preso spunto. Il legislatore italiano ha previsto la separata tassazione dei guadagni casuali o non ricorrenti con l‟aliquota corrispondente al reddito complessivo medio del biennio precedente o in mancanza con l‟aliquota minima. 10. Il reddito d’impresa come prodotto dell’attività d’impresa e del patrimonio Nel t. del 1877 il reddito d‟impresa era inteso come reddito prodotto; la dottrina, la giurisprudenza e il legislatore hanno abbandonato via via un‟interpretazione rigorosa di tale teoria giungendo con gli art. 85 ss. Tuir ad una concezione più estesa di reddito d‟impresa, quale risultato della differenza tra una serie di elementi positivi (ricavi, plusvalenze ecc..) e una serie di elementi negativi (perdite, minusvalenze ecc..), rimanendo esclusi soltanto tutti quegli incrementi derivanti da cause estranee all‟impresa (es. conferimento di capitale). In questo modo il legislatore tributario adotta una nozione di reddito d‟impresa che si avvicina a quello di reddito di entrata ( vedi paragrafo 2 del riassunto). Emblematico è il caso delle plusvalenze: nella letteratura economica esse sono proventi estranei al concetto di reddito che trova il proprio fulcro nell‟elemento intenzionale, escludendo elementi inaspettati, imprevisti, fortuiti (reddito prodotto); ai fini fiscali, invece, il reddito d‟impresa deve essere inclusivo di tutti gli incrementi e i decrementi, pena la tassazione di un‟entità che non esprimerebbe l‟effettiva forza patrimoniale nel periodo di riferimento. 11. I criteri generali per accertare gli utili o la perdita Il diritto tributario assume a situazione base della tassazione i redditi di impresa di soggetti tenuti a compilare il bilancio civile. Tale concetto si differenzia da quello di bilancio fiscale inteso come dichiarazione tributaria del reddito di impresa. In riferimento al rapporto tra le due tipologie di bilancio, a fronte di due posizioni estrema di cui l‟una accoglie la rigorosa autonomia tra i due bilanci e l‟altra la dipendenza assoluta del bilancio fiscale rispetto a quello civile, di più frequente attuazione è la soluzione intermedia che si esprime in una dipendenza parziale univoca del bilancio fiscale dal bilancio civile ( si utilizza per la determinazione del reddito il bilancio civile stabilendo una serie di regole specifiche che implichino la correzione a scopi fiscali dell‟utile di bilancio civile). Il legislatore italiano adotta il principio del legame: si ha un nesso di dipendenza del reddito fiscale dell‟impresa da quello risultante dal bilancio civile, non sono deducibili costi ed oneri di cui non risulti imputazione a conto economico nel bilancio civile. Inoltre l‟utile di bilancio civile è assunto a punto di partenza del reddito fiscale del reddito di impresa (articoli 83 e 109 Tuir). In definitiva per la quantificazione del reddito di impresa a fini fiscali si adotta la disciplina del bilancio civile con variazioni di matrice fiscale per la configurazione del risultato del bilancio in reddito imponibile. Vi è dunque una differenza tra reddito d‟impresa in ambito civilistico e in ambito tributario, dal momento che sotto questo ultimo profilo risulta bandita l‟asimmetria propria del bilancio civile (contabilizzazione dei componenti positivi solo se effettivamente realizzati e di

quelli negativi anche di natura probabile) e valorizzato il principio di certezza a scapito di quello di prudenza tipico del bilancio civilistico in sede di deducibilità dei costi. 12. I principi contabili internazionali (IAS) Con il decreto 38/2005 veniva adottata la scelta di utilizzare i principi contabili internazionali (IAS) ai fini della redazione dei bilanci di esercizio delle società quotate. Il problema era quello di innestare questi principi nel bilancio civile utilizzato a fini fiscali, problema che il legislatore stesso ha risolto sterilizzando sul piano fiscale l‟utilizzo dei criteri IAS nei bilanci delle società suddette e quindi rendendo autonomo il bilancio fiscale da quello civile. Tale decreto comportava una eccessiva macchinosità dei meccanismi di contabilità ai fini IRES rispetto a chi non dovesse applicare i principi IAS e questo anche per la adozione del principio fumoso della prevalenza della sostanza sulla forma. La macchinosità è stata superata con la legge 244/2007 che introduce il rapporto di dipendenza assoluta del bilancio fiscale rispetto a quello civile: si compila il bilancio di esercizio secondo i principi IAS e questi stessi valgono anche per il fisco con la forza di prevalere sulle eventuali contrarie disposizioni in materia fiscale. Tale disciplina solleva dubbi di costituzionalità sotto il profilo della riserva di legge (i principi IAS sono elaborati normativamente da organi esterni), del principio di eguaglianza (creazione di una duplice tavola di criteri tra società quotate e non), nonché del principio di capacità contributiva quale forza economica effettiva e realizzata. Con la legge 10/2011 si interviene attenuando la dipendenza assoluta tra bilancio IAS e reddito imponibile concedendo il potere di modificare, variare o adattare le prescrizioni scaturenti dall‟IAS ai criteri interni di redazione dei bilanci di esercizio, nonostante in molti abbiano ravvisato una violazione della disciplina comunitaria in quanto il legislatore italiano sarebbe approdato ad una soluzione che è un tertium genus rispetto a quelle prospettate dall‟UE che riconosceva agli stati membri la facoltà di scelta tra adozione dell‟IAS o meno. 13. Società commerciali senza impresa e/o improduttive di reddito di impresa; società commerciali produttrici di reddito di lavoro autonomo Quanto detto nei paragrafi precedenti riguarda il reddito di impresa in generale e quello delle società commerciali. Concludiamo il discorso con una presunzione legale contenuta nell‟articolo 81 Tuir in base al quale il reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a e b del comma 1 dell’articolo 73, da qualsiasi fonte provenga è considerato reddito di impresa, anche se l‟impresa è assente ovvero anche se un soggetto si limita ad essere proprietario di un appartamento affittato allo stesso titolare delle azioni o quote societarie. Tale presunzione collide con il principio di effettività del reddito di indice reale di contribuzione. Esistono inoltre società commerciali che sovvertono tale presunzione che al contrario delle prime, produttrici di reddito di impresa, producono reddito di lavoro autonomo (società tra avvocati di cui al d. 96/2001; società tra professionisti l. 183/2011). 14. Caratteri peculiari dei redditi fondiari I redditi fondiari si distinguono in dominicale, agrario ed edilizio, ciascuno dei quali concorre alla formazione del reddito complessivo indipendentemente dalla percezione (articolo 26 Tuir). La determinazione del reddito dell‟immobile avviene con il metodo del catasto che applicando automaticamente alle particelle le tariffe d‟estimo stabilite dalla legge prescinde da ogni previo accertamento fattuale per l‟appuramento del reddito-frutto. Può accadere in tal modo che nessun reddito-frutto si sia prodotto e che la tassazione abbia luogo ugualmente. Tali semplificazioni irragionevoli sono esasperate nel decreto salva Italia il quale prevede una aliquota IMU tale da esplicare effetti espropriativi richiedendo un esborso non commisurato all‟ammontare del frutto derivante dai fondi. 15. Sviluppo del concetto di reddito di capitale Rispetto alla previgente disciplina legislativa che prevedeva l‟ancoraggio del concetto di reddito di capitale a quello dell‟intenzione e della volontà, con la riforma dell‟articolo 41 del Tuir lo stesso è ricostruito facendo affidamento al presupposto che vi sia stato impiego di capitale ossia che il capitale sia passato nella disponibilità temporanea di altro soggetto e che in relazione a tale

confronti del de cuius (manca la materiale percezione) e nei confronti degli eredi i quali pur percependo materialmente il reddito, non hanno in alcun modo contribuito a produrlo. Quindi l‟arricchimento degli eredi non avrebbe natura reddituale essendo a titolo gratuito. L‟articolo 7 comma 3 Tuir risolve il problema: dispone che in caso di morte dell'avente diritto i redditi sono tassati separatamente nei confronti degli eredi e legatari che li hanno percepiti. Si assiste all‟anomalia di un provento al tempo stesso reddito soggetto a irpef e acquisto di patrimonio iure successorio e pertanto è soggetto ad una doppia tassazione la cui attenuazione è affidata solo alla deduzione dell‟imposta sulle successioni dalla imposta sui redditi. 21. Il concetto di reddito imponibile quale residuo attivo delle procedure concorsuali Ex articolo 183 del Tuir è stata risolta la questione del reddito fiscale delle procedure concorsuali con esso intendendosi la differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell‟impresa o della società all’inizio del procedimento. Quindi se il curatore fallimentare realizza componenti positivi di reddito (ricavi, plusvalenze) questi non sono reddito fiscale fino a che non superino l‟ammontare dei debiti concorsuali. Ciò significa che nelle procedure concorsuali risultano deducibili tutti i debiti, nessuno escluso ad eccezione dei debiti che non parteciparono al concorso perché non insinuati o per rinuncia posteriore e pertanto sterilizzati ai fini della determinazione della base imponibile. Bisogna specificare come questi ultimi debiti non sono deducibili neppure successivamente in capo al soggetto ritornato in bonis e non sono idonei a generare sopravvenienze attive in caso di successiva rinuncia da parte dei creditori. 22. I proventi da attività illecita e in specie da reato; dubbi di costituzionalità La legge 537/1993 all‟articolo 14 dispone che i proventi derivanti da atti fatti o attività qualificabili come illecito civile penale o amministrativo devono essere assoggettati alle imposte reddituali purché tali proventi siano riconducibili ad una delle categorie reddituali del Tuir e che non sia già scattato nei confronti di tali proventi un provvedimento di sequestro o confisca penale (non considerando la rilevanza dei risarcimenti e delle restituzioni). Con ciò il legislatore ha voluto valorizzare l‟esistenza della fonte come elemento discriminante per la tassabilità di tali proventi. Il legislatore prevedendo la non tassabilità nel caso di sequestro o confisca penale non ha però specificato che cosa succeda in caso di cessazione o di intervento successivo alla tassazione di tali provvedimenti. L‟articolo 14 specifica che in relazione ai proventi illeciti, i relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria, senza nulla specificare riguardo i costi illeciti, oggetto di numerosi interventi legislativi che sovvertono palesemente le basi fondamentali della tassazione reddituale in quanto sostengono l‟indeducibilità di costi e spese inerenti la produzione di proventi illeciti. Tale regola è sopravvissuta, seppur con aggiustamenti, nel d. 16/2012 che non ha sopito dubbi di incostituzionalità sotto il profilo della violazione del principio della capacità contributiva: la realizzazione di un illecito penale non dovrebbe essere fatto che giustifichi una maggiore imposizione rispetto a chi la stessa attività volga lecitamente in quanto non è sintomatica di una maggiore attitudine a concorrere alle spese pubbliche. Resta il fatto che la Consulta ha rigettato le eccezioni di illegittimità costituzionale. 23. Puntualizzazione del carattere residuale della categoria dei redditi diversi Va precisata la latitudine del principio di residualità di cui si è parlato al paragrafo 19, i cui capisaldi sono: A. Divieto di tassare lo stesso reddito sotto due categorie diverse: la categoria dei redditi diversi interviene se manca la previsione di tassazione con altre categorie e finisce per assolvere a una funzione di completamento. La duplice tassazione sotto due diverse categorie è indebita sia per il divieto di doppia imposizione che per il principio di residualità che implica alternatività, non cumulabilità. B. Eterogeneità delle fonti dei redditi diversi: i redditi di versi scaturiscono dalle fonti più disparate ma non siamo in presenza di redditi che non hanno la natura di redditi mobiliari così come descritti nei paragrafi precedenti ovvero incrementi netti di patrimonio frutto di capitale o di attività o dei due fattori insieme combinati. Ciò non è vero per i proventi delle rapine, concussioni e estorsioni o ipotesi di sui alla lettera h-ter articolo 67 Tuir.

  1. Il fallimento della riforma degli anni 1971/1973 che introduce l’Irpef
    1. Sacrificio della parità di trattamento: i trattamenti fiscali diversificati tra contribuenti con uguale reddito ma provenienti da fonti diverse si sono esasperatamente moltiplicati; in altre parole la sostituzione dell‟Irpef alla moltitudine di imposte speciali è stata solo apparente.
    2. L‟irpef avrebbe dovuto realizzare la progressività voluta dalla Costituzione riferita all‟ordinamento della totalità dei tributi scarificata invece dalla proliferazione di imposte sostitutive e delle cedolari secche specie nei redditi di capitale. I numerosi interventi sull‟Irpef a partire dalla legge finanziaria del 1997 fino al 2000 hanno posto una pietra tombale sulla sopravvivenza di un‟idea dell‟irpef progressiva la quale è diventata una imposta proporzionale assai spesso prelevata alla fonte con tributi sostitutivi (cedolari secche). La progressività sembra sopravvivere solo nel settore dei redditi guadagnati con lavoro, con evidente sacrificio di una parità di trattamento che dovrebbe sussistere per redditi di pari ammontare. Un‟auspicabile riforma dell‟Irpef nella direzione dell‟abbandono della progressività e nell‟adozione di una solo aliquota proporzionalmente o al più di due aliquote ai fini di ripristinare la parità di trattamento non è giunta in porto né con la legge delega 133/1999, né con la legge delega 80 del 2003.
    3. Carente applicazione del principio di personalizzazione del prelievo.
    4. Mancato approdo alla prospettata codificazione tributaria
    5. L‟irpef avrebbe dovuto tassare il reddito effettivo e con riguardo all‟impresa un reddito calcolato alla stregua di principi di economia aziendale, si è fatto il contrario
    6. L‟irpef avrebbe dovuto incoraggiare l‟autofinanziamento delle imprese, ma nonostante le prime disposizioni che si orientavano in questo senso, esse sono state cancellate o ridimensionate. L‟imposizione reddituale in Italia resta tuttora contrassegnata da forti connotazioni di irragionevolezza e di iniquità che gli interventi del 2011 e 2012 non hanno fatto altro che esasperare.

Il legislatore ha dato una specifica definizione di residenza fiscale precisando che un soggetto si considera residente in Italia qualora ricorrano alternativamente tre ipotesi: x Il soggetto risulta iscritto, per la maggior parte del periodo di imposta, nelle anagrafi della popolazione residente x Il soggetto ha nel territorio dello stato, per la maggior parte del periodo di imposta, il proprio domicilio x Il soggetto ha nel territorio dello stato, per la maggior parte del periodo di imposta, la propria residenza Allo scopo di scoraggiare il fenomeno del fenomeno del trasferimento della propria residenza anagrafica in stati aventi un regime fiscale privilegiato, è stata introdotta nell‟articolo 2 comma 2 bis del Tuir una presunzione legale relativa di residenza in base alla quale si considerano altresì residenti, salvo prova contraria spettante al contribuente, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto dal ministro dell‟economia e delle finanze (il quale non è ancora intervenuto ma dovrà indicare la cosiddetta white list contenente quei Paesi che non siano a regime fiscale privilegiato). Tale inversione dell‟onere della prova a carico del contribuente è una eccezione , in quanto in ogni altro caso spetta all‟Amministrazione finanziaria dimostrare il carattere formale e fittizio del trasferimento di residenza. Nella lotta all‟evasione internazionale sono state previste una serie di misure: con il c. scudo fiscale-ter si è cercato di consentire ai contribuenti residenti in Italia di regolarizzare attività detenute all‟estero in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale tramite pagamento di una imposta sostitutiva; è stata introdotta una nuova presunzione legale relativa in virtù della quale le attività detenute nei paradisi fiscali in violazione degli obblighi suddetti si presumono conseguite con redditi sottratti a tassazione in Italia, salvo prova contraria del contribuente; è stato previsto il raddoppio dei termini per l‟accertamento delle violazioni riferite agli investimenti e alle attività finanziarie detenute all‟estero; a decorrere dal 2011 è stata istituita una imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all‟estero dalle sole persone fisiche residenti in Italia dalla quale viene dedotta l‟eventuale imposta patrimoniale versata all‟estero sulle medesime attività; è stata introdotta contestualmente una nuova imposta sulle case all‟estero il cui presupposto è la titolarità del diritto di proprietà o altro diritto reale sui beni immobili situati all‟estero rispetto alla quale in Italia, è ammesso in deduzione un credito di imposta pari alle eventuali imposte estere di natura patrimoniale e reddituale. 3. I redditi della famiglia Il d.p. 597/1973 prevedeva un sistema un sistema di tassazione dei redditi nell‟ambito familiare basato sul principio del cumulo dei redditi, in virtù del quale i redditi della moglie erano attribuiti al marito, unico centro di imputazione e unico soggetto passivo del nucleo familiare. La Corte Costituzionale si è fatta interprete delle incongruenze insite a tale sistema e con una storica sentenza dichiara l‟illegittimità dello stesso per violazione del principio di capacità contributiva (soprattutto sotto il profilo della progressività in quanto era tassato l‟importo globale dei redditi e non quello prodotto da ciascun membro della famiglia), di eguaglianza e di tutela della famiglia. Con legge 114/1977 venne accolto l‟opposto principio della separazione delle posizioni individuali dei due coniugi, ciascuno considerato autonomo soggetto di imposta in relazione ai redditi posseduti, con rispettivi autonomi obblighi di dichiarazione e versamento, salva la facoltà limitata della dichiarazione congiunta. Questa non incide sul metodo di determinazione dei redditi e quantificazione dell‟imposta ma unicamente sul versamento: le imposte nette dovute da ciascuno vengono sommate e al risultato sottratte le ritenute e crediti di imposta spettanti ad entrambi. Regole particolari per l‟imputazione dei redditi sono dettate dall‟articolo 4 del Tuir per i regimi di comunione legale, fondo patrimoniale e redditi dei figli minori. Anche l‟attuale sistema di tassazione dei redditi della famiglia comporta una penalizzazione delle famiglie in cui lavora un solo componente, che è solo in parte attenuata dalla previsione di detrazione di imposta per i familiari a carico.

  1. I redditi prodotti in forma associata e il principio di trasparenza Per i redditi prodotti non individualmente, bensì attraverso l‟aggregazione di più individui in organismi più ampi (società, associazioni professionali, imprese familiari) sono previste particolari regole riguardo la tassazione. Solo le società di capitali (spa, srl, sapa) e gli enti equiparati hanno una soggettività tributaria piena e autonoma costituendo soggetti passivi ai fini IRES e IRAP. Sono dettate specifiche norme ai fini della tassazione dei redditi in capo ai soci ai fini di evitare una doppia imposizione dei medesimi redditi in capo a due soggetti. I redditi prodotti dalle altre aggregazioni, diverse da società di capitali e enti equiparati, rientrano nella categoria dei redditi prodotti in forma associata (art tuir) il cui regime impositivo è improntato al principio di trasparenza, in virtù del quale le società di persone, le associazioni personali e le imprese familiari non presentano un‟autonoma soggettività passiva tributaria ai fini IRPEF, ma vengono riguardate unicamente come strumento di produzione di un reddito di pertinenza dei soci, ai quali viene automaticamente attribuito pro quota, indipendentemente dall‟effettiva percezione. Sta di fatto che le società in esame sono comunque tenute a presentare la dichiarazione dei redditi (strumentale all‟applicazione dell‟imposta a carico di altri soci) ai fini dell‟unitaria determinazione del complessivo reddito prodotto nel periodo d‟imposta e sono destinatarie degli eventuali accertamenti in relazione ai quali si riconosce legittimazione passiva per l‟impugnazione dinanzi alle commissioni tributarie. Valgono, inoltre, le seguenti regole riconducibili al principio di trasparenza: x Il reddito della società e dell‟associazione viene imputato a ciascun socio in misura proporzionale alla rispettiva quota di partecipazione agli utili, indipendentemente dall‟effettiva percezione. x Le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei singoli conferimenti, se non risultano diversamente determinati da atto pubblico o scrittura privata autenticata di data anteriore all‟inizio del periodo d‟imposta. x Con criterio proporzionale si procede all‟attribuzione ai soci delle perdite della società limitatamente a quelle derivanti dall‟esercizio di imprese commerciali, con possibilità di compensazione delle stesse con i redditi della medesima categoria prodotti negli esercizi successivi, ma non oltre il quinto ( limite quinquennale che non vale per le perdite realizzate nei primi tre periodi d‟imposta dalla data di costituzione).Vedi disciplina art. 8 comma 3 Tuir. x Ai soci competono, altresì, sempre pro-quota, le ritenute alla fonte, ovvero le perdite subite dalla società o associazione, nonché gli eventuali rediti d‟imposta e gli acconti versati dalle stesse. Le società non personificate e le associazioni di professionisti hanno un‟autonoma soggettività tributaria ai fini dell‟Irap: in tale ambito la dichiarazione dei redditi della società anche mezzo di determinazione dell‟Irap dovuta in via esclusiva dalla società. Dopo l‟entrata in vigore dell‟Ires, l‟imputazione dei redditi per trasparenza è consentita anche alle società di capitali di piccole dimensioni che rispettino un tetto di ricavi e siano partecipate esclusivamente da persone fisiche. Si conclude accennando all‟applicazione della suddetta disciplina anche alla GEIE (Gruppo Europeo di interesse economico).
  2. I redditi derivanti dal controllo di società residenti nei “paradisi fiscali”, nonché da società estere collegate Negli ultimi anni abbiamo assistito al fenomeno di utilizzo di società estere localizzate in territori a fiscalità privilegiata da parte di soggetti residenti in Paesi a fiscalità ordinaria. L‟Italia si è dotata di una normativa interna per far pronte a tale fenomeno con la quale si provvede ad imputare al soggetto residente il reddito delle proprie partecipate estere, a prescindere dal momento di distribuzione dello stesso. In riferimento alle imprese controllate l‟art. 167 Tuir prevede un sistema di tassazione che ricalca quello per trasparenza per soggetti residenti in Italia che detengono direttamente o indirettamente il controllo di un‟impresa, società ed altro ente residente o localizzato

famiglia con sistema di detrazioni per carichi di famiglia decrescenti al crescere del reddito complessivo del contribuente, introduzione di specifiche detrazioni in funzione della tipologia di reddito, nuova modalità di determinazione della base imponibile Irpef.

Sezione II: LA LIQUIDAZIONE DELL’IMPONIBILE E DELL’IMPOSTA1. Il periodo di imposta Poiché il possesso dei redditi, presupposto dell‟Irpef, è una situazione di fatto suscettibile di prolungarsi nel tempo anche per molti anni, il legislatore ha individuato il segmento temporale a cui fare riferimento per la determinazione concreta dell‟ammontare del reddito posseduto da ciascun contribuente: facciamo riferimento al periodo di imposta che per le persone fisiche coincide con l‟anno solare (art 7 Tuir). Il principio cardine è quello dell‟autonomia del periodo di imposta nel senso che ad ognuno di essi è correlata una obbligazione tributaria autonoma cui corrispondono autonomi obblighi di dichiarazione e versamento. Correttivi a tale principio li ritroviamo nella facoltà di riporto in avanti delle perdite (art 8 comma 3 Tuir) e nel regime della tassazione separata. Le operazioni che il soggetto passivo deve compiere sono le seguenti: 1. Quantificazione dei singoli redditi appartenenti a ciascuna categoria secondo le regole proprie di ognuna; 2. Sommatoria dei redditi delle varie categorie con conseguente calcolo del reddito complessivo; 3. Sottrazione dal reddito complessivo degli oneri deducibili, con conseguente calcolo del reddito imponibile; 4. Applicazione al reddito imponibile delle aliquote dell‟Irpef, con conseguente determinazione dell‟imposta lorda; 5. Sottrazione dall‟imposta lorda delle detrazioni di imposta a fronte di oneri specifici, delle altre detrazioni di imposta, delle ritenute e dei crediti di imposta con conseguente determinazione dell‟imposta netta dovuta (o del rimborso d‟imposta spettante). 2. La determinazione del reddito complessivo Rinviando oltre l‟esame del punto 1. del procedimento suddetto, passiamo ad analizzare le altre fasi. Il reddito complessivo è costituito dalla sommatoria dei redditi di ciascuna categoria, determinato in base alle proprie di ciascuna di esse al lordo degli oneri deducibili. Sembra utile specificare come l‟imputazione al periodo di imposta avverrà generalmente in base al principio di cassa (redditi di lavoro autonomo, dipendente, di capitale e diversi) e in base ad esso i redditi rilevano nel periodo di imposta in cui ne è avvenuta la percezione, per la categoria dei redditi di impresa vige invece l‟opposto principio di competenza in base al quale rileva la maturazione del provento indipendentemente dalla percezione effettiva, e in funzione del periodo di possesso degli immobili per i redditi fondiari. Le perdite derivanti dall‟esercizio delle imprese minori o dall‟esercizio di arti e professioni possono essere compensate orizzontalmente con i redditi delle altre categorie posseduti nel medesimo periodo di imposta, potendo parlare più che di somma dei redditi, di somma algebrica da cui può derivare un reddito complessivo di segno negativo. Per le perdite derivanti dall‟esercizio di imprese commerciali, nonché per quelle derivanti da partecipazioni in Snc e Sas si veda il più volte richiamato articolo 8 comma 3 del Tuir. È prevista l‟esclusione dalla formazione della base imponibile (con conseguente esonero dall‟obbligo di dichiarazione) alcune ipotesi reddituali tassativamente previste dall‟articolo 3 comma 2 del Tuir: redditi esenti dall‟imposta, i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva, assegni periodici destinati al mantenimento dei figli, assegni familiari e per il nucleo familiare, nonché gli emolumenti per carichi di famiglia, la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici, somme corrisposte a titolo di borsa di studio a cittadini stranieri. Il legislatore prevede dei criteri generali per la determinazione dei redditi e delle perdite che se non derogati da specifiche disposizioni delle singole categorie, valgono per tutti i redditi imputabili al

soggetto. In base all‟art 9 comma 2 del Tuir i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo e, in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti; quelli in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti. In riferimento a questi ultimi la tassazione non può avvenire che previa attribuzione ai medesimi di un valore monetario (vedi articolo 9 comma 3 Tuir). Regole particolari dettate ai fini dell‟individuazione del valore normale delle azioni, partecipazioni azionarie e obbligazioni sono dettate dal comma 4 del medesimo articolo. Rispetto ai casi di conferimento o apporto in società si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti con presunzione assoluta non suscettibile di prova contraria (art 9 commi 2 e 5 del Tuir). 3. Gli oneri deducibili e la quantificazione della base imponibile Peculiare caratteristica dell‟Irpef è la personalità del tributo che si esprime nella considerazione non solo di redditi oggettivamente ascrivibili al soggetto passivo ma altresì di una serie di esborsi di natura personale e soggettiva, estranei alla produzione dei singoli redditi, idonei a determinare a parità di reddito complessivo, una diversa incidenza del prelievo. Il legislatore dà rilevanza ad una serie di oneri tassativamente indicati per cui si ammette o la deduzione (articolo 10 Tuir) dal reddito complessivo o una detrazione (articolo 15 Tuir) in misura fissa dall‟imposta successivamente determinata. L‟alternativa non è indifferente perché la deduzione, incidendo sulla base imponibile, avvantaggia a parità di importo i possessori di redditi più elevati; al contrario la detrazione incidendo sull‟imposta dovuta con una percentuale fissa (19% dell’importo dell’onere) consente un risparmio quantitativamente, ma non qualitativamente identico per tutti i contribuenti essendo più significativo per chi ha reddito più basso. Sia la deduzione che la detrazione seguono il principio di cassa: gli oneri rilevano nel periodo di imposta in cui sono stati effettivamente sostenuti. L‟elencazione degli oneri deducibili (deduzioni) prevista dal legislatore è assai variegata ed eterogenea, in funzione delle diverse finalità che sottendono alla relativa previsione ed è riportata all‟articolo 10 del Tuir. Alcune deduzioni si ricollegano alla tutela del c. minimo vitale (es. spese mediche e di assistenza specifica nei casi di grave e permanente invalidità o menomazione), altre sono finalizzate a incentivare determinati impieghi delle risorse ritenuti inutili per l‟individuo e la sua famiglia (es. spese nel limite del 50% sostenute dai genitori adottivi per l‟espletamento della procedura di adozione), altri oneri sono deducibili in quanto di essi non si tiene conto nella determinazione del reddito cui si riferiscono (es. somme corrisposte ai dipendenti chiamati a svolgere funzioni elettorali), altri ancora sono oneri che il soggetto è obbligato a sostenere (es. contributi previdenziali o assistenziali obbligatori per legge). Il legislatore attuale ha reintrodotto la deduzione per l‟abitazione principale (detassazione ai fini Irpef della c. prima casa) nonostante dal 2012, con l‟entrata in vigore dell‟IMU, tale misura fosse stata soppressa. 4. La determinazione dell’imposta lorda Per giungere dal reddito complessivo alla determinazione del reddito imponibile, base di commisurazione dell‟imposta occorre in primo luogo sottrarre al reddito complessivo gli oneri deducibili di cui all‟art 10 Tuir e sottrarre altresì il reddito derivante dall‟abitazione principale. L‟Irpef è un‟imposta progressiva e pertanto il tasso dell‟imposta anziché essere uniforme, varia con il variare della base imponibile la quale quindi è divisa in scaglioni; per ciascuno degli scaglioni la legge stabilisce un tasso via via più elevato fino ad un limite massimo, oltre il quale l‟imposta diventa proporzionale. Con la legge finanziaria del 2007 sono stati fissati gli scaglioni di reddito e le corrispondenti aliquote di tassazione (articolo 11 del Tuir). Per i periodi di imposta 2011, 2012, 2013 è stato previsto un contributo di solidarietà del 3% che colpisce la parte di reddito complessivo lordo annuo che eccede i 300 € che è tuttavia deducibile. Applicando al reddito del contribuente, per scaglioni, le aliquote via via previste, si ottiene l‟imposta lorda; prima di pervenire alla determinazione dell‟imposta netta che il contribuente deve versare all‟erario si deve procedere ad una serie di operazioni che vedremo di seguito.

che potrà, a scelta, essere richiesto a rimborso, essere compensato con i versamenti a titolo di acconto o con l‟imposta dovuta per l‟anno successivo, ovvero essere compensato con altre imposte o contributi previdenziali dovuti. Per quanto riguarda la presentazione della dichiarazione per alcune tipologie di reddito (redditi dei terreni e fabbricati, di lavoro dipendente e assimilati, redditi di capitale, assimilati a quelli di lavoro autonomo per i quali non sussiste l‟obbligo di attribuzione della partita Iva, alcuni casi di redditi diversi, redditi soggetti a tassazione separata) è possibile presentare, anziché il Mod. Unico Persone Fisiche, il Mod. 730 per il quale è indispensabile la presenza di un sostituto di imposta o CAF che effettui il conguaglio. 8. I redditi soggetti a tassazione separata Alcuni redditi tassativamente individuati dal legislatore (art 17 Tuir) sono sottratti alla imposizione nel coacervo del reddito complessivo del contribuente e vengono assoggettati a tassazione con un sistema impositivo detto tassazione separata. La ratio sta nella volontà di evitare che redditi a formazione poliennale la cui percezione si concentra in un unico periodo di imposta, siano colpiti, per effetto dell‟imposizione progressiva, con un‟aliquota che sarebbe di molto superiore a quella che sarebbe risultata applicabile ove il reddito fosse stato tassato nei diversi periodi di imposta in cui è maturato. Le numerose fattispecie sono suddivisibili in due categorie: redditi derivanti dalla cessazione di una attività lavorativa (es. TFR e indennità equipollenti); redditi conseguiti a seguito del verificarsi di eventi di natura eccezionale ma caratterizzati comunque da poliennalità (es. emolumenti arretrati di lavoro dipendente, plusvalenze realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di cinque anni). Sono infine soggetti a tassazione separata i redditi maturati in capo a un soggetto deceduto, sono percepiti dagli eredi. La tassazione avviene con l‟applicazione della aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente del biennio precedente. Se tale calcolo è penalizzate (si pensi il caso in cui nel biennio precedente il contribuente abbia conseguito redditi particolarmente elevati con innalzamento dell‟aliquota media applicabile) il contribuente può scegliere la tassazione secondo il sistema ordinario. Per la particolare tassazione del TFR e indennità equipollenti si veda l‟articolo 19 Tuir.

Sezione III: LE CATEGORIE REDDITUALI REDDITI FONDIARI

  1. Caratteristiche generali I redditi fondiari sono disciplinati dagli art. 25-41 del Tuir, tuttavia molte di queste disposizioni risultano non più applicabili dal 1°Gennaio 2012, data di entrata in vigore dell‟IMU. In base all‟art. 25 del Tuir sono presupposti necessari affinchè un fabbricato o un terreno possano considerarsi produttivi di reddito fondiario: l‟ubicazione nel territorio dello Stato; iscrizione o iscrivibilità nel catasto. I redditi fondiari sono assoggettati a tassazione sulla base delle risultanze catastali: si fa quindi riferimento, non al reddito effettivo del singolo terreno o del singolo fabbricato individualmente considerato, ma al reddito medio ordinario ritraibile in condizioni normali da tutti i terreni e da tutti i fabbricati che appartengono alla medesima qualità, categoria, classe, al netto di detrazioni ammesse dalla legge. Dato che ai fini tributari un‟area è fabbricabile quando è indicata come tale nel piano regolatore comunale, oggetto dell‟imposizione è l‟astratta e potenziale capacità del bene di produrre un reddito, a prescindere dal suo concreto manifestarsi e dalla sua entità. Il catasto è una sorta di inventario nel quale vengono descritti gli immobili esistenti nel territorio dello Stato, con l‟indicazione dei relativi proprietari e l‟attribuzione del relativo reddito. Per i terreni l‟unità elementare del catasto è la particella catastale ( porzione continua di terreno appartenente al medesimo possessore con stessa qualità e classe) e per gli immobili l’unità immobiliare (ogni porzione di immobile idoneo a produrre un proprio reddito). Ad ogni unità catastale corrisponde la relativa rendita rilevante ai fini dell‟applicazione delle imposte sui redditi, nonché ai fini dell‟imposta di registro e dell‟IMU. La formazione del catasto dei terreni e dei fabbricati consta di due serie di operazioni, la misura e la stima delle singole particelle. Con la prima s‟ intende la

rilevazione della figura e dell‟estensione delle singole proprietà e particelle mediante mappe planimetriche collegate a punti trigonometrici, alla seconda si perviene tramite quattro fasi (qualificazione, classificazione, formazione delle tariffe, classamento). Inerentemente le tariffe d‟estimo è normativamente prevista la revisione per sopravvenute variazioni della capacità di reddito o comunque ogni dieci anni. La mancata revisione suddetta ha indotto il legislatore alla rivalutazione delle rendite con l‟introduzione dell‟IMU. Ai fini della lotta all‟evasione si auspica una revisione del catasto che eviti un trattamento indifferenziato per immobili che hanno valore catastale palesemente diverso, sulla base del principio di ragionevolezza. In attesa di una revisione completa è stata prevista nel 2010 l‟istituzione da parte dell‟Agenzia del territorio dell‟Anagrafe immobiliare integrata che si configura come un archivio informatizzato di tutti i beni immobili e dei titolari di tutti i diritti reali sugli stessi. I redditi fondiari vengono imputati ai soggetti che possiedono gli immobili proporzionalmente alla durata del possesso nel periodo d‟imposta a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale. In caso di contitolarità il reddito fondiario concorre a formare il reddito di ciascun soggetto per la parte corrispondente al suo diritto. La regola generale è stata, dunque, per lungo tempo quella della concorrenza dei redditi fondiari alla formazione del reddito complessivo indipendentemente dalla percezione. Questo criterio, palesemente contrastante con il principio di capacità contributiva, ha subito una parziale modifica essendosi stabilito che i redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, se non percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, con contestuale previsione di un credito d‟imposta per imposte versate su canoni non percepiti. I redditi fondiari si distinguono in: a) Redditi dominicali dei terreni; b) Redditi agrari dei terreni; c) Redditi dei fabbricati. Non sono produttivi di reddito fondiario i terreni dati in affitto per usi non agricoli dai quali originano redditi diversi (es. riserve di caccia), né i terreni che non sono atti a produrre un reddito autonomo in quanto pertinenze di fabbricati urbani (es. giardini), né infine i terreni impiegati come beni strumentali nell‟ambito di un‟attività da cui derivano redditi d‟impresa. 2. I redditi dei terreni: a) Il reddito dominicale Il reddito dominicale dei terreni è imputato al soggetto che ha il semplice possesso del fondo a titolo di proprietà o altro diritto reale. Esso è determinato mediante l‟applicazione delle tariffe d‟estimo e può variare in aumento o in diminuzione al verificarsi di determinate condizioni (es. sostituzione della qualità di coltura del terreno). Tali variazioni vanno denunciate dal contribuente all‟Ufficio tecnico erariale, dando luogo a revisione della qualificazione e classamento dei terreni a cui si riferiscono. Gli art. 27-30 del Tuir disciplinano i casi di mancata coltivazione del fondo per un‟intera annata agraria comportante l‟abbattimento del 30% del reddito dominicale e di perdita per eventi naturali di almeno del 30% del prodotto ordinario del fondo comportante l‟inesistenza del reddito. L‟imposizione del settore agricolo ha subito un aggravio con l‟entrata in vigore dell‟IMU. 3. b) Il reddito agrario Il reddito agrario è imputato al soggetto che svolge l‟attività agricola sul fondo e che può anche essere diverso dal proprietario. Anche in questo caso esso è determinato tramite l‟applicazione delle tariffe d‟estimo, ma in caso di mancata coltivazione del fondo per un‟intera annata agraria o di perdita per eventi naturali per almeno il 30% del prodotto ordinario del fondo il reddito si considera inesistente. In base all‟art. 32 del Tuir sono considerate attività agricole: x le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura; x l‟allevamento di animali e le attività dirette alla produzione di vegetali secondo le condizioni di cui all‟articolo richiamato; x le attività di cui al 3° comma dell‟art. 2135 c.

Regole ancora diverse si applicano agli immobili locati per i quali coesistono Imu e Irpef: qualora il canone risultante dal contratto di locazione sia superiore alla rendita catastale, il reddito imponibile viene determinato in misura pari al canone di locazione al netto della riduzione pari al 5% configurandosi in tal caso la base imponibile con il reddito effettivo che peraltro non necessariamente esprime il reale incremento di ricchezza data la indeducibilità delle spese effettivamente sostenute dal contribuente per la manutenzione e la conservazione dell‟immobile. Con decreto legislativo 23/2011 è stato introdotto un regime opzionale di tassazione dei redditi derivanti dalla locazione degli immobili ad uso abitativo e delle loro pertinenze (art 3 d. 23/2011). L‟opzione comporta l‟assoggettamento del canone di locazione ad una imposta forfettaria sotto forma di cedolare secca nella misura del 21%. L‟esercizio di tale opzione esclude l‟applicazione dell‟Irpef, dell‟imposta di registro iniziale ed annuale e dell‟imposta di bollo, non esclude invece il pagamento dell‟Imu. Contestualmente sono state inasprite le sanzioni previste per omessa registrazione del contratto, omessa indicazione del canone nella dichiarazione annuale e per l‟indicazione di un canone inferiore a quello effettivo. Riguardi gli immobili di interesse storico artistico, a decorrere dal primo gennaio 2014 il reddito medio ordinario è ridotto del 50% e non si applica l‟aumento di 1/3 per le unità immobiliari a disposizione.

REDDITI DI CAPITALE

  1. Individuazione dei redditi rientranti nella categoria Con riferimento ai redditi di capitale, non si può fare riferimento alle sole norme del Tuir, ma occorre prendere in considerazione una pluralità di fonti normativa, prima fra tutte il decreto sull‟accertamento (d.P. 600/1973) che contiene le norme relative all‟applicazione delle ritenute alla fonte. La frammentarietà della disciplina consegue al continuo evolversi delle forme di investimento finanziario e nascita di nuovi strumenti di impiego. La prima delega per il riordino della tassazione sulle rendite finanziarie è stata quella contenuta nella legge finanziaria del 1997, cui ha seguito il d. 461/1997 (riforma Visco) con l‟obiettivo di far rientrare tutte le possibili forme di impiego di capitale nella categoria dei redditi di capitale o in quella dei redditi diversi. Con l‟introduzione dell‟Ires, nonostante si avesse in previsione una riforma del sistema fiscale, si andò a modificare radicalmente solo la disciplina impositiva dei dividendi societari. Il decreto 138/2011, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, ha previsto un accorpamento in un‟unica aliquota del 20% le due aliquote precedenti, elevata al decorrere del 1° luglio 2014 al 26%. Deroga alla nuova aliquota, con previsione di una aliquota del 12,5% è stata confermata per gli interessi relativi ai titoli dello Stato italiano (BOT, CCT, titoli emessi da enti territoriali) ed equiparati (BEI, BIRS, ecc), nonché per gli interessi e i capital gains relativi ai titoli di stato esteri rientranti nella white list. È stata confermata la distinzione tra frutti e plusvalenze: la tassazione delle rendite finanziarie continua a fondarsi sulla distinzione tra redditi costituenti differenziale derivante da un contratto di scambio di strumenti finanziari (plusvalenze o minusvalenze di cui all‟articolo 67 Tuir) e i redditi correlati al decorso del tempo e al godimento del capitale investito (frutti dell‟investimento), che rientrano nell‟ambito dei redditi di capitale disciplinati dall‟art 44 Tuir. Il legislatore non dà una definizione generale di redditi di capitale, preferendo ricorrere ad una elencazione di tipo casistico dei diversi proventi in essa rientranti di cui all‟art 44 lettera da a) a h). tale elencazione si chiude con una norma di carattere residuale, volta ad attrarre gli interessi e gli altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di vento incerto. L‟attuale formulazione ricomprende anche i proventi non predeterminati, né predeterminabili tra i proventi tassabili, ossia variabili e non collegati a parametri prefissati. Non danno origine a redditi di capitale tuttavia, i rapporti che presentano natura aleatoria, ossia suscettibili di generare tanto differenziali positivi quanto negativi.

Nonostante l‟eterogeneità, è possibile suddividere i redditi di capitale in due grandi categorie: gli interessi e gli altri proventi derivanti da mutui e da altri rapporti di finanziamento; i proventi derivanti dalla partecipazione in società o enti. Regole generali di determinazione valevoli per ogni tipo di reddito di capitale: 1. Tassazione al lordo: il reddito di capitale è costituito dall‟intero importo risultante dal relativo titolo senza alcuna deduzione, prescindendo lo stesso da uno svolgimento di una attività da parte del contribuente ed essendo una conseguenza naturale e automatica della fruttuosità del capitale stesso. La tassazione al lordo prevede l‟indeducibilità della perdita di valore subita dal capitale dato a mutuo a seguito di inflazione. 2. Principio di cassa: tassazione dei redditi di capitale nel periodo di imposta in cui sono percepiti. Ciò che rileva non è quindi il reddito maturato, ma l‟effettivo importo incassato (con ciò intendendosi non la materiale percezione del credito, ma anche il compimento di atti di disposizione del diritto di credito) con conseguente possibilità per il contribuente, ad esempio per i dividendi, di rinviare la percezione, quindi la relativa tassazione a periodi di imposta successivi a quelli di maturazione del diritto. In parziale deroga del principio di cassa è previsto che per i capitali dati a mutuo, gli interessi si presumono percepiti alle scadenze e nella misura pattuita per iscritto. Trattasi di una presunzione legale relativa: se le scadenze non sono pattuite gli interessi si presumono percepiti nell‟ammontare maturato nel periodo di imposta. Altra presunzione relativa riguarda la misura degli interessi che se non pattuita si presume pari all‟1%. Sempre in deroga al principio di cassa, ritroviamo il metodo di imposizione denominato regime del risparmio gestito: questo regime presuppone l‟affidamento di una massa patrimoniale (denaro o beni non relativi all‟impresa) in gestione a un intermediario finanziario abilitato e i redditi di capitale e diversi vengono assoggettati a tassazione mediante una imposta sostituti vada applicarsi sul risultato netto della gestione maturata nel periodo di imposta. Inoltre tale metodo consente una compensazione tra componenti reddituali positive e negative derivanti da forme reddituali diverse. 3. Vis attractiva del reddito di impresa: non costituiscono reddito di capitale, ma concorrono a formare reddito di impresa, i proventi percepiti nell‟esercizio di una attività commerciale. Con riferimento ai redditi di capitale sono previsti diversi regimi di imposizione. Alcuni redditi sono soggetti a ritenuta a titolo di acconto con conseguente obbligo per il percipiente di includere i proventi nella dichiarazione dei redditi ai fini della relativa tassazione nell‟ambito del reddito complessivo. Per altri redditi di capitale invece è prevista la ritenuta a titolo di imposta, prelievo di carattere definitivo che esaurisce ogni obbligo del contribuente nei confronti del fisco. Quest‟ultima è possibile solo nei confronti di persone fisiche e di altre limitate categorie di soggetti, mentre la ritenuta a titolo di acconto è prevista per società ed enti commerciali. Particolari regimi sostitutivi sono previsti per alcune fattispecie di redditi di capitale: es. fondi comuni di investimento o interessi da obbligazioni emesse da grandi emittenti. Il fatto che i redditi di capitale siano soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta o ad altri regimi sostitutivi ha determinato un aggiramento della progressività dell‟Irpef sottraendo all‟area dell‟imponibilità un cospicuo ammontare di redditi. 2. La prima categoria dei redditi di capitale: gli interessi e gli altri redditi di capitale derivanti da mutui e rapporti di finanziamento Rientrano in questo gruppo i redditi di cui all‟art 44 del Tuir: x Interessi derivanti da mutui, compresa la differenza tra la somma percepita alla scadenza e quella data a mutuo, per i quali è prevista la ritenuta a titolo di acconto (solo qualora il soggetto erogante è sostituto di imposta e applicata a titolo di imposta nei confronti di soggetti non residenti) del 26% dal 1° luglio 2014. x Interessi derivanti da depositi e conti correnti, compresa la differenza di cui sopra, per i quali è prevista la ritenuta del 26% applicata a titolo di imposta (persone fisiche non esercenti attività di impresa), ovvero d‟acconto a seconda della natura del soggetto percettore (in particolare nei confronti di imprenditori individuali, SPA ...)

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Diritto Tribuatio Perugia

Corso: Diritto privato (MN1-00532)

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CAPITOLO PRIMO
I CARATTERI ESSENZIALI DEI REDDITI TASSABILI CON IRPEF E IRES
1. Premessa sul perché della nascita di due sole imposte fondate sulla tassazione di ogni tipo di
reddito
Le due imposte sul reddito, IRPEF (Imposta sul reddito della persona fisica) e IRES (Imposta sul
reddito delle società) rivestono un‟importanza fondamentale nel sistema tributario italiano derivante
da: elevatezza del gettito, estensione della platea dei soggetti passivi e dalla complessità dei
problemi che la loro gestione fa nascere. Solo con la riforma del 1971/73 fu introdotta l‟imposta
personale globale sul reddito complessivo (IRPEF) al fine di cancellare la sovrapposizione di
molteplici prelievi sul medesimo imponibile; evitare trattamenti legali diversificati tra contribuente
con eguale reddito proveniente da fonti diverse; realizzare la progressività voluta dall‟articolo 53;
personalizzazione del prelievo.
2. I tre concetti di reddito proposti in economia finanziaria come base della tassazione
Il concetto di reddito è strumentale e varia in correlazione agli scopi cui esso deve servire. Agli
economisti di finanza interessa quale indice di attitudine alla contribuzione oltre che come
misuratore della capacità contributiva del paese (PIL). Rispetto alla prima rilevano tre definizioni:
x Reddito come prodotto netto Æè il frutto che scaturisce dalla realizzazione di un disegno
intenzionale e preordinato da parte del beneficiario a voler conseguire un maggior valore
dei beni posseduti.
x Reddito come entrata netta Æ ogni incremento, anche occasionale, fortuito o imprevedibile
verificatosi nel patrimonio del soggetto nel periodo di riferimento di volta in volta
considerato.
x Reddito come consumo Æ la parte del reddito prodotto destinata al consumo ed esonerata
dall‟imposta del reddito risparmiato.
Il concetto di reddito è studiato anche in economia di azienda ed è volto a identificare nelle varie
fasi della vita delle aziende quale parte dell‟accrescimento subito dal capitale investito sia reddito di
impresa per gli organi di gestione e controllo delle aziende.
3. Concetto di reddito nel diritto tributario
Sin dal testo unico del 4021/1877 il legislatore adotta una nozione di reddito che si discosta da
quella propriamente economica e da quella adottata in altre branche dell‟ordinamento. Tale testo
unico era lacunoso e a tale lacune sopperisce in primis la dottrina che individua come primo
elemento immancabile della nozione di reddito, l‟incremento patrimoniale concretamente valutabile
in denaro. Il testo unico 645/1958 ha codificato l‟orientamento di tale dottrina all‟articolo 81
comma 1 e i testi unici successivi hanno lasciato inalterati i connotati del reddito fino al vigente t.u.
917/1986. Il primo di tali connotati è appunto il reddito come acquisizione patrimoniale netta
costituita da una somma di denaro o da un bene in natura traducibile in una somma di denaro che
aumenta il patrimonio preesistente del reddituario. L‟accrescimento può consistere in un aumento
degli elementi costitutivi attivi, diminuzione degli elementi passivi, o maggiore valore di scambio di
taluno degli elementi che compongono il patrimonio. Rileva in campo tributario la medesima
definizione civilista di patrimonio (complesso dei diritti o dei rapporti giuridici che fanno capo ad
una persona e che hanno un valore economico). Questo è uno stock di rapporti giuridici
individuabile facendo riferimento a una data, il reddito è un accrescimento (flusso) di nuovo
patrimonio formatosi in un lasso di tempo, più o meno lungo, avente una durata. All‟opposto la
perdita è un deflusso, una diminuzione del patrimonio preesistente.
La nozione di reddito permette di identificare dei corollari in ordine alla qualificazione di fatti che
non hanno natura reddituale:
a) Non rientrano nel patrimonio la posizione sociale e le qualità morali, intellettuali, culturali,
ecc. in quanto qualità intangibili e insuscettibili di determinazione in denaro
b) Non sono soggetti all‟imposta sul reddito i benefici o servizi che il proprietario trae dall‟uso
dei propri beni se non nel caso in cui li ceda in uso a terzi verso corrispettivo (art. 67 lett. h
Tuir)