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Finanziamenti Aziendali

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Corso

Economia e management (L-18)

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Anno accademico: 2019/2020
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FINANZIAMENTI AZIENDALI

(a cura di Simone Della Monica CLEM Triennio Professione & Lavoro).

Lezione 1: Il sistema finanziario

Il sistema finanziario è l’insieme integrato di strumenti, istituzioni e mercati e rappresenta la struttura attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, ossia la produzione e l’offerta di servizi finanziari. Le funzioni del sistema finanziario sono: 1)Regolare le transazioni, 2)Allocare le risorse ossia allocare le risorse dalle unità in surplus alle unità in deficit e allocarle alle unità che sanno creare valore selezionando i prenditori di fondi. Le banche, ad esempio, allocano le risorse efficientemente alle famiglie ed alle imprese nel finanziare le loro attività. 3)Incentivare le persone, attraverso il sistema finanziario, si può legare la performance individuale e la remunerazione dei manager alla creazione di valore nell’impresa. 4) Facilitare la creazione di nuove imprese, gli investitori istituzionali devono selezione ed investire nelle imprese che potrebbero creare valore e successivamente vendere la partecipazione creando uno spread positivo. 5)La gestione dei rischi delle imprese come ad esempio i derivati. Il sistema Economico ed il sistema Finanziario hanno delle differenze importanti, infatti, il sistema finanziario, è di supporto alla crescita dell’economia e del PIL dei paesi, ed è quindi più “periferico” rispetto al più vasto sistema Economico Il sistema Finanziario è costituito dai Mercati Finanziari, Intermediari Finanziari, Strumenti Finanziari e Regolamentazione & Supervisione. Quando parliamo di crisi del sistema finanziario ci riferiamo alla presenza di 3 entità, ossia gli Stati Sovrani, le imprese e dalle Banche. Queste entità sono strettamente correlate e vanno viste con una logica di insieme.

Ci sono alcune aree che hanno sofferto di più della crisi, se uno Stato Sovrano è già indebitato, la crisi si riflette anche alle altre 2 aree. Le banche in particolare poi hanno dovuto fare fronte a due pressioni differenti in quanto la recente crisi è stata di origine finanziaria. Meno risorse da impiegare per i prestiti e l’aumento del patrimonio in quanto la Regolamentazione ha legato il Patrimonio delle Banche alle attività delle Banche ed al rischio di credito. L’impatto sulle imprese si realizzerà perché inevitabilmente aumenterà il tasso di interesse.

Un altro tema molto importante è la globalizzazione dei mercati quindi possiamo immaginare i 192 Paesi delle Nazioni Unite come se fossero delle cabine di un unico battello, e se affonda il battello tutte le cabine (e gli Stati) affondano, infatti gli effetti della crisi hanno coinvolto tutti i Paese globalizzati. Un altro fenomeno che si è osservato durante la crisi, è stata una innovazione su 3 fronti; Innovazione di Prodotto (Cartolarizzazione degli attivi bancari), Innovazione Regolamentare (Orientamento delle normative contabili verso il Fair Value) e Innovazione Gestionale (nuovi modelli di Risk Management). La recente crisi ha quindi rafforzato il binomio esistente tra Rischio Credito e Rischio Liquidità, infatti, si tratta del più grande insegnamento della crisi del 2008 che ha indotto le stesse Autorità di Vigilanza a introdurre un trattamento specifico del rischio di liquidità nell’ambito del Primo Pilastro di Basilea 3. Con Basilea 3 si chiede alle Banche di avere un “cuscinetto anticiclico” da utilizzare quando l’economia va male senza attaccare in alcun modo il patrimonio della banca (Patrimonio di Vigilanza). Il rapporto tra Patrimonio di Vigilanza ed il RVA (attivo ponderato al rischio) deve essere maggiore o uguale all’ 8%. La mancanza di liquidità può mandare in default banche ed imprese per altri versi solide. Sono poi diverse le Banche Commerciali e le Banche di Investimento. Le banche commerciali hanno come core business servizi di deposito e prestito alle famiglie. Le banche d’Investimento (o d’Affari) sono un istituto di credito i quali (diversamente delle banche commerciali) non permettono depositi, ma offrono servizi di consulenza alle Società e gestiscono i grandi patrimoni privati. Data la crisi recente, ci sono state diverse conseguenze per le banche ,considerate istigatrici della crisi finanziaria. 1)Regole stringenti di comportamento (evitare il ripresentarsi del problema ex post) 2)Minore leva finanziaria (rapporto tra Equity e Total Asset) 3)Più trasparenza (comunicare al mercato la tua situazione di rischio) 4)Ricavi più basati sulle attività tradizionali (Finanziamenti) 5)Costo del capitale più elevato 6)Ambiente competitivo più rischioso 7)Selezione dei clienti (andando a guardare la capacità dell’impresa di avere flussi di cassa nel medio/lungo periodo). Anche le Imprese hanno avuto delle conseguenze ossia, 1)Nuovi modelli di relazione con gli Intermediari Finanziari (pochi finanziamenti per investimenti e più ristrutturazione del debito) 2)Processi di ristrutturazione (dell’Attivo e del Passivo) 3)Maggiore importanza dei canali Extra Bancari (emissione di Mini Bond o Quotarsi sul mercato) 4)Risk Management (non acquistare derivati per scopo speculativo).

Lezione 2: La previsione di fabbisogno finanziario La strategia finanziaria dell’impresa è un riflesso della strategia di impresa in generale. Abbiamo 5 decisioni alla base della strategia finanziaria dell’impresa.  Qual è la dimensione dell’attivo? (Quanto l’impresa deve essere grande in termini di Asset)  Qual è la dimensione del debito e equity? (Regolare la struttura finanziaria)  Qual è la composizione del debito e equity? (Mix di strumenti di debito a m/l termine o breve periodo, o Mix di strumenti di equity come la raccolta nel mercato azionario)  Quanti dividendi da distribuire? (Avendo un certo utile, devo decidere quanto utile distribuire agli azionisti)  Occorre aumentare la base di equity? Di quanto? Ci sono però dei fattori che influenzano la strategia aziendale.

Come si bilanciano il rischio Business e il rischio finanziario?

Un impresa che cerca di bilanciare i rischi Business e Finanziario si collocherà all’interno del quadrante 1 e del quadrante 4 altrimenti nei quadranti 2 e 3 avremmo situazioni di tensione finanziaria(2) e poca creazione di valore(3). Attravreso la matrice del bilanciamento dei rischi, si può rappresentare la matrice del ciclo di vita delle imprese.

La prima fase è quella di avvio dell’impresa la seconda fase è quella di crescita e sviluppo, la terza fase è quella di maturità e la quarta è quella di declino dell’impresa. Programmare il fabbisogno finanziario significa anche riconoscere in quale fase del ciclo di vita si trova l’impresa. Lungo tutte queste fasi avremmo delle configurazioni diverse del rischio Business e Rischio finanziario. Fase di Avvio: Rischio Business (4) Rischio finanziario (1) Fase di Sviluppo: Rischio Business (3) Rischio finanziario (2) Fase di Maturità: Rischio Business (2) Rischio Finanziario (3) BILANCIAMENTO RISCHI Fase di Declino: Rischio Business (1) Rischio Finanziario (4)

La strategia ed il settore hanno poi un impatto importante sul bilancio. Per analizzare il bilancio occorre fare una visione di insieme su 3 aspetti fondamentali. Il primo aspetto è il reddito che è considerato come “motore” dell’impresa. Il secondo aspetto è la struttura finanziaria, ossia il “telaio” della impresa, mentre il terzo aspetto riguarda i flussi di cassa che l’impresa riesce a produrre nel tempo e sono visti come le “sospensioni” dell’impresa. Per effettuare un’analisi di bilancio abbiamo come supporto diversi indici di bilancio

Per calcolarci i flussi di cassa, invece, ci serviamo di un prospetto molto importante chiamato Rendiconto Finanziario. Il rendiconto finanziario è un documento finanziario del bilancio d'esercizio, in cui una società riassume tutti i flussi di cassa che sono avvenuti in un determinato periodo. Il documento, in particolare, riassume le fonti che hanno incrementato i fondi liquidi disponibili per la società e gli impieghi che, al contrario, hanno comportato un decremento delle stesse liquidità. Quando si ha a che fare con le banche molto probabilmente avremmo davanti un prospetto di rendiconto finanziario di questo tipo:

Qual è la situazione di queste 3 imprese? Le 3 imprese hanno lo stesso EBIT e lo stesso flusso di cassa finale, quindi il rendiconto finanziario è uno strumento fondamentale per valutare la 3 imprese. L’azienda 3 distribuisce dividendi più di quello che produce dalla gestione operativa e il core business non va bene perché utilizza le entrate per rimborsare l’indebitamento e distribuire dividendi e quindi è quella che inevitabilmente fallirebbe. L’azienda 2 si è indebitata anche per distribuire dividendi quando in realtà non li distribuisce affatto, ma ha degli impianti discreti una buona gestione del circolante, rimborsa debito a m/l termine. Il fatto che non distribuisce dividendi fa piacere alle banche ed al management per i progetti di autofinanziamento. L’azienda 1 nonostante distribuisca dividendi e abbia dei buoni impianti ha qualche problema sulla gestione del circolante e deve adeguare il proprio potere di forza nei confronti dei clienti e dei fornitori.

È quindi importante stabilire gli obiettivi della previsione finanziaria per capire quali sono i limiti sostenibili ai fini di un ulteriore indebitamento, capire quanto l’impresa riesce ad autofinanziarci e capire la possibilità di accedere a diverse forma di finanziamento, non solo debito ma anche equity. La pianificazione finanziaria serve inoltre a valutare l’equilibrio economico finanziario e patrimoniale dell’impresa, e ad effettuare analisi di sensitività ossia un cambiamento nello scenario di sviluppo dell’impresa. Per effettuare la redazione di una previsione finanziaria ci serviamo di un Bilancio Previsionale che è composto da diverse fasi. 1. Conto Economico Previsionale 2. Stato Patrimoniale Previsionale 3. Individuazione del Fabbisogno Finanziario 4. Stima degli Oneri Finanziari 5. Stima delle Imposte 6. Completamento del Conto Economico Previsionale 7. Completamento dello Stato Patrimoniale Previsionale.

Lezione 3: Il costo del capitale e la struttura finanziaria delle imprese Il costo del capitale lo intendiamo come costo del capitale di debito e costo del capitale di rischio che rappresentano le fonti attraverso il quale le imprese vanno a finanziare i propri progetti di investimento. Il costo del capitale è importante anche quando si vanno a valutare le imprese. Ci sono dei passaggi necessari per calcolare il costo del capitale. Il primo step è quello di determinare il costo dell’equity, il secondo step è quello di determinare il costo del debito, così facendo si arriva al terzo stop e si riesce a determinare il costo del capitale. Cosa rappresenta nell’impresa il costo del capitale? Innanzitutto è una remunerazione attesa dai finanziatori (sia i finanziatori in capitale di debito sia i finanziatori in capitale di rischio). Infatti chi finanzia l’impresa si attende un certo tipo di remunerazione. Un'altra variabile per il calcolo del costo del capitale è rappresentata dal rischio. Più l’impresa è rischiosa più il costo del capitale sarà elevato, visto che per un azionista che investe nel capitale di rischio, il ritorno è una variabile che è legata al maggiore rischio che si sta correndo, rispetto ad un finanziatore di capitale di debito. Il costo del capitale di rischio per gli Azionisti è il tasso di remunerazione minimo atteso dall’investimento nella società, mentre invece per il Management, è un costo (e non un rendimento) di risorse da corrispondere al fine di assicurarsene la disponibilità. Quali modalità abbiamo per calcolare il costo dell’equity? Il primo modello che abbiamo a disposizione è il Dividend Discount Model che assume che il prezzo di una impresa (ad oggi) è uguale al dividendo dell’impresa che sarebbe erogato domani diviso r-g

dove r è un tasso di crescita dell’economia che si riflette anche sulla crescita dell’impresa e g è il tasso di crescita dei dividendi dell’impesa. Infatti Div1 è in funzione anche al tasso di crescita g ed ai dividendi di oggi.

r quindi rappresenta il costo dell’equity di un’impresa indebitata (L) ed è uguale al dividendo all’anno 1 diviso il prezzo ad oggi, più g. Se noi siamo in grado di capire qual è il tasso di crescita dei dividendi possiamo calcolare il costo dell’equity in funzione di g. Questo tipo di analisi però presenta delle difficoltà evidenti.  Si basa sul presupposto che i prezzi delle imprese quotate rispecchiano il loro reale valore quando nella realtà non è (quasi mai) così.  Bisogna stimare g e stimare g in un’ottica di lungo periodo non è facile. Per stimare g utilizziamo il tasso medio storico di crescita dei dividendi oppure si fa un’analisi delle determinanti della crescita aziendale. In particolare: g = ROE × (1 − payout). Questo modello quindi non è quello più utilizzato. L’altro modello è il CAPM, ovvero, “Capital Asset Pricing Model”. Sulla base di questo modello il costo dei mezzi propri di una azienda (equity) è dato dalla somma di un tasso di rendimento “risk free” (es. Tasso BTP a 10 anni) sommato ad un coefficiente β che misura la reattività di un titolo, rispetto a quelli che sono i rendimenti di mercato (in media), meno il tasso risk free.

─ tipologia di business: le imprese che presentano elevata ciclicità̀ nei ricavi tendono ad essere caratterizzate da profili di rischio più̀ elevati; ─ grado di leva operativa: è calcolato confrontando i costi fissi ed il totale dei costi. Maggiore è l’incidenza dei primi sui secondi, maggiore è l’impatto che variazioni nelle vendite possono avere sul reddito operativo: la struttura è più̀ rigida. ─ grado di leva finanziaria: un’impresa maggiormente indebitata è un’impresa ceteris paribus più̀ rischiosa per l’investitore, perché́ incrementa la varianza degli utili netti conseguibili dalla società̀. Ovviamente un’impresa più indebitata è più rischiosa. Questo ragionamento si evince partendo dalla formula del ROE (Reddito Netto/Mezzi Propri). C’è anche un altro modo per scrivere il ROE ossia scriverlo in funzione del ROA (Return On Asset, EBIT/Totale Attivo). ROE = ROA + (ROA – i) *(D/E). In condizioni normali ci aspettiamo che la differenza tra (ROA – i) sia positiva perché si vuole che quello che l’attivo riesce a generare sia maggiore rispetto a quello che si deve dare alle banche (i). In questa formula il rischio Business è associato ad un concetto di variabilità ed è associato al ROA, quindi più il ROA è volatile più sarà volatile o marcato il Rischio Business. Il rischio finanziario invece è legato a (D/E). Se ho una struttura finanziaria più sbilanciata verso D, allora mi aspetto una maggiore volatilità del ROA e di (i). Dato che il Rischio Business e il Rischio Finanziario devono essere bilanciati, se io avrò un rischio business elevato io dovrò avere un rischio finanziario più contenuto ed evitare che (i)>ROA. Quando la volatilità del ROA è marcata, quindi il rischio business è elevato, allora la volatilità di (i) deve essere più contenuta e diminuire la Leva Finanziaria (D/E). Quindi se io sto calcolando il β di una impresa, allora, bisogna vedere se abbiamo a che fare con un’impresa con debito elevato oppure un’impresa priva di debito elevato. Un altro metodo per stimare β è usare il metodo basato su dati contabili ed effettuare una regressione lineare non sul rendimento del titolo ed il rendimento del mercato (come si fa con il metodo basato sui dati storici) bensì sul reddito netto dell’impresa ed il reddito netto delle imprese che operano nello stesso settore dell’impresa di riferimento. Il problema è che la convenienza ad utilizzare dati contabili è discutibile, in quanto i dati contabili sono il frutto di politiche di bilancio e quindi il reddito netto può non esprimere il reale potere dell’impresa e degli azionisti ed è un grosso problema. Oltre al Dividend Discount Model e il CAPM un altro metodo per calcolare il costo dell’equity, è l’APT che si può considerare come un’estensione del CAPM e non considera soltanto β e il premio per il rischio ma anche altri fattori quali inflazione, rischio di tasso di interesse, ed alcuni fattori industry-specific. Il metodo dell’APT è una stima econometrica molto difficile e complessa, per cui il metodo del CAPM è il metodo più utilizzato per calcolare il costo dell’equity. Dopo aver visto i vari modi per determinare il costo dell’equity, vediamo come calcolare il costo del Debito. Per determinare il costo del debito occorre prendere come riferimento il valore di mercato del debito, dato da tutti i flussi che sono legati all’impresa (e sono quindi negativi per l’impresa) diviso il fattore di sconto che tiene il costo del debito e lo mette in relazione inversa al valore di mercato del debito.

Se il costo del debito aumenta il valore di mercato del debito diminuisce, quindi se noi già abbiamo il valore di mercato del debito e tutti i flussi si può determinare tramite formula inversa il costo del debito. Il costo del debito riflette anche altri elementi come il rischio dell’impresa. Mettiamo in relazione una variabile di bilancio come EBIT (reddito operativo) /Oneri finanziari. Più è alto questo rapporto più il reddito operativo è in grado di coprire gli oneri da pagare ai finanziatori. Le agenzie di Rating poi, emettono giudizi (o rating) in base al rischio del debito delle imprese.

Una volta calcolato il costo dell’Equity ed il costo del debito, possiamo calcolare il costo del capitale, più precisamente il costo medio ponderato del capitale dell’impresa.

Il problema si ha nel minimizzare questa formula e minimizzarla variando semplicemente la struttura finanziaria dell’impresa, in modo da finanziarci ad un costo più basso e così facendo massimizzando il valore dell’impresa. Qual è la struttura finanziaria ideale? Ci sono fattori che influenzano la struttura finanziaria aziendale come la caratteristica del mercato dei capitali, la variabile fiscale, l’elasticità finanziaria, situazioni interne all’azienda. Nello scegliere tra aumento dell’equity e aumento del debito bisogna tenere conto del trade off tra costi e benefici. I principali benefici del debito sono 3: Il vantaggio fiscale per la deducibilità degli oneri finanziari, l’effetto disciplina sul comportamento del management e la riduzione dei costi relativi alle asimmetrie informative. Il ricorso al debito ha anche dei costi, quali, il costo del dissesto finanziario, i costi di agenzia e i costi legati alla perdita di flessibilità aziendale. Al crescere dell’indebitamento: ─ Il valore di una impresa non indebitata rimane costante (retta 1) ─ Il valore di una impresa indebitata aumenta (considerando solo lo scudo fiscale) (retta 2) ─ Il valore di una impresa indebitata aumenta e poi diminuisce (considerando lo scudo fiscale e i costi del debito, situazione più realistica ed otteniamo benefici fino ad un certo punto) (curva 3)

2

3

1

D* INDEBITAMENTO

 Secondo il modello del trade off ─ Il livello ottimale di indebitamento è quello per il quale il valore dell’impresa raggiunge il punto di massimo (e il costo del capitale WACC raggiunge il punto di minimo) ─ Nella pratica è possibile stimare il livello di indebitamento ottimale come intorno di valori piuttosto che come dato puntuale ─ Il manager finanziario deve tendere alla struttura finanziaria che massimizza il valore dell’impresa, evitando politiche finanziarie esclusivamente opportunistiche ─ La finanza contribuisce a creare valore per gli azionisti attraverso la definizione del livello ottimale di indebitamento, in aggiunta al valore creato da progetti di investimento validi

Lezione 4: Le principali forme di finanziamento Riferendoci alle principali forma di finanziamento per le imprese, ci possiamo interrogare di quali siano i vantaggi di finanziarsi attraverso le banche ed attraverso il mercato, i fattori che guidano la domanda e

VALORE IMPRESA

Per quanto riguarda l’orizzonte temporale del finanziamento, i mercati ragionano con un’ottica di breve periodo, in quanto se il management dell’impresa non è in grado di soddisfare le aspettative dell’impresa, il mercato reagisce molto male e gli investitori (individuali, trasportati dall’emotività) venderanno le loro azioni e così facendo calerà vertiginosamente il prezzo delle azioni, con la conseguenza che l’impresa (soprattutto se Public Company) sarà a rischio scalata ostile ed il management dell’impresa potrà essere sostituito. In un sistema mercato centrico è molto diffusa la c. Miopia Manageriale, nel senso che il management nel far contenti gli azionisti e soddisfare il mercato nel breve periodo, eviterà gli investimenti (spesso importanti) che daranno i loro frutti nel lungo periodo, comportando lo scontento generale degli azionisti. Rischio molto meno presente nei sistemi banco-centrici, in quanto la banca valuta il potenziale dei progetti ed il rischio di impresa nel lungo periodo. Se la banca conosce molto bene l’impresa avrà più informazioni sulla stessa impresa e sarà più facile calcolare il rischio impresa, se l’impresa conosce molto bene la banca quest’ultima potrebbe avere un ruolo diverso rispetto al semplice erogatore di prestiti, bensì potrebbe avere un ruolo di advisor e valutare meglio i prodotti e servizi più coerenti per soddisfare il fabbisogno finanziario dell’impresa. Nei sistemi mercato-centrici la concorrenza tra manager è elevata, perché esiste un rischio di takeover ostile, nei sistemi banco-centrici il rischio di una scalato ostile è estremamente bassa in quanto, la rimozione del manager avviene solo quando si incrina il rapporto di fiducia tra il management e l’azionista di riferimento. Per quanto riguarda le caratteristiche di fondo dei sistemi, il sistema mercato-centrico sono caratterizzati da una flessibilità del sistema, in quanto gli azionisti possono vendere con facilità le proprie azioni sul mercato, il sistema banco-centrico è più stabile e meno flessibile. Gli investitori nei sistemi mercato-centrici veicolano le proprie risorse attraverso il mercato con estrema flessibilità nelle loro scelte, nei sistemi banco-centrici, invece, diventa più difficile acquisire quote del capitale dell’impresa senza il preventivo assenso del capitale di rischio dell’impresa, ed inoltre la liquidità è molto più bassa in questi tipi di investimenti. Scegliere se finanziarsi attraverso il mercato piuttosto che finanziarsi attraverso le banche ha dei pro e dei contro. La decisione, ad esempio, di quotarsi in un mercato ha degli aspetti negativi e degli aspetti positivi. Il primo aspetto negativo, è rappresentato dall’andamento dei diversi indici (Russell 3000, S&P500 ecc...)

È importante poi fare una suddivisione tra investitori istituzionali ed investitori individuali (chi compra i titoli dell’impresa sul mercato?). I primi sono spesso delle società che operano in maniera professione sul mercato, muovendo una grande quantità di azioni. I secondi sono investitori individuali che acquistano (spesso piccole) quantità di azioni per diversificare il proprio portafoglio, aggiungendoci i titoli senza fare una valutazione approfondita dell’azienda. Il modo di operari degli investitori nei mercati può essere visto secondo due approcci diversi; la “Traditional Finance” e la “Behavioural Finance”. Sulla base della finanza tradizionale, gli individui sono dotati di razionalità limitata, i mercati sono dotati di razionalità ed efficienza (forte, semi-forte e debole) e i fattori che determinano il prezzo sono; il rendimento del titolo, la liquidità del titolo ed il rischio. L’approccio nuovo e recente della finanza è rappresentato dalla Behavioural Finance. Secondo questo approccio talvolta i mercati possono essere inefficienti e per via di queste inefficienze (che sono prevedibili e cicliche) è possibile avere una gestione attiva di quest’ultime.

Abbiamo detto che i mercati sono dotati di efficienze, ma quand’è che un mercato si piò definire efficiente?

In figura possiamo vedere un mercato efficiente in forma forte. Abbiamo l’annuncio di un evento che riguarda la società che piò influire sul valore di quest’ultima. Si parla più dettagliatamente di efficienza informativa forte, in quanto, al momento dell’annuncio, tutti ne prendono atto e il prezzo delle azioni della società riflette l’informazione incorporata nell’annuncio. Tutti gli investitori si muovono allo stesso tempo e nessuno può beneficiare di un vantaggio informativo e muoversi prima sul mercato. I mercati poi possono essere caratterizzati da un’efficienza informativa (oltre che forte) anche da una inefficienza informativa semi forte abbiamo due casi, mercati “under reacting” e mercati “over reacting”. Nel primo caso al momento dell’annuncio nessuno è a conoscenza di informazioni ma solo successivamente gli investitori saranno informati. Alcuni investitori si muovono prima di altri e gradualmente il prezzo cresce fino ad incorporare e riflettere il nuovo valore della società a seguito dell’annuncio. Nel secondo caso, il mercato reagisce in maniera eccessiva all’annuncio, (quindi all’evento) e spinto dall’emotività farà alzare in modo eccessivo il prezzo delle azioni, e solo dopo un po' di tempo gli individui “riacquisteranno” la razionalità e quindi il prezzo delle azioni diminuisce e si allinea e riflette il reale contenuto dell’annuncio, il mercato quindi si aggiusta in maniera graduale, non dipende dal luogo geografico dove si trova, ma dalle diverse situazioni a cui si può fare riferimento, ad esempio una situazione under reacting si può avere quando una società omette di distribuire i dividendi, oppure quando una società comunica utili più alti o più bassi di quello che attendeva, sono quindi situazioni caratterizzate da una “bassa” attenzione degli investitori. Quando invece l’attenzione degli investitori è “alta” allora è più facile constatare situazioni over reacting e si possono notare comportamenti irrazionali (emissione di nuove azioni, crescita elevata degli utili). I mercati poi, possono essere anche fortemente inefficienti anche qui abbiamo due casi; mercati inefficienti in forma forte e mercati inefficienti in forma forte e speculativi.

Nell’asse Y troviamo la clientela ossia le Piccole Medie imprese le grandi imprese e la clientela pubblica, sull’asse delle X troviamo l’arena in cui la banca compete e può essere regionale nazionale od internazionale/globale. Sull’asse Z abbiamo i prodotti offerti. Potremmo avere, quindi situazioni in cui una banca (Regionale, Nazionale, Internazionale) offre dei prodotti (es. finanza strutturata) ad una impresa (PMI, grande impresa). Andando a vedere più da vicino gli strumenti, e come essi si legano al fabbisogno di finanziamento dell’impresa, abbiamo tre grandi aree.

La prima area riguarda gli impegni contrattuali, ossia gli impegni assunti tramite avallo, accettazione e fidejussione. La banca fornisce la propria garanzia e l’impresa paga per avere questa garanzia. Questa area è legata al rischio di credito, infatti la banca deve capire se l’impresa sarà in grado di onorare il proprio debiti nei confronti di terzi, e sulla base del rischio la banca applicherà un pricing. Un’altra area è caratterizzata dagli investimenti a breve e quindi alle fonti di finanziamento a breve. Il capitale di debito a breve può essere finanziato dagli intermediari finanziari e/o dal mercato. Gli intermediari hanno un ampio set di strumenti da offrire e l’impresa sceglierà tra questi strumenti offerti dalla banca in

Crediti di firma: - Accettazione - Avallo - Fidejussione

Impegni contrattuali - Apertura di credito C/C - Sconto cambiario - Anticipo sbf su ricevute bancarie e fatture - Factoring - Anticipazioni su merci e titoli

Intermediari finanziari

Fonti di finanziamento a breve

Capitale di debito a breve termine

Investimenti a breve • Polizze di credito commerciale

  • Cambiali finanziarie

Mercato

  • Mutuo
  • Leasing

Intermediari finanziari Capitale di debito a

Investimenti M/L termine Obbligazioni

fissi

Mercato Strumenti ibridi

Fonti di finanziamento stabili Intermediari finanziari

Private equity

Mercato Contributo personale dei soci

Capitale di rischio

base alle proprie esigenze di fabbisogno. Il mercato offre alle imprese Polizze di credito commerciale e cambiali finanziarie. La terza area riguarda gli investimenti fissi, ossia le fonti di finanziamento stabili, per acquistare ad esempio un fabbricato od un capannone. Possiamo ricorrere al capitale di M/L termine, attraverso intermediari finanziari e l’alternativa è fra mutuo e leasing e bisognerà valutare la convenienza dei due prodotti in base al TIR. Se ricorriamo al capitale di M/L termine un altro canale è rappresentato dal mercato che offre obbligazioni, in particolare obbligazioni convertibili e obbligazioni con warrant. Un’altra alternativa al capitale di debito di M/L termine è rappresentato dal capitale di rischio, e si ricorre agli intermediari finanziari, al mercato, come la quotazione dell’impresa ed infine al contributo personale dei soci. Può accadere che esistono dei finanziamenti simili ed un’impresa deve analizzare e scegliere quale finanziamento sarà il più opportuno dati i propri progetti. Se due prodotti soddisfano lo stesso bisogno finanziario dell’impresa, ci deve essere un criterio di scelta che l’impresa deve adottare per scegliere il più conveniente. L’impresa guarderà su tre fronti diversi.

1. Parametro Economico: Quanto costa, ad esempio, un mutuo? Bisogna considerare il tasso di

interesse, le spese di istruttoria, si basa quindi sul costo.

2. Parametro Finanziario: Si considerano i flussi derivanti dal finanziamento e la distribuzione

nel tempo di questi flussi. Potremmo avere un finanziamento molto conveniente ma le rate

potrebbero essere insostenibili dal punto di vista finanziario.

3. Parametro Fiscale: Se si applica la formula del TIR si trova il tasso interno di rendimento del

finanziamento nella logica della banca. Il costo sostenuto però dipende anche dal parametro

fiscale ossia poter dedurre gli interessi del finanziamento dalle imposte che l’impresa dovrà

pagare, allora il TIR potrà diventare il TNI ossia il Tasso Netto Imposte che diventa un

ottimo parametro di riferimento per valutare la convenienza di due investimenti.

Gli strumenti che andremo ad applicare, saranno quindi il TIR il TNI ma anche il VAN ossia il Valore Attuale Netto. Il Tir è il tasso per cui le entrate sono uguali al valore attuale delle uscite, il Van va a misurare la sommatoria di tutte le entrate attualizzate, meno la sommatoria di tutte le uscite attualizzate, il Tni si ricava a partire dal Tir ed è uguale al Tir moltiplicato (1-t), dove t ad esempio è l’ires. La banca sceglierebbe il finanziamento con il Van più alto, mentre l’impresa quello con Van più basso.

Lezione 5: Emissione di Titoli e Aumenti di Capitale Abbiamo visto come l’impresa può finanziarsi attraverso il mercato e ci sono due metodi. Emissione di Titoli (Azioni, quotarsi su un mercato) ed Emissione di Obbligazioni. Quando si fa riferimento all’emissione di titoli sul mercato si fa riferimento a due situazioni; 1) Impresa non Quotata che vuole quotarsi per la prima volta e 2) Impresa già quotata che vuole emettere nuove azioni ossia un’offerta aggiuntiva di nuove azioni. Ovviamente un’impresa con determinati flussi a parità di tutte le condizioni, vedrà diminuire il prezzo del titolo in quanto l’utile per azione cambia e sarà più basso il dividendo per ogni azionista. Perché un’impresa dovrebbe quotarsi? Ci sono diversi motivi che chiamiamo “Cash Reasons” e “Non Cash Reasons”

 Cash Reasons

  • Dal punto di vista delle imprese un IPO consente;

1) Ottenere capitali per finanziare nuovi progetti

2) Migliorare lo Standing creditizio.

  • Dal punto di visto del Management un IPO consente;

1) Di creare un Mercato di Azioni (il titolo diventa più scambiabile se si vuole

vendere)

Fasi principali in un IPO. La prima riguarda l’inoltro della domanda di quotazione a Borsa Italiana S.p. ed alla Consob e rappresenta una fase preliminare dell’operazione, la seconda fase riguarda la pubblicazione di report informativi e sono interessanti per gli investitori cui sono offerti i titoli e su questi report si basa la campagna delle banche d’affari per convincere gli investitori istituzionali a comprare quei titoli la c. “roadshow”. Al termine del roadshow dovrebbe arrivare il nullaosta di Borse Italiane e Consob per l’ammissione del titolo, e si fa un bookbuilding ossia si costruiscono ordini di acquisto azioni da parte degli investitori e si sceglie il prezzo finale del collocamento, per questo tipo di operazione si fa ricorso al sindacato di collocamento. Il sindacato è composto da un Global Coordinator che è il referente ed un gruppo di banche che, si occupano della gestione delle attività del sindacato ed un gruppo di banche “underwriter” che si occupano della garanzia nella sottoscrizione delle azioni, infatti se il mercato non prende le azioni, se le prende la banca underwriter che le rivenderà a sua volta, ci sono poi altri gruppi bancari che si occupano della vendita. A questi tre gruppi bancari (gestione, underwriter e vendita) fa riferimento l’onerosa GSC che ammonta intorno al 6,7%. Di questa percentuale, il 20% va alle banche che si occupano della gestione, il 20% alle banche che si occupano dell’underwriter e il 60% alle banche che si occupano della vendita. Per quanto riguarda quindi la struttura dell’offerta, abbiamo due tipi di azioni; le azioni di nuova emissione e si parlerà di offerta pubblica di sottoscrizione (ci si rivolge al mercato primario) ed azioni già esistenti e si parlerà di offerta pubblica di vendita. Ci sono poi due tipi di investitori che compreranno le azioni emesse dalla società; tutti gli investitori ossia gli istituzionali e i retail (public offering.). Per gli investitori retail, viene predisposto il c. prospectus mentre per gli istituzionali la c. istitutional tranche che è molto meno dettagliata rispetto il prospectus in quanto si da per scontato che gli investitori istituzionali sappiano raccogliere le informazioni mancanti. L’offerta può riguardare però anche soltanto gli investitori istituzionali, escludendo così i retail. L’offerta poi può essere domestica od internazionale, la differenza non riguarda il fatto che l’offerta è svolta su Borse Italiane piuttosto che Francoforte ecc... ma riguarda a chi è indirizzata l’offerta, di quale nazionalità sono gli investitori che sottoscriveranno le azioni. È una distinzione importante in quanto per i retail di solito ci si rivolge agli investitori domestici mentre per gli istituzionali ci si rivolge agli investitori istituzionali. Un’altra decisione da intraprendere riguarda il mercato di quotazione. Un’impresa può quotarsi sul mercato domestico, su mercati esteri o anche su più mercati e ci sono diversi motivi per cui si sceglie un mercato estero, infatti potrebbe essere che i principali competitors dell’impresa siano quotati su quel mercato, oppure si vuole perseguire una strategia di crescita all’estero, oppure il mercato domestico è troppo piccolo, credibile e poco efficiente oppure semplicemente non si rispettano i requisiti di quotazione sul mercato domestico. Fondamentale è la fase del bookbuilding ovvero la fase definizione del prezzo. Durante il roadshow si raccoglie quindi l’interesse dell’investitore ad acquisire i titoli, e questo interesse può essere rappresentato da tre tipi di offerta; 1)Strike bid, l’investitore domanda soltanto una quantità monetaria o numerica di azioni

2)Limit bid, l’investitore specifica il numero di azioni ed il massimo prezzo che è disposto a pagare 3)Step bid, ordine costituito in forma multipla, diverse quantità per diversi livelli di prezzo (su 50000 azioni se il prezzo è 10 ne compro 20000, se il prezzo è 12 ne compro 15000 ecc...) Una volta raccolti gli ordini, si raggruppano e si crea un ranking degli investitori ossia si creano categorie di investitori.

L’importante è ottenere un range di prezzi ed all’interno di questo range ci sarà il prezzo di collocamento delle azioni. Ad esempio se l’impresa volesse emettere 15 mln di azioni sa che un prezzo di 10,5 non è adeguato in quanto la domanda non coprirebbe l’offerta ed eventualmente saranno coinvolti investitori di qualità inferiore. Una situazione ottimale sarebbe 9,25 o 9,5. Più il range è il ristretto più si danno informazioni al mercato che si è in grado di chiudere l’offerta e dare segnali di forza. Un altro aspetto importante è la stabilizzazione del prezzo delle azioni, infatti sia che si faccia un prezzo troppo alto, sia che si faccia un prezzo troppo basso, calerebbe la reputazione delle banche di affari. Per mantenere e preservare la reputazione c’è bisogno di una certa stabilizzazione del prezzo almeno per il primo mese. Ci sono tre meccanismi che si usano per avere un certo livello di stabilità dei prezzi; La Green Shoe Option, l’assegnazione di un Bonus Shares se si detengono azioni della società per un tot di tempo ed il divieto per gli azionisti storici di vendere le azioni per un periodo massimo di sei mesi. La green shoe option ha come obiettivo la stabilizzazione del prezzo e se ci si accorge che il prezzo va giù la banca di affari acquista nuove azioni sul mercato, se ci si accorge che il prezzo va troppo su (underpricing) allora si emetteranno nuove azioni sul mercato cosicché il prezzo scenderà. Per operare in questo modo si usa una tecnica che consente alla banca di guadagnarci in ogni caso. Il primo passaggio è l’Overallotment, ossia la banca effettua una sovra-allocazione di azioni (15% in più) agli investitori. La banca si farà prestare le azioni dalla società emittente ed effettuerà una vendita allo scoperto, quando la banca vende le azioni si garantisce la possibilità di acquisire azioni allo stesso prezzo di vendita nei trenta giorni successivi. Per quanto riguarda il divieto per gli azionisti di vendere le azioni, (clausola lock up) questo divieto ha due obiettivi, ridurre la pressione dell’offerta di azioni nel periodo immediatamente successivo all’IPO, e fornire un segnale al mercato. Il bonus share invece è utile per attrarre investitori retail e fare in modo che essi siano fidelizzati e non vendano subito il loro titolo, in quanto dopo un certo periodo di tempo ci sarà un bonus di azioni da corrispondere a questi investitori. Un altro modo con cui un’impresa si può finanziare riguarda l’emissione di obbligazioni (o corporate bond), quindi a differenza dell’emissione di azioni, ci riferiamo al capitale di debito e non all’equity. I corporate bonds sono rappresentativi di un contratto mediante il quale una parte, specificamente una corporation, in cambio della somma riscossa all’atto del collocamento dei titoli, promette di pagare alla

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Finanziamenti Aziendali

Corso: Economia e management (L-18)

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FINANZIAMENTI AZIENDALI
(a cura di Simone Della Monica CLEM Triennio Professione & Lavoro).
Lezione 1: Il sistema finanziario
Il sistema finanziario è l’insieme integrato di strumenti, istituzioni e mercati e rappresenta la struttura
attraverso cui si svolge l’attività finanziaria, ossia la produzione e l’offerta di servizi finanziari.
Le funzioni del sistema finanziario sono: 1)Regolare le transazioni, 2)Allocare le risorse ossia allocare le
risorse dalle unità in surplus alle unità in deficit e allocarle alle unità che sanno creare valore selezionando i
prenditori di fondi. Le banche, ad esempio, allocano le risorse efficientemente alle famiglie ed alle imprese
nel finanziare le loro attività. 3)Incentivare le persone, attraverso il sistema finanziario, si può legare la
performance individuale e la remunerazione dei manager alla creazione di valore nell’impresa. 4) Facilitare
la creazione di nuove imprese, gli investitori istituzionali devono selezione ed investire nelle imprese che
potrebbero creare valore e successivamente vendere la partecipazione creando uno spread positivo. 5)La
gestione dei rischi delle imprese come ad esempio i derivati.
Il sistema Economico ed il sistema Finanziario hanno delle differenze importanti, infatti, il sistema
finanziario, è di supporto alla crescita dell’economia e del PIL dei paesi, ed è quindi più “periferico” rispetto
al più vasto sistema Economico
Il sistema Finanziario è costituito dai Mercati Finanziari, Intermediari Finanziari, Strumenti Finanziari e
Regolamentazione & Supervisione.
Quando parliamo di crisi del sistema finanziario ci riferiamo alla presenza di 3 entità, ossia gli Stati Sovrani,
le imprese e dalle Banche. Queste entità sono strettamente correlate e vanno viste con una logica di insieme.
Ci sono alcune aree che hanno sofferto di più della crisi, se uno Stato Sovrano è già indebitato, la crisi si
riflette anche alle altre 2 aree.
Le banche in particolare poi hanno dovuto fare fronte a due pressioni differenti in quanto la recente crisi è
stata di origine finanziaria. Meno risorse da impiegare per i prestiti e l’aumento del patrimonio in quanto la
Regolamentazione ha legato il Patrimonio delle Banche alle attività delle Banche ed al rischio di credito.
L’impatto sulle imprese si realizzerà perché inevitabilmente aumenterà il tasso di interesse.
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