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Scienza delle finanze Riassunto
Scienza delle finanze (641)
Università degli Studi Guglielmo Marconi
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Oggetto generale di indagine e di studio della materia
Con il termine di scienza delle finanze si fa riferimento alle attività di prelievo delle risorse finanziarie e di spesa esercitate dal settore pubblico. Dicotomia che riguarda l’oggetto di studio: da una parte c’è un operatore pubblico che deve attingere delle risorse finanziarie per poi erogare una certa quantità e qualità di servizi pubblici e dall’altra parte ci deve essere uno studio dei mezzi a disposizione per poter realizzare in modo adeguato la spesa pubblica. Questo, secondo i principi della finanza neutrale, è un principio che riguarda esclusivamente quell’uguaglianza formale che si realizza tra l’imposizione fiscale, quindi le risorse finanziarie necessarie ad esplicare quelle attività che sono caratteristiche dell’operatore pubblico, e dall’altra parte quelle che sono le spese, finalità ed entità che possono cambiare da paese a paese e anche nel corso del tempo, anche a seconda del livello, dell’intensità e quindi della partecipazione del settore pubblico e dei diversi operatori pubblici nell’ambito dell’economia nazionale. Da un’attenta analisi si evince che il termine risulta fuorviante, in quanto le questioni considerate non sono di natura finanziaria, cioè alla moneta, ma nascono dall’utilizzo delle risorse. La scienza delle finanze è una materia che non prende come esclusivo punto di riferimento la speculazione di ordine finanziario o le politiche monetarie ma alla base propedeutica per un’ottima realizzazione di piani e programmi inerenti al settore pubblico riguarda la base di ricchezza sottostante, quindi lo stato dell’arte dell’economia in un determinato periodo di tempo. Possiamo prendere ad esempio in considerazione delle politiche fiscali in momenti di espansione, in cui i fattori produttivi sono perfettamente allocati e si trovano in una situazione di pieno impiego, in questa situazione un aumento della domanda potrebbe causare un aumento generale dei prezzi, in quanto gli investimenti necessari e realizzati da parte degli operatori privati sono stati massimizzati, quindi l’unico elemento che può scaturire da una politica del genere è un aumento dei prezzi, quindi l’operatore pubblico potrebbe prendere in considerazione delle politiche fiscali che tendono alla riduzione della domanda aggregata (Politica fiscale restrittiva). Viceversa, in un periodo di recessione in cui i fattori produttivi impiegati nei processi produttivi sono mal utilizzati, non vengono impiegati nella loro massima potenzialità, si può prendere in considerazione l’ipotesi di una politica fiscale che aumenta la domanda aggregata (Politica fiscale espansiva). L’oggetto dello studio si riferisce quindi allo stato attuale e potenziale dell’economia in un determinato periodo di tempo, non si possono realizzare delle politiche finanziare o delle politiche fiscali senza non considerare aprioristicamente quella che è la situazione contingente di un’economia in un determinato periodo di tempo e in un determinato luogo. Si parla a tal proposito di economia del settore pubblico o di economia pubblica. Quindi i confini della materia sono labili, ci sono molti concetti, funzioni, strumenti e metodi che sono gli stessi che vengono impiegati in materie affini. Abbiamo due tipologie di strumenti economici: - l’analisi delle funzioni micro-economiche del settore pubblico, obiettivi di allocazione delle risorse, e ridistribuzione del reddito, che sono tra le politiche che riguardano l’impianto strutturale della materia, che riguardano un’analisi microeconomica, un’analisi che tende a valutare quelle politiche che influiscono sul singolo mercato, sul singolo operatore e sulla singola unità di consumo; - mentre dall’altra parte possiamo trovare quegli strumenti che sono caratteristici delle funzioni macroeconomiche dello Stato ma sono dirette ad influenzare il sistema economico generale, alcuni strumenti si riferiscono all’utilizzo del gettito tributario, della spesa pubblica, e della spesa monetaria per influenzare il livello di occupazione e dei prezzi.
Non è sempre facile stabilire quali argomenti rientrano nell’ambito della scienza delle finanze. Alcuni strumenti possono sembrare ibridi: se studiamo un determinato settore economico utilizzeremo quelli che sono gli strumenti tipi della microeconomia, dall’altra parte facendo uno studio sugli aggregati che compongono il sistema economico saremo costretti a realizzare un’analisi di tipo macroeconomico.
Ad esempio si considerano le politiche di regolamentazione finalizzate all’allocazione delle risorse. Gli obiettivi di tale politica vengono raggiungi attraverso provvedimenti di spesa e provvedimenti di tassazione. Ci troviamo in un determinato mercato in cui operano alcuni soggetti economici che si trovano con una base di risorse, con un’allocazione. Per cercare di regolamentare un determinato mercato si possono ottenere diversi provvedimenti: - di spesa, come sovvenzioni o sgravi fiscali, in imprese che operano in un determinato settore o in una determinata area geografica in modo di avviare, sviluppare il processo produttivo relativamente a questa impresa: - di tassazione, vincolati alla riduzione degli investimenti in determinate attività produttive, o ad una maggiore tassazione di quelli che sono gli utili non distribuiti e il profitto raggiunto dall’impresa.
Ci possono essere delle politiche di regolamentazione che dal punto di vista della scienza delle finanze può essere attuata con provvedimenti di spesa o di tassazione riguarda la dimensione delle aziende. Per porre un limite alle dimensioni dell’azienda lo Stato può percorrere due strade alternative (o anche di più): - imposizioni di maggiori tributi alle aziende più grandi, quando si vuole diminuire la dimensione delle imprese stesse, regolamentando il mercato (tassazione: politica finanziaria e fiscale); - rendere illegali le imprese che superano determinate dimensioni, ipotizzando che si vuole regolamentare un mercato in cui cartelli o concentrazioni assidue potrebbero eliminare la concorrenza in quel determinato settore.
La scienza delle finanze è interessata esclusivamente al monitoraggio degli effetti delle politiche di carattere finanziario, lasciando ad altre materie altri studi che riguardano sempre la regolamentazione del mercato: la scelta di tale metodologia vincolata dalla necessità di delineare i confini della disciplina in modo puntuale e preciso pur considerando i livelli di interdipendenza con le altre discipline affini per la tipologia di strumenti concettuali e di metodo utilizzati.
Interpretazione dell’oggetto analizzando il sistema economico generale nel suo complesso. Il sistema economico è caratterizzato da una molteplicità di operatori, ognuno di questi operatori a sua volta è caratterizzato da un mercato a sé stante. Quello che noi prendiamo in considerazione è il settore pubblico che interagisce con tutti gli altri operatori presenti nel sistema economico.
Mercati specifici che interagiscono e sono coordinati anche tra di loro, ma c’è un’attività di supervisione, di coordinamento, di indirizzo politico da parte del settore pubblico che deve dettare quelle regole per fa sì che ci siano delle interazioni efficaci ed efficienti tra gli operatori. Il settore pubblico può avere diversi livelli di intervento all’interno del sistema. Il settore pubblico scambia delle risorse con il mercato delle risorse, dei beni e delle imposte che vengono pagate (es.: importazioni di materie prime), ma ci sono anche dei servizi e del denaro in termini di sovvenzioni e contributi che lo stesso settore pubblico finanzia nei confronti del
Il bene dei cittadini assume diversi valori a seconda del momento storico considerato e del contesto socio organizzativo e come lo Stato può promuoverlo. Secondo l’approccio dell’economista classico Adam Smith lo Stato dovrebbe proteggere la società dalla violenza e dall’invasione di altre società indipendenti, nonché tutelare, fin dove possibile, ciascun membro della società dalle ingiustizie e dall’oppressione degli altri membri della società stessa. Si lascia l’individuo libero di operare all’interno del mercato, ma anche questa visione meccanicistica relega dei ruoli specifici all’operatore pubblico in modo che possa garantire quella funzione di benessere del singolo individuo. In questo caso Smith si riferisce solo ad alcune funzioni essenziali realizzate dallo Stato. I liberisti relegano allo Stato le funzioni di arbitraggio, controllo, monitoraggio e indirizzo politico. Secondo Smith i governi dovrebbero assumersi la responsabilità di realizzare e mantenere in funzione alcune opere e istituzioni pubbliche la cui creazione e mantenimento non è nell’interesse di alcun individuo o gruppo di individui. Smith rispetto alla visione meccanicistica va oltre. Non assegna all’operatore pubblico esclusivamente il ruolo di organizzatore di quelle funzioni essenziali, della coercizione cioè impedire che la libertà dei singoli individui venga colpita da soggetti provenienti da altre organizzazioni, da altri paesi, anche dall’organizzazione, della giustizia e dell’ordine pubblico. Egli dice che alcune opere e istituzioni pubbliche che non avrebbero alcun interesse ad essere realizzate dai singoli individui devono essere necessariamente pianificate, gestite, valorizzate e implementate dall’operatore pubblico (si fa riferimento alle strade, ai ponti, alle fognature, a tutte le infrastrutture essenziali anche agli operatori economici che interagiscono all’interno del sistema economico generale).
All’interno della stessa tradizione meccanicistica sono presenti delle posizioni differenti e articolate fra di loro. Da una parte c’è un pensiero liberale estremista che non crede che lo Stato abbia un ruolo importante e vincolante nell’interazione degli operatori economici all’interno di un mercato, in quanto si pensa che il mercato attraverso dei meccanismi di autoregolamentazione è in grado di poter creare un sistema di massima efficienza, efficacia ed economicità. Gli aderenti al pensiero liberale credono che lo Stato debba avere poteri estremamente limitati e nella sfera economica non sono disposti ad assegnargli alcun ruolo ulteriore rispetto a quelli previsti da Adam Smith. Uno Stato che ha il ruolo di tutelare l’ordine pubblico, di difendere il territorio dall’esterno, di poter garantire quelle infrastrutture necessarie ai percorsi strategici del mercato, e quindi degli operatori economici, ma al di là di queste funzioni questa visione liberale vede d’intralcio l’intervento dell’operatore pubblico all’interno dei meccanismi del mercato. Dall’altra parte abbiamo una tradizione in antitesi, non estremista come la visione organicistica, ma una tradizione socialdemocratica. Gli aderenti alla tradizione socialdemocratica ritengono che per garantire il bene degli individui l’intervento pubblico di un certo livello sia necessario anche alla soddisfazione di altre finalità. Tale intervento può assumere diverse forme: leggi sulla sicurezza del lavoro, provvedimenti contro la discriminazione razziale e sessuale, regole per l’assegnazione degli alloggi pubblici, sussidi per i meno abbienti. In questo caso lo Stato non si accontenta di un ruolo di semplice controllore, ma cerca di disciplinare anche quelle che sono le caratteristiche del mercato del lavoro, anche di una giusta moralità ed eticità all’interno di un sistema socio-organizzativo, le regole per l’assegnazione degli alloggi pubblici, e quindi tutelare quei soggetti che all’interno dell’ordinamento si trovano in situazioni di precarietà, e dall’altra parte intervenire anche in determinati periodi economici di stagnazione o di recessione attraverso sussidi per i meno abbienti.
Secondo la visione liberale, interventi statali di questa tipologia finiscono per violare la libertà personale, quindi i liberali reagiscono rispetto alla visione socialdemocratica sostenendo che in questo modo si incide negativamente sulla libertà dei singoli individui, perché ogni singola transazione, ogni singolo accordo o negoziazione all’interno di un mercato viene ostacolato, rallentato da questa concezione invadente da parte dell’operatore pubblico che si occupa principalmente di imporre dei divieti, dei controlli, delle regolamentazioni a qualsiasi tipo di attività. Per i socialdemocratici la libertà è molto di più dell’assenza di coercizione fisica. Il ruolo dell’operatore pubblico non si deve limitare solo alla coercizione fisica, cioè nel garantire il
pieno sviluppo della personalità, della giustizia, dell’equità e dell’eticità all’interno dell’ordinamento, ma cercare di garantire anche quei mezzi che diano la possibilità a tutti i soggetti di potersi esprimere ugualmente in termini di obiettivi da raggiungere e soddisfazioni da realizzare nell’acquisto di beni e servizi pubblici, da parte sia dei soggetti privati che da parte degli operatori pubblici. Un individuo che percepisce un reddito molto basso è libero di spenderlo come vuole, ma il raggio di azione di questa sua libertà è molto limitato.
Settore pubblico nell’economia occidentale Consideriamo gli indicatori, i parametri oggettivi che maggiormente vengono utilizzati per valutare le modalità e le tipologie di interventi pubblici all’interno di un’economia. L’intervento dell’operatore pubblico: - differisce da paese a paese; - si evolve nel corso del tempo, a seconda del livello di crescita e modernizzazione che raggiunge una determinata società in un certo periodo storico; - dipende da alcune variabili fondamentali come il grado e il tipo di sviluppo economico di ciascun paese; - deve essere contestualizzato a seconda le caratteristiche micro e macro economiche di un paese in un determinato periodo di tempo.
Anche la politica influisce perseguendo una determinata finalità di ordine politico ed economico. Alcune coalizioni politiche tendono ad estremizzare un approccio organicistico, ci sono coalizioni politiche che tendono a concepire lo Stato secondo una tradizione meccanicistica, ma allo stesso tempo con uno spettro di variabilità molto ampio. Un’altra variabile è il consolidarsi, come parte della cultura di ciascun paese, di un certo tipo di interazione tra settore pubblico e settore privato. Il settore privato può essere ostacolato nel raggiungimento del proprio profitto in un’economia di mercato, o agevolato attraverso sgravi fiscali, delle sovvenzioni, dei contributi che lo Stato decide di destinare per sviluppare determinate tipologie di imprese in determinati mercati e località geografiche.
Tre indicatori che misurano il grado di intervento del settore pubblico nell’economia e la sua recente evoluzione (per comprendere le dinamiche evolutive attuali e potenziali dell’intervento pubblico): - la spesa in percentuale del PIL; - le entrate in percentuale del PIL; - il debito pubblico in percentuale del PIL.
Il valore degli indicatori differisce tra i diversi paesi: per la spesa pubblica i due casi estremi sono: - negli Stati Uniti nel 1999 veniva speso il 30% del PIL; - nella Svezia nel 1999 l’indicatore raggiungeva il 56,4%.
La Svezia ha un’impostazione meccanicistica ma socialdemocratica in cui lo Stato si fa garante di un intervento intensivo all’interno del sistema socioeconomico con sussidi, sovvenzioni e contributi. Gli Stati Uniti hanno un’impostazione meccanicistica e liberista in cui il ruolo dello Stato è relegato alle funzioni più importanti ed essenziali che non possono essere erogate e garantite da un’organizzazione privata (funzioni indispensabili: garantire l’incolumità delle persone all’interno del territorio, la giustizia, e l’ordine pubblico). In Italia tra il 1990 e il 1999 la spesa pubblica è stata considerevolmente ridimensionata, passando dal 53,1% al 48,6%. In Italia il livello della spesa pubblica è rappresentativo perché è un paese che incide nella produzione di beni e servizi, ma sta riducendo in questi anni il suo intervento in termini di spesa pubblica. L’abbassamento percentuale è stato effettuato per rispettare i parametri su deficit del debito pubblico stabiliti da Maastricht per l’adesione all’Unione Europea (parametro essenziale per entrare all’interno della CE). La stessa motivazione (possibilità di fare uno sforzo economico da parte dell’Italia per rientrare nella UE) si ritrova riguardo al rapporto tra le entrate ed il PIL, che tra il 1990 e il 1999, è considerevolmente aumentato da 42,1% a 46,3%. Il rapporto tra debito pubblico e PIL è più alto di tutti i paesi industrializzati: il 117,7% contro il 60% stabilito da Maastricht. La politica economica che vede un elevato deficit pubblico in Italia è stata sempre una politica che ha contraddistinto il nostro paese rispetto agli altri. (Dal 1990
Bilancio pluriennale
Documento contabile nel quale vengono indicate le entrate che saranno acquisite e le spese che
saranno erogate dallo Stato in un periodo non inferiore a tre esercizi finanziari.
Il bilancio pluriennale elaborato dal Ministero del Tesoro, presenta le seguenti caratteristiche:
— è elaborato in termini di competenza (v. Bilancio dello Stato), vale a dire con riferimento alla fase dell'accertamento delle entrate e dell'impegno delle spese, ed in coerenza con le regole e gli
obiettivi indicati nel DPEF (v.);
— ha una proiezione pluriennale, coprendo un periodo non inferiore a tre anni;
— è un bilancio finanziario di competenza, ma non riveste la natura di atto giuridico-formale di
autorizzazione alla riscossione delle entrate ed alla esecuzione delle spese in esso previste;
— è approvato con apposito articolo del disegno di legge di bilancio (v.) ed aggiornato annualmente.
DPEF [Documento di programmazione economico-finanziaria]
Documento che il Governo presenta al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno e che definisce la
manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale.
Il DPEF, premessa una valutazione motivata circa il grado di attuazione degli obiettivi fissati nei
precedenti documenti di programmazione economico-finanziaria e circa l'evoluzione economico-
finanziaria internazionale e in particolare della Comunità Europea, indica:
— i parametri economici essenziali utilizzati per identificare l'evoluzione dei flussi di entrata e di spesa del settore statale e del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni basate sulla
legislazione vigente, ovvero tenendo conto solo delle norme amministrative e non dei
comportamenti amministrativi, né del flusso di risorse destinate al Mezzogiorno;
— gli obiettivi macroeconomici e in particolare quelli relativi allo sviluppo del reddito e
dell'occupazione;
— gli obiettivi, rapportati al PIL, del settore statale e dell’indebitamento netto del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, sia al lordo sia al netto degli interessi, e del debito del settore
statale e del conto delle pubbliche amministrazioni per ciascuno degli anni compresi nel bilancio
pluriennale;
— gli obiettivi di fabbisogno complessivo, di disavanzo corrente del settore statale e del conto delle
pubbliche amministrazioni per ciascuno degli anni compresi nel bilancio pluriennale e i relativi scostamenti dalle previsioni dei flussi di entrata e di spesa della finanza pubblica;
— definiti tali obiettivi vengono individuate le regole di variazione delle entrate e delle spese del
bilancio di competenza dello Stato e delle aziende autonome e degli enti pubblici ricompresi nel
conto delle pubbliche amministrazioni per il periodo cui si riferisce il bilancio pluriennale;
— l’articolazione degli interventi, anche di settore, collegati alla manovra di finanza pubblica per il periodo ricompreso nel bilancio pluriennale, necessari per il conseguimento degli obiettivi di cui
alle precedenti lettere con la valutazione di massima dell’effetto economico-finanziario attribuito a
ciascun tipo di intervento in rapporto all’andamento tendenziale (cd. disegni di legge collegati).
In sostanza, scopo del DPEF è quello di permettere al Parlamento di conoscere, con congruo
anticipo, le linee di politica economica e finanziaria del Governo; quest'ultimo, a sua volta, è politicamente impegnato a redigere il susseguente bilancio annuale di previsione secondo i criteri
ed i parametri scaturenti dal dibattito parlamentare.
La sessione autunnale di bilancio
3. Gli strumenti dell’analisi positiva
3.
4. Gli strumenti dell’analisi normativa
Stato di desiderabilità dell’intervento dell’operatore pubblico. Possibilità e potenzialità dell’intervento pubblico di accrescere socialmente ed economicamente il benessere collettivo in un certo periodo di tempo nell’ambito di un determinata società. A tal proposito, l’oggetto di studio dell’economia del benessere è quello di valutare i benefici e i costi sociali derivanti da situazioni economiche alternative; nello specifico l’obiettivo che si pone è l’analisi della desiderabilità degli scenari economici caratterizzati dall’intervento o meno dello stato nell’economia e di conseguenza stabilire l’alternativa in grado di massimizzare il benessere collettivo.
A seconda delle circostanze, delle caratteristiche del mercato, che riesca ad avere delle performance in termini di efficienza, efficacia e economicità, si stabilisce quelli che sono i criteri oggettivi per la determinazione di un intervento pubblico. In assenza di questo orientamento generale, qualsiasi intervento finisce per essere valutato al di fuori del contesto e diventa difficile perseguire una politica economica coerente. E’ quindi fondamentale stabilire quello che è il panorama di riferimento in quel determinato mercato per stabilire quelli che sono i limiti e le ristrettezze di un eventuale intervento pubblico nell’economia. La branca dell’economia che si occupa di studiare il livello di desiderabilità dell’intervento pubblico nell’economia, per aumentare il livello di benessere della collettività viene appunto detta l’economia del benessere. La branca della teoria economica che si occupa di stabilire la desiderabilità di allocazioni economiche alternative. Dal momento che ci possono essere una combinazione di allocazioni economiche in un determinato istante di tempo in un determinato contesto socio-organizzativo il punto di vista dell’economia del benessere è di misurarne la desiderabilità trovando tra tutte le allocazioni potenziali quella che possa massimizzare l’obiettivo in termini di benessere ad una determinata collettività. Analizzeremo i fondamenti dell’economia del benessere per distinguere le condizioni in cui si può attendere che il mercato da una parte funzioni adeguatamente o che il mercato non produce i risultati desiderati. In alcune circostanze il mercato da solo è capace di autoregolare la propria condotta competitiva e quindi portare i risultati in termini di efficienza ed equità all’interno del contesto socio-organizzativo in altre circostanze il mercato produce risultati indesiderati, iniqui e inefficienti.
4.
L’economia di puro scambio
Analizziamo un sistema economico semplificato in cui ci sono solo due soggetti, due persone che consumano, due beni disponibili in quantità fisse, quantità predefinite a priori. Il problema economico consiste nell’allocazione dei due beni tra i due consumatori.
Tutti i risultati ottenuti possono essere estesi a sistemi economici con molti beni e persone. Bisogna stabilire le allocazioni iniziali dei due beni da allocare ai due soggetti presi in considerazione. Il primo strumento di analisi microeconomica è la scatola di Edgeworth, (dall’omonimo economista che per primo ha studiato l’interazione tra le diverse curve di indifferenza per studiare la distribuzione delle diverse utilità di beni tra diversi soggetti appartenenti ad un ordinamento sociale) che considera i due soggetti Adamo ed Eva e i due beni sono rispettivamente il cibo e l’abbigliamento.
Qualsiasi punto all’interno della scatola di Edgeworth rappresenta una qualche allocazione di cibo e abbigliamento tra i due soggetti. Nel grafico sull’asse delle ascisse è inserita la totalità del cibo, mentre sull’asse delle ordinate ci si riferisce ai capi di abbigliamento consumati durante l’anno. Nella parte in basso a sinistra verrà circoscritta l’allocazione dei beni del soggetto Adamo e in alto a destra per il soggetto Eva. La combinazione ottimale del soggetto Adamo è data: per quanto riguarda il cibo sull’asse delle ascisse da O a X è la quantità consumata di cibo nel corso dell’anno, mentre la quantità O - U rappresenta la quantità di abbigliamento; mentre dall’altra parte possiamo vedere rispettivamente le allocazioni del soggetto Eva che si riferiscono alle quantità O’ – W e O’ – Y, il punto V rappresenta il punto di intersezione, il punto che si determina dall’allocazione delle due quantità di beni consumate dai due soggetti.
Supponiamo che ad entrambi i soggetti sia associato un insieme di curve di indifferenza. Le curve di indifferenza sono quelle curve che mostrano tutti i panieri di consumo che sono indifferenti al soggetto. [ Si fa riferimento al sistema delle curve di indifferenza, cioè una rappresentazione grafica di una serie di curve di indifferenza, relative ad un singolo consumatore, che mostrano le sue preferenze nei confronti dei due beni. Ogni curva indica le varie combinazione dei due beni corrispondenti ad un diverso grado di soddisfazione per l’individuo e indicanti gradi di soddisfazione sempre più elevati man mano che le curve si allontanano dal punto di origine degli assi ortogonali e si spostano verso destra. Queste curve, divenute di uso frequente, rendono possibile prevedere con un certo grado di accuratezza la quantità di ciascuno dei due beni che il consumatore acquisterà, fermo restando il suo livello di reddito e il prezzo dei due beni. Le curve di indifferenza furono introdotte in economia da F. Edgeworth e furono utilizzate ampiamente da V. Pareto, che diede al sistema delle curve di indifferenza il nome di “colle del piacere”. Questo sistema è applicabile non soltanto ai consumatori, ma anche alla produzione ed altri problemi. Quando viene applicato alla produzione, prende il nome di indifferenza del produttore o isoquanto e mostra, sui due assi cartesiani, differenti quantità di fattori della produzione. ]
Scienza delle finanze Riassunto
Corso: Scienza delle finanze (641)
Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
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