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Le piante tintorie
Corso: Biologia Vegetale
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Le piante tintorie
Cenni storici
Gli uomini primitivi erano soliti utilizzare coloranti vegetali prima in occasione delle battute
di caccia, poi anche in occasioni di feste religiose poiché attribuivano al colore potere
propiziatorio e magico”. I primi documenti scritti relativi alla tintura sono stati ritrovati in
Cina e datati 2600 a.C., ma tra le rovine della civiltà della valle dell’Indo risalente al 3500
a.C. sono stati ritrovati reperti di indumenti colorati e tracce di tintura con robbia. Durante
l’impero egizio, le mummie venivano avvolte da bende di lino sulle quali sono state
ritrovate tracce di coloranti. In particolare, nella tomba del faraone Tutankhamon è stata
rinvenuta l’alzarina, un pigmento naturale estratto dalla robbia. Le tecniche primitive di
tintura e di estrazione del colore sono diventate sempre più evolute con l’evolversi delle
popolazioni. I coloranti più noti erano il rosso ottenuto dalle radici della robbia (Rubia
tinctorum L.), il blu dalle foglie delle pianta conosciuta come indaco (Indigofera tinctoria
L.) e il giallo ricavato dagli stimmi dello zafferano (Crocus sativus L.) e dalla curcuma
(Curcuma longa L.). Per la posizione geografica i greci godevano di un grande scambio di
contatti e di informazioni con i popoli del Mediterraneo, riuscendo così ad apprendere
diverse conoscenze sull’arte tintoria. Con l’espandersi dell’Impero Romano e il contatto dei
popoli conquistati, i Romani cominciarono ad utilizzare tuniche rosse e aranciate che
divennero il simbolo del benessere socio- economico e che venivano tinte con l’utilizzo del
Kermes e della robbia. Con la caduta dell’Impero Romano iniziò un periodo di grandi
migrazioni di popoli e il fiorire di scambi e commerci, che fecero dell’attività tintoria
un’attività stabile con coltivazioni programmate sul territorio.
Nel medioevo ai colori venivano attribuiti significati particolari: il rosso era destinato ai
lebbrosi, alle prostitute o ai boia, il giallo a musulmani ed ebrei. Intanto all’interno delle
botteghe le ricette di tintura venivano trasmesse gelosamente di generazione in generazione
(ingredienti, colori, tecniche di mordenzatura). Le regole di segretezza furono infrante da
Giovanventura Rossetti che nel 1540 pubblicò un trattato contenente procedimenti e ricette
che saranno punto di riferimento per molti tintori. Con l’avvento dei macchinari e la
Rivoluzione Industriale si assiste al perfezionamento delle tecniche e alla sostituzione dei
telai in legno con quelli metallici. Si utilizzano processi e matrici che possano rendere la
tintura più durevole. Processo che si espanderà nell’epoca moderna grazie a processi di
tintura chimicamente consapevoli e basati su indagini scientifiche.
Le ricerche e indagini di raccolta delle informazioni per le attività laboratoriali ci hanno
permesso di toccare diverse parti del programma di Biologia Vegetale, in particolare
l’energia cellulare attraverso i pigmenti, l’organografia delle piante e la sistematica.
Le Piante tintorie più diffuse
Le piante in grado di fornire coloranti naturali comprendono oltre 1000 specie presenti in
tutti gli Ordini e in numerose famiglie botaniche (Vetter et al., 1999) e presentano
caratteristiche botaniche, biologiche e areali diversi tra loro (Cardon, 2007). Tra le numerose
specie in grado di fornire coloranti vegetali ve ne sono alcune, che più di altre, presentano
una buona adattabilità ad un ampio range di condizioni climatiche, elevate potenzialità
produttive ed un più facile inserimento nei tradizionali ordinamenti culturali (Angelini,