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Geologia applicata

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Corso

Geologia Applicata

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Anno accademico: 2018/2019
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California State University, Northridge

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  1. Si richiede di descrivere i differenti tipi di onde sismiche Durante la formazione di una faglia viene rilasciata l’energia accumulata che viene trasmessa in tutte le direzioni attraverso la propagazione di onde sismiche. Le onde sismiche si differenziano in base alle modalità di propagazione. Si possono distinguere onde di compressione, onde di taglio, onde di Rayleigh e onde di Love. Onde di compressione: dette anche longitudinali, primarie o ‘onde P’, hanno velocità e direzione parallela allo spostamento dell’elemento di volume investito dall’onda, con successive compressioni e rarefazioni. Le onde P si propagano con velocità:

in cui: EED = modulo di rigidezza a compressione monodimensionale (modulo edometrico) del mezzo di propagazione; ρ = densità del mezzo

Onde di taglio: dette anche trasversali o ‘onde S’ , sono connesse ai fenomeni deformativi di tipo distorsionale e sono caratterizzate da una direzione di propagazione perpendicolare allo spostamento dell’elemento di volume investito dall’onda. La loro velocità di propagazione è pari a:

in cui: G = modulo di rigidezza a taglio del mezzo di propagazione; ρ = densità del mezzo

Quando le onde P e S giungono in superficie all’epicentro, generano delle onde superficiali; dall’epicentro comincia a propagarsi un treno di onde superficiali concentriche: onde Rayleigh (onde R), che inducono le particelle investite a compiere orbite ellittiche e sono responsabili delle scosse ondulatorie; onde Love (onde L), che provocano un’oscillazione orizzontale, trasversale rispetto alla direzione di propagazione dell’onda, e sono responsabili delle scosse sussultorie.

  1. Si richiede di descrivere come viene localizzato l’epicentro di un terremoto Si definisce epicentro il punto in superficie situato verticalmente al di sopra dell’ipocentro. Il tempo che intercorre tra l’arrivo delle onde P e quello delle onde S ci fornisce la distanza dell’epicentro. Siccome questo intervallo di tempo aumenta con la distanza, esso permette ai sismologi – conoscendo le registrazioni di dati di tre o più stazioni – di localizzare l’epicentro stesso.

Lezione 003 01. La scala Richter attribuisce Una misura qualitativa dell’intensità sismica Una misura qualitativa dell’amplificazione locale dei terreni in sito Una misura quantitativa dell’intensità sismica Una misura quantitativa dell’incidenza della densità abitativa 02. Nella scala Mercalli modificata, gli effetti riscontrabili in termini di danno agli edifici dipendono anche Dalla profondità dell’epicentro Dalla profondità dell’ipocentro Dalla la densità di abitazione Dal tipo di faglia (se diretta o inversa) 03. Nella determinazione della Magnitudo Locale (ML) il sisma di riferimento dà luogo a Un’ampiezza minima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 1000 km dall’ipocentro Un’ampiezza massima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 10 km dall’epicentro Un’ampiezza massima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 100 km dall’epicentro Un’ampiezza massima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 100 km dall’ipocentro 04. Nella scala Mercalli modificata, gli effetti riscontrabili in termini di danno agli edifici dipendono anche Dall’amplificazione locale dell’epicentro Dalla profondità dell’epicentro Dall’amplificazione locale dei terreni in sito Dall’amplificazione locale del cemento armato della struttura

  1. Tra i parametri ingegneristicamente rappresentativi di un evento sismico vi sono Ampiezza, amplificazione locale e distanza ipocentrale Ampiezza, contenuto in frequenza e durata dell’evento Lunghezza d’onda caratteristica e tipologia delle onde sismiche Distanza epicentrale, tipologia di onda sismica e profondità focale

  2. La Magnitudo delle onde di superficie è Proporzionale al logaritmo del massimo spostamento del terreno (in mm) Proporzionale al logaritmo del minimo spostamento del terreno (in mm) Inversamente proporzionale al logaritmo del massimo spostamento del terreno (in m) Proporzionale alla potenza del massimo spostamento del terreno (in m)

  3. Il logaritmo dell’Energia Sismica E è Proporzionale alla distanza epicentrale Proporzionale alla magnitudo delle onde di superficie Ms Inversamente proporzionale alla magnitudo delle onde di superficie Ms Inversamente proporzionale al sisma di riferimento

  4. Si richiede di descrivere quali sono le misure quantitative dell’intensità sismica correlate più o meno direttamente all’energia liberata dal terremoto Le misure quantitative dell’intensità sismica, correlate più o meno direttamente all’energia liberata dal terremoto, sono:

  • la magnitudo locale ML (Richter, 1935)

in cui: A = ampiezza massima dello spostamento prodotto dal sisma, misurata con uno strumento standard (sismografo Wood-Anderson); A 0 = ampiezza massima registrabile alla medesima distanza dall’epicentro (r=P) con un sismografo Wood-Anderson, per il sisma di riferimento Per sisma di riferimento si intende un terremoto che dà luogo ad una ampiezza massima A0=1 mm su un sismografo Wood Andersen (periodo proprio 0) posto ad una distanza di 100 km dall’epicentro.

  • la magnitudo delle onde di superficie (Gutemberg e Richter, 1936)

in cui: A = massimo spostamento del terreno (mm); Δ = distanza epicentrale del sismografo

  • la magnitudo di momento Mw (Kamamori, 1977)

in cui: M 0 = momento sismico, definito come: M 0 = τf S D Con: τf = resistenza a rottura (media) del materiale lungo la faglia che ha generato il sisma S = ampiezza della superficie di rottura D = spostamento medio lungo la faglia Nota: M 0 ha le dimensioni di un momento ma rappresenta piuttosto il lavoro totale compiuto dalle sollecitazioni agenti lungo la faglia durante il terremoto; come tale risulta ben correlato con l’energia liberata dal sisma.

  • l’energia del terremoto (Gutemberg e Richter)

in cui: MS = magnitudo delle onde di superficie

  1. Si richiede di descrivere le differenza tra la scala Mercalli modificata e la scala Richter La Mercalli modificata e la Richter sono due scale di intensità sismica, basate su criteri classificativi diversi: la prima, nata prima dell’introduzione della moderna strumentazione per la registrazione dei movimenti del terreno (sismografi), è, infatti, di tipo empirico, e fondata sulla valutazione visiva dei danni prodotti dal terremoto; la seconda, invece, è di tipo quantitativo, in cui le misure dell’intensità sismica sono tutte correlate più o meno direttamente all’energia liberata dal terremoto.

  2. Si richiede di descrivere la tettonica a placche La crosta terrestre è in continua evoluzione poiché la forma e la posizione dei continenti varia nel tempo. La litosfera (crosta + mantello rigido) non è un corpo continuo ma è suddivisa in placche (circa 15) che possono coinvolgere contemporaneamente aree continentali e aree oceaniche, oppure solo le une o le altre. La litosfera rigida poggia sull’astenosfera a comportamento viscoelastico. All’interno di quest’ultima si possono perciò formare delle correnti convettive dovute a differenze di temperatura che provocano il movimento passivo delle placche tra loro. Le rocce del mantello terrestre sono rimescolate continuamente secondo le leggi della convezione: il materiale più caldo risale verso la superficie dove, cedendo calore all’atmosfera, si raffredda diventando denso e pesante per ridiscendere negli strati più caldi del pianeta e ricominciare il ciclo. S’instaurano così i movimenti circolari delle celle convettive. Si può immaginare che la litosfera, fredda e rigida, possa “galleggiare” sul sottostante mantello caldo e plastico, dove movimenti convettivi frammentano la litosfera e sospingono le placche tettoniche. Sotto la litosfera c’è quella parte del mantello chiamata astenosfera; le sue rocce parzialmente fuse si comportano come un liquido ad alta viscosità, meno denso e più plastico rispetto al mantello sottostante, una sorta di cuscinetto a sfere sul quale le placche possono scorrere e “galleggiare” sospinte dalle correnti convettive. Le placche galleggiano perché più fredde, meno dense e dunque più leggere (a parità di volume) rispetto al sottostante mantello astenosferico, in accordo con il ben noto principio di Archimede. Due sono gli effetti della tettonica delle placche: la sismicità e il vulcanesimo, due fenomeni che si scatenano sulla superficie fredda e rigida della litosfera,

  3. Cosa si intende per sistema arco-cordigliera? Nel sistema arco-cordigliera lo scontro avviene tra una placca di tipo oceanico e una di tipo continentale. La placca che si inflette è sempre quella di tipo oceanico perché di densità maggiore. si forma un arco magmatico, situato all’interno del continente, determinando la formazione di una catena montuosa (es. Cordigliera delle Ande).

  4. Si richiede di descrivere cosa si intende per orogenesi L’orogenesi è l’insieme di processi che porta alla formazione di catene montuose e si verifica quando due placche si scontrano tra loro. Esistono due tipi di catene montuose:

  • Catene montuose marginali : tipo Cordigliera delle Ande, che si formano in sistemi arco-cordigliera e sono caratterizzati da uno stile tettonico a faglie;
  • Catene di tipo Alpino e Appenninico : derivate dalla obduzione tra due placche continentali e caratterizzate da uno stile tettonico a pieghe e a falde.
  1. Si richiede di descrivere la struttura interna della terra Grazie all’analisi dei fenomeni di riflessione e rifrazione delle onde sismiche P e S, si è scoperto che la terra è costituita da involucri concentrici che dall’esterno verso l’interno sono: Crosta: con uno spessore variabile da pochi km, sotto gli oceani, fino ad un massimo di 60 km sotto i continenti (caratterizzata sismicamente da bassa velocità di propagazione); Mantello: si estende da 30 a 2900 km di profondità. Esso può essere suddiviso in due parti: il mantello superiore, fino a circa 700 km, e il mantello inferiore, fino alla discontinuità di Gutenberg. (nel quale le velocità delle onde sismiche sono più elevate); Nucleo: suddiviso nucleo esterno, allo stato fuso, con un raggio di circa 2270 km; nucleo interno, rigido ed elastico, dello spessore di 1200 km, con una temperatura prossima al punto di fusione, ma che si comporta come un solido per l'elevatissima pressione.

Lezione 005 01. I magmi che danno origine a rocce intrusive scendono fino alla camera magmatica e si arrestano risalgono e solidificano sotto la superficie terrestre scendono e non riescono a solidificare risalgono e solidificano sulla superficie terrestre

  1. Il camino vulcanico di un vulcano collega la camera magmatica con l'esterno collega i dicchi con l'esterno collega la camera magmatica con l'interno dell’astenosfera collega la camera magmatica con l’interno della litosfera

  2. L’attività effusiva è tipica dei vulcani che emettono lave pliniane dei vulcani che emettono lave piroclastiche dei vulcani che emettono lave acide dei vulcani che emettono lave basiche

  3. I vulcani a scudo si formano quando la lava è basica e viene eruttata tranquillamente la lava è acida e viene eruttata con attività esplosiva la lava è acida e viene eruttata tranquillamente la lava è basica e viene eruttata con attività esplosiva

  4. Una caldera deriva da riempimento della camera magmatica e conseguente sollevamento dell'edificio vulcanico svuotamento dell'edificio vulcanico e conseguente svuotamento della camera magmatica svuotamento della camera magmatica e conseguente sprofondamento dell'edificio vulcanico riempimento della camera magmatica e conseguente riempimento dell'edificio vulcanico

  5. Uno strato-vulcano deriva da un'alternante emissione di lave basaltiche e prodotti basici una continua emissione di prodotti piroclastici un'alternante emissione di lave e prodotti piroclastici una emissione di lave basaltiche

  6. Il magmatismo nelle aree oceaniche è essenzialmente acido è essenzialmente basico è essenzialmente neutro è essenzialmente aeriforme

  7. I magmi che danno origine a rocce effusive risalgono e solidificano sulla superficie terrestre risalgono e solidificano sotto la superficie terrestre scendono e danno luogo ai plutoni danno luogo a vulcanesimo plutonico intrusivo

  8. Si richiede di descrivere i tipi di attività vulcanica Due sono le tipologie di attività vulcanica principali:

  • l’attività effusiva, tipica dei vulcani che emettono lave basiche. In genere i prodotti piroclastici sono scarsi, mentre c'è un'intensa produzione di lava fluida che scende velocemente dai pendii poco inclinati, espandendosi a grandi distanze. I gas si liberano facilmente in modo graduale. Le lave basiche spesso fuoriescono in superficie non attraverso un camino posto centralmente, ma attraverso una spaccatura lineare della crosta, dando luogo a eruzioni lineari.
  • l’attività esplosiva, tipica dei vulcani che emettono magmi acidi (ricchi di silice e di gas), poca lava (che si accumula nei pressi dell'edificio), ma abbondanti prodotti piroclastici. L'attività è accompagnata da violente esplosioni.
  1. Si richiede di descrivere la struttura di un vulcano Un tipico vulcano presenta una camera magmatica, dove si accumula la lava risalita dalle zone profonde. La camera è collegata con l'esterno tramite un camino vulcanico, che si apre in corrispondenza di una bocca centrale e, a volte di bocche laterali. Quando la bocca è di grandi dimensioni si chiama cratere. La forma specifica del vulcano, cioè l'edificio vulcanico, dipende dal tipo di lava. I vulcani non sono soltanto subaerei, ma esistono anche quelli sottomarini, dove è più difficile seguirne l'evoluzione. I vulcani sottomarini possono far gorgogliare e intorbidare l'acqua, produrre onde sismiche e, in qualche caso, generare nuove isole.

  2. Si richiede di descrivere i tre principali gruppi in cui si suddividono le rocce A seconda della loro origine, le rocce sono suddivise in tre gruppi fondamentali:

  • rocce magmatiche: sono il prodotto finale del consolidamento di un magma, massa fusa di composizione prevalentemente silicatica, ricca di elementi volatili (gas), formatasi nelle profondità terrestri per fusione di masse solide preesistenti. Le rocce magmatiche possono essere suddivise in rocce intrusive ed estrusive a seconda della loro formazione. In quelle intrusive il magma cristallizza dentro la crosta terrestre, in quelle estrusive il magma solidifica in superficie dopo l’eruzione da un vulcano;
  • rocce sedimentarie: derivano dai processi di erosione, trasporto e deposito di sedimenti, o anche da precipitazione chimica o fissazione da parte di organismi viventi. Il sedimento sciolto si trasforma in roccia attraverso i processi di diagenesi (o consolidamento);
  • rocce metamorfiche: il metamorfismo è una trasformazione mineralogica e strutturale di rocce preesistenti che si vengono a trovare in condizioni di pressione e temperatura differenti da quelle dell’ambiente in cui si sono formate. Ogni roccia magmatica o sedimentaria è infatti in equilibrio solo con un ristretto campo di temperature e pressioni, molto elevato per le prime, molto basso per le seconde. Quindi, appena una roccia si trova in una situazione diversa tende a modificarsi verso un’associazione mineralogica che la porti in equilibrio con i nuovi valori di temperatura e pressioni: cioè ricristallizza senza fondere (allo stato solido).
  1. Il candidato elenchi le principali rocce ignee intrusive Le principali rocce ignee intrusive sono le seguenti: granito, granodiorite, tonalite, sienite, diorite, gabbro, peridotite.

  2. Si richiede di descrivere le rocce magmatiche Le rocce magmatiche sono il prodotto finale del consolidamento di un magma, massa fusa di composizione prevalentemente silicatica, ricca di elementi volatili (gas), formatasi nelle profondità terrestri per fusione di masse solide preesistenti. Le rocce magmatiche possono essere suddivise in rocce intrusive (o plutoniche) ed

estrusive a seconda della loro formazione. In quelle intrusive il magma cristallizza dentro la crosta terrestre, per l’impossibilità della massa fusa di giungere in superficie, in quelle estrusive il magma solidifica in

superficie dopo l’eruzione da un vulcano.

Lezione 007 01. Le rocce sedimentarie derivano da processi metamorfici da processi di interazione tra i minerali argillosi dai processi di erosione, trasporto e deposito da processi di consolidazione monodimensionale 02. Le rocce piroclastiche sono rocce derivanti dalla deposizione di organismi a scheletro siliceo dalla deposizione di clasti prodotti da vulcani a seguito di eruzioni esplosive da depositi marini dalla evaporazione di acque ricche in sali e conseguente precipitazione 03. Le arenarie sono limi cementati depositi di argille cementate depositi di roccia carbonatica disgregata sabbie cementate 04. Le argille sono caratterizzate da una dimensione delle particelle più grossolana delle sabbie ma inferiore ai limi superiore ai limi e alle sabbie più grossolana delle sabbie ma inferiore alle ghiaie inferiore ai limi

  1. Le rocce sedimentarie clastiche provengono dalla disgregazione di rocce preesistenti dalla precipitazione di sostanze trasportate in soluzione in seguito a fissazione da parte di organismi viventi dalla aggregazione di rocce preesistenti dalla trasformazione chimica di rocce preesistenti

  2. Le rocce sedimentarie sono costituite dalle seguenti frazioni fondamentali Matrice e cemento Clasti, matrice e cemento Clasti e cemento Clasti, matrice e acqua

  3. Con il processo di diagenesi Il sedimento sciolto si trasforma in liquido La roccia si trasforma in sedimento sciolto La roccia si sgretola fino a ridursi in particelle finissime Il sedimento sciolto si trasforma in roccia

  4. Si richiede di descrivere il processo di diagenesi Il processo di diagenesi (o consolidamento) prevede la trasformazione del sedimento sciolto in roccia e comprende le seguenti fasi:

  • neoformazione di minerali
  • ridistribuzione e ricristallizzazione di materia nei sedimenti
  • litificazione.
  1. Si richiede di descrivere i principali tipi di rocce sedimentarie Le rocce sedimentarie si possono suddividere in base al tipo di origine (classificazione genetica):
  • rocce clastiche: provenienti dalla disgregazione di rocce preesistenti;
  • rocce di origine chimica: originate da precipitazione diretta, per variazioni degli equilibri fisico-chimici del mezzo di trasporto, di sostanze trasportate in soluzione;
  • rocce di origine biochimica: originate da precipitazione di sostanze trasportate in soluzione in seguito a fissazione da parte di organismi viventi;
  • rocce residuali: evoluzione in sito di formazioni preesistenti (per allontanamento di alcuni elementi che passano in soluzione).

Lezione 008 01. Il metamorfismo di contatto è originato dal peso proprio dei sedimenti originato dal contatto di un corpo magmatico con rocce preesistenti dovuto alle pressioni tangenziali che si generano durante i movimenti crostali, sia al peso dei sedimenti sovrapposti dovuto solo alle pressioni tangenziali che si generano durante i movimenti crostali 02. Il metamorfismo regionale è originato dal contatto di un corpo magmatico con rocce preesistenti dovuto solo alle pressioni tangenziali che si generano durante i movimenti crostali dovuto alle pressioni tangenziali che si generano durante i movimenti crostali, sia al peso dei sedimenti sovrapposti originato dal peso proprio dei sedimenti 03. Il criterio principale di classificazione delle rocce metamorfiche è in base al tipo e alla composizione chimica della roccia originaria alla granulometria della parte fine della roccia originaria al tipo e all’angolo di attrito della roccia originaria alla permeabilità della roccia originaria

  1. Gli angoli azimutali vengono calcolati/misurati nel piano verticale vengono calcolati/misurati nel piano orientato verso est vengono calcolati/misurati nel piano orizzontale vengono calcolati/misurati nel piano obliquo

  2. Si richiede di descrivere gli elementi che definiscono la giacitura di uno strato La giacitura dello strato è definita da tre elementi: direzione, inclinazione, immersione. La bussola da geologo ben utilizzata permette facilmente la loro misurazione. Si ha:

  • Immersione: orientazione della linea di massima pendenza rispetto ai punti cardinali, vale a dire angolo orizzontale (azimuth) che la linea di massima pendenza forma rispetto al Nord;
  • Inclinazione: angolo che lo strato forma con l’orizzontale;
  • Direzione: angolo orizzontale formato con la direzione del Nord della linea di intersezione tra strato e piano orizzontale (perpendicolare ad immersione).
  1. Si richiede di descrivere le procedure che un geologo deve compiere sul terreno per effettuare un rilevamento geologico Le procedure che un geologo deve compiere sul terreno per effettuare un rilevamento geologico sono, nell’ordine:
  • ricerca di un affioramento;
  • ripulitura e messa a nudo della roccia;
  • ubicazione dell’affioramento sulla carta;
  • rappresentazione dell’affioramento sulla carta;
  • descrizione della roccia;
  • rilevamento della giacitura degli strati o di altri elementi strutturali (assi di pieghe, ecc.) Se l’affioramento rinvenuto è di dimensioni sufficienti per essere rappresentato alla scala della carta topografica a disposizione, l’area di affioramento può essere disegnata in carta, con la propria forma (v. figura), cioè viene delimitata l’area con roccia affiorante dalle aree circostanti con coperture. Probabilmente durante le successive fasi del rilevamento raccogliendo informazioni da aree limitrofe sarà possibile stabilire l’andamento dei contatti geologici anche sotto le coperture, a questo punto sarà possibile realizzare una carta geologica degli affioramenti.

Lezione 019 01. Nella stratificazione a reggipoggio: gli strati immergono orizzontalmente gli strati immergono nello stesso verso del pendio gli strati immergono nel verso opposto rispetto a quello del pendio gli strati immergono verticalmente 02. Nella stratificazione a franapoggio: gli strati immergono nello stesso verso del pendio gli strati immergono nel verso opposto rispetto a quello del pendio gli strati immergono verticalmente gli strati immergono orizzontalmente 03. Nel caso di stratificazione orizzontale: gli strati a quote superiori sono più recenti di quelli a quote inferiori gli strati a quote inferiori sono più recenti di quelli a quote superiori gli strati a quote superiori sono verticali gli strati a quote superiori sono più antichi di quelli a quote inferiori 04. Nel caso di stratificazione verticale: non è possibile definire i rapporti di sovrapposizione originari gli strati a quote inferiori sono più recenti di quelli a quote superiori gli strati a quote superiori sono più antichi di quelli a quote inferiori gli strati a quote superiori sono verticali

  1. Si richiede di descrivere la classificazione di Beniawsky dell’ammasso roccioso La classificazione di Beniawsky dell’ammasso roccioso, diversamente dalle classificazioni precedenti di tipo qualitativo, ha introdotto la misurazione di indici e parametri sperimentali, ed è orientata, quindi, verso una valutazione quantitativa, che si basa sul rilievo, in campagna o in laboratorio, di sei parametri: A1 = resistenza a compressione uniassiale; A2 = Rock Quality Designation Index (Indice RQD); A3 = spaziatura delle discontinuità; A4 = condizioni delle discontinuità; A5 = condizioni idrauliche; A6 = orientamento delle discontinuità. Da questi sei parametri si ricava l’Rock Mass Rating (RMR, Beniawsky) e con le dovute correzioni apportate da Romana nel 1985 lo Slope Mass Rating (SMR). L’RMR, nella pratica, viene differenziato come: RMR di base = RMRb = A1 + A2 + A3 + A4 + A RMR corretto = RMRc = (A1 + A2 + A3 + A4 + A5) + A

  2. Si richiede di descrivere cosa è il parametro RQD L’indice RQD (Rock Quality Designation) indica la percentuale di carotaggio riferito alla somma degli spezzoni di carota con lunghezza maggiore o uguale a 100 mm.

dove: Lc = somma delle lunghezze degli spezzoni di carota > 100 mm Lt = lunghezza totale del tratto in cui si è misurata Lc.

In mancanza di carote di sondaggio, RQD si ricava dal numero di famiglie di discontinuità caratterizzanti l’ammasso roccioso e dalla misura della loro spaziatura. Dalla relazione di Palmström (1982) si ha: RQD = 115 – 3,3 Jv dove Jv è il numero di fratture per metro cubo di roccia. In forma alternativa RQD si può ricavare dalla formula di Priest e Hudson (1981): RQD = 100 e(0,1 n) (0,1 n + 1) con n numero medio di giunti per metro.

Lezione 027 01. Nelle NTC08 la classificazione sismica dei terreni avviene sulla base dei valori assunti dalle velocità delle onde superficiali dalle velocità delle onde di taglio dalle velocità delle onde primarie dalle velocità delle onde di volume 02. Il modulo di rigidezza a taglio a piccole deformazioni del materiale in cui si propaga l’onda è direttamente proporzionale alla velocità di propagazione delle onde di taglio è inversamente proporzionale alla velocità di propagazione delle onde di taglio è direttamente proporzionale al quadrato della velocità di propagazione delle onde di taglio è direttamente proporzionale alla radice quadrata della velocità di propagazione delle onde di taglio 03. Le prove cross-hole sono prove geofisiche gravimetriche in superficie gravimetriche in foro sismiche in foro sismiche in superficie 04. Le misure sismiche consentono di: misurare direttamente il modulo di taglio in un terreno misurare indirettamente il modulo edometrico in un terreno ottenere indirettamente informazioni sulla stratigrafia di un deposito, la posizione del bedrock e della superficie piezometrica misurare direttamente le caratteristiche di taglio delle onde sismiche in un terreno

  1. Un foro di sondaggio può risultare stabile anche in assenza di qualunque forma di supporto Solamente nella esecuzione di sondaggi di modesta profondità (non più di qualche metro) in terreni coesivi molto consistenti Solamente nella esecuzione di sondaggi di elevata profondità in qualsiasi tipo di terreno Solamente nella esecuzione di sondaggi di modesta profondità (non più di qualche metro) in terreni incoerenti Solamente nella esecuzione di sondaggi di elevata profondità in terreni coesivi molto consistenti

Lezione 035 01. Le prove penetrometriche dinamiche consistono nell'infissione nel terreno di una batteria di aste nell’infissione nel terreno per battitura di una punta conica o di un campionatore Raymond a parete grossa nella misura della resistenza opposta alla penetrazione di un sistema di martinetti idraulici nella misura della resistenza opposta alla penetrazione a velocità costante di una punta conica standard 02. Nelle prove SPT come indicatore della resistenza alla penetrazione si assume il numero di colpi NSPT che è dato dalla somma di N2 ed N1 (essendo N1, N2 ed N3 i numeri di colpi necessari per tre successive infissioni di 15 cm) dalla differenza di N2 ed N3 (essendo N1, N2 ed N3 i numeri di colpi necessari per tre successive infissioni di 15 cm) il prodotto di N2 ed N3 (essendo N1, N2 ed N3 i numeri di colpi necessari per tre successive infissioni di 15 cm) dalla somma di N2 ed N3 (essendo N1, N2 ed N3 i numeri di colpi necessari per tre successive infissioni di 15 cm)

  1. Si descrivano le prove SPT La prova SPT viene eseguita all’interno di fori di sondaggio, a profondità prefissate. Essa fornisce quindi un profilo discontinuo della resistenza alla penetrazione con la profondità. La prova consiste nella misura del numero di colpi necessario per l’infissione di un campionatore Raymond a parete grossa – del diametro interno di 35 mm, e della lunghezza di 457 mm – per una profondità di 30 cm. A tale fine, il campionatore è collegato ad una batteria di aste di 50 mm di diametro, dotate di anelli centratori per impedire lo svergolamento laterale. Per la battitura viene utilizzata la stessa apparecchiatura e le medesime procedure impiegate per la prova SCPT. In particolare, nel corso della prova vengono misurati i numeri di colpi N1, N2 ed N3 necessari per tre successive infissioni di 15 cm. Come indicatore della resistenza alla penetrazione si assume il numero di colpi NSPT ottenuto dalla somma di N2 ed N3:

In tale modo è possibile eliminare – o almeno ridurre al minimo – l’influenza di fattori estranei quali la presenza di detrito a fondo foro od il disturbo prodotto dal rilascio tensionale durante la perforazione. Il principale vantaggio della prova SPT è costituito dalla disponibilità di un gran numero di correlazioni empiriche e di metodi di progetto direttamente basati sulla misura del numero di colpi NSPT , dovuta alla sua grande diffusione ed al suo lungo e documentato impiego. I risultati di prove SPT ed SCPT – benché non coincidenti per le differenti caratteristiche degli strumenti impiegati – sono tuttavia ben correlabili tra loro. In particolare, per la conversione dei valori di resistenza alla penetrazione N30, ottenuti da prove SCPT in numero di colpi NSPT è possibile utilizzare le correlazioni proposte da Meyerhof (1956) per sabbie medio- fini e sabbie ghiaiose. Attualmente, alle prove penetrometriche dinamiche SPT od SCPT si preferiscono le prove penetrometriche statiche CPT, che presentano un più vasto campo di applicabilità, forniscono un maggior numero di risultati, risultano più ripetibili e consentono una migliore caratterizzazione del materiale.

Lezione 038 01. L’esecuzione di prove CPT in un deposito non coesivo permette di ottenere utili indicazioni riguardo il peso specifico il peso del terreno secco il grado di saturazione lo stato di addensamento del terreno 02. L’esecuzione di prove CPT in un deposito non coesivo permette di ottenere utili indicazioni riguardo all'angolo di attrito al grado di saturazione alla coesione alla conducibilità idraulica

Lezione 040 01. L’esecuzione di prove CPT in un deposito non coesivo permette di ottenere utili indicazioni riguardo lo stato di addensamento del terreno il peso specifico il grado di saturazione il peso del terreno secco 02. L’esecuzione di prove CPT in un deposito non coesivo permette di ottenere utili indicazioni riguardo al grado di saturazione alla conducibilità idraulica alla coesione all'angolo di attrito

Lezione 041 01. Come risultato delle prove scissometriche si ottiene un profilo della densità relativa del terreno con la profondità un profilo stratigrafico un profilo della coesione non drenata con la profondità un profilo dell'angolo d'attrito con la profondità

Lezione 042 01. Come risultato delle prove scissometriche si possono trarre indicazioni sulla permeabilità un profilo della densità relativa del terreno con la profondità sul profilo dell'angolo d'attrito con la profondità sulla rigidezza 02. L'interpretazione dei risultati di una prova di carico su piastra fornisce indicazioni su il grado di saturazione del terreno la permeabilità del terreno la resistenza non drenata del terreno la curva di distribuzione granulometrica del terreno

Lezione 044 01. Tra le grandezze fisiche misurabili in sito vi sono le pressioni interstiziali non vi sono gli spostamenti verticali non vi sono le pressioni interstiziali non vi sono gli spostamenti orizzontali

Le semiscatole e il provino sono contenuti all’interno di una cella riempita di acqua a pressione atmosferica (u0=0). Le basi superiore e inferiore del provino sono a contatto con due pietre porose che consentono la comunicazione dell’acqua tra il provino e la cella esterna; non esistono dispositivi, quali valvole, che permettono di interrompere tale comunicazione idraulica: nell’apparecchio di taglio diretto non risulta pertanto possibile controllare le condizioni di drenaggio (si possono eseguire solo prove drenate). Nella prima fase della prova di taglio diretto le due semiscatole sono perfettamente sovrapposte: la fase di prova è pertanto identica a una prova edometrica (a parte la forma della sezione trasversale del provino, quadrata anziché circolare), anche per quanto riguarda l’applicazione della forza assiale Fa. Una prova di taglio diretto prevede due fasi distinte:

  1. Una prima fase sostanzialmente identica alla prova edometrica (consolidazione monodimensionale del provino con deformazioni laterali impedite): Le grandezze misurate dall’apparecchiatura sono:

FA (forza assiale, da cui si ricava la tensione assiale o verticale Δh (abbassamenti verticali del provino dovuti al carico applicato); t (tempo); essendo A l’area della sezione trasversale del provino. 2. La seconda fase, detta di taglio, ha inizio al termine del processo di consolidazione indotto dall’applicazione del carico verticale. La fase di taglio consiste nell’applicazione del deviatore, mediante una forza di taglio orizzontale sul provino, mantenendo costante il carico verticale applicato: viene impressa una velocità di spostamento orizzontale alla semiscatola inferiore, la quale può scorrere su dei cuscinetti a sfera, mentre la semiscatola superiore rimane fissa (vengono tolte le viti di fissaggio e le due semiscatole possono scorrere l’una sull’altra). In tal modo il provino di terreno è obbligato a rompersi secondo il piano orizzontale che separa le due semiscatole (vincolo cinematico imposto). La forza orizzontale T sul piano di separazione delle due semiscatole generata dallo scorrimento relativo tra le stesse, viene misurata attraverso un anello dinamometrico, mentre trasduttori di spostamento rilevano gli spostamenti orizzontali e verticali. Le grandezze misurate sono: T (forza orizzontale); ΔL e Δh (spostamenti orizzontali relativi tra le due semiscatole, coincidenti con quelli della semiscatola inferiore, e spostamenti verticali del provino); t (tempo).

Lezione 049 01. Le acque sotterranee in presenza di terreni sciolti non si riscontrano circolano lungo cavità e condotti carsici circolano prevalentemente lungo fratture e discontinuità riempiono vuoti presenti tra granuli 02. Le acque sotterranee in presenza di rocce carbonatiche riempiono tutti i vuoti presenti tra granuli non si riscontrano circolano prevalentemente lungo fratture e discontinuità circolano lungo cavità e condotti carsici 03. I terreni saturi d’acqua all’interno dei quali avviene il deflusso sotterraneo vengono denominati Cavità carsiche Acquiferi Falde sotterranee Acque sotterranee 04. Le acque sotterranee in presenza di rocce cristalline o sedimentarie non si riscontrano circolano lungo cavità e condotti carsici riempiono tutti i vuoti presenti tra granuli circolano prevalentemente lungo fratture e discontinuità

  1. Nel caso di una sorgente di trabocco lo strato impermeabile sul quale si raccoglie la falda affiora in superficie; la concentrazione di sali presenti nell’acqua è elevata le acque che permeano la roccia traboccano all’esterno quando costituiscono un volume superiore alla concavità dello strato impermeabile che le accoglie viene emessa acqua ad intervalli più o meno regolari

  2. Negli acquiferi in materiali rocciosi permeabili l’acqua circola solo se c’è depressione non può circolare è acqua di tipo igroscopico-capillare circola all’interno di fratture, fessure o cavità carsiche

  3. Nel caso di sorgenti minerali la concentrazione di sali presenti nell’acqua è elevata lo strato impermeabile sul quale si raccoglie la falda affiora in superficie; le acque che permeano la roccia traboccano all’esterno quando costituiscono un volume superiore alla concavità dello strato impermeabile che le accoglie si ha emissione di acqua ad intervalli più o meno regolari

  4. Si richiede di descrivere il fenomeno del carsismo Vi sono regioni dove predominano materiali rocciosi permeabili (rocce porose o fessurate). In esse, oltre ai processi di disfacimento dovuti alla disgregazione fisica ed alla alterazione chimica in funzione del clima, sono attivi fenomeni distruttivi particolari sotto la superficie del terreno, in grado di condizionare anche il paesaggio, le cui forme sono determinate dalla circolazione delle acque sotterranee più che dall’insieme degli agenti esogeni. Queste sono le zone carsiche, costituite da rocce calcaree o dolomitiche, dominate da forme particolari, dovute all’insieme del “carsismo”. L’acqua delle precipitazioni spesso non riesce a raccogliersi in ruscelli di una certa consistenza perché penetra rapidamente nel sottosuolo; i fenomeni di erosione superficiale sono più limitati e il paesaggio conserva più a lungo le sue forme giovanili. L’acqua agisce sulla superficie ed in profondità grazie soprattutto all’azione chimica che allarga e approfondisce spaccature, crepe, buche, inghiottitoi,... L’acqua corre poi attraverso i materiali rocciosi profondi per mezzo di gallerie, caverne, fessure,... ora allargandole per l’azione chimica ed anche erosiva, ora chiudendole per accumulo di detriti; talvolta può formare fiumi sotterranei che possono cambiare improvvisamente direzione per il crollo delle volte di caverne che ne sbarrano improvvisamente il corso. L’insieme dei condotti sotterranei viene indicato con il termine “reticolo carsico”.

  5. Si richiede di descrivere le principali tipologie di sorgenti Tra i diversi tipi di sorgenti citiamo le principali:

  • sorgente di strato; lo strato impermeabile sul quale si raccoglie la falda affiora in superficie;
  • sorgenti di trabocco; lo strato impermeabile ha forma concava; le acque che permeano la roccia traboccano all’esterno quando costituiscono un volume superiore alla concavità che le accoglie;
  • sorgenti intermittenti; emettono acqua ad intervalli più o meno regolari; la cavità sotterranea comunica con l’esterno per mezzo di una sorta di sifone ad “U” capovolto; quando il livello dell’acqua supera il tratto più alto del sifone, la sorgente sgorga e la cavità si svuota in parte; successivamente il flusso si arresta fino a quando le acque, percolando dall’alto, non riempiono nuovamente la cavità.
  • sorgente fredda; quando l’acqua che sgorga ha una temperatura media inferiore alla media annua dell’aria del luogo in cui si trova la sorgente;
  • sorgente termale; la temperatura dell’acqua è superiore alla media annua dell’aria del luogo in cui si trova la sorgente; la circolazione profonda dell’acqua avviene a contatto con materiali molto caldi della crosta terrestre;
  • sorgente minerale; la concentrazione di sali presenti nell’acqua è elevata; la presenza di sali è dovuta all’attraversamento in rocce con porzioni solubili; le acque povere di minerali sono dette oligominerali.
  1. Si richiede di descrivere la classificazione di Varnes dei movimenti franosi La classificazione di Varnes, basata sui caratteri cinematici del movimento, si articola sulle seguenti classi fondamentali delle frane (in parentesi è indicata la terminologia anglosassone originale):
  1. Crolli (falls): la massa di terreno o roccia in frana si muove prevalentemente in aria. Il fenomeno comprende la caduta libera, il movimento a salti e rimbalzi ed il rotolamento di frammenti di roccia o di terreno sciolto;
  2. Ribaltamenti (toppling): movimenti dovuti all’azione di forze esterne che provocano un momento ribaltante attorno ad un asse di rotazione posto al di sotto del baricentro della massa interessata;
  3. Scorrimenti (slides): il movimento avviene per scorrimento lungo una o più superfici di discontinuità (o zone di modesto spessore caratterizzate da intensa deformazione di taglio, note come bande di taglio) presenti all’interno dell’ammasso di terreno o roccia. Tali superfici possono essere preesistenti o di neoformazione, ed in base alla loro geometria individuano le due seguenti sottoclassi: - scorrimenti traslativi, caratterizzati da superfici di scorrimento più o meno planari, corrispondenti spesso a discontinuità stratigrafiche o tettoniche, quali faglie o giunti di stratificazione.- scorrimenti rotazionali, caratterizzati da superfici di scorrimento curve, talvolta di forma approssimativamente circolare, con concavità rivolta verso l’alto
  4. Espansioni laterali (lateral spreads): il movimento di espansione laterale interessa una massa intensamente fratturata per estensioni in pianta anche considerevoli, dell’ordine di centinaia di km2. Il movimento può essere provocato da scorrimenti plastici o fenomeni di liquefazione in uno strato profondo su cui appoggia la massa in movimento. Tuttavia sono stati documentati casi in cui l’esistenza di una superficie o di uno strato basale sede di movimenti non è stata rilevata
  5. Colate (flows): questa classe comprende sia fenomeni deformativi molto lenti, con velocità medie dell’ordine di qualche centimetro all’anno, sia eventi estremamente rapidi con conseguenze spesso catastrofiche, in roccia od in terreni sciolti. Le colate si differenziano dagli scorrimenti per l’assenza di una superficie di scorrimento ben definita. La distribuzione degli spostamenti e delle velocità all’interno del corpo di frana è tale da produrre deformazioni non trascurabili all’interno del mezzo, laddove negli scorrimenti il corpo di frana è soggetto essenzialmente ad atti di moto rigido. In molti casi, la cinematica di una colata può essere assimilata a quella di un fluido viscoso in condizioni di moto laminare;
  6. Movimenti complessi: essi risultano dalla combinazione di due o più dei cinque tipi principali precedentemente descritti. Ad esempio, il detrito accumulato al piede di uno scorrimento in terreni argillosi può dare origine ad una colata di terreno, mentre uno scorrimento traslativo di un blocco di roccia su una superficie di discontinuità preesistente può evolvere in crollo.

Lezione 056 01. Secondo l’Associazione Geotecnica Italiana (AGI) il piede di una frana è: il limite (quasi sempre sepolto) tra la parte inferiore della superficie di rottura e la superficie originaria del versante la parte di materiale spostato che trova a valle del margine inferiore della superficie di rottura la parte di materiale spostato che trova a valle del margine inferiore della superficie di rottura il punto dell’unghia situato a maggior distanza dal punto sommitale della frana 02. Secondo l’Associazione Geotecnica Italiana (AGI) la scarpata principale di una frana è: il limite (quasi sempre sepolto) tra la parte inferiore della superficie di rottura e la superficie originaria del versante la parte di materiale spostato che trova a valle del margine inferiore della superficie di rottura la superficie, generalmente ripida, che delimita l’area pressochè indisturbata circostante la parte sommitale della frana, provocata dall’allontanamento del materiale di frana dal terreno rimasto in posto il punto dell’unghia situato a maggior distanza dal punto sommitale della frana

  1. Si richiede di descrivere, i principali elementi che definiscono una frana per scorrimento rotazionale proposti dalla Associazione Geotecnica Italiana Per uno scorrimento rotazionale, i principali elementi che definiscono una frana per scorrimento rotazionale proposti dalla Associazione Geotecnica Italiana sono i seguenti:
  • Scarpata principale (main scarp): la superficie, generalmente ripida, che delimita l’area pressochè indisturbata circostante la parte sommitale della frana, provocata dall’allontanamento del materiale di frana dal terreno rimasto in posto. La scarpata principale ed il suo prolungamento al di sotto del corpo di frana costituiscono la superficie di rottura;
  • Scarpata secondaria (minor scarp): ripida superficie che intacca il materiale spostato, dovuta a movimenti differenziali all’interno della massa in frana;
  • Testata (Head): La parte più alta del corpo di frana, lungo il limite tra il materiale spostato e la scarpata principale;
  • Punto sommitale (top): Il punto più alto della testata;
  • Margine inferiore della superficie di rottura (toe of rupture surface): il limite (quasi sempre sepolto) tra la parte inferiore della superficie di rottura e la superficie originaria del versante;
  • Unghia della frana (toe): il margine del materiale spostato, situato alla maggiore distanza dalla scarpata principale;
  • Punto inferiore (tip): il punto dell’unghia situato a maggior distanza dal punto sommitale della frana;
  • Piede (foot): la parte di materiale spostato che trova a valle del margine inferiore della superficie di rottura;
  • Corpo principale (main body): la parte di materiale spostato che ricopre la superficie di rottura, posto tra la scarpata principale e il margine inferiore della superficie di rottura;
  • Fianco (flank): lato della frana;
  • Coronamento (crown): il materiale rimasto in posto, e pressoché indisturbato, adiacente alle parti più alte della scarpata principale;
  • Superficie originaria del versante (original ground surface); la superficie del versante che esisteva prima del verificarsi del movimnento franoso in esame. Ove possibile, va precisato se detta superficie è riferibile ad un precedente fenomeno franoso;
  • Superficie di separazione (surface of separation); termine generale per indicare la superficie che separa il materiale spostato dal materiale in posto, indipendentemente dal fatto che lungo di essa vi sia o non vi sia stata rottura;
  • Materiale franato (o spostato) (displaced material): il materiale che si è allontanato dalla sua posizione originaria nel versante. Può essere deformato o (praticamente) non deformato;
  • Zona di distacco (zone of depletion): l’area entro la quale il materiale spostato si trova a quota inferiore a quella della superficie originaria del versante;
  • Zona di accumulo (zone of accumulation): l’area entro la quale il materiale spostato si trova a quota superiore a quella della superficie originaria del versante.

Lezione 057 01. La mappatura superficiale è parte integrante della caratterizzazione dell’ammasso roccioso è parte integrante di mappatura profonda è parte integrante di uno studio di un pendio in frana non fa parte integrante di uno studio di un pendio in frana 02. Le orto-fotografie sono mappe sono immagini mappate sono immagini fotografiche disegnate ortogonali su proiezioni stereografiche sono immagini fotografiche corrette della distorsione della macchina fotografica

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Geologia applicata

Corso: Geologia Applicata

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11. Si richiede di descrivere i differenti tipi di onde sismiche
Durante la formazione di una faglia viene rilasciata l’energia accumulata che viene trasmessa in tutte le
direzioni attraverso la propagazione di onde sismiche.
Le onde sismiche si differenziano in base alle modalità di propagazione. Si possono distinguere onde di
compressione, onde di taglio, onde di Rayleigh e onde di Love.
Onde di compressione: dette anche longitudinali, primarie o ‘onde P’, hanno velocità e direzione parallela
allo spostamento dell’elemento di volume investito dall’onda, con successive compressioni e rarefazioni. Le
onde P si propagano con velocità:
in cui:
EED = modulo di rigidezza a compressione monodimensionale (modulo edometrico) del
mezzo di propagazione;
ρ = densità del mezzo
Onde di taglio: dette anche trasversali o onde S’ , sono connesse ai fenomeni deformativi di tipo
distorsionale e sono caratterizzate da una direzione di propagazione perpendicolare allo spostamento
dell’elemento di volume investito dall’onda. La loro velocità di propagazione è pari a:
in cui:
G = modulo di rigidezza a taglio del mezzo di propagazione;
ρ = densità del mezzo
Quando le onde P e S giungono in superficie all’epicentro, generano delle onde superficiali; dall’epicentro
comincia a propagarsi un treno di onde superficiali concentriche:
onde Rayleigh (onde R), che inducono le particelle investite a compiere orbite ellittiche e sono responsabili
delle scosse ondulatorie;
onde Love (onde L), che provocano un’oscillazione orizzontale, trasversale rispetto alla direzione di
propagazione dell’onda, e sono responsabili delle scosse sussultorie.
12. Si richiede di descrivere come viene localizzato l’epicentro di un terremoto
Si definisce epicentro il punto in superficie situato verticalmente al di sopra dellipocentro. Il tempo che
intercorre tra l’arrivo delle onde P e quello delle onde S ci fornisce la distanza dell’epicentro. Siccome
questo intervallo di tempo aumenta con la distanza, esso permette ai sismologi conoscendo le registrazioni
di dati di tre o più stazioni di localizzare l’epicentro stesso.
Lezione 003
01. La scala Richter attribuisce
Una misura qualitativa dell’intensità sismica
Una misura qualitativa dell’amplificazione locale dei terreni in sito
Una misura quantitativa dell’intensità sismica
Una misura quantitativa dell’incidenza della densità abitativa
02. Nella scala Mercalli modificata, gli effetti riscontrabili in termini di danno agli edifici dipendono
anche
Dalla profondidell’epicentro
Dalla profondità dell’ipocentro
Dalla la densità di abitazione
Dal tipo di faglia (se diretta o inversa)
03. Nella determinazione della Magnitudo Locale (ML) il sisma di riferimento dà luogo a
Un’ampiezza minima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 1000 km dall’ipocentro
Un’ampiezza massima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 10 km dall’epicentro
Un’ampiezza massima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 100 km dall’epicentro
Un’ampiezza massima di 1 mm su un sismografo W-A a distanza di 100 km dall’ipocentro
04. Nella scala Mercalli modificata, gli effetti riscontrabili in termini di danno agli edifici dipendono
anche
Dall’amplificazione locale dell’epicentro
Dalla profondità dell’epicentro
Dall’amplificazione locale dei terreni in sito
Dall’amplificazione locale del cemento armato della struttura

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