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Lezione 8 - Biologia Molecolare - Cuda

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Biologia

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Anno accademico: 2019/2020
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BIOLOGIA MOLECOLARE

Prof. Gianni Cuda Lezione 8 – 23/04/ Sbobinatori: Serena Emo, Emanuela Federico Argomenti: polimorfismi del DNA

La lezione di oggi riguarda i polimorfismi del DNA e il loro uso anche nell’identificazione umana.

Prima di tutto dobbiamo dare una definizione di polimorfismo : un polimorfismo del DNA può essere definito come una differenza nella sequenza del DNA rispetto alla sequenza standard che però deve essere presente in una percentuale della popolazione pari almeno all’1/2%. Questo elemento è molto importante perché consente di definire e differenziare i polimorfismi rispetto alle mutazioni ; anche una mutazione è una differenza nella sequenza standard del DNA ma la differenza con i polimorfismi è che una mutazione è presente in una percentuale che è inferiore generalmente all’1/2%. I polimorfismi possono essere di diverso ,tipo possono influenzare singole basi oppure decine , centinaia o addirittura migliaia di basi nella sequenza di DNA e possono avere o non avere effetti sul fenotipo cioè possono dimostrare la loro presenza o passare del tutto silenti. I polimorfismi sono sparsi piuttosto omogeneamente lungo il genoma anche se esistono degli Hot spot ovvero delle sedi in un cui sono particolarmente presenti. Se la localizzazione di una sequenza polimorfica è conosciuta questa localizzazione può servire come landmarck cioè come pietra miliare o marcatore per identificare dei geni o delle regioni genetiche. Concludiamo la diapositiva dicendo che ciascun marcatore polimorfico presenta diverse versioni definite alleli. Il concetto di allele quando parliamo di polimorfismi è diverso da quello che abbiamo appreso in

moglie non possiede la mutazione , il tipo di trasmissione ereditaria di questa malattia è di tipo autosomico dominante quindi secondo la legge di Mendel la progenie avrà il 50% di probabilità di ereditare il gene paterno , supponiamo che da questa coppia nascano 4 figli ed è probabile che 2 di questi abbiano ereditato la copia mutata del gene. Come faccio a sapere quali sono questi figli? È possibile saperlo o andando ad analizzare e sequenziare il gene o più semplicemente andando a studiare le sequenze polimorfiche che marcano il gene, che sono più vicine al gene stesso , questa è appunto l’analisi di linkage cioè quell’analisi che studia il link e cioè l’associazione tra una sequenza, un locus genico e il fenotipo clinico cioè in questo caso la cardiomiopatia ipertrofica. Per cui se io ho il sospetto che in una famiglia in cui ci sono diversi soggetti che hanno il fenotipo clinico di cardiomiopatia ipertrofica il gene mutato possa essere quello della miosina , anziché andare a sequenziare questo gene esiste una scorciatoia che consiste nello studiare le sequenze polimorfiche che sono vicine al gene codificante per le catene pesanti della miosina. Poiché durante il crossing over queste sequenze ,contenenti appunto i marcatori polimorfici, co-segregano con il gene della miosina ,se io analizzo nella mia famiglia in cui ci stanno alcuni soggetti affetti da cardiomiopatia ipertrofica queste sequenze e trovo che tutti i soggetti che hanno il fenotipo clinico cioè che hanno la malattia hanno anche quel particolare pattern di polimorfismi allora è molto probabile che il gene responsabile della patologia in quello specifico nucleo familiare possa essere il gene della miosina, quindi ho focalizzato la mia attenzione sul gene della miosina. Dico questo perché la cardiomiopatia ipertrofica può essere determinata da mutazioni in una ventina anche 30 diversi geni e quindi non è possibile studiare una malattia andando a sequenziare ognuno di questi geni di questi soggetti ,è molto meglio usare questo approccio che è l’analisi di linkage. Il linkage è definito da uno score che si chiama lod score che sta per logaritm of diseas cioè la probabilità di malattià, questo lod score deve avere un valore almeno pari o superiore a 3 affinchè vi sia una ragionevole probabilità che il gene marcato da questi polimorfismi sia contenuto all’interno del locus marcato dai polimorfismi stessi.

Ritorniamo ai polimorfismi e nella slide ne vedete descritti alcuni

I RFLP cioè i polimorfismi di lunghezza delle sequenze di restrizione , i VNTR gli SNT e gli SNP o polimorfismi a singoli nucleotide. Iniziamo a parlare dei RFLP.

significa che l’enzima Eco R1 non riconoscerà più il mio sito di restrizione e quindi non sarà più in grado di tagliare la sequenza di DNA in questo punto , la stessa cosa succede se anziché avere una mutazione puntiforme si ha l’inserzione di un nucleotide oppure una delezione di un nucleotide , ma soffermiamoci sulla mutazione puntiforme. Questo fenomeno del cambio di nucleotide con l’impossibilità da parte dell’enzima Eco R1 di riconoscere la sequenza di restrizione e quindi di operare un taglio determinerà la perdita di un frammento di restrizione , quindi se torniamo all’esempio di prima e nel mio genoma c’erano 10 siti riconosciuti dall’enzima Eco R1 la qual cosa mi avrebbe determinato la produzione di 11 frammenti ,se uno di questi siti viene mutato e quindi l’enzima non lo può riconoscere i siti di restrizione non saranno più 10 ma 9 e quindi i frammenti non saranno 11 ma 10 adesso la situazione opposta cioè in una particolare regione del mio genoma vi è una sequenza GAAATC e supponiamo che a causa di una mutazione puntiforme questa A venga sostituita da una timina e non avrò più la sequenza GAAATC ma la sequenza GAATTC che è una sequenza riconosciuta dall’enzima Eco R1 quindi questo esempio è l’esempio opposto ovvero quello in cui un polimorfismo genera un sito di restrizione , non lo fa perdere ma lo crea quindi si avrà un sito di restrizione ulteriore rispetto a quelli attesi quindi nel mio genoma e i siti di restrizione erano 10 avrei ottenuto 11 frammenti ,poiché per effetto del polimorfismo si è determinato un nuovo sito riconosciuto dall’enzima il numero dei frammenti non sarà più 11 ma il numero dei siti di restrizione sarà diventato 11 e quindi avrò 12 frammenti di restrizione. Mostriamo questa diapositiva che forse vi chiarirà le idee

Questa è una sequenza di DNA in cui è possibile distinguere 2 siti di restrizione:

 il sito 1  il sito 2 Immaginate che questi due siti di restrizione siano riconosciuti da un particolare enzima ; in questo primo caso, cioè nel campione 1 in cui entrambi i siti di restrizione sono presenti, quello che mi aspetto è di ottenere 3 diversi frammenti che indico con A, B e C se prendo questo genoma e lo separo su un gel di agarosio ,quindi tramite l’elettroforesi, i 3 frammenti migreranno e mi daranno 3 bande , una per ciascun frammento. quella che migrerà più velocemente è la banda A( la più piccola) , quella intermedia è la banda B e quella che migrerà più lentamente è il terzo frammento (quello più lungo). Ora passiamo alla situazione in cui il sito di restrizione 2 per effetto di una mutazione si perde, succede che l’enzima di restrizione non riconosce questa sequenza e non è più in grado di tagliare per cui non avrò più 3 frammenti ma 2 frammenti , il frammento A e poi un unico frammento che somma B e C, se questo campione di DNA viene posto sul gel di agarosio otterremo 2 frammenti: una banda che si può ricondurre ad A e poi una banda che non vedevamo nel campione precedente che è

migrare producono queste 2 bande , nel caso del locus 2 il padre non possiede siti di restrizione la migrazione è singola e quindi si ha un’unica banda , nel caso della madre il locus 1 avrà degli RFLP che produrranno queste bande e il locus 2 avrà RFLP che produrranno queste 2 bande. Nella trasmissione del genotipo RFLP ciscun allele viene ereditato da ciascun genitore quindi il figlio per quanto riguarda il locus 1 un allele dalla madre e uno dal padre , per il locus 2 il figlio avrà questo allele dalla madre e questo dal padre indicati dalle frecce, se si analizza il pattern allelico di questi RFLP nel figlio è sicuramente possibile risalire ai 2 genitori. Noi sappiamo che la madre è sempre certa quindi deve essere sempre presente nel genotipo del figlio quello del padre lo sarà se è il vero padre.

Facciamo un esempio riscontrabile nella slide qui sopra

due loci polimorfici per RFLP e 2 sospetti genitori e 1 un bambino ; ciascuno dei due potenziali genitori maschi ha un diverso pattern polimorfico per RFLP nel locus 1 nel locus 2 vedete che nel locus 1 l’RFLP fornisce 2 bande aventi questa diversa migrazione che sono differenti nel locus1 del sospetto genitore numero 2 rispetto al genitore numero 1, per quanto riguarda il locus 2 il genitore 1 avrà quest’unico frammento mentre nel soggetto 2 due frammenti , la madre è certa e quindi ritroveremo nel figliole 2 copie alleliche presenti sulla madre. Andiamo a vedere il pattern

dei genitori maschi su questo figlio. Se andate a vedere il pattern del locus 1 vi accorgete che il sospetto genitore 1 non possiede questo pattern che possiede invece il genitore 2 e così se andate a guardare il locus 2 del genitore 1 questo frammento non è presente nel figlio ma è presente quello del genitore 2 quindi il genitore di questo bambino è sicuramente il genitore 2. Abbiamo quindi detto che questo studio di marcatori polimorfici può essere utilizzato per fare le analisi di paternità. Lo stesso procedimento può essere utilizzato per evidenziare il responsabile di un omicidio oppure di un qualsiasi atto illecito nel quale sia possibile accedere al materiale biologico.

In questo caso, vengono studiati tre diversi loci polimorfici RFLP e il materiale biologico che abbiamo a disposizione è quello della vittima (V). Immaginiamo di trovarci di fronte ad un soggetto che è stato ucciso, il quale si trova in un determinato posto in cui si reca il team di medicina forense, ottenendo così del materiale biologico, appartenente appunto alla vittima. Quello marcato con E è il materiale biologico presente sulla scena del crimine e contiene sia DNA appartenente alla vittima che al sospetto. Se vi sono due sospetti, per capire quale tra i due è l’assassino si va ad analizzare il pattern dei marcatori RFLP in questi tre diversi loci, confrontando quello della vittima (che deve essere presente sulla scena del crimine) con ciascuno dei due sospetti. Dunque, per quanto riguarda il locus 1, confrontando le bande possiamo dire che il soggetto omicida probabilmente è S2 e non S1. Potemmo anche fermarci a questo punto, ma la medicina forense stabilisce che un solo marcatore polimorfico non è sufficiente per poter stabilire con certezza l’appartenenza del materiale biologico, perciò c’è bisogno di analizzare più loci polimorfici. Passando al locus 2, il pattern della vittima si ritrova ovviamente sulla scena del crimine e ancora una volta corrisponde ad S2, mentre nessuna delle due bande di S1 è riscontrabile e ciò conferma quanto visto nel locus 1. Infine, la stessa cosa si può riscontrare nel terzo locus polimorfico analizzato.

Ritornando al concetto di alleli, introduciamo il concetto di “allelic ladders”, cioè scala allelica. La scala allelica è uno standard che rappresenta tutti gli alleli ritrovati in una popolazione. Supponiamo di avere accesso al DNA di tutti gli studenti che stanno seguendo la lezione e di analizzare tali DNA focalizzando l’attenzione su uno specifico sito polimorfico, in sono presenti degli STR. È probabile che, in quel determinato sito polimorfico, ciascuno studente abbia un diverso numero di STR. Dunque, si è andato a studiare quante ripetizioni del trinucleotide in questione (es. TAT) si hanno all’interno di questo sito polimorfico su circa 200 studenti. Questa analisi ha rivelato che ci sono undici diverse possibilità e ciò significa che questo specifico polimorfismo, nella popolazione in esame, dà sette diverse combinazioni, le quali costituiscono la sua scala allelica. Una volta fatto ciò, si può andare a studiare il genotipo di uno specifico studente e vedere che quest’ultimo ha per quel polimorfismo due alleli, aventi sette e nove ripetizioni (genotipo: 7,9); studiando, invece, il genotipo di un altro studente, si può constatare che egli ha per quel polimorfismo la coppia allelica con sei e otto ripetizioni (genotipo: 6,8). Questi due diversi genotipi sono dunque differenti. Per studiare l’assetto allelico in una popolazione si usa la tecnica della PCR, o Reazione a Catena della Polimerasi, ovvero una tecnica di amplificazione del DNA. Essa infatti può essere usata per amplificare e analizzare più loci polimorfici e quindi “genotipizzarli” nella stessa reazione, utilizzando tale tecnologia. Naturalmente, le scale alleliche non devono essere sovrapponibili nell’ambito della stessa reazione. Questa diapositiva mostra una serie di marcatori polimorfici di tipo STR analizzati contestualmente in un’unica reazione di multiplex PCR. Ogni nome in figura (FGA, TPOX, ecc.) è un STR, quindi vi sono due soggetti, un S1 e un S2, e per ciascuno di essi abbiamo il pattern allelico, cioè i due alleli corrispondenti al polimorfismo specifico; si può, inoltre, notare come i due alleli siano diversi nel S1 rispetto al S2.

Le bande che vediamo a sinistra e a destra sono, dunque, le scale alleliche descritte nella diapositiva precedente, ovvero tutte le possibili combinazioni alleliche che si ottengono studiando una vasta popolazione di individui, e servono per capire la posizione di ciascuno dei due alleli di questi due singoli individui. Questo perché, quando si va ad effettuare un test di paternità o a dimostrare la presenza di marcatori allelici nel sospettato di un crimine, come uno stupro, bisogna essere straordinariamente certi che la risposta data sia davvero quella reale, perciò più è il numero di loci polimorfici che abbiamo a disposizione e possiamo studiare e più certi saremo sul reale appaiamento del materiale biologico con il soggetto. In genetica forense, il numero di marcatori polimorfici che solitamente viene utilizzato è di almeno otto o nove, se non di più. Un altro esempio interessante, diverso rispetto a quelli visti precedentemente, è il locus dell’amelogenina umana. Quest’ultimo non è un STR, ma il gene per l’amelogenina è localizzato, nell’uomo, in due diversi cromosomi: nel maschio ha una localizzazione sul cromosoma X e un’altra sul cromosoma Y; nella donna ha la medesima localizzazione in ciascuno dei due cromosomi X. L’elemento interessante del gene dell’amelogenina è che, nel cromosoma X, la sua lunghezza è di 212 paia di basi, mentre nel cromosoma Y, presente solo nel maschio, esso è leggermente più lungo, ovvero 218 paia di basi. Ciò significa che, studiando il gene in questione, se il soggetto è di sesso femminile ci si aspetta un doppio allele di 212 baia di basi e una situazione di omozigosi; se, invece, il soggetto è maschio, si avrà una situazione di eterozigosi con 218 paia di basi. Tale tecnica si può usare quando si ha del materiale biologico, come sangue oppure delle ossa, e si vuole risalire al sesso della persona a cui appartengono.

Il marcatore polimorfico può, dunque, essere usato ai fini di valutare l’engraftment, ovvero la possibilità di attecchimento delle cellule buone del donatore in questo soggetto. La diapositiva mostra un altro modo per analizzare i marcatori polimorfici, in quanto, prima del trapianto, vengono analizzati due picchi (in questo caso viene fatta un’elettroforesi capillare), dati dalle cellule del donatore per un particolare polimorfismo STR, formando dunque un pattern di migrazione. Il ricevente, per quello stesso marcatore polimorfico, mostra due diversi picchi. Dopo il trapianto, invece, se il pattern che ritroviamo dall’analisi del midollo del soggetto trapiantato è quello in figura (a sinistra), allora la risposta è completa. Ciò significa che le cellule del soggetto ricevente sono completamente scomparse, in quanto andando ad analizzare quel polimorfismo STR nel ricevente l’unico pattern polimorfico che si ritrova è quello delle cellule del soggetto donatore, quindi il midollo del donatore ha attecchito e popolato completamente il midollo osseo del soggetto ricevente. A seguire abbiamo una situazione intermedia (al centro), in cui il soggetto che ha ricevuto il trapianto presenta il pattern polimorfico del midollo del donatore, ma purtroppo possiede ancora un pattern polimorfico proprio, il che significa che il midollo del soggetto ricevente non è stato del tutto ripulito e sono perciò ancora presenti dei cloni originali. Infine, vi è l’ipotesi più sfortunata (a destra), in cui, andando ad analizzare il midollo osseo post-trapianto, si trova esattamente lo stesso pattern iniziale e ciò significa che il midollo del donatore non ha attecchito, quindi in tal caso il trapianto di midollo è fallito. I polimorfismi a singolo nucleotide, o SNP (Single Nucleotide Polymorphisms), sono, come gli STR, delle sequenze polimorfiche in cui ad essere modificato è un solo nucleotide lungo la sequenza. Questi SNP si verificano approssimativamente ogni 1.000/2 paia di basi nel nostro DNA, quindi il nostro DNA contiene migliaia di queste sequenze polimorfiche.

Sono proprio tali sequenze in particolare che rendono il genoma di ciascuno di noi assolutamente diverso rispetto a quello di tutti gli altri individui appartenenti alla razza umana. Questi SNP vengono identificati mediante sequenziamento, PCR o anali di curve di melting e, nel 99% dei casi, non hanno alcun effetto biologico, ovvero non producono nessun effetto fenotipico, anche se ciò non è totalmente vero in quanto alcuni possono avere un certo impatto sul fenotipo. Circa 60 di questi SNP si trovano all’interno di geni, in sequenze codificanti o meno. Gli SNP possono essere utilizzati per mappare dei geni, esattamente come abbiamo visto per gli RFLP a proposito dell’analisi di linkage; per l’identificazione, così come abbiamo detto per gli STR; per l’analisi di chimerismi (es. attecchimento di trapianti) e per numerose altre applicazioni. L’Human Haplotype Mapping (HapMap) è un progetto, ormai concluso, che ha avuto lo scopo di identificare i diversi aplotipi SNP in decine e centinaia di DNA umani, che sono stati appunto analizzati e sequenziati per definire i diversi pattern di polimorfismi a singolo nucleotide. Questo database dell’Human Haplotype Mapping è di estrema importanza e di grande interesse per numerose applicazioni, che vanno dalla medicina forense alla terapia dei tumori ematologici.

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Prof. Gianni Cuda
Lezione 8 – 23/04/2020
Sbobinatori: Serena Emo, Emanuela Federico
Argomenti:
polimorfis
mi del DNA
La lezione di oggi riguarda i polimorfismi del DNA e il loro uso anche nell’identificazione umana.