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IL Teatro, Eschilo, Sofocle

Appunti sul teatro greco e i tragediografi Eschilo Sofocle
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Lingua e Cultura Greca (Classico)

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Liceo

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Anno accademico: 2020/2021
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IL TEATRO

Il teatro è una realtà che coinvolge tutta la Magna Grecia ma un fenomeno tipicamente della città di Atene, poiché le opere pervenute integre sono tutte di autori ateniesi. I generi principali del teatro greco sono: ➔ Tragedia: il cui primo autore è Tespi (ευρετης, iniziatore), i principali sono nel V secolo Eschilo, Sofocle ed Euripide. ➔ Commedia: il cui primo autore è Susarione, i principali sono Aristofane e Menandro. ➔ Dramma satiresco. ➔ Ditirambo.

Il teatro si inserisce ad Atene nellepratiche paideuticheche lo Stato organizza per la formazione della cittadinanza; infatti il teatro ateniese è un fenomeno strettamente politico. E’espressione della πολιςe tutto ciò che fa parte dell’identità dei πολιται. Manifesta la dimensione della pragmaticità che è la caratteristica fondamentale di tutti i generi letterari nella Grecia arcaica e classica. →Noi viviamo in una società di tipo privato, mentre nella πολις il privato non ha quasi rilievo, poiché la vita è definita dall’assetto pubblico dello Stato; l’universo dellaπολις qualifica la vita dei cittadini. Il teatro infatti nel momento in cui nasce rappresenta un’occasione attraverso la quale il gruppo di Atene prende coscienza della propriaidentitàad ogni livello. A teatro si andava per imparare, per riflettere e per provare grandi emozioni.

Storia: Nasce nelVI secolo, quando si ha il passaggio dalla tirannide alla democrazia conPisistrato, fu il primo a istituire il festival tragico. Il termine “teatro” viene da Θεατρον, θαομαι, “guardare, vedere”: forma di comunicazione multimediale, oltre al veicolo dell’ascolto c’è il veicolo della visione. La modalità di percezione e ricezione è molto piùcoinvolgentein quanto si aggiunge la visione. Il teatro è un fenomeno inserito all’interno dellefestività religione Dionisiache, tutte legate al culto del Dio Dioniso, forte legame tra il teatro e culto Dionisiaco: ➔ Dionisie: mese elafebolione (marzo, aprile) inizialmente si portavano le tragedie. ➔ Lenee: mese gamelione (gennaio, febbraio) si portavano le commedie. ➔ Antesterie. ➔ Dionisie rurali.

Coregie, χορηγία: era unaliturgiache consisteva nel finanziare l'allestimento degli spettacoli teatrali di un tragediografo in occasione delle feste liturgiche. Le liturgie erano delle spese nell’interesse collettivo che lo Stato imponeva agli aristocratici (colui che pagava la liturgia era detto corego).

Grandi Dionisie : nei giorni precedenti alle Dionisie si teneva il “proagone”, durante il quale i poeti presentavano le opere con alcune anticipazioni. La festa si apriva con il πομπη, processione, durante la quale per rievocare l'originaria introduzione ad Atene del culto di Dionisio, la statua del Dio era portata nell’acropoli per tutte le rappresentazioni. Duravano5 giorni: i tragici avevano tre tragedie e un dramma satiresco con un vincitore, i commediografi selezionati erano cinque e dovevano portare una commedia a testa.

Nel pomeriggio: agoni ditirambici. Tre giorni: agoni tragici. Un giorno: agoni comici.

Lenee : venivano selezionati due autori tragici con un’opera a testa e cinque autori comici con un’opera a testa. ● Dionisie rurali : feste minori, dove venivano messe in scena nuove opere o opere già rappresnetate nelle Grandi Dionisie.

Origini: Nella Poetica di Aristotele, le origini dellatragedia, al Ditirambo(canto corale in onore di Dioniso), mentre le origini dellacommedia, alle Falloforie(canti fallici, legati al simbolo del membro virile eretto, culto di Dioniso). Erano entrambe legate alla dimensione religiosa del culto Dionisiaco.

La struttura della tragedia: Aristotele nella Poetica riporta testimonianza della suddivisione all’interno della tragedia, che separava le parti recitate (prologo, episodio ed esodo) da quelle cantate (parodo e stasimi). ➔ Prologo: parte introduttiva della tragedia. ➔ Parodo: è il canto di ingresso del coro. ➔ Episodi: sono le parti recitate tra un canto corale e l’altro. Erano minimo tre e massimo cinque. Potevano essere recitati monologhi o dialoghi. ➔ Stasimi: canti del coro tra gli episodi. ➔ Esodo: sezione conclusiva.

Il mito nella tragedia: Il mito epico si trasforma sulla scena inmito tragico. La novità sta nel fatto che gli eroi del mito sono proiettati nel mondo della contemporaneità, parlano come uomini del V secolo ac. L’uso del mito che permette di stabilire distanza temporale e spaziale con gli eventi rappresentati sulla scena e di affrontarequestioni etiche e politichelegate all'attualità ateniese senza un eccessivo coinvolgimento di spettatori.

Le Giurie La popolazione era stata divisa, con la riforma diClistenenel508 ac. in10 tribù; per ogni tribù doveva esserci un giudice estratto a sorte dagli spettatori. Per decretare il vincitore, dei 10 voti se ne estraevano solamente 5.

ESCHILO

Eschilo nasce nel525 ac. adEleusi, vive la fine della tirannide dei Pisistratidi e la trasformazione di Atene in una democrazia, a cui aderisceentusiasta. Tra il 499 e il 496 prende parte il suo primo concorso tragico, e nel 485 ottiene la prima delle sue tredici vittorie. Partecipa attivamente alleguerre Persiane: combatté a Maratona nel 490, a Salamina nel 480, a Platea nel 479.

Nel giorno dellabattaglia di Salamina nel 480 ac: legame che unisce Eschilo, Euripide e

l’accecamento originario si trasforma in dolore sul soggetto che ora prende coscienza dell’errore iniziale. Ατη diventa effetto: è il male e lasofferenza dopo la colpa.

Colpa e γενος: Eschilo sottolinea all’interno delle sue tragedie l’ereditarietà di colpa. I discendenti di un individuo colpevole sono anch’essi destinati a divenire colpevoli di azioni ingiuste. Ατη si rigenera attraverso la stirpe (Atreo ha ucciso i figli del fratello Trieste, genera Agamennone, costretto dalla necessità a sacrificare la figlia Ifigenia, verrà quindi ucciso dalla moglie Clitemnestra, assassinata poi dal figlio Oreste).

“ I Persiani ”

E’ la piùantica tragediache ci è arrivata (la presenza del coro infatti è ancora molto rilevante, con il tempo andrà a scomparire), possiamo collocarla intorno al472 ac. Ilcorego fuPericle, colui che finanziò la rappresentazione. Il tema dell’opera è un fattostorico(tra la battaglia di Salamina nel 480 ac. e la battaglia di Platea nel 479 ac.), volta a celebrare la grandezza e la potenza di Atene dagli occhi dei vinti, i Persiani; questi sono considerati colpevoli da Eschilo, ma la tragedia dal loro punto di vista assume una dimensione di grande umanità. Trama: in Persia, il coro degli anziani e la regina attendono notizie sull’esito della spedizione del re Serse contro la Grecia. La regina, madre di Serse, è turbata da un sogno inquietante: un messaggero reca infatti la notizia della disfatta di Salamina. Evocato dal coro e dalla sovrana, il fantasma di Dario attribuisce la tragica fine della spedizione all υβρις di Serse e profetizza la sconfitta a Platea. Serse, appena giunto in patria, stravolto e con le vesti lacere, intona con il coro canti di lutto.

t8 La υβρις di Serse, 65-

L’opera inizia con un canto corale molto lungo: ivecchi del corosono tormentati da un presentimentoangoscioso, per l'assenza di notizie sulle sorti dell'esercito partito da tempo per la spedizione contro la Grecia. Dopo aver evocato la partenza, descrivono l’attraversamento dello stretto dell’Ellesponto, reso possibile dalla costruzione di un ponte di barche, voluta da Serse. Ha congiunto artificialmente ciò che la natura (e quindi divinità), ha separato, costituisce unatto di υβρις. Ha inoltre trasgredito nell’attaccare i Greci e i templi di Atene. Nella parte conclusiva del canto l'inquietudine e l'angoscia del coro hanno il sopravvento, prefigurando la notizia della sconfitta con una forte tensione sottolineano l'impossibilità per l'uomo di sfuggire all'ira divina e alla malignità di ατη.

Serse è υβριστης : essendo mortale, ha concepito pensieri immortali. In quanto mortale non deve superbamente pensare, ha agito come se potesse decidere il suo destino. La colpa non è quella di essere andato contro gli Dei, ma quella di aver creduto di poter determinare la propria azione, non considerando l’intervento degli Dei per fermarlo. φθόνος θεών: non è sempre una punizione degli dei, ma a volte una semplice ostilità inspiegabile senza valenza etica. Il rapporto tra divino e etica è oscillante (il divino non si innalza per abbassare ciò che è colpevolmente umano).

t10 Il fantasma di Dario, 800-

Dopo l’arrivo della notizia delladisfatta di Serse a Salamina, la regina è intenzionata a fare

un sacrificio per allontanare ai Persiani ulteriori sventure. Dal tumulo però emerge il fantasma di Dario, marito della regina e padre di Serse, il quale giudica la spedizione condotta dal figlio, il passaggio dell’Ellesponto e il saccheggio di Atene (con la distruzione dei templi), come un gesto avventato e irrispettoso dei principi religiosi.

→La colpa di Serse è quella di aver creduto di poter decidere il proprio destino. Serse deve raggiungere la saggezza, avendo coscienza di se (γνωθι σαυτον, conosci te stesso). L’unica saggezza dell’uomo è laconoscenza del suo limite, che gli permette di vivere il piacere che gli offre ogni giorno, essendo tutto nel singolo giorno. Zeus definito “giudice severo”: attraverso la sofferenzainflitta l’uomo potrà conoscere, πάθει μαθος.

“ Agamennone ”

E’ una tragedia di Eschilo è la prima opera facente parte della trilogia dell'Orestea, con la quale Eschilo, nel458 a.C le Grandi Dionisie. Trama: Dopo la guerra di Troia, Agamennone ritorna in patria da sua moglie, Clitemnestra. Con sé porta la profetessa Cassandra, come schiava. Clitemnestra lo accoglie con pompa e onori. Cassandra profetizza la propria morte e quella dello stesso Agamennone. Interrogata sull'identità di colui che ucciderà il Re Agamennone, per via della maledizione di Apollo che la condanna a profetizzare sciagure senza mai essere creduta da coloro che le subiranno, Cassandra ne rivela invano il nome. Nessuno le crederà, e l'omicidio avverrà. Di fronte allo sgomento del popolo per l'accaduto, Clitemnestra, responsabile assieme ad Egisto della morte di Agamennone, prende il potere. Con questo omicidio, si vendica della figlia che Agamennone ha sacrificato agli dei per muovere la flotta alla volta di Troia (successivamente verrà uccisa da Oreste, il figlio, a sua volte ucciso dalle Erinni).

t1 Necessità e sofferenza, 104-

La prima parte del canto d’ingresso del coro, contiene il ricordo dell’origine dellaguerra di Troia(con Menelao e Agamennone, i due fratelli) e la richiesta di Clitemnestra sul ritorno di Agamennone dalla guerra. La seconda parte, il coro interroga Clitemnestra. Dopo l’avvio proemiale segue una sezione mitica, dove viene rievocato un presagio apparso agli Atridi, interpretato dall’indovino Calcante. Infine vi è una sezione in cui Eschilo espone considerazioni sulla natura diZeus, sulrapporto del πάθει μαθος, (conoscenza e sofferenza) e sul rapporto necessità e libero arbitrio. Viene descritto il sacrificio di Ifigenia, ed un augurio per il ritorno di Agamennone.

→ MenelaoeAgamennonevengono paragonati a due aquile che divorano una lepre incinta (battaglia di Troia). Si addolora e si adira la Dea Artemide, che divorarono la lepre prima del parto: i due trionferanno inizialmente, ma poi eccedono troppo con la vittoria di Troia, υβρις, e scateneranno l’ira degli dei. Eschilo definisceZeus “giudice”, con il dolore si impara: principio del πάθει μαθος, attraverso la sofferenza e il dolore inflitti da Zeus, l’uomo potrà arrivare alla conoscenza. Agamennone collabora con il presagio di Calcante, non fa niente per impedire che ciò non accada ma segue il corso degli eventi. Ilsacrificio di Ifigenia: per Agamennone è stata una scelta, quindi libero arbitrio, ma necessaria:costretto dall’αναγκεarriva al punto di credere che sia giusto (volontà divina) e necessario sacrificare la figlia per avere una buona partenza della sua flotta. Tuttavia sarà proprio ciò a scaturire l’ira degli Dei.

t4 Il braccio violento della giustizia, 1372-

Terzo intervento di Clitemnestra: secondo lei,giustiziaè stata fatta, uccidendo Agamennone ha vendicato la figlia Ifigenia, i cadaveri di Cassandra e Agamennone sono a terra. Clitemnestra rievoca lanecessità dell’inganno. Nonostante la gioia che Clitemnestra non nasconde, il pubblico conosce la terribile catena di colpa che travolgerà anche la regina per mano di suo figlio.

→Clitemnestra afferma: “dovevo tendere una rete così alta”,rete della rovina, immagine quasi costantemente presente nell Agamennone (rete del Dio, rete di ατη, rete dell’inganno di Clitemnestra ad Agamennone, rete che imprigiona fisicamente Agamennone quando viene ucciso). La regina dichiara che ha adempiuto la giustizia e non si pente di quello che ha fatto. Godimento della morte, immagini truci e dure denotano la soddisfazione di Clitemnestra nell’aver ucciso Agamennone per laδικηdelγενος. Non viene mai detto nella tragedia che non fu giustizia l’uccisione di Agamennone, ma ciò che ègiusto può essere anche una colpa.

“ Sette contro Tebe ”

E’ una tragedia di Eschilo, rappresentata ad Atene alle Grandi Dionisie del467 ac. L'opera è all'interno delCiclo tebano, ed è la terza parte di una trilogia legata (tre tragedie con unica vicenda) Le tragedie Laio ed Edipo , sono andate perdute. Trama: Eteocle, re di Tebe, attende l'arrivo di un esercito argivo guidato dal fratello Polinice, che vuole sottrargli il potere (sono i figli di Edipo e Giocasta). I due dopo l’esilio di Edipo, si dovevano alternare il potere a Tebe ogni anno, ma Eteocle si rifiutò di lasciare il regno a Polinice. Il coro delle fanciulle tebane prefigura gli orrori della guerra. Il coro medita sulla triste vicenda di Edipo padre di due giovani e origine di tutti i mali dei Tebani. Il messaggero annuncia la sconfitta degli assalitori e la reciproca uccisione dei fratelli (maledizione della stirpe di Laio). Nella scena finale si apprende che a Tebe è stato emanato un decreto che nega la sepoltura di Polinice, suscitando l’indignazione di Antigone, sorella dei due defunti, che si oppone.

t11 La guerra e la paura, 182-

Nelprologodella tragedia,Eteoclepresenta ai cittadini di Tebe il pericolo: l’esercito di Polinice, e si presentacome il protettore della città. Alledonne del coroè affidata la tradizionale funzione della donna secondo l’immaginario Greco di essere espressione della paura. Eteocle si mostra sicuro contro il nemico, ma ha paura anche lui: emozione umana. Contrapposta la sua capacità di analisi della situazione panico delle donne.

→Eteocle si rivolge alle donne, ed esprime la suaavversitànei confronti del loro comportamento dettato dallapaura. Dichiara inoltre che potrebbe “coinvolgere” altri cittadini diffondendo terrore quando invece devono essere fortie fronteggiare i nemici. Paragona la città ad una nave; il marinaio non scappa da poppa a prua di fronte all’onda. Le donne rivendicano il diritto di appellarsi alla divinità. Eteocle ribadisce i comportamenti corretti delle donne: stare in silenzio e ritirarsi negli spazi in casa. Invita le donne arivolgersi agli Deima in modo composto, evitando atteggiamenti dettati dalla paura irrazionale. Si rivolge lui stesso agli Dei e promette di immolare numerose vittime in caso di vittoria.

Eteocle si è comportato ingiustamente nei confronti del fratello perché toccava a lui il regno, ma Polinice ha osato alzare le armi contro la sua stessa patria. Laδικη viene data a Eteocle, maPolinice non ha solo tortoseppur il suo crimine è molto più grande di Eteocle: complessità della realtà della tragedia, fatta di conflitti e di contrasti. Per la legge politica della πολις Polinice è colpevole, ma anche Eteocle è stato ingiusto: il diritto legato alla πολις prevale al diritto legato ai rapporti genetici.

t12 Fratello contro fratello 631-

L’episodio si apre nel momento in cui il messaggero viene a comunicare a Eteocle quali sono isette eroi Argivi, ognuno contro una delle Sette Porte di Tebe. Il messaggero riferisce che il settimo comandante èPolinice(e ogni volta riferisce anche la descrizione dello scudo) porta unoscudocon sopra l’insegna della Giustizia(un guerriero e una donna); ribadisce il suo diritto a tornare a Tebe.

→Gli Argivi estraggono a sorte i comandanti di ogni porta, ma davanti al caso con cui gli Argivi scelgono le Porte di Tebe, Eteocle risponde con un’analisi: sceglie come agire in base al comandante di ogni porta. Quando viene a sapere dei sei comandanti precedenti che la sorte ha guidato a condurre dentro le Porte e ha calcolato chi contrapporre, resta l’ultima Porta contro cui marcia Polinice; Eteocle non può che scegliere se stesso. Eschilo di facoincidere il caso e la ragione: la libertà della sorte e la necessità della costrizione vengono a sovrapposti. La sorte nella sua libertà arbitraria e imprevedibile, conduce alla settima porta Polinice, e lascelta di Eteocle è libera ma necessaria, non può far altro che scegliere se stesso.

testo precedente al t12 (sesto dei comandanti):

Il sesto eroe degli Argivi èAnfiarao, unindovino. Ogni volta che il messaggero ha comunicato l’eroe sorteggiato contro la porta a Eteocle, viene descritto con l’insegna sullo scudo (ogni insegna è esemplare, in quanto scelta dall’eroe, della sua identità). Anfiarao, indovino, si rende conto di partecipare ad un’azione empia. Regge unoscudo senza insegna: significa cheil futuro non esiste, perché libertà e necessità coincidono perciò non esiste nient’altro di ciò che accade (che è appunto libero e necessario). Infatti alla settima porta razionalità e caso coincidono.

“Coefore”

E’ laseconda tragediadella trilogia dell’Orestea, rappresentata da Eschilo nel 458 ac. durante le Grandi Dionisie. Trama: Clitemnestra divide il potere con Egisto, subito dopo il delitto di Agamennone aveva allontanato il figlio Oreste e tenuto la figlia Elettra presso di sé. Adulto, Oreste è tornato in patria, insieme a suo cugino Pilade, su ordine di Apollo per punire sua madre ed Egisto. Si è reciso un ciuffo di capelli e li ha deposti sulla tomba del padre come segno di vendetta. Il coro sono le coefore , donne portatrici di offerte, inviate da Clitemnestra alla tomba di Agamennone per un sacrificio propiziatorio che allontanino da lei alcuni tristi presagi. Le guida Elettra, che presso il tumulo del padre riconosce il fratello. Elettra e Oreste preparano il piano di vendetta. Oreste si finge mercante e si introduce nella reggia accompagnato da Pilade; comunica alla regina la falsa notizia della morte del figlio. Clitennestra fa subito chiamare Egisto che viene sopraffatto dai due. La madre invoca la pietà del figlio. Oreste

t7 Il giudizio di Oreste

L’episodio si apre con il tribunale dell’Areopago e diversi personaggi: Atena in veste di giudice, Apollo testimone difensivo, una Corifea (le Erinni) testimone di accusa e l’imputato Oreste. La prima parte è dedicata ad un discorso diAtenain cuifonda il tribunale dell’Areopago; i cittadini dovranno sempre mantenerlo in vigore altrimenti scorreranno fiumi di sciagure. Chiama i giudici a giudicare la causa. Prima della sentenza la Coefora tenta un’ultima minaccia, e Apollo ammonisce di rispettale le sue profezie e quelle di Zeus (per Oreste, di uccidere la madre). Oreste viene assolto grazie alvoto di Atena, che non è stata generata dalla madre (è nata dalla testa di Zeus) ma ha avuto solo il padre, perciò sta sempre dalla parte del maschio. Non può dare un peso maggiore alla morte di una donna che uccise il suo uomo, perciò la vittoria è di Oreste. Oreste ringrazia Atena, Apollo e Zeus. Stringe un patto con la città di Atene: mai i cittadini di Argo entreranno in guerra contro di loro.

→Vince la legge del padre su quella della madre: lalegge del padre, della Giustizia, è decisadallo Stato, che stabilisce cosa è giusto e cos'è sbagliato. Quella della madre invece, è la legge del γενος, stabilita dalle Erinni. La legge dello Stato prevale su quella del sangue, ma ildiritto del γενοςnon viene cacciato (in quanto le Erinni diventano Eumenidi, vengono integrate ad Atene come divinità protettrici) vieneintegratodallo Stato.

SOFOCLE

Sofocle nasce aColono, tra il 497 e496 ac. e morirà nel 406-405 ac. Cresce in una famiglia di condizione elevata che gli garantisce un’istruzione. Ricopre delle cariche pubbliche molto importanti come magistrato, tra 443 e il 442 ac. è membro del collegio degli ellenotami, magistrati incaricati di amministrare il tesoro della lega delio-attica, nel 441 ac. diviene strategoinsieme a Pericle. Infinite diventaπροβουλοι, incaricato di riorganizzare la politica ateniese dopo la disastrosa campagna di Sicilia. Sofocle fu particolarmente legato al culto degli eroi, introdusse in Attica il culto di Asclepio, colui che poi diventerà il dio della medicina.

Produzione: Le notizie sull'entità della produzione sofoclea sono contrastanti, alcuni dicono130 opere altri 123 ; nonostante questo sono sopravvissute sette tragedie intere, alcuni frammenti e circa 450 versi di un dramma satiresco (Ιχνευται, I cercatori di tracce). Le tragedie superstiti traggono ispirazione dalla saga tebana dei Labdacidi (Antigone, Edipo re, Edipo a Colono), da quella troiana (Aiace, Elettra, Filottete) e dal mito di Eracle (Trachinie).

L’eroe sofocleo: L’impossibilità di sottrarsi al disegno oscuro del destino rende la vita dell’uomo grande nella sua fragilità: l’essere umano, artefice della vita e del progresso, allo stesso tempo è costretto dalimitiinvalicabili (incertezza del domani, esperienza del dolore, della morte). E’ nell’accettazione del proprio destino di sofferenza e allo stesso tempo nella consapevolezza della propria nobiltà d’animo che si realizza la grandezza dell’eroe sofocleo, pur nella sua fragilità umana. L’abbinamento grandezza e fragilità costituisce unanuova forma di eroismorispetto al modello tradizionale.

L’eroe di Sofocle è un individuogrande e sconfitto, si contrappone al resto del mondo ma in questa sconfitta riconosce la sua grandezza. E’ un eroe sempre solo ed isolato. E’ superiore alle persone comuni e paga questa eccezionalità con una sofferenza senza limiti. E’ un eroe talmente forte da essere fragile. Misura la sua grandezza rapportandosi ad un piano divino che è sempre indubitabile ma, allo stesso tempo, oggetto di incomprensione. La grandezza dell’eroe si misura al contrapporsi di un destino che lo sopravanza, non rappresenta però il destino cieco, il caso, ma una convinta fede nella divinità che è arcaicamente percepita come imperscrutabile.

Eroe al centro della dimensione dell’ironia tragica e nell’elemento della anfibologia. ● Ironia tragica:nelle tragedie di Sofocle l’eroe agisce in un certo modo e pensa che la sua azione abbia un significato, ma il pubblico conosce il mito e sa che l’azione ha tutt’altro significato. Ci sono due realtà: ciò che sa l’eroe e ciò che sa il pubblico, avviene in questo modo l’ironia tragica.

L’eroe Sofocleo proprio nel momento in cui continua a lottare per il proprio destino in realtà lo adempie. Il momento in cui l’eroe prende coscienza delle sue azioni è il momento in cui tutta la lotta dell’eroe si scontra con l’ineluttabilità che rende vana ogni sua azione, si rende conto che tutto ciò che ha fatto per evitare il suo destino è proprio ciò che l’ha portato a compierlo. ● Anfibologia:uso di espressioni che hanno un duplice significato, amfi (αμφιβαλλω, sono incerto), si hanno quando un espressione sembra avere un significato ma in realtà ne ha anche un altro.

Tutte queste dimensioni si basano prevalentemente al personaggio di Edipo (Aristotele considera l’Edipo Re perfetto di tragedia) che cerca l’origine della macchia, l’enigma che è nuovamente lui stesso e non lo sa fino alla fine, quando si rende conto di aver compiuto il suo destino.

Il mito: Sofocle mostra una perfettaconoscenzadelmateriale mitico, ritaglia le parti che meglio si prestano alle necessità di quanto vuole comunicare. Si ispira a Pindaro, Eschilo e Erodoto. Seleziona miti specifici all'interno del mondo omerico con alcuni aspetti fondamentali che poi integra all’interno della sua tragedia. L’eccezionalità dell’eroe Sofocle deve molto alla rappresentazione dell’eroe omerico.

L’instabilità del destino: Sofocle riflette sull'instabilità del destino dell'uomo e sull'impossibilità di valutare la sorte di ogni essere umano prima che abbia compiuto interamente il suo percorso. I personaggi stanno dunque che è impossibile lottare contro il destino e ne acquisiscono tragica consapevolezza quando esso si compie (Edipo).

Concetto di colpa: Il concetto di colpa, υβρις viene congiunto dal poeta, che ipotizzacoincidenza di colpa e innocenza(Edipo evita per tutta la vita di realizzare una profezia e proprio per questo si macchia delle colpe che ha cercato di eludere). Tuttavia può accadere chegli stessi uomini, atrocemente e incomprensibilmente puniti dal destino, siano altrettantoriscattati dagli Dèi (Edipo, la consapevolezza e la scelta di togliersi la vista lo rendono degno dell’apoteosi, assunzione al mondo divino).

Centralità dell’eroe: tragedie intitolate quasi tutte con un nome proprio, infatti il personaggio è al centro della vicenda (7 su 6 tragedie sopravvissute). L’eroe era colui che aveva saputo superare i limiti dell’uomo, ma nel momento in cui lo fa può essere punito dagli dei. Il culto eroico era un culto tenebroso e oscuro e avveniva di notte, facendo delle offerte sulle libagioni delle loro tombe e si era convinti che gli eroi una volta morti continuassero una vita alternativa sotto terra.

“Elettra” (Euripide, Sofocle, Eschilo)

Il mito, all’interno delle tre tragedie dei diversi autori, varia moltissimo pur non modificando i tratti fondamentali.

Personaggio di Elettra: ● Euripide:il personaggio di Elettra è molto meno umano rispetto a quello delle altre tragedie (soprattutto Sofocle), invece è più umana la madre, Clitemnestra la quale infatti va da Elettra perché pensa che abbia partorito, compie gesto affettuoso da “nonna”, mentre la figlia la vuole ingannare per permettere ad Oreste di ucciderla. Inoltre Euripide modifica la sua condizione, Elettra è una contadina, obbligata ad essersi sposata con un contadino per evitare che concepisse figli, che poi si sarebbero potuti vendicare con Clitemnestra per la morte di Agamennone. ● Sofocle:il personaggio di Elettra è “enorme”, la tragedia si concentra tutta su di lei e sulle sue emozioni, pur essendo sempre passiva perché non fa niente di concreto, sono gli altri che agiscono al posto suo. ● Eschilo:Elettra è un personaggio secondario, che accompagna il fratello Oreste.

Personaggio di Clitemnestra: ● Euripide:è paragonabile alla Clitemnestra di Eschilo (più che in quella di Sofocle) perché porta avanti una tensione estremamente drammatica. E’ molto umana come personaggio perché va da Elettra pensando di compiere un gesto affettuoso e nel momento in cui Oreste la sta per uccidere tenta di persuaderlo a non farlo ricordandogli di essere pur sempre sua madre. ● Sofocle:il personaggio di Clitemnestra è coperto da quello di Elettra e dall’odio che la figlia prova per lei, Elettra si sente vittima della follia di sua madre. ● Eschilo:non è umana come quella di Euripide, ma Eschilo costruisce comunque su di lei un enorme personaggio, pieno di tensione.

Il contadino: Il personaggio che Euripiderappresenta nel modo migliorecontadino: è il egli infatti rispetta Elettra perché è una principessa, vive del suo lavoro in modo umile. Sembra quasi di vedere l’eroe delle Georgiche, è personaggio più innovativo.

Il lato umano: Euripide quindi si focalizza più sul lato umano, i personaggi non sono più i burattini degli Dei, tutta l’azione èfocalizzata su dinamiche umane, il divino non sembra influenzare la vita degli uomini, ma essi sono protagonisti delle loro azioni. La rappresentazione tende ad andare sul livello umano del quotidiano entrando in crisi lo statuto dell’eroe tradizionale.

“Edipo re” ed “Edipo a Colono” (Sofocle)

Edipo come un vero eroesupera i limiti umanisia nell’incesto con la madre sia con il parricidio e sconfiggendo la Sfinge. Viene definito maledetto, ma allo stesso tempo risulta anche principio di salvezza quasi divino per Atene, pur essendo stato punito per la sua tracotanza.

È un personaggioparadossale, avendo una vera e propria personalità è sempre solo, contrapposto a tutti gli altri, è fedele a se stesso tanto da risultare grandioso e fallimentare. Il paradosso è anche dato dallasticomitìa(dialogo serrato), dall’ampliamento coro e dalla sistematicità di 3 attori.

“Edipo a Colono” (Sofocle)

Il dolore superati i limiti umani: Nell’Edipo a Colono il coro è costituito dagli anziani, che condividono con Edipo la vecchiaia. Essi partono da una considerazione: chi vuole vivere troppo a lungo, è stolto: “molti giorni giorni significa avere giù possibilità di soffrire perché impongono eventi più prossimi al dolore”. Se sisupera un certo limiteallora non può che esseredolore. Non si dà mai una perfetta speranza di felicità all’uomo. La morte diventa l’essere sottratti alla possibilità di soffrire (ciò che disse Solone in Erodoto quando ha incontrato Creso;episodio di Cleobi e Nipoti, la madre supplica la Dea di concedere ai suoi figli il dono più bello: quello di morire).

Morale Silenica: Dopo che ha esposto la strofe (coro diviso in strofe antistrofe, epodo) c’è una sentenza di pessimismo totale: pessimismo greco, lamorale silenica. Questa è ricordata come tale da Nice nei suoi testi con Sileno: Sileno dice che l’uomo è una creatura miserabile, effimera, figlia del caso e della pena, il meglio perciò è il non essere nato; la cosa migliore è morire presto. Μη φυναι τον απαντα νικα λογου: non essere nati è una condizione che tutte supera. Edipo diventa emblema della condizione umana.

Il rovesciamento

Contrastoerovesciamento: dimensione in cui si colloca Edipo. Categoria di rovesciamento in ambito antropologico (Re sacro contrapposto al φαρμακος) che viene ritrovata in Sofocle secondo una modalità di pensiero chiave per interpretare la lettura umana. Edipo nel suo rovesciamento diventa l’emblema della condizione umana come enigma.

Coscienza tragica: coscienza di una realtà che è concepita in sé contraddittoria. La figura dell’eroe Sofocleo vede una contraddizione nella condizione dell’uomo, che deve fare i conti con la morale silenica (Sileno dice che l’uomo è una creatura miserabile, figlia del caso e della pena, perciò è meglio non nascere; la cosa migliore è morire presto).

Erodoto, Storie Libro VII, 44- Scena in cui Serse contempla l’Ellesponto coperto di soldati prima dell’attacco ad Atene e

→Tutta la stirpe degli Dei è nata per un incesto (Zeus fratello di Era, i suoi figli sono fratelli e sorelle) e in questa posizione è Edipo. Non riesce a sostenere lo sguardo di nessun uomo, quindi si acceca, perché è su un piano differente: al di sopra e allo stesso tempo, al di sotto dell’umano.

Sofocle, Edipo Re Quarto Stasimo V. “Il tempo che tutto vede tuo malgrado si scoprì”: iltempo è l’epifania(immagine)del divino, è il sovrapporsi e il rivelarsi del giudizio e della dimensione divina.

Sofocle, Edipo Re Quarto Stasimo V. Ilpopolo di Tebeha riavuto la vita da Edipo perché ha vinto la sfinge ma allo stesso tempo è prostrato dalla pestilenza, dalμίασμα(contaminazione) che Edipo ha portato ad Atene. Edipo aveva legittimamente il titolo di essere sovrano pur non sapendolo, ma quando scopre di esserlo davvero, non può più essere sovrano:sapere equivale ad essere impotenti. Edipo dal punto di vista divino è un reietto, dal punto di vista umano è eccelso.

Rovesciamento: da creaturasovrumana, a creaturainfra-umana,legata al βασιλεύς re divino, e φαρμακος, capo espiatorio. L’ambiguità della figura di Edipo è nel nome stesso di Edipo: due etimologie possibili.

● Oιδαω: “gonfiarsi”, Edipo è l’uomo dal piede gonfio, quando è stato abbandonato da piccolo nella foresta gli erano stati legati i piedi e forati con un ferro. ● Oἰδίπους, οιδα πους: “colui che conosce il piede”, fa riferimento all’enigma della sfinge (qual è quella creatura che all’alba cammina con quattro piedi, meriggio con due, tramonto con tre).

Sofocle, Edipo Re Prologo V. Edipoè animato dallavolontà di salvare Tebe, il suo popolo, dalla macchia, vuole rivelare l’assassino di Laio ma è lui stesso, e ancora non lo sa. Edipo afferma “Curandomi di Laio quindi giovo a me stesso”:ironia tragicaperché è tutto il contrario. Edipo dice che rivelerà l’assassino ma lo spettatore sa già che è Edipo stesso. L’enigma della sfinge ha avuto una falsa risposta nell’interpretazione di Sofocle; presuppone come risposta l’uomo, ma a sua volta l’uomo è un enigma; Edipo ne è l’emblema.

FESTE TARGELIE (θαργήλια): feste che duravano tre giorni all’inizio della primavera. ● Primo giorno: l’espulsione del φαρμακος, del capro espiatorio. Venivano individuate due persone, un uomo e una donna (generalmente deformi, prigionieri, malati...) il 6 del mese di Targelione (calendario lunare, corrispondono metà mese finale e metà mese iniziale). Incoronate di collane di fico, venivano fatti correre per la città e il pubblico li percuoteva violentemente. Quelle due persone si facevano carico di tutto ilmale della cittàche era stato accumulato nell’anno. Venivano infine cacciate (forse poi arse vive e le loro ceneri sparse per la città). ● Secondo giorno: siconsacravano agli Dei tutte le primizie(i primi frutti, ἀργήλια) dell’anno; in un vaso ripieno di ogni specie. Lo stesso giorno i ragazzi giovani allestivano un ramoscello di ulivo, avvolto da lana con frutti pendenti intorno,

εἰρεσιώνη. Veniva appeso alla porta del tempio del Dio per allontanare la carestia tutto l’anno per essere sostituito l’anno successivo. Questo secondo rito simboleggiava larinascita: avveniva infatti il giorno dopo espulsione del φαρμακος.

→La tragedia di Edipo si apre con i supplici che portano il ramo ornato di lana. Sofocle utilizzata l’elemento dell’εἰρεσιώνη per indicare attraverso i supplici un elemento della prosperità. Chiedono la fecondità ad Edipo perché è il Re sacro, superiore agli uomini, che si rivela poi però lostesso φαρμακος.

Il mito di Cleomede di Astypalea, il rovesciamento dell’eroe

Nel mito di Cleomede di Astypalea, Cleomede ha ucciso l’avversario, non importa se lo volesse o se non lo volesse. I giudici gli tolgono la vittoria, subisce un torto e perciò esce di senno. Uscire di senno significa uscire dalla realtà; la reazione è lo sterminio di 60 bambini. Si rifugia allora presso il tempio di Atena e sparisce, come Edipo (quando muore viene “preso” dalla natura).

Cleomede è un eroe perchési è elevato, seppurnegativamente, rispetto a tutti gli altri mortali. Ha compiuto qualcosa di impensabile e straordinario,per questo è sopra tutti e non è più mortale (uccide i bambini facendo cadere il tetto).

Concezione religiosa dell’eroe e i culti degli eroi: La figura dell’eroe greco nella nostra cultura ha avuto continuità nei santi. La concezione dell’eroe in Grecia è sempre una concezione religiosa: gli eroi eranooggetto di un culto notturno, si andava nella tomba dell’eroe di notte e si facevano offerte. Tutto questo con un sentimento di sacro terrore e paura, pur sapendo il fatto che il re li avrebbe sempre difesi si costruisce come ilpatrono di Tebe, colui che garantirà protezioni e buon influssi alla città, pur essendo stato una figura che si è oggettivamente macchiata delle colpe più gravi, ha fatto coesistere ciò che nella città sarebbe principio di Caos totale se trasferito ad un principio generale. Ciò significherebbe spezzare le norme della πολις, egli infatti èαπολις:sovraumanoeinfraumano.

Per costruire il personaggio ambiguo e rovesciato Sofocle impiega la concezione tradizionale dell’eroe propria della religione arcaica. Sofocle è particolarmente legato al culto eroico, infatti introduce ad Atene il culto dell’eroe Asclepio, di cui è sacerdote.

Interpretazione di Bernard Knox sulla concezione dell’eroe

arcaico di Sofocle

Bernard Knox, studioso, diede un’interpretazione alla concezione di Sofocle di un eroe così arcaico. Questo studioso ha posto in relazione la figura di Atene come viene presentata nelle pagine di Tucidide.

Tucididescrive laGuerra del Peloponneso, monografia storica, ricostruisce per indizi le fasi più arcaiche della storia greca. Chiama αρχαιολογια le fasi precedenti alle guerre del Peloponneso.

Odisseo rifiuta, dando voce al pensiero sofocleo riguardo alla condizione dell’uomo e alla sua sorte effimera. Tornato in sé Aiace vuole suicidarsi, per l’onore. Tecmessa, la sua compagna, tenta di dissuaderlo. Aiace finge di accettare e si ritira in un bosco sul mare. Teucro, il fratello, cerca di impedire la sua morte, l’indovino Calcante dice che Atena il giorno dopo avrebbe smesso di perseguitarlo. Il messaggero inviato da Teucro arriva troppo tardi e Aiace si uccide. Menelao e Agamennone vogliono private Aiace della sepoltura ma Teucro si oppone. Interviene Ulisse che, nonostante la disputa con Aiace, consiglia ad Agamennone di lasciare che Teucro renda omaggio al fratello.

t1-2 Il prologo

Il prologo si apre con Odisseo e Atena che discutono di fronte alla tenda di Aiace (anche se Odisseo non vede la dea, la sente soltanto). Egli sta cercando il responsabile della strage di animali avvenuta nella notte; la dea conferma che il colpevole è Aiace, reso folle da lei stessa dopo l’assegnazione dagli Atridi delle armi di Achille a Odisseo. E’ evidente l’insanabile divisione tra ilpotere divinoe lanullità dell’uomo. Sofocle fa di Atena l’emblema dell’intervento della divinità per mostrare l'impotenza dell’essere umano di fronte agli dèi. Odisseo invece è consapevole dei limiti della condizione umana; rifiuta di ridere del nemico e considera pietosa la condizione di Aiace. Aiace rappresenta il dramma dell’uomo, Odisseo la coscienza di tale dramma di fronte a una divinità irrazionale.

Odisseo è portavoce del pensiero di Sofocle, la consapevolezza del doloroso destino umano si accompagna ad una concezione della divinità come detentrice di un potere arbitrario. L’uomo si deve rassegnaredi fronte alla propriaimpotenzaesolitudine, abbandonando la fiducia negli dei che invece c’era in Eschilo. → Ironia tragica: lo spettatore ha le stesse informazioni di Odisseo. Aiace invece non può comprendere il significato delle parole di Atena in quanto preso dalla follia, mentre ella si prende gioco di lui. Quando Aiace tornerà lucido comprenderà il senso reale del dialogo con la dea:la conoscenza porta al dolore.

t3 Dalla follia alla consapevolezza

Dopo un dialogo tra Tecmessa, compagna di Aiace, e i marinai del coro, Aiace rinsavito, esce dalla tenda in preda alla vergogna e alla disperazione è reso conto del gesto commesso e riflette sull’onore perduto, inizia a considerareil suicidio come unica via di scampo. La tragedia di Aiace coincide con l’inizio della sua consapevolezza: la conoscenza non porta (come in Eschilo) esperienza, ma soltanto dolore: l’uomo non può nulla di fronte alla verità.

t4 Il testamento spirituale di Aiace

Dopo uno scambio di battute con Tecmessa che tenta invano di dissuadere Aiace dai suoi propositi suicidi, egli si fa portare il figlio Eurisace e gli rivolge accorate parole, una sorta di testamento spirituale. Sofocle ha presente ilmodello omericodel saluto diEttore ad Astianatteprima della battaglia. Quando Eurisace viene portato al padre Aiace afferma che il figlio non avrà paura a vedere il sangue versato se è davvero suo figlio (Astianatte aveva paura dell’elmo di Ettore che se lo toglie); deve abituarsi ad adeguarsi alle leggi del padre. Aiace invidia al figlio la sua ignoranza sulle sciagure, l’età infantile è la più dolce e la contrappone all’età che avanza, piena di dolori (pensiero sofocleo, conoscenza è dolore). Ordina a Teucro di portare il figlio

dai suoi genitori, Telamone ed Eribea, dopo la sua morte affinché sia da sostegno alla loro vecchiaia. Le armi saranno seppellite con lui, eccetto loscudoche prende il nome di Eurisace, coperto da sette strati di cuoio di bue, che lo darà al figlio.

L’Aiace di Sofocle è fortemente radicato nell’universo dell’Iliade, Aiace è ilguerriero profondamente calato nell’etica dellaciviltà della vergogna. La sua tragedia nasce proprio nell’aver perso i requisiti per essere accettato da questa civiltà.

t5 “Io vado dove devo andare...”

Il secondo monologo di Aice è pronunciato dall’eroe rientrato con la spada in pungo. Afferma di aver cambiato idea, non vuole più suicidarsi perché non sopporterebbe l’idea di lasciare Tecmessa e il figlio da soli, vuole purificarsi e seppellire la spada che gli ha donato Ettore. Il testo è denso diironia tragica: l’intento di Aiace in realtà è quello di uccidersi, vuole convincere gli altri del contrario, il suo discorso è costituito da moltissime ambiguità e il pensiero della morte è dominante.

Ambiguità: Aiace afferma di volersipurificare ai lavacri,che è l’acqua del rituale di purificazione ma anche per le libagioni dei morti. Vuolesotterrare la spadanell’Ade, utilizza parole come “nascondere” e “seppellire”, che richiamano alla morte; in realtà vuole seppellire lui stesso. La spada è un dono diEttore, dono del nemico che reca solo sventure. Riflette su l'instabilità e l’incertezza delle cose, il nemico può essere amico e viceversa: sottolinea la solitudine dell’eroe sofocleo.

“E noi come impareremo ad essere saggi?” Lasaggezzasta nel riconoscere ilimiti umanie l’alternanza, ilρυσμος, che regola ogni cosa e insieme nell’accettare di farne parte. La tragedia di Aiace è il fatto che lui non vuole o non riesce a inserirsi nel ciclo di cui conosce la necessità, la sua inflessibilità glielo impedisce e l’unica via è il suicidio. “Rientra e prega gli dèi che si compia ciò che desidero” Si rivolge alla moglie, ciò che desidera Aiace è il suicidio, lui e il pubblico sanno il vero signfiicato delle sue parole, Tecmessa e il Coro no: ironia tragica (come Clitemnestra quando chiede a Zeus di soddisfare le sue richieste, uccidere Agamennone, in Eschilo).

t6 La sepoltura concessa: lo scontro fra Odisseo e Agamennone

Agamennone e Menelao non vogliono seppellire Aiace. Teucro, il fratellastro, tenta in tutti i modi di persuaderli per dare una degna sepoltura al morto. I re Atridi rinfacciano a Teucro le sue umili origini e lui ribatte con gli episodi di Atreo (colpa della stirpe). IntervieneOdisseo, eroeπολυτροποςche dimostra una mentalità capace di adattarsi alle circostanze e riesce a persuadere Agamennone e Menelao, affermando diriconoscere in Aiaceun guerriero moltovalorosoe degno di essere sepolto, nonostante sia un nemico. Ribadisce ad Agamennone di non andare contro leleggi non scritte, le leggi divine, che impongono la sepoltura.

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IL Teatro, Eschilo, Sofocle

Materia: Lingua e Cultura Greca (Classico)

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IL TEATRO
Il teatro è una realtà che coinvolge tutta la Magna Grecia ma un fenomeno tipicamente della
città di Atene, poiché le opere pervenute integre sono tutte di autori ateniesi.
I generi principali del teatro greco sono:
Tragedia: il cui primo autore è Tespi (ευρετης, iniziatore), i principali sono nel V
secolo Eschilo, Sofocle ed Euripide.
Commedia: il cui primo autore è Susarione, i principali sono Aristofane e Menandro.
Dramma satiresco.
Ditirambo.
Il teatro si inserisce ad Atene nelle pratiche paideutiche che lo Stato organizza per la
formazione della cittadinanza; infatti il teatro ateniese è un fenomeno strettamente politico.
E’ espressione della πολις e tutto ciò che fa parte dell’identità dei πολιται. Manifesta la
dimensione della pragmaticità che è la caratteristica fondamentale di tutti i generi letterari
nella Grecia arcaica e classica.
Noi viviamo in una società di tipo privato, mentre nella πολις il privato non ha quasi rilievo,
poiché la vita è definita dall’assetto pubblico dello Stato; l’universo della πολις qualifica la
vita dei cittadini. Il teatro infatti nel momento in cui nasce rappresenta un’occasione
attraverso la quale il gruppo di Atene prende coscienza della propria identità ad ogni livello.
A teatro si andava per imparare, per riflettere e per provare grandi emozioni.
Storia:
Nasce nel VI secolo, quando si ha il passaggio dalla tirannide alla democrazia con Pisistrato,
fu il primo a istituire il festival tragico. Il termine “teatro” viene da Θεατρον, θαομαι,
“guardare, vedere”: forma di comunicazione multimediale, oltre al veicolo dell’ascolto c’è il
veicolo della visione. La modalità di percezione e ricezione è molto più coinvolgente in
quanto si aggiunge la visione.
Il teatro è un fenomeno inserito all’interno delle festività religione Dionisiache, tutte legate al
culto del Dio Dioniso, forte legame tra il teatro e culto Dionisiaco:
Dionisie: mese elafebolione (marzo, aprile) inizialmente si portavano le tragedie.
Lenee: mese gamelione (gennaio, febbraio) si portavano le commedie.
Antesterie.
Dionisie rurali.
Coregie, χορηγία: era una liturgia che consisteva nel finanziare l'allestimento degli spettacoli
teatrali di un tragediografo in occasione delle feste liturgiche. Le liturgie erano delle spese
nell’interesse collettivo che lo Stato imponeva agli aristocratici (colui che pagava la liturgia
era detto corego).
Grandi Dionisie: nei giorni precedenti alle Dionisie si teneva il “proagone”, durante il
quale i poeti presentavano le opere con alcune anticipazioni. La festa si apriva con il
πομπη, processione, durante la quale per rievocare l'originaria introduzione ad Atene
del culto di Dionisio, la statua del Dio era portata nell’acropoli per tutte le
rappresentazioni. Duravano 5 giorni: i tragici avevano tre tragedie e un dramma
satiresco con un vincitore, i commediografi selezionati erano cinque e dovevano
portare una commedia a testa.