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Ecclesiastico

Riassunto sintetico della parte speciale di diritto ecclesiastico molt...
Corso

Diritto ecclesiastico

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Anno accademico: 2022/2023
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Università degli Studi di Bari Aldo Moro

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CAPITOLO 1 – Profili lavoristici

  1. la corte d’appello vaticana La corte d’appello vaticana viene introdotta dalla legge sull’ordinamento giudiziario promulgato da Pio 12 nel 1946.

La corte in Appello tratta le sentenze e le ordinanze pronunciate dal tribunale di prima istanza.

Successivamente al fine di garantire una tutela ai cittadini ci fu un cambiamento dell’assetto giudiziario statale:

venne rinnovata la struttura della corte d’appello separandolo dal tribunale apostolico della rota romana.

La rota romana è composta

- dal presidente e da - altri 3 giudici che sono nominati dal sommo pontefice.

Non essendo più giudici esclusivamente rotali, prima di assumere l’incarico devono prestare giuramento dinanzi al presidente della corte di Cassazione.

La corte viene dotata di un promotore di giustizia nominato dal sommo pontefice per 5 anni.

La riforma dell’ordinamento prevede la nomina dei magistrati supplenti non superiore a 3 mesi che possono esercitare le funzioni giudiziarie, in caso di impedimento del presidente.

La sostituzione avviene con il giudice più anziano che non sia impedito.

Se più giudici sono impediti provvede il presidente della corte di cassazione previa approvazione del cardinale segretario di stato.

Il promotore di giustizia impedito viene sostituito da un supplente nominato dal presidente della corte d’appello.

Il nuovo ordinamento giudiziario stabilisce alcuni cambiamenti significativi che riguardano la composizione e il funzionamento della corte d’appello.

Infat

- ci fu un aumento dei giudici ordinari mentre - Rimane il compito del presidente della corte di fissare il collegio giudicante formato da 3 magistrati Mentre - La nomina pontificia avviene da parte della segreteria di stato - Vengono preferiti i professori universitari e i giuristi con esperienza in campi civile amministrativo e penale, assicurando almeno un magistrato esperto di diritto canonico ed ecclesiastico.

In caso di impedimento del presidente è prevista la sostituzione con il giudice della corte d’appello più anziano per nomina o in caso di parità per età.

Il magistrato ordinario impedito viene sostituito dal presidente con un altro magistrato ordinario della corte d’appello.

L’età per la cessazione d’ufficio è aumentato di un anno.

A conclusione dell’anno giudiziario, i magistrati ordinari sono tenuti a consegnare le dimissioni che dovranno essere firmate dal sommo pontefice.

(Viene firmata dal sommo pontefice anche la proroga a permanere nella carica.)

2) Ricorso per legittimità Si ha ricorso per legittimità nel caso di:

- Inosservanza o violazione delle norme essenziali previste nel procedimento dinanzi all’ufficio del lavoro della sede apostolica - Violazione o falsa applicazione di leggi, regolamenti, disposizioni vigenti.

Chiunque ritenga che un suo diritto soggettivo in materia di lavoro sia leso da un provvedimento amministrativo può proporre istanza entro 30 giorni dalla notifica o comunicazione.

che è uno stimolo ispiratore di tutte le norme comprese quelle atnenti alla regolamentazione dei rapporti di lavoro.

4) Natura giuridica degli enti: gestione appartenenza e criteri di competenza Con riferimento alla competenza e alla natura degli enti ci fu la sentenza della corte d’appello del 96, numero 50.

Il caso riguardava una donna, assunta come operaia alle dipendenze dell’amministrazione del patrimonio della sede apostolica, presentava ricorso per legittimità per ottenere la declaratoria del suo diritto ed essere inquadrata nel setmo livello della curia romana, tenuto conto di tutte le funzioni svolte.

Il collegio respingeva ricorso richiamando la nota del cardinale segretario di stato dove risultava la natura autonoma della casa internazionale del clero , presso la quale la donna prestava servizio.

Inoltre la donna non era riuscita a dare prova dell’esistenza della titolarità di un rapporto diretto con la sede apostolica risultando irrilevante la denuncia dell’INPS italiano da parte dell’amministrazione del patrimonio della sede apostolica.

La corte ha ritenuto che il rapporto in questione non rientrasse nel quadro dell’ordinario rapporto di lavoro ma rientrava in fattispecie dove la competenza è esclusa.

Infine la segreteria di stato dichiarò la natura autonoma della casa del clero.

La corte d’appello attribuendo all’ ULSA la competenza del rapporto di lavoro dei dipendenti dello IOR, fa rientrare nella discrezionalità dell’ufficio la gestione della procedura conciliativa, dove lo IOR potrà essere invitato a offrire soluzioni alternative ai licenziamenti.

Un caso riguardava alcuni dipendenti dello IOR, i quali avevano presentato ricorso all’ULSA contro il provvedimento di collocamento in disponibilità.

L’istanza fu dichiarata inammissibile:

- Prima dal direttore generale E poi

- dal collegio di conciliazione e arbitrato

sulla base di un certificato dove il cardinale segretario di stato aveva attestato che lo IOR NON rientrava tra gli enti di competenza dell’ULSA.

Viene affermato che lo IOR costituiva ente autonomo dotato di propria personalità giuridica.

E quindi le controversie di lavoro tra:

- i dipendenti dello stato e - l’amministrazione

sono di competenza dell’ ULSA.

Nella Giurisdizione Vaticana rientrano tutte le controversie riguardanti:

- i rapporti di lavoro con gli enti che operano nello SCV.

Mentre

- per coloro che lavorano all’esterno del territorio vaticano sono di competenza dell’ULSA, se si tratta di dipendenti di amministrazioni che sono gestite dalla santa sede.

Quindi nel caso in esame la corte considera errato il comportamento del collegio di rifarsi alla precedente certificazione della segreteria di stato , relativa alla natura dello IOR.

  1. Le condizioni del lavoratore tra cooptazione e diritti acquisiti In una sentenza della corte d’appello emerge come la riforma normativa ha segnato l’evoluzione del concetto di lavoro.

Rispetto al passato si introduce il canone della proporzionalità della retribuzione , secondo il quale:

il corrispetvo deve essere commisurato al tipo di lavoro svolto.

Con riferimento ai dipendenti della sede apostolica la remunerazione deve corrispondere ai compiti svolti , tenendo presente la responsabilità che essi hanno di sostentare le loro famiglie.

con sentenza definitiva respinse la domanda dell’esattore con riguardo alla corresponsione della percentuale sulle rendite non riscosse, confermando la sentenza di primo grado.

Mentre

Per la richiesta di adeguamento delle pensioni , la corte evidenzia l’impossibilità di ricorrere all’applicazione per analogia di altre leggi.

Per sindacare l’indennità, per integrare gli stipendi e pensioni alle attuali esigenze della vita , sarebbe uscito dal suo potere sovrapponendosi all’autorità sovrana.

Con tale decisione , la corte d’appello ribaltava la sentenza di primo grado, nella quale si condannava il governatorato dello SCV a corrispondere al ricorrente:

- l’ammontare di 20 giorni di paga all’anno per licenze ordinarie non godute e - 75 giorni di paga all’anno per riposo non goduto nelle festività.

  1. Provvedimenti amministrativi e atti pontifici L’esame della giurisprudenza della corte d’appello consente di ricostruire l’intreccio tra diritto vaticano e diritto canonico.

Ci fu la sentenza del 65 dove tratta la causa promossa da

Un dipendente Contro

- L’amministrazione dei beni della santa sede e il - Fondo assistenza sanitario

A causa di un danno subito per:

- Illegittimità della dispensa dell’ufficio nonché - Illegitmità del diniego dell’assistenza sanitaria.

Il tribunale di prima istanza riteneva inammissibile l’azione proposta dall’attore in quanto non si poteva sollevare dinanzi all’autorità giudiziaria.

La corte d’appello considerò restrittiva l’interpretazione assunta dalla sentenza di primo grado , perché quando un atto amministrativo lede un diritto è ammessa l’azione dinanzi all’autorità giudiziaria.

Per quanto la curia romana fosse regolata dal codice del diritto canonico, non era possibile parlare di atto della chiesa che non fosse al tempo stesso atto dello stato.

Tale principio fu confermato dalla giurisprudenza successiva.

Si fa riferimento al caso in cui il segretario di stato aveva comunicato all’amministrazione dei beni della santa sede di provvedere agli effetti economici.

La stessa amministrazione aveva disposto la corresponsione di una somma a titolo di indennità.

Però

Il soggetto presentò ricorso contro l’ amministrazione per sentire dichiarare che le dimissioni dal servizio effettivo erano state motivate da gravi motivi di famiglia e che quindi fosse riconosciuto il diritto ad una pensione proporzionata agli anni di servizio.

L’amministrazione di beni rispose sollevando l’eccezione di incompetenza.

Contro la sentenza di primo grado, il ricorrente proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza stessa.

La corte d’appello richiamò in primo luogo:

- Che il diritto alla pensione avrebbe potuto dare inizio alla via giudiziaria. - In secondo luogo che l’organo giudiziario competente era il tribunale di prima istanza.

Per la corte l’ equivoco nasceva dal fatto che il giudice appellato aveva considerato l’atto amministrativo in oggetto nella parte in cui disponeva una deroga al regolamento sulle pensioni.

Però

Inoltre la corte sostiene che questa modifica deve essere recepita anche nel diritto vaticano.

Quindi, Il debitore sarà condannato al risarcimento dei danni, sempre s e non prova che l’inadempimento deriva da una causa a lui estranea e non imputabile.

Nel caso in esame la commissione non è riuscita a provare che l’evento dannoso è da attribuirsi al caso fortuito in quanto non è stata provata la sufficienza diligenza nella manutenzione del palazzo.

La corte così conferma l’obbligo della commissione di risarcire il convenuto per le spese mediche sostenute a seguito del danno.

2) Contratto di impiego privato: diritto soggettivo e interessi legittimi Nell’84 ci fu una sentenza della corte d’appello relativa ai rapporti tra le giurisdizioni ordinarie e amministrative.

Il caso riguarda 3 lavoratrici che avevano prestato opera retribuita presso radio vaticana.

Le quali chiedevano:

- La citazione in giudizio del Governatorato dello SCV, - La condanna al pagamento dell’indennità di fine rapporto, nonché - Il risarcimento dei danni subiti a seguito del licenziamento che per loro era illegitmo.

Il governatorato , costituendosi in giudizio, deduce la cessazione della materia del contendere in quanto tali somme erano state messe a disposizione delle istanti.

Però

Le istanti non risultavano inquadrate:

- Né tra il personale a prestazione saltuaria e - Né tra il contratto a termine rinnovabile.

Il tribunale tale rapporto lo qualificava come di impiego privato.

Contro tale sentenza, le ricorrenti prestavano Appello.

La corte conferma la sentenza di primo grado in punto di giurisdizione del tribunale civile e di normativa applicata.

I giudici d’appello osservano che nello SCV il diritto al lavoro è un diritto soggettivo perfetto tutelabile sia per via giudiziaria che amministrativa.

3) Procedimenti speciali Nei procedimenti speciali del C.P. vaticano troviamo la procedura di concessione di esecutività di una sentenza straniera.

Nel libro terzo disciplina 2 distinte fatspecie a seconda che si trat:

- Sentenze - Provvedimenti emessi da autorità straniere

Che costituiscono titolo esecutivo solo quando abbiano ricevuto forza esecutiva dal giudice dello SCV.

La corte d’appello deve verificare:

  1. Che la decisione sia stata pronunciata da un’autorità giudiziaria dello stato da cui proviene la sentenza
  2. Che non vi sia un bis in idem: (non due volte del medesimo fatto) 3) Che siano stati rispettati il diritto di difesa delle parti e l’indipendenza del giudice 4) Che il provvedimento abbia efficacia di cosa giudicata e forza esecutiva
  3. Che non sia contrario all’ordine pubblico, il diritto interno dello stato e che non statuisca su materie riservate al foro ecclesiastico.

La corte d’appello giudica con ordinanza resa in camera di consiglio sulle domande con le quali si chiede che venga riconosciuta efficacia e data forza esecutiva ad una sentenza straniera.

L’ordinanza è soggetta a reclamo dinanzi alla corte la quali si pronuncerà con sentenza.

Alla morte dell’attivo che abbia compiuto almeno i 5 anni di servizio, hanno diritto a pensione:

- Il coniuge superstite , tranne se è stata pronunciata con sentenza di separazione per colpa dello stesso superstite passata in giudicato. - I figli minori di 18 anni - Senza limiti di età quando a causa di infermità o difetto fisico o psichico siano inabili a qualsiasi lavoro proficuo, regolare e continuativo - Inoltre hanno diritto a pensione gli studenti - I genitori - I fratelli minori di 18 anni

5) In materia di pignoramento dei salari in materia di pignoramento dei salari ci fu l’ordinanza della corte d’appello del 65 che riguardava la dichiarazione di esecutività nello SCV della sentenza del tribunale civile di Roma che condannava la parte convenuta al risarcimento dei danni cagionati per ritardata restituzione di cosa locata e anche al pagamento delle spese e onorari di tutte le fasi del giudizio,

autorizzando il creditore al pignoramento del debito anche presso terzi.

In quest’ultimo caso il giudice d’appello da un lato:

- rimarcano l’impossibilità di applicare, nello stato, le leggi italiane riguardanti:

  1. il pignoramento degli stipendi
  2. salari e
  3. pensioni dei dipendenti della pubblica amministrazione in quanto sono riferite solo agli impiegati pubblici italiani.

Perché lo stato non può statuire identiche norme fuori dalla propria competenza e giurisdizione.

Il legislatore vaticano statuisce la possibilità del pignoramento per la terza parte relativa ai:

- salari degli operai e - alle pensioni dei lavoratori dipendenti da enti pubblici dello stato.

L’applicazione della quota di credito pignorabile sul salario percepito dal convenuto presso il vaticano avrebbe reso iniqua la legge di questo stato nei confronti del debitore.

6) Azioni reali ed extraterritorialità Nel 1978 un ente ecclesiastico civilmente riconosciuto aveva ricevuto in uso dalla pontificia opera di assistenza uno stabile sito in una zona extra territoriale.

Proprietaria dell’immobile era la santa sede che aveva autorizzato l’ente a cedere in affitto i locali dello stabile non usati in proprio per sopperire, con il ricavato, alle spese di funzionamento.

Successivamente fu così stipulato un contratto tra:

**- L’ente e

  • L’associazione nazionale** per la concessione in locazione di locali a un istituto di patronato italiano.

In una postilla si afferma che le controversie derivanti dalla stessa convenzione sarebbero state demandate alla competenza del tribunale dello SCV.

Da qui ci fu il giudizio intentato dall’ente presso l’allora tribunale di prima istanza , dove le parti convenute furono condannate a liberare l ’immobile da persone a cose.

Successivamente il tribunale con sentenza definitiva stabilì:

- La risoluzione del contratto di immobili per inadempimento della parte convenuta, - Il rilascio dei locali occupati - La corresponsione dell’ente di una somma pari a 376 milioni di lire.

In tal caso ci fu un’ordinanza della corte d’appello vaticana ,

dove l’istituto del patronato , chiamando in causa l’ente italiano, faceva istanza alla corte d’appello perché fosse delibata nello SCV l’ordinanza dell’86 del pretore di Roma.

Le condizioni di extraterritorialità comporta che l’edificio goda delle immunità proprie delle sedi degli agenti diplomatici all’estero e quindi dall’esenzione da:

- Espropriazioni - Tributi e soprattutto - Dall’inviolabilità da parte dello stato italiano del cui territorio l’edifico fa parte.

Però

La corte faceva rilevare che la questione era mal posta perché l’oggetto della controversia non era la relazione tra la santa sede e un’altra parte MA un rapporto di natura e contenuto privatistici , toccando legami fra 2 sogget, entrambi dotati di personalità giuridica nell’ordinamento statuale italiano e quindi non possono confondersi né con la santa sede e né con lo SCV.

  1. Decreto in limite Si chiedeva alla corte il riconoscimento nello SCV di una sentenza del tribunale di Roma con la quale una società unipersonale e in liquidazione era stata condannata al pagamento di una somma di denaro per crediti di lavoro nei confronti di un dipendente vaticano.

Il promotore di giustizia della corte d’appello ha rilevato che in nessun punto dell’istanza era emerso un rapporto tra la società e lo SCV.

Questa vicenda è resa con un decreto in limite del presidente della corte.

La corte acquisito il parere del promotore, respinse la richiesta di parte attrice.

Contro tale decreto veniva proposto ricorso alla corte di cassazione in via inconsueta perché il giudizio della suprema corte verte solo su sentenze e ordinanze pronunciate dal giudice d’appello.

Invece la suprema corte veniva chiamata a giudicare su un decreto preliminare.

La difesa del ricorrente riguarda 4 motivi di violazione o falsa applicazione della legge :

  1. Il primo motivo atene al fatto che erano stati verificati tutti i requisiti dal momento che né il promotore di giustizia e né il presidente della corte d’appello avevano fatto riferimento a una loro violazione
  2. Il 2° motivo d’appello riguarda la circostanza per la quale la corte d’appello deve pronunciarsi con ordinanza in camera di consiglio. l’ordinanza è soggetta a reclamo avanti la stessa corte d’appello che si pronuncerà con sentenza.

(La domanda era stata respinta in limite non osservando tale procedura,

impedendo così al ricorrente di esercitare in quella sede il proprio diritto di difesa e quindi lasciando come unica strada il giudizio dinanzi alla corte d’appello.

La previsione in limite appartiene al diritto canonico ed è riferito al fatto che le eccezioni dilatorie devono essere presentate prima della contestazione della lite.)

3) Il 3° motivo atene all’interesse del ricorrente al riconoscimento nello SCV del provvedimento del giudice italiano. 4) Il 4° motivo atene al fatto che sulla mancata prova del rapporto tra la società e lo SCV, la competenza è della sezione esecutiva del tribunale di prima istanza.

La suprema corte accolse solo il 3° motivo di riconoscimento.

In una fase così remota del processo, il decreto avrebbe dovuto verificare la plausibilità dell’esistenza dell’interesse ad agire come condizione necessaria all’accesso alla fase introduttiva del processo.

  1. Lodo arbitrale Deliberazioni di provvedimenti o documenti stranieri:

lodo arbitrale in materia di riconoscimento di titoli nobiliari. Il lodo arbitrale lo ritroviamo nel libro terzo del C.P., che è sotto la rubrica di sentenze straniere.

Oggetto di esame fu l’ordinanza della corte d’appello del 2000:

- Ma anche come imposizione allo stato dell’attuazione dei principi fondamentali.

Ci fu un confronto con l’ordinamento italiano in merito all’ordine pubblico, dove in una sentenza della consulta si evidenzia che:

i giudici italiani , in una controversia che coinvolgeva i rapporti tra stato italiano e chiesa cattolica, hanno ammesso un’autonoma valutazione dell’ordine pubblico.

Nel caso in questione l’applicazione dell’eccezione dell’ordine pubblico acquisiva una grande importanza in considerazione del momento storico che sta vivendo la chiesa, accusata da gravi irregolarità nella gestione di risorse finanziarie.

La corte d’appello respingeva la richiesta di riconoscimento del decreto ingiuntivo dal tribunale di Velletri per contrarietà dell’ordine pubblico.

10) Provvedimenti in materia di diritto successorio In materia di diritto successorio ci fu un’ordinanza del 2012:

si chiede alla corte d’appello il riconoscimento dell’efficacia e attribuzione della forza esecutiva nello SCV del provvedimento dell’autorità giudiziaria italiana dell’eredità giacente presso lo IOR.

La corte esprime parere favorevole alla richiesta.

La corte d’appello è chiamata a valutare l’istanza di accertamento della qualità di erede proposta da una donna nei confronti del marito che era stato dipendente dello SCV e con il quale aveva contratto solo matrimonio religioso al fine di poter subentrare all’eredità del DE CUIUS.

La corte conferma la sentenza di primo grado che aveva dichiarato l’insussistenza della propria giurisdizione nella presente controversia.

La successione si era aperta in Italia, dove il defunto era residente ed è lì che dovevano essere risolte tutte le questioni ereditarie, secondo la legge italiana.

In base alla legge del 1995 : la competenza della giurisdizione italiana in materia successoria sussiste:

- Se il defunto era cittadino italiano al momento della morte.

- Se la successione si è aperta in Italia - Se la parte dei beni ereditari di maggior consistenza economica è situata **in Italia

  • Se il convenuto è domiciliato o residente in Italia o ha accettato la** **giurisdizione italiana
  • Se la domanda concerne beni situati in Italia**.

Per lo stato italiano il matrimonio canonico non trascritto non è costitutivo di status e l ’omissione potrebbe essere punita per tardiva trascrizione.

Mentre

Per lo SCV il matrimonio solo canonico ha piena validità e viene riconosciuto con tut i suoi effet.

In merito ci fu una sentenza del 96 dove una religiosa sosteneva di essere unica erede del patrimonio di un vescovo e rivendicava tale titolo fondandolo su due testamenti:

**- Uno pubblicato in Italia e

  • Il secondo presso il vaticano**

Nel 95 la ricorrente dimessa dall’istituto religioso, presentava domanda giudiziale al tribunale di prima istanza dello SCV chiedendo che venissero citati in giudizio:

**- L’altro beneficiario e

  • Lo IOR** per venire in possesso anche della parte percepita dal coerede e giacente in deposito presso lo IOR.

Successivamente il tribunale decise con 2 questioni pregiudiziali , affermando che l’attrice aveva la capacità a essere parte in giudizio e non necessita di alcuna autorizzazione a norma del diritto canonico e che non aveva titolo a richiedere l’altra parte della somma in quanto mancante dell’interesse ad agire.

La corte d’appello ribaltò la sentenza di primo grado, dichiarando l’interesse ad agire della ricorrente in quanto poteva acquistare beni per sé stessa in qualità di erede o donataria.

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CAPITOLO 1 – Profili lavoristici
1) la corte d’appello vaticana
La corte d’appello vaticana viene introdotta dalla legge sull’ordinamento
giudiziario promulgato da Pio 12 nel 1946.
La corte in Appello tratta le sentenze e le ordinanze pronunciate dal tribunale di
prima istanza.
Successivamente al fine di garantire una tutela ai cittadini ci fu un cambiamento
dell’assetto giudiziario statale:
venne rinnovata la struttura della corte d’appello separandolo dal tribunale
apostolico della rota romana.
La rota romana è composta
- dal presidente e da
- altri 3 giudici che sono nominati dal sommo pontefice.
Non essendo più giudici esclusivamente rotali, prima di assumere l’incarico
devono prestare giuramento dinanzi al presidente della corte di Cassazione.
La corte viene dotata di un promotore di giustizia nominato dal sommo
pontefice per 5 anni.
La riforma dell’ordinamento prevede la nomina dei magistrati supplenti non
superiore a 3 mesi che possono esercitare le funzioni giudiziarie, in caso di
impedimento del presidente.
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Se più giudici sono impediti provvede il presidente della corte di cassazione
previa approvazione del cardinale segretario di stato.
Il promotore di giustizia impedito viene sostituito da un supplente nominato dal
presidente della corte d’appello.