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Avventura di uno sciatore

avventura di uno sciatore
Corso

Scienze dell'educazione

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Anno accademico: 2021/2022
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L'avventura di uno sciatore

di Italo Calvino (1959)

Allo skilift c'era la coda. La comitiva dei ragazzi venuti col pullman s'era

messa in fila, affiancandosi a sci paralleli, e, a ogni passo avanti che la coda

faceva - una lunga coda che invece d'andar dritta, come pure avrebbe

potuto, seguiva una casuale linea a zig-zag, un po' in salita un po' in discesa

  • pesticciando in su oppure scivolando giù di fianco a seconda del punto in

cui si trovavano, e subito ripuntellandosi ai bastoncini, spesso andando a

gravare del proprio peso i vicini di sotto, o cercando di liberare racchette di

bastoncini da sotto a sci dei vicini di sopra, inciampando negli sci andati a

mettersi per storto, chinandosi ad aggiustare gli attacchi e arrestando così

tutta la fila, togliendosi le giacche a vento o i maglioni o rimettendoseli a

seconda se il sole appariva o spariva, ricacciando le filze di capelli sotto il

copriorecchi di lana o gli sbuffi delle camicie a scacchi dentro le cinture,

cercando i fazzoletti nelle tasche e soffiandosi i nasi rossi e gelati, e per

tutte queste operazioni togliendosi e rimettendosi i guantoni che talvolta

cadevano nella neve e bisognava con la punta dei bastoncini ripescarli:

quest'agitazione di piccoli gesti scomposti percorreva la fila e diventava

frenetica al suo culmine, là dove bisognava aprire le cerniere-lampo di tutte

le tasche per cercare dove s'erano cacciati i soldi per il biglietto oppure il

tesserino e porgerlo all'uomo dello skilift che ci faceva i buchi, e poi

rimettersi la roba nelle tasche, e i guantoni, e unire i due bastoncini uno con

la punta infilata nella racchetta dell'altro per tenerli con una mano sola, tutto

questo superando la piccola salita della piazzola dove bisognava essere

pronti a mettere a posto l'àncora dello skilift sotto il sedere e a lasciarsi

trascinare su di strappo.

Il ragazzo con gli occhiali verdi era a metà della coda, intirizzito, con a

fianco un ragazzo grasso che spingeva. E mentre loro erano lì, passò la

ragazza col cappuccio celeste-cielo. Non si mise in coda; andava avanti, in

su, per il sentiero. E muoveva in salita gli sci leggera come camminasse.

  • Cosa fa quella? Vuol fare la salita con le sue gambe? - si domandò il

ragazzo grasso che spingeva.

  • Ha le pelli di foca, - disse il ragazzo con gli occhiali verdi.

  • Però, voglio vederla su dove è più ripido, - disse il grasso.

  • Ha poco da far la furba, sta' sicuro!

La ragazza andava con un passo senza sforzo, con un movimento regolare

dei suoi alti ginocchi - era di gamba molto lunga, nei pantaloni tirati, tesi

alla caviglia - a tempo con l'alzare ed abbassare dei lucenti bastoncini. Il

sole in quell'aria gelata e bianca si mostrava come un esatto disegno giallo,

con tutti i suoi raggi: nelle distese di neve senza un'ombra, solamente dal

suo brillío si distinguevano gobbe e anfratti e il battuto delle piste. Nella

giacca a vento celeste-cielo il viso della ragazza bionda era d'un rosa che

diventava rosso sulle guance, contro la bianca felpa dell'interno del

cappuccio. Rideva verso il sole, appena socchiudendo gli occhi. Andava su

leggera, sulle pelli di foca. I ragazzi della comitiva del pullman, con le

orecchie gelate, l'arsura alle labbra, i nasi che tiravano su moccio, non

sapevano staccare gli occhi di dosso a lei, e si facevano spingere nella coda;

finché lei non superò un ciglio e sparì.

Man mano che toccava il loro turno, con parecchi inciampi iniziali e false

partenze, quelli della comitiva prendevano a salire a due a due, trainati per

la pista quasi verticale. Al ragazzo con gli occhiali verdi toccò lo stesso

skilift del grasso che spingeva. Ed ecco, a metà salita, la rividero.

  • Ma come ha fatto ad arrivare fin quassù, questa?

In quel punto il percorso dello skilift fiancheggiava una specie di valletta,

dove un sentiero battuto s'inoltrava tra dune alte di neve e radi abeti

frangiati di ricami di ghiaccio. La ragazza celeste-cielo veniva avanti con

quel suo passo esatto e quella spinta avanti delle mani guantate, strette

all'impugnatura dei bastoncini, senza affanno.

  • Uuuh! - gridavano loro dello skilift salendo a gambe dure. - Quasi arriva

prima lei di noialtri!

Lei aveva sulle labbra il suo sorriso gentile, e il ragazzo dagli occhiali

verdi restò confuso, e non osò continuare con i lazzi, perché lei abbassava le

ciglia e lui si sentì come cancellato.

Appena arrivato in cima, prese subito a buttarsi per la discesa, dietro il

ragazzo grasso, tutti e due pesanti come sacchi di patate. Ma quello che lui

sugli sci.

Allora, uno dopo l'altro, giù, goffi, pesanti, strappando i “cristiania”,

forzando in “slalom” le “curve spazzaneve”, quelli del pullman le si

buttavano dietro, e cercavano di seguirla, di superarla, gridando,

canzonandosi, ma tutto quel che facevano era un disordinato diroccare a

valle, con scomposti movimenti delle spalle le braccia coi bastoni tenute

avanti, gli sci che s'incrociavano, gli attacchi che saltavano via dagli

scarponi, e dappertutto dove loro passavano la neve s'apriva in buche di

colpi di sedere, di fiancate, di tuffi a capofitto.

Da ogni caduta, appena alzavano la testa, con lo sguardo cercavano lei.

Attraversando la loro valanga, la ragazza celeste-cielo se ne veniva coi suoi

movimenti leggeri, e le pieghe dritte dei pantaloni tesi appena s'angolavano

in un molleggio cadenzato, e il suo sorriso non si capiva se fosse di

partecipazione alle prodezze e ai contrattempi dei compagni di discesa o

invece il segno che non li vedeva neppure.

Il sole intanto, invece di prendere più forza avvicinandosi al mezzogiorno,

s'intirizziva tutto finché non sparì, come bevuto da una cartasuga. L'aria fu

piena di leggeri cristalli senza colore che, volavano obliqui. Era il

nevischio: non ci si vedeva di qui a lì. I ragazzi sciavano alla cieca,

gridando e chiamandosi, e tutti i momenti uscivano di pista e, dài,

cadevano. L'aria e la neve adesso erano tutto lo stesso colore, bianco opaco,

ma aguzzandoci dentro gli occhi, per poco che si facesse meno denso, ecco

scorgevano l'ombra celeste-cielo come sospesa là in mezzo, che volava in

qua e in là come su una corda di violino.

Il nevischio aveva disperso la coda allo skilift. Il ragazzo con gli occhiali

verdi si trovò senza accorgersene vicino al casotto della stazione di

partenza. I compagni non si vedevano. La ragazza col cappuccio celeste-

cielo era già lì. Aspettava l'àncora, che adesso stava svoltando alla ruota. -

Presto! - gridò l'uomo dello skilift verso di lui, afferrando a volo l'àncora e

trattenendola perché la ragazza non partisse sola. Arrancando a spina di

pesce, riuscì ad affiancarsi alla ragazza appena in tempo per partire con lei,

quasi facendola cadere come si abbrancò al legno. Lei tenne l'equilibrio

anche per lui, finché non gli riuscì di mettersi su bene, farfugliando

recriminazioni, cui rispose una sommessa risata di lei come un glu-glu di

gallina faraona, soffocata dalla giacca a vento tirata su fin sopra la bocca.

Ora il cappuccio celeste-cielo, come un elmo d'armatura, le lasciava

scoperto solo il naso, che aveva un po' aquilino, gli occhi, qualche ricciolo

sulla fronte, e i pomelli delle gote. Così la vedeva, di profilo, il ragazzo

dagli occhiali verdi, e non sapeva se essere felice a trovarsi con lei sulla

stessa àncora di skilift, o vergognarsi d'esser lì tutto imbrattato di neve, coi

capelli sulle tempie, la camicia che gli sbuffava fuori tra il maglione e la

cintura, e che lui per non sbilanciarsi muovendo le braccia non osava

ricacciare a posto, e un po' sbirciava lei un po' stava attento alla posizione

degli sci che non uscissero fuori dal battuto nei momenti di trazione troppo

lenta o troppo tesa, ed era sempre lei a salvare l'equilibrio, ridendo il suo

glu-glu di faraona, mentre lui non sapeva cosa dire.

Di nevicare aveva smesso. Ora anche l'aria nebbiosa si squarciò e nello

squarcio apparve un cielo finalmente azzurro e il sole splendente e le

montagne nitide ghiacciate una per una, solo qua e là piumate sulla cresta

dai soffici brandelli della nuvola di neve. La ragazza incappucciata

riaffacciò la bocca e il mento.

  • Ritorna bello, - fece, - io lo dicevo.

  • Sì, - disse il ragazzo dagli occhiali verdi, - bello. Poi la neve è buona.

  • Un po' molle.

  • Oh, già.

  • Ma a me così piace, - lei disse, - e anche la discesa nella nebbia è mica

male.

  • Finché si sa la pista... - disse lui.

  • No, così, - disse lei, - indovinandola.

  • Io l'ho già fatta tre volte, - disse il ragazzo.

  • Bravo. Io una sola, ma sono andata su senza skilift.

  • L'ho vista. Aveva messo le pelli di foca.

  • Sì. Ora che c'è il sole vado fin sul colle.

  • Sul colle dove?

  • Più in su di dove arriva lo skilift. Fin sulla cresta.

  • E cosa c'è lassù?

ma in mezzo a tutto lo sfrecciare di sagome confuse e intercambiabili la sua

figura appena disegnata come un'oscillante parentesi non si perdeva, restava

l'unica che si potesse seguire e distinguere, sottratta al caso e al disordine.

L'aria era così nitida che il ragazzo dagli occhiali verdi indovinava sulla

neve il reticolo fitto delle orme di sci, dritte ed oblique, delle strisciate, delle

gobbe, delle buche, delle pestate di racchetta, e gli pareva che là

nell'informe pasticcio della vita fosse nascosta la linea segreta, l'armonia,

solamente rintracciabile alla ragazza celeste-cielo, e questo fosse il miracolo

di lei, di scegliere a ogni istante nel caos dei mille movimenti possibili

quello e quello solo che era giusto e limpido e lieve e necessario, quel gesto

e quello solo, tra mille gesti perduti, che contasse.

Le difficoltà dei rapporti, che siano tra uomo e donna, tra l’uomo e la società, tra l’uomo e

le sue passioni sono il tema de Gli amori difficili , uno dei più bei libri di Calvino, a mio

modesto modo di vedere. Il libro è una raccolta di racconti divisa in due parti: Gli amori

difficili e La vita difficile.

Nella prima parte i vari racconti sono riportati con il titolo di “Avventura”. Si ha così L’avventura di una bagnante , L’avventura di un lettore , L’avventura di un soldato. Con un linguaggio ironico e tagliente, Calvino riesce a metterci di fronte una serie di possibili scenari partendo da situazioni semplici, complicandoli in modo naturale e accennando anche a delle possibili conclusioni, quelle forse più improbabili, lasciandoci sulle labbra un sorriso amaro.

Si pensi a L’avventura di un poeta che resta muto davanti alle bellezze naturali, ma ha molto da dire quando nota le brutture, soprattutto quelle legate alle disparità sociali, che la recente storia si porta dietro o a L’avventura di un fotografo e la sua ricerca della foto perfetta in un tentativo estremo di capire il senso profondo delle cose, se mai questo fosse possibile.

Molto bella e nello stesso tempo triste è L’avventura di due sposi dove il bisogno di lavoro diventa l’antitesi del rapporto di coppia, trovando, i due, il solo vero contatto nella parte del letto riscaldata dal coniuge. L’avventura di uno sciatore ci fa riflettere su quanto sia

complicato oggigiorno riuscire a seguire il proprio “io” nel mondo caotico in cui ci ritroviamo

... e gli pareva che là nell’informe pasticcio della vita fosse nascosta la linea segreta, l’armonia, solamente rintracciabile alla ragazza celeste-cielo, e questo fosse il miracolo di lei, di scegliere a ogni istante nel caos dei mille movimenti possibili quello e quello solo che era giusto e limpido e lieve e necessario, quel gesto e quello solo, tra mille gesti perduti, che contasse.

Un concetto in un certo senso rafforzato ne L’avventura di un automobilista , l’unico racconto della prima parte narrato in prima persona, dove il rumore esterno diventa causa dell’alterazione di noi stessi che cogliamo il vero essere quando ci spogliamo di tutto e capiamo di essere semplici messaggi indirizzati esclusivamente verso qualcuno perdendo invece di significato quando cerchiamo di essere universalmente validi.

La seconda parte è fatta invece di due soli racconti, più lunghi rispetto a quelli della prima parte, narrati in prima persona e che sono soprattutto di denuncia sociale. Qui la condizione di miseria in cui versa la popolazione italiana è messa in evidenza trattando di due situazioni, la formica argentina e lo smog, indefinibili, dai contorni sfumati, impalpabili, piaghe che entrano dentro senza accorgersene, corrodendo l’uomo in modo lento e costante. La condizione generale di miseria è accompagnata da quella di rassegnazione nell’uomo nel non riuscire a vivere la vita come dovrebbe essere vissuta, vivendo così una vita né migliore né peggiore di tutte le altre vite possibili. Ma forse un’altra possibilità c’è, forse una possibile speranza esiste.

Era il 1970 quando Einaudi pubblicava con il titolo Gli amori difficili tredici racconti di

Italo Calvino, le cosiddette “avventure”, affiancate in coda al volume da due racconti

lunghi, La nuvola di smog e La formica argentina. A cinquant’anni dall’uscita la

raccolta, che ha una travagliata e complessa storia editoriale alle spalle, non smette di

interrogare il lettore ponendo al centro delle narrazioni quelli che lo stesso autore definisce

“silenzi”: amori irrisolti, relazioni che non si incontrano, dubbi, svelamenti e un certo

sentimento di incomunicabilità che sembra poter raccontare da vicino la nostra

quotidianità. L’incomunicabilità è infatti il fulcro di questa collezione di amori

problematici, di relazioni difficili. E se per difficile intendiamo l’intero ventaglio dei

sinonimi, da complesso a faticoso, da esigente a oscuro e impegnativo, o che richiede

sforzo, ben comprendiamo come la nozione sia in realtà un ombrello sotto il quale

collocare tante delle relazioni tipiche del nuovo millennio , da quelle personali a

quelle, più metaforiche, che hanno a che fare con i poli di una comunicazione sempre più

sfaccettata, sovrabbondante e per questo, appunto, difficile.

questa raccolta e accomunarli è una “ zona di silenzio al fondo dei rapporti umani ”, un nocciolo di difficoltà, uno scalino che Calvino ritrova in ogni rapporto umano e che non è esprimibile se non con delle mancanze. “Nel cuore di questo sole era silenzio” si legge in L’avventura di un poeta , racconto dedicato all’osservazione della realtà e al movimento che, attraverso la poesia e la parola scritta, la trasporta sulla pagina. Un tema ricorrente in tutta la ricerca di Calvino , anzi uno dei cardini della sua poetica, che forse per questo è facile accostare all’idea di difficoltà ben espressa da questi racconti oggi cinquantenni: lo sforzo di vedere, quello di scrivere la realtà.

Nel 1958 era stata sempre l’Einaudi a commissionare a Calvino u na raccolta antologica dei suoi racconti prodotti in un decennio di lavoro intellettuale. Per lo scrittore l’operazione fu difficile, macchinosa, e portò all’elaborazione di un indice costruito sulla base di una struttura geometricamente organizzata. Un tratto che sarà caratteristico anche di tutto il successivo Calvino, basti pensare agli schemi combinatori evidenti del Il castello dei destini incrociati , ma anche alle cornici di Le città invisibili e Se una notte d’inverno un viaggiatore , fino alle costruzioni tematico-geometriche dei capitoli di Palomar. “Quel che conta – ribadisce non a caso Calvino nell’introduzione a Gli amori difficili , ripercorrendo la vicenda editoriale dei testi – è un disegno geometrico, un gioco combinatorio , una struttura di simmetrie e opposizioni, una scacchiera in cui caselle nere e caselle bianche si scambiano di posto secondo un meccanismo semplicissimo”.

Torniamo quindi ai Racconti di fine anni Cinquanta, un volume cospicuo che, come scrive Francesca Serra nella postfazione alla nuova edizione 2019 di Mondadori, “aveva il lusinghiero ma anche minaccioso compito di diventare lo specchio di quel che Calvino era stato fino ad allora e di cosa era riuscito a fare come scrittore dal suo esordio all’oggi”. L’operazione di selezione e costruzione architettonica delle sezioni fu complessa, e tormentò lo scrittore come si scopre leggendo l’epistolario con l’amico Pietro Citati. “Non sono ben sicuro se mettercelo, nel libro, come non sono ben sicuro ancora di cosa metterci e di come ordinarlo ” scrive nel settembre del 1958 Calvino menzionando La nuvola di smog. La struttura dell’antologia prevede infatti tre macro suddivisioni: il Libro I, titolato Gli idilli difficili , il Libro II, Gli amori difficili , e il Libro III La vita difficile. Se nel primo libro troviamo una selezione dei racconti dell’immediato dopoguerra confluiti in Ultimo viene il corvo , insieme ad altri posteriori ma simili per tematiche, il libro secondo racchiude i racconti sull’incomunicabilità amorosa, un gruppo di lavori pressoché nuovi, destinati poi a diventare raccolta autonoma dodici anni dopo. I Racconti si chiudono con La vita difficile che, dopo la prima sequenza dedicata all’impossibilità dell’armonia tra natura e uomo, e la seconda, guarda al più generale senso del male di vivere.

Dai Racconti a Gli amori difficili

Nel volume Gli amori difficili del 1970 ritornano alcuni dei racconti già comparsi nella raccolta antologica del 1958 (e, per L’avventura di un soldato , ereditati dall’esperienza di Ultimo viene il corvo ), con alcune integrazioni. Si tratta di L’avventura di un bandito (già Un letto di passaggio , racconto del primo Calvino) e L’avventura di un automobilista (già Il guidatore notturno ), più gli inediti L’avventura di uno sciatore (1959) e L’avventura di un fotografo (1955), racconto ispirato all’articolo La follia del mirino uscito su «Il contemporaneo». Una storia editoriale complessa, sfaccettata, che non si è esaurita sulla carta, dal momento che Gli amori difficili sono stati nel tempo di ispirazione anche per altri tipi di racconti. C’è per esempio lo sketch cinematografico con Nino Manfredi ispirato a L’avventura di un soldato , quello teatrale firmato Franco Zeffirelli per

L’avventura di un bandito , ancora la canzone di Sergio Liberovici che narra i fatti raccontati in L’avventura di due sposi , di ispirazione anche per un episodio cinematografico di Mario Monicelli. Tra i racconti esclusi dal gruppo delle “avventure”, infine, La formica argentina vide le illustrazioni di Franco Gentilini.

Gli “amori” sono però ancora, nel 1958, la parte più nuova di u n progetto ben più ampio e organico che si struttura in gruppi distinti di scritti. Calvino ne aveva un’idea chiara in testa, pur messo alle strette dalla difficoltà di ordinare secondo criteri definiti, quasi questa geometria fosse una delle contraintes che più tardi imparerà a rispettare aderendo all’Oulipo francese. Un lavoro travagliato, quello per i Racconti , che si concluderà con cinquantadue scritti totali distribuiti in quattro sezioni. Un “iper-libro”, come lo definisce Francesca Serra, quasi ad anticipare la ricerca metaletteraria di Se una notte d’inverno , un volume che “contiene molti libri diversi, o meglio tutte quelle ipotesi di libri possibili che l’opzione dell’antologia d’autore tagliava fuori e sacrificava”. La molteplicità, in qualche modo, già bussava all’occhio attento di Calvino richiedendo riflessioni e accurate analisi che finiranno per attraversare tutta la poetica successiva, sfociando nelle parole visionarie delle Lezioni americane.

Difficili saranno così gli idilli, le memorie (questo il titolo di quello che diventerà il Libro II), gli amori, ovvero il nucleo originario di nove “avventure” e la vita, formata dai tre racconti lunghi La formica argentina , La speculazione edilizia , La nuvola di smog. Neanche a dirlo, è proprio sulla parola “difficile” che tutta la struttura della raccolta antologica fa perno, la chiave che, anche secondo Francesca Serra, connota il percorso calviniano degli anni Cinquanta, “emblema di una poetica che voleva andar contro la faciloneria dei tempi e l’idea edulcorata di letteratura che si portava dietro”.

Calvino si sofferma con la giusta dose di ironia sull’aggettivo difficile che ha utilizzato nei titoli di tutte le sezioni dei Racconti. Come mai questa scelta? “Perché mi ero stancato di sentire parlare, a proposito delle cose che scrivevo, di «facilità», di «felicità» , di «felice facilità», di «facile felicità». E allora, ho scritto «difficile» dappertutto, quest’aggettivo che finora era sembrato quanto mai lontano dai miei scritti, questa dimensione, questo senso della vita che m’era apparso come irraggiungibile”. La critica, dice Calvino, tendente a farsi guidare dalle parole dell’autore sulla propria opera piuttosto che sviluppare un giudizio autonomo, ha gradito l’aggettivo, e così questi racconti, specialmente le “avventure”, diventate “amori difficili” autonomi nel 1970, sono stati salutati come l’esempio di un nodo importante della poetica calviniana , il tema della difficoltà.

Che sia o meno vero, e che la difficoltà sia una pista tematica da ricercare nella vasta produzione dello scrittore, la difficoltà è un tema che oggi continua a sfidarci, a solleticarci, che ci è familiare. Lo è, io credo, perché oggi più che mai siamo immersi in un mondo complesso e contraddittorio,: l’iper-comunicazione diventa spesso rumore che annulla ogni tentativo di comunicazione chiara, una bolla in cui è davvero difficile parlarsi, capirsi, dialogare e trovarsi. Quel silenzio un po’ paradossale, un po’ ironico, un po’ riflessivo dei racconti calviniani sugli amori che non si incontrano ha un’eco lunga che si riversa nel nostro quotidiano e lì rimbomba , in balìa delle difficoltà di interlocuzione che scaturiscono, paradossalmente, da un dialogo eccessivo, esacerbato.

Un mondo difficile e complesso che sarebbe piaciuto a Calvino , che già ne aveva pronosticato alcuni aspetti volteggiando sulla fine del millennio come un Perseo alato, in grado di librarsi sul caos del mondo e, con leggerezza e insieme acume, osservare tutto dall’alto, contemplando una

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