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Corso: Pedagogia speciale (67724)
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Università: Università degli Studi di Genova
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Nella prima testimonianza scelta, la storia dell’uomo senzatetto francese quella che
sovente si sente raccontare da chi vive questa vita ed accomunata da una parola che a
loro assai tristemente nota: l’indifferenza.
La percezione dell’uomo quella di una societ in cui chi condivide la sua stessa
condizione, viene reso invisibile per comodit, paura e disinteresse. Un’invisibilit che
ancora prima dalle parole, nasce e si alimenta attraverso lo sguardo: negli occhi e nelle
espressioni facciali spesso c’ quella verit che le parole possono non rendere o rendono
solo in modo parziale, ma che veicola messaggi, pensieri e giudizi in modo altrettanto
efficace e potente, tanto che da uno sguardo si pu capire quello che una persona sente.
! un’invisibilit spesso artificiosa, la realt che si viene visti, ma si una realt scomoda
e fastidiosa, poich" la gente prova paura nel realizzare che chi sta guardando potrebbe
una persona come tanti che si ritrovata in una situazione di vulnerabilit come quella per
forze e criticit che possono accadere a chiunque; per esorcizzare la possibilit di un
simile destino, distoglie lo sguardo perch" “se non guardi, non esiste, non ti pu toccare”.
Ma per il testimone esiste un’altra dimensione a quel “non ti ho visto, passo”: l’uomo che
vede vorrebbe aiutare, ma si innesca una riflessione ipocrita e che vorrebbe essere etica,
sulla reale utilit che il suo aiuto possa avere e non sia un incitamento implicito a
continuare ad essere cos' e non cambiare la propria condizione di vita. Si diventa giudici,
giuria e boia senza alcun diritto. Ma come viene esplicitato dal senzatetto francese, tutto si
riconduce ad una questione di istinto: se si vuole offrire qualcosa si offre, se si vuole
sorridere, si sorride, se solo uno sguardo quello che si ha, va bene, nessun gesto deve
essere forzato, ma venire da dentro. Passare senza guardare un lento uccidere di
indifferenza, non essere visti, non essere degni neanche di uno sguardo, un destino
peggiore e ben pi* misero di quello che gi sopportano. Sul finire del video quando le
interviste sono oramai concluse, vengono mostrati per l’ultima volta i testimoni di questi
racconti e proprio per una dimostrazione beffarda di quello che stato detto, l’uomo
senzatetto nel salutare la telecamera incrocia lo sguardo con un passante che pur
passandogli accanto, lo supera nella totale indifferenza, non degnandolo neanche di un
contatto visivo. La seconda testimonianza l’ho scelta per il modo singolare in cui il signore
etiope ha raccontato la sua esperienza di percezione di diversit. Storicamente possiamo
immaginare quanto gli europei, e soprattutto noi italiani, possano essere malvisti dal
popolo etiope, che fece crescere una generazione di bambini con la convinzione che la
pelle chiara e bianca fosse un sintomo della lebbra e che quindi lo straniero non dovesse
essere n" avvicinato n" toccato, per paura di rimane contagiati: risulta interessante questo
rovesciamento di prospettiva in cui non il bianco che guarda dall’alto in basso, ma
viceversa, una situazione che raramente abbiamo visto capitare nel continente africano se
non in sporadiche circostanze come l’apartheid sudafricana su tutte. Questa superiorit
sentita dagli etiopi mescolava quindi superstizione culturale e medica e un sentimento di
rabbia mai sopito da chi vide il proprio territorio testimone di una guerra di conquista.
Eppure, per il signore partito dalla sua terra natia e giunto negli Stati Uniti, la situazione si
completamente ribaltata, dal sentirsi superiore agli altri, stato discriminato in quanto
straniero, suscitando una reazione che mi ha nuovamente stupito: essersi sentito per una
vita superiore a chi ora ti guarda con superiorit e provare sulla propria pelle la
discriminazione, la percezione di essere diverso non lo ha toccato personalmente, non lo
hanno provato fisicamente o mentalmente, anzi ha trovato la circostanza genuinamente
curiosa e divertente. Una reazione del genere come lui stesso afferma, viene da un’alta
stima di s" stesso, massimo orgoglio per le proprie origini e dalla consapevolezza che chi
lo discrimina fa lo stesso che lui aveva sempre fatto o pensato crescendo in Etiopia, non
dando spazio a considerazioni ipocrite, ma ben consce di chi sa di essere ripagato della
stessa moneta. Questa consapevolezza e realizzazione unite ad un carattere forte e