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Nathan il saggio

nathan
Corso

Letteratura tedesca (26850)

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Anno accademico: 2016/2017

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Nathan il saggio (Nathan der Weise) è un dramma scritto da Gotthold Ephraim Lessing e pubblicato nel 1779. Ambientato a Gerusalemme durante la terza crociata, il dramma descrive in che modo il saggio mercante ebreo Nathan, l'illuminato sultano Saladino e un inizialmente anonimo templare riescono a colmare il loro divario tra Ebraismo, Islam e Cristianesimo. La sua rappresentazione fu proibita dalla Chiesa durante la vita di Lessing ed insieme ad un'altra sua opera, Gli ebrei (Die Juden), fu bandita anche sotto il regime nazista. Atto primo[modifica | modifica wikitesto] Nathan, mercante ebreo, torna a Gerusalemme da Babilonia dov’era per affari e Daja, dama di compagnia cristiana di sua figlia Recha, gli dice che la sua casa è bruciata. Recha si è salvata solo grazie all’intervento di un templare misterioso che poi non si è fatto più trovare. Questo templare era stato prima catturato e poi liberato da Saladino. Recha sostiene che chi l’ha salvata fosse un angelo mentre Nathan la convince che era un uomo intervenuto per miracolosa coincidenza. Arriva Al-Hafi, ex derviscio e ora tesoriere di Saladino nonché amico di Nathan. Lui chiede a Nathan di aiutarlo col suo incarico ma Nathan, oltre a rifiutare, lo consiglia invece di tornare alla libertà del suo mestiere precedente. Il templare incontra un frate inviato dal patriarca che gli dice che deve portare una lettera a re Filippo contenente informazioni per tendere una agguato a Saldino. Ma lui rifiuta perché Saladino gli ha salvato la vita. Atto secondo[modifica | modifica wikitesto] Saladino gioca a scacchi con sua sorella Sittah e perde. Comanda a Al-Hafi di darle la vincita ma lui confessa che i soldi delle casse sono finiti e che da tempo è la sorella a mantenere la corte. Saladino ordina a Al-Hafi di andare da Nathan a chiedere un prestito. Nathan insegue il templare per ringraziarlo. Trovatolo Nathan gli dice quanto è giusto che gli uomini siano buoni e fratelli, nonostante la provenienza o la religione. Il templare gli risponde che il popolo che per primo si è proclamato eletto, che ha imposto il proprio Dio come migliore al mondo intero e la cui superbia, poi passata a cristiani e musulmani, ha contagiato il mondo intero è proprio quello ebraico. Nathan risponde che il templare ha ragione ma che egli non vuole vedere in lui un cristiano ma un uomo come lui e gli chiede di fare lo stesso. Lui e il templare diventano così amici ed egli gli confida di chiamarsi Curd von Stauffen, nome che risveglia a Nathan dei ricordi. Arriva Daja che comunica a Nathan di essere stato convocato da Saladino ed egli asserisce di voler fare tutto ciò che lui gli chiederà perché egli ha salvato colui che ha salvato sua figlia. Arriva Al-Hafi che gli comunica il motivo per cui Saladino l’ha convocato, gli dice di non farcela più a fargli da tesoriere e che sta per partire per l’India dove tornerà a fare il derviscio. Atto terzo[modifica | modifica wikitesto] Recha e Daja parlano di Dio. La serva cristiana vuole che il templare porti Recha in Europa. Vuole che “il suo Dio, il Dio per il quale combatte la porta alla terra alla quale appartiene”. Recha la redarguisce perché Dio non appartiene a nessuno e non ha bisogno di nessuno che combatta per lui. Giunge il templare che, fissando Recha, se ne innamora mentre lei affievolisce il desiderio che aveva per lui. Il templare poi si reca dal sultano a prendere Nathan. Saladino, nel frattempo, chiede a Nathan non soldi ma – per testare la sua saggezza – gli chiede quale sia la fede più vera. Nathan risponde con: la parabola dei tre anelli (Ringparabel): Vi era una volta in Oriente un uomo che possedeva un anello che aveva il potere di rendere grato a Dio e agli uomini chi lo portasse con fiducia. Egli lasciò l’anello al figlio più amato e così via finché uno dei discendenti non ebbe tre figli che amava in egual misura. Egli promise, in vita, l’anello a tutti e tre e così, quando morì, fece costruire due copie identiche e diede ad ogni figlio un anello. I tre anelli sono identici, impossibile provare quale sia quello vero, così come per noi è impossibile sapere quale sia la vera fede. I tre fratelli litigarono e andarono da un giudice. Egli lesse questo gesto paterno come atto d’amore e consigliò loro di agire come se ognuno di essi avesse il vero anello, aiutando le sue virtù naturali con carità e devozione a Dio. Quando le virtù degli anelli appariranno nei nipoti dei nipoti il giudice li invita a tornare da un suo successore perché egli, più saggio di lui, possa decidere la questione. Detto questo fu Nathan a proporre a Saladino di prestargli del denaro, Saladino ringrazia e convoca il templare. Il templare incontra poi Nathan e gli chiede la mano della figlia ma lui tentenna volendo sapere a quale ramo degli Stauffen egli appartenga. Il templare si incontra poi con Daja che gli confessa che Recha, in realtà, è figlia di cristiani e non è quindi né ebrea né figlia di Nathan. Atto quarto[modifica | modifica wikitesto] Il templare si reca dal patriarca a chiedere consiglio sul da farsi e questi gli dice che, se ciò fosse vero, l’ebreo in questione andrebbe messo a morte sul rogo per induzione all’apostasia. Il templare si reca poi da Saladino che sta ricevendo il denaro di Nathan, lo ringrazia per la vita donata e gli giura fedeltà. Poi racconta a Saladino, un po’ irato, che Recha è stata allevata come ebrea a sua insaputa e lui chiede di convocarlo. Partito il templare Saladino chiede a sua sorella Sittah di portarla al suo cospetto. Nel frattempo Nathan incontra il frate e questi gli confessa che fu lui, diciotto anni prima, a consegnargli la bambina la cui madre era morta e che gli fu affidata dal padre militare, Wolf von Filnek, prima di muovere verso Gaza e di morire presso Ascalona. Il frate non condivide la rabbia del patriarca in quanto, sostiene, in giovane età l’amore di un padre è più utile del cristianesimo. In fondo, sostiene, il cristianesimo si basa sull’ebraismo e Gesù stesso, in fondo, era un ebreo. Nathan racconta a sua volta che, poco prima di incontrare il frate diciotto anni prima i cristiani avevano ucciso sua moglie e i suoi sette figli. Passata però la rabbia contro i cristiani egli accolse la ragazza come mandata da Dio per sostituire i suoi sette figli morti. Nathan poi suppone che la madre della bambina fosse una von Staffel e suo zio fosse Conrad von Stauffel, il padre del templare. Il frate si allontana alla ricerca di un breviario in cui erano stati segnati i parenti della bambina. Atto quinto[modifica | modifica wikitesto] Finalmente arrivano, dall’Egitto, i soldi delle tasse per riempire le casse di Saladino. Nel frattempo il templare riconosce che Nathan ha agito bene prendendosi cura di Recha ed avendola allevata così bene e si pente di aver parlato con il patriarca. Il frate dà a Nathan il breviario con i nomi dei veri parenti di Recha e gli dice che il templare ha fatto la spia al patriarca. Nathan incontra poi il templare che confessa di aver parlato con il patriarca, chiede perdono a Nathan e gli chiede la mano della figlia “ebreo o cristiana che sia”. Nathan gli risponde che è troppo tardi, che ormai si è trovato un fratello di Recha e che quindi sarà lui a occuparsi di lei e a decidere chi potrà prendere in moglie. Entrambi vanno poi da Recha che si trova da Sittah. Nel frattempo Recha si lamenta con Sittah del suo destino e di Daja che, pur avendola sempre amata come una madre, identifica, secondo Recha, il cristianesimo come la sola vera fede, l’unica via verso Dio e si sente tenuta a guidare verso quella via tutti coloro che non la seguono. Recha dice poi a Sittah che Daja le ha confessato di essere nata da cristiani e che Nathan non è suo padre. Arriva Saladino che le dice che il sangue non fa il padre ma che sarebbe meglio per lei se trovasse un marito e, anzi, ha convocato Nathan e il templare. Nathan comincia a parlare e dice che il templare non si chiama Curd von Stauffen ma Leu von Filnek. La madre era una von Stauffen così come suo zio, Curd von Stauffen. Suo padre, invece, Wolf von Filnek, era un amico di Nathan ed era anche il padre di Recha, che in realtà di chiama Blanda von Filnek. Il padre di entrambi, per di più, non era tedesco ma persiano e Saladino, riconoscendone la scrittura nel breviario, lo identifica con suo fratello Assad. Il testo si conclude con l’abbraccio collettivo della ritrovata famiglia. I temi principali sono l'amicizia, la tolleranza, il relativismo di Dio, un rifiuto dei miracoli e un bisogno di comunicazione. L'anello rappresenta la contiguità dei valori. Lessing pone tutte e tre le religioni sullo stesso piano, evitando in tal modo che una delle tre prenda il sopravvento sull'altra. Questo atteggiamento fa capire come l'opera di Lessing promuova la tolleranza tra le religioni e respinga invece il fanatismo, riconoscibile inizialmente nel personaggio di Saladino. Il libro è stato tradotto in molte lingue ed è spunto di molte recite scolastiche in scuole medie ed elementari. Biografia Gotthold Ephraim Lessing è considerato la più geniale figura dell'illuminismo tedesco. Lessing nasce il 22 gennaio 1729 a Kamenz, nell'alta Lusazia, territorio slavo-tedesco. E' il secondo di 12 figli; il padre è il primo pastore del paese. Nel 1746 si iscrive alla facoltà di teologia di Lipsia. Scrive la sua prima commedia, Il giovane specie di verità appartengono le verità religiose. Queste sono sempre fondate su fatti particolari, quali il miracolo e la rivelazione; come possono tali fatti particolari costituire il fondamento di verità eterne e universali, quali sono quelle che la religione insegna? A questi interrogativi risponde appunto L'Educazione del genere umano. Il concetto fondamentale di questo scritto è che la rivelazione è educazione. L'umanità nella sua storia ha un suo sviluppo esattamente come l'individuo. Essa si educa attraverso la rivelazione, la quale le comunica quelle verità che essa non è ancora in grado di intendere, in attesa che diventi capace di raggiungerle e possederle in modo autonomo. Da questo punto di vista, la rivelazione stessa si storicizza giacché non cade in un punto singolo della storia ma accompagna l'intero corso di essa, preannunciando e precorrendo gli sviluppi autonomi della ragione. Come la natura è una continua creazione,così la religione è una continua rivelazione. Ogni religione positiva è un grado di questa rivelazione, che comprende in se stessa tutte le religioni e le unifica nel corso della sua storia progressiva. La coincidenza totale della rivelazione con la ragione, della religione positiva colla religione colla religione naturale, è il termine ultimo cui l'umanità è destinata dalla provvidenza. Poiché la religione cristiana è la più alta religione positiva, i suoi dogmi incarnazione, trinità, redenzione - si trasformeranno da ultimo in verità di ragione. E la ragione del cristianesimo si chiarirà infine come il cristianesimo della ragione. Se non che, "come possiamo, ormai, per la dottrina dell'unità di Dio, fare a meno del Vecchio Testamento, come cominciamo, a poco a poco, per la dottrina dell'immortalità dell'anima, a poter fare a meno anche del Nuovo, non potrebbero essere fatte balenare, in quest'ultimo molte altre verità che ci tocca riguardare ammirati come rivelazioni finché la ragione non abbia imparato a dedurle dalle altre sue verità ritrovate e a collegarle ad esse?" (par. 72). L'educazione mira a che l'uomo sia posto finalmente in grado di capire e di fare da sé, "nel pieno rischiaramento di se stesso" (par. 88). Lessing è anche convinto che “la strada su cui il genere umano giunge alla perfezione, ogni singolo uomo (chi prima e chi dopo) deve averla percorsa per suo conto”. Essendo però impossibile che “in un’unica vita” l’individuo riesca a percorrere tutte le tappe del proprio perfezionamento, gli sembrò imperativo ammettere l’ipotesi “che ogni singolo uomo sia esistito su questo mondo più di una volta” (par. 94). Sull’idea della metempsicosi, egli giunse assai tardi, forse anche in seguito alle proprie personali amarezze (perdita di moglie e figlio). L'ispirazione degli scritti di Lessing è certo prevalentemente religiosa, ma di una religiosità tutta illuministica, che diffida delle religione positive e vorrebbe da esse depurare una religione naturale universale. In uno scritto Sullo sviluppo della religione rivelata, egli dice: "la migliore religione rivelata è quella che contiene il minor numero di aggiunte alla religione naturale". Così pure, ne Il cristianesimo della ragione (1753), egli tenta una completa razionalizzazione del dogma, partendo dall'idea di un essere perfettissimo, per il quale il pensare fa tutt'uno col creare: nel pensare la propria perfezione, l'Essere genera un Figlio, e con esso si unifica e si armonizza nello Spirito. Nel pensare invece le proprie perfezioni come staccate da sé, l'Essere crea il mondo delle singole individualità, anch'esso unitario e armonico,in cui ciascuna individualità ha il compito di agire quanto più può nella direzione segnata dalla propria perfezione. Ne La religione di Cristo, Lessing scinde nettamente la religione della tradizione cristiana dalla religione che professò lo stesso Cristo vivente. Mentre nella prima egli trova incertezza e ambiguità, e non approva l'adorazione di un Cristo ritenuto più che uomo e identificato colla seconda persona della Trinità. Questa scissione di un cristianesimo del Cristo vero da un cristianesimo della tradizione sta però in contrasto con un'altra veduta di Lessing, secondo cui la verità della religione non può essere provata da un qualsiasi fatto storico come tale. Egli si vale della distinzione leibniziana tra verità di fatto e verità di ragione per ascrivere alle prime argomentazioni quali per esempio i miracoli, la cui notizia, egli dice, anzitutto non si sa se risponda a verità e, in secondo luogo, quand'anche rispondesse a verità, non proverebbe la verità di una religione che appartiene all'altra categoria delle verità di ragione. "La religione dei Vangeli non è vera perché gli Apostoli l'hanno insegnata ma al contrario questi l'hanno insegnata perché vera: la verità interna è la prova della tradizione scritturale, non viceversa”. La Bibbia va interpretata, secondo Lessing, secondo lo spirito e non secondo la lettera. La verità del cristianesimo non si fonda sull'autenticità storica degli scritti biblici. La sua posizione è in fondo quella di un sostanziale disinteresse per tutte le religioni rivelate. Lo si constata anche nel dramma Nathan il saggio che riprende l'antica parabola dei tre anelli (raccolta già dal Boccaccio nella novella di Melchisedech giudeo e il Saladino): un padre, morendo, aveva distribuito ai suoi tre figli tre anelli (simbolizzanti le religioni cristiana, ebraica e maomettana), uno dei quali rendeva il possessore bene accetto a Dio; ma pretendendo ognuno dei tre di essere il vero possessore dell'anello, il Saladino sentenzia che gli anelli devono essere tutti falsi, poiché chi possiede il vero dovrebbe, almeno mette in evidenza la differenza tra pittura e poesia. I corpi e le loro qualità visibili sono gli oggetti propri della pittura, mentre le azioni sono gli oggetti propri della poesia. In altre parole, la prima non può rappresentare che i corpi, la seconda le azioni. La poesia si serve delle azioni anche per rendere i corpi da cui le azioni scaturiscono; la pittura quando si trova alle prese con un'azione, cerca di coglierne il momento supremo. La poesia utilizza segni semantici arbitrari, cioè suoni verbali condizionati non dalla natura ma dal convenzionale sistema linguistico, i quali sono articolati in successione temporale ed esprimono azioni. La pittura opera invece con segni imitativi naturali (figure e colori) che hanno una collocazione contigua nello spazio e possono rappresentare soltanto le proprietà sensibili dei corpi. Certo, una rappresentazione di azioni è possibile anche in pittura, ma l’arte figurativa può utilizzare solo un unico momento dell’azione, il più pregnante; mentre i segni verbali consentono al poeta di rappresentarcene il divenire.  Ma le regole fondamentali della poesia e della pittura sono identiche perché entrambe sono arti imitatrici. L'estetica e la poetica filosofica, nel Lessing, non sono fine a se stesse, e devono essere costantemente valutate in relazione alla sua attività di artista. Lessing si rendeva conto dei pericoli di un teorizzare astratto che perdesse i contatti con la realtà della produzione e della critica d'arte.   Riassunto di Nathan il saggio Il munifico sultano di una Gerusalemme favolosa e pervasa da una sottile aura massonica, Saladino, tollerante fino a desiderare l’imparentamento con un regnante cristiano, durante una tregua nella III Crociata, grazia un templare, perché rassomigliante al fratello di cui ha perso le tracce da lungo tempo. Nathan, saggio e ricco mercante ebreo, di ritorno da un viaggio apprende che la figlia Recha è stata salvata da un incendio dal medesimo templare. Il fanatico cavaliere tedesco, dopo lunga diffidenza, accetta il ringraziamento e l’amicizia dell’ebreo: quando però ne chiede la figlia in sposa, Nathan si oppone chiedendo tempo. Intanto messo alla prova da Saladino con una domanda su qual sia la vera religione, il saggio mercante espone la parabola dei tre anelli identici, simboleggianti le tre grandi religioni monoteistiche, copie dell’unico vero anello andato smarrito (vedi Boccaccio, Decameron, I,3). Giustificando così un umanesimo universalista Nathan si conquista anche l’amicizia del sultano. Ma il templare, smarrito nel suo innamoramento e ferito dal rifiuto, apprende che Recha è in realtà solo figlia adottiva di Nathan, cristiana e per di più ignara della verità su se stessa. Egli potrebbe perciò ottenere con la costrizione ciò che desidera, anche a costo della rovina dell’ebreo, ma ne è trattenuto dal Saladino. A un colloquio tra Nathan e il buon frate Bonafides può ora scoprirsi l’antefatto e maturarsi lo scioglimento della vicenda. Recha fu affidata, bimba, dallo stesso frate a Nathan, dopo che l’intera famiglia di quest’ultimo era stata arsa dai crociati. Il frate consegna all’ebreo un libricino in suo possesso in cui sono annotate in arabo due genealogie rivelatrici. Tutti convengono nel palazzo di Saladino. È lo stesso Nathan che palesa a Recha di essere solo suo padre adottivo, ma le fa sapere anche che ella ha un fratello. Questi è lo stesso templare che, dopo l’immediata delusione, accetta con gioia la nuova sorella. Nathan accoglie entrambi come figli e aggiunge l’ultima rivelazione. Il vero padre dei due giovani, suo amico, non era tedesco, ma solo marito di una tedesca. La scrittura delle annotazioni nel libricino rivelatore, appartenutogli, testimonia infatti che altri non era se non il fratello scomparso di Saladino; quest’ultimo aggiunge con gioia alla rinnovata famiglia sé e la sorella Sittah, in qualità di secondo padre adottivo e madre adottiva. Gotthold Ephraim Lessing (1729-1781) è uno degli autori più importanti del Settecento tedesco, purtroppo poco conosciuto e rappresentato nei teatri italiani. In questo articolo vogliamo quindi presentarvi il pensiero di un illuminista innovativo e antidogmatico che, al pari di Kant nel suo Che cos’è l’illuminismo?, sostenne quell’uscita dell’uomo dallo stato di minorità tanto cara agli intellettuali di periodo, la necessità di sviluppare un senso critico e, in ambito letterario, di svincolarsi dai rigidi canoni imposti dalle poetiche dell’epoca. Perché leggere Lessing? L’antidogmatismo di Lessing si sviluppa lungo due direzioni. Dal punto di vista letterario, egli propose il superaramento delle convenzioni della poetica aristotelica, ad esempio elevando di spessore l’argomento delle commedie o proponendo modelli che percepiva più vicini alla sensibilità tedesca, ispirati in primo luogo a Shakespeare. Dal punto di vista teologico, poi, fu sempre un sostenitore della ragione contro la fede cieca ed il fanatismo, come testimonia la polemica scoppiata con il pastore di Amburgo Goeze. Lessing aveva infatti pubblicato dei frammenti anonimi su vari temi teologici, corredati da commento, che sostenevano tesi quasi scandalose per l’epoca (come la tolleranza verso il deismo e persino verso l’ateismo e la diffamazione della ragione operata dai predicatori sui Il templare, al centro di una complessa questione familiare, è l’unico superstite di un gruppo di cavalieri cristiani: il sultano gli ha concesso la grazia in virtù della sua estrema somiglianza con un fratello scomparso. L’agnizione finale, inutile dirlo, è dietro l’angolo, ma lo scioglimento della trama ha il risvolto ben più importante di rappresentare concretamente il rapporto di parentela tra le diverse religioni monoteiste. Il sultano, Saladino, è l’unica figura storica presente nell’opera: vissuto nel corso del XII secolo, condusse le forze musulmane alla riconquista della Palestina in seguito alla vittoriosa battaglia di Hattin. La sua figura aveva già ispirato molti autori, tra cui Dante, che lo include nel Limbo come esempio di uomo retto e virtù cavalleresca, e Boccaccio, in ben due novelle del Decameron. L’intreccio La trama consiste in un complicato intreccio di relazioni, in cui Nathan si trova a fare da padre ad una fanciulla orfana di famiglia cristiana il cui padre, come si scoprirà alla fine, è niente di meno che il fratello di Saladino, convertitosi dall’islam al cristianesimo per amore. Il pensiero di Nathan – in cui si rispecchia quello di Lessing – è però evidente da una parabola che il saggio ebreo racconta al Saladino, allorché egli gli domanda quale sia, per un uomo della sua statura intellettuale, la legge (ossia la religione, perché in termini coranici le due espressioni sono molto vicine) più conveniente. Infatti Nathan, sostiene il Saladino, non può essere ebreo semplicemente perché tale è nato: dev’esserci qualcosa che lo ha convinto a rimanere ebreo, qualcosa che gli ha fatto prendere consapevolmente la decisione di professare l’ebraismo. La parabola dei tre anelli: Boccaccio e Lessing A questo punto Nathan spiazza il suo interlocutore, raccontandogli la parabola dei tre anelli; la fonte di Lessing è una novella del Decameron di Boccaccio, in cui il giudeo Melchisedech si trova, proprio come Nathan, a discutere con Saladino di “quale delle tre leggi tu reputi la verace, o la giudaica o la saracina o la cristiana.” [1] La parabola vuole che in Oriente un uomo possedesse un anello inestimabile; alla sua morte l’oggetto fu lasciato al figlio più amato, in modo da determinare la discendenza: a sua volta quel figlio avrebbe lasciato l’anello al suo figlio più amato e così via. L’anello passò di figlio in figlio, fino ad arrivare a un padre di tre figli, tutti amati nello stesso modo. Non potendo decidersi su quale dovesse ricevere l’anello e il regno, il padre fece forgiare altri due anelli esattamente identici al primo e donò i tre anelli a tutti i suoi figli, lasciando alla sua morte il regno in preda ad invidie e litigi. I figli non sapevano infatti decidersi su quale fosse l’anello vero, poiché essi erano assolutamente uguali, e l’unico responso che ebbero dal giudice designato a sciogliere la questione fu il seguente: VOI DITE CHE L’ANELLO VERO HA IL MAGICO POTERE DI RENDERE AMATI, GRATI A DIO E AGLI UOMINI. SIA QUESTO A DECIDERE! GLI ANELLI FALSI NON POTRANNO. […] CIASCUNO DI VOI AMA SOLO SE STESSO? ALLORA TUTTI E TRE SIETE TRUFFATORI TRUFFATI! I VOSTRI ANELLI SONO FALSI TUTTI E TRE. […] OGNUNO FACCIA A GARA PER DIMOSTRARE ALLA LUCE DEL GIORNO LA VIRTÙ DELLA PIETRA NEL SUO ANELLO.  Un invito alla tolleranza In questa parabola, la cui morale si rispecchia nella conclusione lieta del dramma, è contenuto il messaggio di tolleranza che Lessing intendeva trasmettere ai suoi lettori e spettatori. I tre anelli rappresentano, com’è evidente, le tre grandi religioni monoteistiche e i tre fratelli, incapaci di accordarsi su quale sia l’unico anello vero, sono i fedeli più fanatici, che non sanno andare oltre le differenze storiche e culturali del proprio credo. Per Lessing, il valore dell’essere umano non dipende dalla forma storicizzata della propria fede, ma dalla qualità della sue azioni e dal rapporto che è in grado di instaurare con ogni altro essere umano, indipendentemente dalle differenze di cultura, religione o nazionalità. Lessing invita la gente del suo tempo alla tolleranza e questo invito, variamente accolto o rifiutato nel corso dei secoli, vive ancora oggi nell’arte e nella letteratura, che occasionalmente possono fungere da pulpito – proprio come avrebbe voluto Lessing – per trasmettere al pubblico un messaggio di umanità. carità, e con profonda devozione a Dio. Quando le virtù degli anelli appariranno nei nipoti, e nei nipoti dei nipoti, io li invito a tornare in tribunale, tra mille e mille anni. Sul mio seggio siederà un uomo più saggio di me; e parlerà. Andate!». Così disse quel giudice modesto. Ancora oggi ai nostri giorni molti si chiedono quale sia tra le tre grandi religioni monoteiste (Ebraica, Cristiana e Islamica) quella vera, pochi realizzano la sostanziale inutilità di questa domanda in quanto quello che conta è il ben operare. Ognuno si deve sforzare guidato dalla sua religione, dalle sue virtù e dalle sue idee di fare del proprio meglio, prescindendo dal confronto con le altre religioni ed accettandone le diversità. Nella parabola il padre ha donato ad ognuno dei suoi tre figli un anello prezioso dotato di un particolare potere, nessun anello però è più prezioso dell’altro. Si professi quindi la propria religione senza disprezzare le altre, ma stimandole e rispettandole. Così facendo ci si avvicina per varie vie all’unica religione morale che non consiste in dogmi e in osservanze ma in una disposizione del cuore a sostenere tutti i doveri umani come nostro destino e volere divino. Ogni chiesa in quanto comunità religiosa di esseri umani non può pretendere di essere unica ed infallibile, ma può aiutare gli uomini che la costituiscono ad operare nel bene indicando loro una via. Il messaggio di Lessing ci esorta ad accettare la pluralità delle fedi ed a praticare la tolleranza religiosa. Operare nel bene, impiegare la propria vita e le proprie capacità al servizio di se stessi e degli altri, compiere il proprio dovere, combattere con coraggio per le proprie idee, amare il prossimo. Anche chi percorre questa strada guidato da una sua religione morale è alla ricerca del vero anello,quello che si è perduto, e forse senza saperlo lo ha già trovato.

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Nathan il saggio

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Nathan il saggio (Nathan der Weise) è un dramma scritto da Gotthold Ephraim Lessing e pubblicato
nel 1779.
Ambientato a Gerusalemme durante la terza crociata, il dramma descrive in che modo il saggio
mercante ebreo Nathan, l'illuminato sultano Saladino e un inizialmente anonimo templare riescono a
colmare il loro divario tra Ebraismo, Islam e Cristianesimo.
La sua rappresentazione fu proibita dalla Chiesa durante la vita di Lessing ed insieme ad un'altra sua
opera, Gli ebrei (Die Juden), fu bandita anche sotto il regime nazista.
Atto primo[modifica | modifica wikitesto]
Nathan, mercante ebreo, torna a Gerusalemme da Babilonia dov’era per affari e Daja, dama di
compagnia cristiana di sua figlia Recha, gli dice che la sua casa è bruciata. Recha si è salvata solo
grazie all’intervento di un templare misterioso che poi non si è fatto più trovare. Questo templare era
stato prima catturato e poi liberato da Saladino. Recha sostiene che chi l’ha salvata fosse un angelo
mentre Nathan la convince che era un uomo intervenuto per miracolosa coincidenza. Arriva Al-Hafi, ex
derviscio e ora tesoriere di Saladino nonché amico di Nathan. Lui chiede a Nathan di aiutarlo col suo
incarico ma Nathan, oltre a rifiutare, lo consiglia invece di tornare alla libertà del suo mestiere
precedente. Il templare incontra un frate inviato dal patriarca che gli dice che deve portare una lettera a
re Filippo contenente informazioni per tendere una agguato a Saldino. Ma lui rifiuta perché Saladino gli
ha salvato la vita.
Atto secondo[modifica | modifica wikitesto]
Saladino gioca a scacchi con sua sorella Sittah e perde. Comanda a Al-Hafi di darle la vincita ma lui
confessa che i soldi delle casse sono finiti e che da tempo è la sorella a mantenere la corte. Saladino
ordina a Al-Hafi di andare da Nathan a chiedere un prestito. Nathan insegue il templare per ringraziarlo.
Trovatolo Nathan gli dice quanto è giusto che gli uomini siano buoni e fratelli, nonostante la
provenienza o la religione. Il templare gli risponde che il popolo che per primo si è proclamato eletto,
che ha imposto il proprio Dio come migliore al mondo intero e la cui superbia, poi passata a cristiani e
musulmani, ha contagiato il mondo intero è proprio quello ebraico. Nathan risponde che il templare ha
ragione ma che egli non vuole vedere in lui un cristiano ma un uomo come lui e gli chiede di fare lo
stesso. Lui e il templare diventano così amici ed egli gli confida di chiamarsi Curd von Stauffen, nome
che risveglia a Nathan dei ricordi. Arriva Daja che comunica a Nathan di essere stato convocato da
Saladino ed egli asserisce di voler fare tutto ciò che lui gli chiederà perché egli ha salvato colui che ha
salvato sua figlia. Arriva Al-Hafi che gli comunica il motivo per cui Saladino l’ha convocato, gli dice di
non farcela più a fargli da tesoriere e che sta per partire per l’India dove tornerà a fare il derviscio.
Atto terzo[modifica | modifica wikitesto]
Recha e Daja parlano di Dio. La serva cristiana vuole che il templare porti Recha in Europa. Vuole che
“il suo Dio, il Dio per il quale combatte la porta alla terra alla quale appartiene”. Recha la redarguisce
perché Dio non appartiene a nessuno e non ha bisogno di nessuno che combatta per lui. Giunge il
templare che, fissando Recha, se ne innamora mentre lei affievolisce il desiderio che aveva per lui. Il
templare poi si reca dal sultano a prendere Nathan. Saladino, nel frattempo, chiede a Nathan non soldi
ma – per testare la sua saggezza – gli chiede quale sia la fede più vera. Nathan risponde con: la
parabola dei tre anelli (Ringparabel): Vi era una volta in Oriente un uomo che possedeva un anello che
aveva il potere di rendere grato a Dio e agli uomini chi lo portasse con fiducia. Egli lasciò l’anello al
figlio più amato e così via finché uno dei discendenti non ebbe tre figli che amava in egual misura. Egli
promise, in vita, l’anello a tutti e tre e così, quando morì, fece costruire due copie identiche e diede ad
ogni figlio un anello. I tre anelli sono identici, impossibile provare quale sia quello vero, così come per
noi è impossibile sapere quale sia la vera fede. I tre fratelli litigarono e andarono da un giudice. Egli
lesse questo gesto paterno come atto d’amore e consigliò loro di agire come se ognuno di essi avesse
il vero anello, aiutando le sue virtù naturali con carità e devozione a Dio. Quando le virtù degli anelli
appariranno nei nipoti dei nipoti il giudice li invita a tornare da un suo successore perché egli, più
saggio di lui, possa decidere la questione. Detto questo fu Nathan a proporre a Saladino di prestargli
del denaro, Saladino ringrazia e convoca il templare. Il templare incontra poi Nathan e gli chiede la
mano della figlia ma lui tentenna volendo sapere a quale ramo degli Stauffen egli appartenga. Il
templare si incontra poi con Daja che gli confessa che Recha, in realtà, è figlia di cristiani e non è
quindi né ebrea né figlia di Nathan.

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