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Cosmologia dantesca

appunti sulla cosmologia dantesca
Corso

Letteratura italiana (letteratura italiana)

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Anno accademico: 2019/2020
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La Cosmologia Dantesca

Nella “Divina Commedia” di Dante troviamo sintetizzata la visione cosmologica medioevale. Essa è una diretta derivazione della concezione aristotelico – tolemaica filtrata attraverso la riflessione operata nella prima metà del XIII scolo da Tommaso d’Aquino.

Secondo la concezione cosmologica dantesca la terra, creata dalla divinità, come ogni altro elemento fisico e metafisico, è una sfera immobile al centro dell’universo ed è circondata da 10 cieli concentrici, di cui: - 7 contengono i pianeti, (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno); - 1 contiene il cielo delle stelle fisse, - 1 contiene il cielo Cristallino o Primo Mobile che da inizio al movimento universale - infine quello esterno che è l’EMPIREO (che non è un cielo, anzi non è neppure spazio), è sede di DIO.

La terra si divide in due emisferi:

  1. Emisfero meridionale è interamente occupato dalle acque dell’oceano, privo di vita.
  2. Emisfero settentrionale, che si estenda dalle foci del Gange ad Oriente, fino alle Colonne D’ercole ad occidente, quindi quello che ruota attorno al Mediterraneo, è fatto di terre emerse ed è abitato dagli uomini. Cuore simbolico della Terra è Gerusalemme, la città santa che è anche porta di accesso al mondo ultraterreno, suddivo in 3 regni: inferno, purgatorio e paradiso. La terra nacque nel momento in cui Dio creò gli angeli e i cieli. Ma appena creati alcuni angeli si ribellarono, sollecitati da superbia: Dio li espulse e il loro capo, Lucifero, diventò il re di un regno ribaltato e negativo, l’inferno. L’infermo è un’enorme voragine conica che si apre all’interno della terra sotto Gerusalemme. La voragine è stata creata dalla caduta di lucifero, l’angelo che guidò la ribellione contro Dio. Dio, per punire Lucifero, per aver peccato di superbia, lo scaraventò sulla terra, formando un imbuto, che rappresenta la parte più lontana da Dio. Diviso in 9 cerchi, corrispondente ai peccati in ordine di gravità. Il fondo della voragine coincide con il centro della terra, da qui un cunicolo la Natural Burella permette di attraversare altro emisfero giungendo agli antipodi di Gerusalemme dove qui sorge la montagna del Purgatorio, alla cui sommità si trova il Paradiso terrestre.

gerarchicamente in nove cori. Agli angeli è affidato il compito di dirigere i nove cieli e di comunicare, attraverso gli influssi astrali, le tendenze o caratteri che distinguono creatura da creatura e avviano al proprio destino. Essi fanno muovere l’universo in base alla loro visione di Dio; il moto dei cieli è misurabile dalla rotazione del pianeta ed è causato dal velocissimo movimento del Primo Mobile; quindi è costituito dal moltiplicarsi del primo moto che, a sua volta, è frutto dell’amore di Dio e per Dio, Motore Immobile del Tutto. Le sfere celesti ruotando producono un suono armonioso, segno sonoro dell’ordine cui obbediscono. Questa musica non viene avvertita sulla terra dagli uomini per ottundimento dell’udito (tale credenza era anche in Cicerone che ha sua volta l’aveva dedotto da Platone e dai pitagorici). Dante, salendo nei vari cieli, percepisce un’armonia sempre crescente fino a quando è tanto sublime che non la può più sopportare: non ode più nulla

La cosmologia dantesca come si vede, con il suo gusto delle rispondenze, dei parallelismi, delle simmetrie, delle proporzioni, per la sua gerarchica distribuzione di pene e premi, per il fatto che di tutto protagonista, insieme con Dio, è l’uomo (vivente in terra, dannato all’inferno, espiante nel purgatorio, beato nel paradiso) risponde ad una forte e precisa legge di razionalità. Dante nei singoli episodi potrà abbandonarsi a motivazioni affettive, a contrasti, a sublimazioni mistiche, ma nel complesso il suo oltremondo è un capolavoro di razionalità, di ordine, di misura, a volte perfino geometrizzante. La legge universale che regola tutto l’universo spirituale e che si traduce, quindi, in principio morale per il mondo umano naturale, è dunque il principio dell’ordine. Esso significa in primo luogo ordine fisico, cioè collegamento armonico di tutti gli esseri fra loro: e tutti si muovono da Dio, Motore Immobile, a Dio, causa finale.

Fra l’assoluta grandezza e altezza di Dio e la limitatezza e bassezza mondana, sta come ponte provvidenziale, l’incarnazione del verbo, che traduce il disegno ordinato e perfetto nella storia degli uomini e nella morale, quindi nella storia di ogni uomo.  Il paradiso

  • Struttura Terzo e ultimo dei regni oltremondani, il paradiso dantesco si colloca nei cieli e più esattamente nell’Empireo, al di là e al di sopra dei nove cieli del sistema tolemaico; proprio perché è nei cieli si dice anche “celeste” per distinguerlo dal paradiso terreste o Eden: luogo questo assegnato ad Adamo ed Eva prima del peccato e, secondo una certa tradizione, alle anime dei giusti morti senza peccato; luogo l’altro ritenuto sede di Dio e della corte celeste, costituita dalle schiere degli angeli e da tutti coloro che, superata con l’aiuto della grazia divina la prova dell’impatto con la terra, godono ora della visione beatifica della divinità. Seduti nei seggi circolarmente, sì da dare l’impressione di un’amplissima rosa, bianca, candida perché tutti sono vestiti di bianca stola, i beati si dispongono in diverse file, secondo una gerarchia di meriti, come paladini guerrieri della fede, attorno al loro imperatore, o come frati in un grande coro che, seduti sui seggi disposti a varie altezze, cantano le lodi del Signore che a loro si mostra sull’altare. L’immagine dominante è quella del cerchio, che è figura geometrica allusiva alla perfezione, alla completezza. A quella del cerchio si aggiunge quella verticale della scala, ad indicare sempre allegoricamente il tema ascensionale che caratterizza le anime nel loro progressivo colmarsi di Dio, impadronendosi di Lui per esaltarsi. Il segno concreto di tale beatitudine fatta di contemplazione e di intima intensa gioia è la luce; di luce si avvolgono i beati, fino a perdere dentro di essa ogni elemento che richiami la loro figura in terra: sono ora difatti delle sfere di luce; di luce sono fatti i cieli che vanno dalla luna all’Empireo. La luce è qui metafora della vita spirituale, simbolo dell’immaterialità. Solo nel primo cielo, della luna, le anime conservano ancora deboli linee del loro disegno corporeo; negli altri ogni postilla terrena si dissolve e spegne per dare luogo alla figura della sfera (ancora un simbolo di perfezione). Si presenta dunque fortemente unitario il paradiso, a segnare anche nella sua esteriore compattezza l’unitaria convergenza di tutti i beati e di tutti gli angeli, verso Dio, da cui tutto parte e a cui tutto risale: da Lui tutti derivano ogni momento di letizia e di fervore, a Lui poi ridonano il proprio fervido sentire. Ma la garantita unità anche topografica che tutto il paradiso riduceva all’Empireo andava a scapito della varietà e della molteplicità di situazioni che caratterizzavano i due mondi superati: “un simile paradiso, nella sua unità materiale e spirituale, rendeva impossibile una ricchezza di scene e dialoghi successivi, poeticamente e dottrinalmente interessanti, quali ci offrono le prime due cantiche. Per farlo Dante avrebbe dovuto rappresentare la reggia di Dio come una vera reggia, con varie sale , corti, giardini. Troppo alto e squisito poeta egli era per poter immaginare di rappre - sentare sé e Beatrice aggirantisi per le scale del Paradiso a intesser colloqui or con questo or con quello spirito, distraendolo per alcun tempo dalla visione di Dio, e distraendosene egli stesso. D’altra parte questo era un rinunziare alla simmetria con le altre due cantiche, non solo formale, ma sostanziale; ché rinunzia sostanziale sarebbe stato il togliere alla terza cantica il suo carattere di trattato di teologia. A ciò fu rimedio il popolare di anime, con un pretesto qualsiasi, i pianeti che si dovevano attraversare per salire all’Empireo. E,

menti storici martiri Giove: rende le anime giuste e pie

Dominazioni: mediano sulla terra il potere di Dio sul tempo

spiriti giusti splendori che cantando formano le lettere della scritta DILIGITE IUSTITIAM QUI IUDICATIS TER- RAM, poi si raccolgono nella M dell’ultima parola che si trasforma, mentre si aggiungono altre anime in un aquila araldica , simbolo dell’impero

Geometrica

Saturno: ispira il desiderio di raccoglimento

Troni: mediazione della giustizia

spiriti contemplati vi

Dal cielo di Saturno si alza verso l’Empireo una scala di luce lungo la quale salgono e scendono o si soffermano sui diversi gradini gli splendori delle anime

Astronomia

Stelle fisse Cherubini: mediazione della sapienza divina tra finito e infinito

spiriti trionfanti

Luci accese dal sole di Cristo; at- torno alla più luminosa di esse fa corona di luce cantando l’angelo Gabriele: i beati salgono all’Empireo

Fisica e Metafisica

1° Mobile o Cristallino

Serafini: mediazione della carità di- vina tra finito e infinito

i nove cori angelici

nove cerchi luminosi che ruotano a velocità diverse attorno a Dio, che è un punto matematico di grandissima luminosità

Morale

Empireo Tutti i beati e tutti gli angeli

I beati si presentano come un fiume di luce da cui emergono e in cui si immergono le faville degli angeli; poi lo spettacolo muta e Dante vede le anime disposte a formare un anfiteatro candido per il colore delle vesti delle anime: è la candida rosa, in mezzo a cui, come api, volano gli angeli

Assolto il loro compito le anime ritornavano nel paradiso, a rioccupare il seggio a ciascuna di loro assegnato nella candida rosa. Ma questo dei cieli era un paradiso del tutto funzionale a Dante, alle sue limitate capacità , alle sue necessità poetiche: un paradiso che preparava il pellegrino alla visione unitaria del trionfo della trinità nell’Empireo. E ternario in corrispondenza con la trinità divina è anche il ritmo delle parti dell’Empireo: anche qui prevale l’allegoria del tre. Tre difatti sono le persone della Trinità e tre sono i protagonisti dell’Empireo: gli angeli (la moltitudine volante degli angeli), i beati dell’antico e del nuovo

testamento raccolti unitariamente, ma con il rispetto della gerarchia, nella candida rosa (‘l convento de le bianche stole) ed infine la divinità (l’alto lume). Tre erano le parti dominanti nell’inferno (antinferno, alto inferno, basso inferno) e nel purgatorio (antipurgatorio, purgatorio, paradiso terreste). Anche la corrispondenza simmetrica è sempre espressione di una legge che tutto contiene , armonizza , unifica. Di qui l’unico asse che lega tutto l’universo dalla voragine infernale al monte del purgatorio, e Dio.

  • Ordinamento morale “ Un ordinamento morale compiuto del paradiso si può dedurre solo dalle apparizioni dei beati nelle sfere celesti, nelle quali essi si mostrano per far conoscere a Dante il loro posto. A tutti loro è comune la beatitudine della vista di Dio, la visio dei, in cui trovano tutti la pace ; ma la natura della visione è diversa ed estremamente individuale, per loro come del resto per le “altre schiere”, gli angeli, poiché essa dipende dalla grazia. Nessuno è in grado di conoscerlo pienamente, neppure Maria e gli ordini supremi degli angeli; solo egli stesso si vede e si penetra totalmente. La diversa misura della visione procede dalla grazia al cui acquisto il merito è una condizione necessaria, ma da sola non sufficiente; essa è volontaria e supera ogni merito, ma accettarla è meritevole perché conforme alla volontà di accoglierla. La grazia genera la visione, dalla visione sgorga la misura del celeste fuoco d’amore, della caritas patriae, e questo si manifesta nel grado di luce che irraggia dall’anima. Per mostrare in forma concreta a sé e ai suoi lettori questo ordinamento estremamente sottile, che in ultima analisi si manifesta con effetti particolari in ogni anima, Dante si rifà alle tradizioni astrologiche della tarda antichità. Poiché la preparazione all’acquisto della grazia consiste nella virtù, e questa nasce dall’amore terreno di Dio, dalla caritas viae, poiché inoltre questo amore viene determinato nella sua particolare direzione dalla disposizione naturale, cioè dall’influsso delle stelle , e il retto amore , la virtù, è un uso retto e misurato che l’anima rationalis fa delle sue disposizioni naturali, Dante trovò nel criterio astrologico delle disposizioni naturali un ordinamento del paradiso nel senso della dottrina dell’amore, che conservava la molteplicità de caratteri umani nell’eterna gerarchia del regno di Dio” (E. Auerbach, in Studi su Dante, Milano, 1963). E si osserva la grande e molteplice strategia che religiosamente muove ogni forza fisica o metafisica proprio in questa compartecipazione estremamente coerente di tutte le forze operanti nel creato ad un destino di ordine che è la legge dell’universo, e di salvezza, che è fine dell’uomo, sia come singolo sia come unità di una società: nello stesso ordine convergono i moti politici, la collaborazione fra due supreme autorità, i libri della Sacra Scrittura, i testi dei mistici e dei teologi, la poesia dei trovatori e degli stilnovisti , il mondo terreno, la vicenda storica. Tutto si colloca davanti a Dio ed ha ugualmente diritto ad essere giudicato, punito, premiato, sublimato; di fronte all’eterno il fatto di cronaca ha lo stesso peso ideale che il grande evento che investe l’impero. Nello stesso tempo e nello stesso canto si collocano il grande Giustiniano, cui va il merito di aver dato ordine alle leggi e di aver creato il grande codice romano, e l’umile Romeo; che vive alla corte di Provenza ed è protagonista di un modesto fatto di cronaca ed ugualmente si trovano insieme l’imperatrice Costanza e la pudica Piccarda , la cui vicenda poté interessare due o tre famiglie fiorentine. All’aldilà si lega il mondo terreno, non solo perché lì convergono coloro che si salvano e verso terra si proiettano le influenze celesti, ma anche perché il beato gode della sua
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da 10 cieli concentrici, di cui:
- 7 contengono i pianeti, (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno);
- 1 contiene il cielo delle stelle fisse,
- 1 contiene il cielo Cristallino o Primo Mobile che da inizio al movimento universale
- infine quello esterno che è l’EMPIREO (che non è un cielo, anzi non è neppure
spazio), è sede di DIO.

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