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La grande guerra Oliver Janz Riassunto

Riassunto "La grande guerra" - Janz
Corso

Scienze della Comunicazione

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Anno accademico: 2020/2021
AutoreOliver Janz
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Università degli Studi Roma Tre

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Oliver Janz – La Grande Guerra

Introduzione

La nostra immagine della prima guerra mondiale è segnata dal fronte occidentale: è presentata soprattutto come una guerra civile fra Germania, Francia e Inghilterra. Tradizionalmente si pensa che sia stata causata dall'atavica inimicizia franco-tedesca, dalla ferita mai rimarginata della sconfitta tedesca nel 1870-71, dalla perdita di Alsazia e Lorena, dall'aspirazione guglielmina a un riconoscimento a livello mondiale e all'armamento navale, dal malcontento britannico di fronte al crescente successo della Germania. Non si fa caso al fatto che l'Europa orientale e meridionale sia stata danneggiata in misura maggiore. Di fatto l'intera Europa orientale fu coinvolta nella guerra, e il conflitto ebbe inizio proprio nei Balcani. Perchè la dimensione orientale della guerra è rimasta a lungo in ombra? Perché l'Unione Sovietica e gli stati dell'Europa orientale che divennero suoi satelliti erano concentrati sul mito fondante della rivoluzione russa, anche se è dalla prima guerra mondiale che trassero origine. Stesso discorso vale per la Turchia, che fa risalire la propria origine (la fondazione della repubblica) con la guerra d'indipendenza scaturita dalla prima guerra mondiale. Con il termine “mondiale” finora si è voluto intendere non tanto l'estensione globale del conflitto, quanto la rilevanza storica mondiale che ebbe. Di fatto però rappresentò per l'Europa e per molti paesi extraeuropei la catastrofe originaria del XX secolo, e dimostrò quanto il mondo e il sistema di potere internazionale fossero globalizzati già nel 1914. Molti stati extraeuropei presero effettivamente parte al conflitto, e la guerra fu globale anche dal punto di vista economico: l'entrata in guerra della Gran Bretagna ebbe conseguenze sul mercato mondiale, perché era il centro del commercio mondiale e della finanza. Tutti gli stati dell'intesa infatti accesero un credito negli Stati Uniti per finanziare la guerra e alla fine della guerra tutta l'Europa perse 10 milioni di soldati e uscì dal conflitto dissanguata a livello finanziario ed economico, e indebitata con gli Usa. La guerra sancì l'ascesa degli Usa e quella dell'Urss, e segnò la fine della supremazia politica ed economica dell'Europa sul resto del mondo. Alla trasformazione della guerra in conflitto globale contribuirono anche Francia e Gran Bretagna mobilitando le risorse dei propri imperi coloniale: gran parte delle truppe britanniche provenivano da Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Canada. Entrambi i blocchi, cercando nuovi alleati, contribuirono all'allargamento del conflitto. Emersero inoltre conflitti regionali e interessi dei singoli stati: paesi come Romania, Bulgaria, Italia, Portogallo, Giappone, Cina e Impero ottomano tentarono di sfruttare il conflitto centrale o per consolidare la propria posizione o per espandersi, e così facendo alimentarono la guerra. Quando entrarono in guerra anche gli Usa quasi nessuno stato potè permettersi di restare in disparte perché era chiaro che al tavolo dei vincitori si sarebbe dato un nuovo ordine al mondo. La guerra non si concluse affatto nel 1918 e cominciò ben prima del 1914 nei Balcani e nelle periferie coloniali come Marocco e Libia. Dopo il 1918 seguirono numerose altre guerre e conflitti armati: dalla guerra civile russa alle lotte di confine dell'Europa centro-orientale, fino dalla lotta d'indipendenza turca e alla guerra turco-greca. Il libro si propone di:

  • individuare le differenze tra la guerra in Europa occidentale e in quella orientale e nel Balcani? Guerra occidentale: guerra classica, in cui sono morti soprattutto soldati. Guerra orientale- balcanica: guerra senza confini, in cui è scomparsa la linea di demarcazione tra militari e civili.
  • descrivere la dimensione globale della guerra contro la visione europea del conflitto
  • sviscerare problemi di periodizzazione: gli antefatti della guerra
  • interrogarsi sulle cause della guerra e sulla responsabilità dello scoppio,e sul modo in cui la guerra ha portato a un tale inaudito dispiegamento di violenza tecnico-industriale e le ragioni della sua lunga durata. -domandarsi come sia stata recepita ed elaborata dalla memoria collettiva la morte di quasi 10 milioni di uomini.

1 In cammino verso la guerra

Che la classe dirigente tedesca abbia avuto una parte notevole di responsabilità nello scoppio della guerra è tesi incontestata. Tuttavia la ricerca ultimamente si è spostata sui Balcani, dove ebbe inizio il conflitto. È facile pensare che la guerra sia stata il risultato inevitabile di fattori come il nazionalismo, l'imperialismo, il militarismo, la corsa agli armamenti, i sistemi di alleanze. Tuttavia spesso si dimentica che il periodo 1871-1914 rappresenta uno dei periodi di pace più lunghi tra le grandi potenze europee. La prima guerra mondiale dunque non fu inevitabile, tant'è che nel 1914 la maggior parte degli osservatori non se l'aspettava affatto. Non si trattò neanche di un caso dovuto alla concatenazione di eventi che avrebbero travolto le potenze europee trascinandole nella guerra.

Nazionalismo, imperialismo, darwinismo sociale L'idea dello stato nazionale omogeneo prese piede sempre di più anche nell'Europa orientale e meridionale dopo il congresso di Berlino del 1878: Serbia, Montenegro e Romania ottennero l'indipendenza e la Bulgaria il riconoscimento di stato autonomo. Ciò portò alla destabilizzazione degli imperi multietnici come l'Impero turco e quello austro-ungarico. L'idea di nazione era legata nella prima metà del XIX secolo a principi di democrazia e liberalismo, libertà e autodeterminazione nazionale. In questa fase i movimenti nazionali si schieravano contro gli ordini statali stabiliti. Tuttavia negli ultimi decenni del secolo il nazionalismo cambiò faccia: divenne sempre più forza conservatrice, legato allo stato esistente, alle sue istituzioni e ai suoi simboli. In questa fase il nazionalismo fungeva da collante sociale e politico, da risposta alle numerose incertezze portate dall'industrializzazione, dall'urbanizzazione, dalle tensioni di classe, dall'estensione del diritto di voto. Importanti agenti della nazionalizzazione delle masse:

  • la scuola elementare, che divenne obbligatoria per legge in molti paesi
  • l'esercito, che grazie all'imposizione della leva obbligatoria divenne sempre più un'istituzione nazionale, intesa come “nazione in armi”. Talvolta rappresentava un primo passo verso l'ascesa sociale, era associata a idee di virilità e onore. In tutti gli stati europei si svilupparono liturgie nazionali con simboli, bandiere, inni, festività. L'incentivazione del sentimento nazionale delle masse si rivelò però un'arma a doppio taglio: mise in moto una dinamica che le elite politiche non riuscirono più a controllare a piacimento e che restrinse il loro spazio di azione sopratutto nella sfera extrapolitica. Questo sviluppo si acuì mano a mano che si saldava il legame tra nazionalismo e impegno imperialistico e coloniale. All'inizio del XIX secolo i possedimenti europei d'oltreoceano si estendevano su più di un terzo del globo. Dopo la seconda metà del secolo iniziò una corsa alla conquista delle zone non ancora colonizzate, a cui parteciparono anche nuovi stati come Germania e Italia. Alla vigilia della prima guerra mondiale tutta l'Africa, a eccezione di Etiopia e Liberia, era sotto il controllo europeo. In molti casi le potenze europee passarono da forme di controllo ufficiose a regni coloniali formalmente riconosciuti. Stati extraeuropei fecero il loro ingresso nel sistema delle potenze imperiali: gli Usa che già avevano sottratto a Gran Bretagna e Germania il primato di potenze industriali, divennero ora anche una potenza coloniale impadronendosi di Cuba, Puerto Rico, Guam, Filippine, Hawaii, Samoa orientali. Il Giappone condusse due guerre vittoriose contro la Cina e la Russia e divenne una potenza con ambizioni imperialistiche in Asia orientale. Le considerazioni economiche giocarono spesso un ruolo secondario nella corsa alle conquiste coloniali: anche se spesso di fronte all'opinione pubblica ci si giustificava con la necessità di assicurarsi materie prime o aree di mercato, in realtà spesso la conquista e l'esercizio del controllo comportavano più costi che guadagni. La spartizione del mondo in colonie e zone d'influenza favorì un clima di panico imperialistico da ultimo minuto, e portò ripetutamente a tensioni fra le grandi potenze, soprattutto in Africa e in Asia. Tuttavia, fino al 1914, questi conflitti vennero arginati. L'espansione coloniale condusse non solo all'aumento delle tensioni, ma anche al loro spostamento verso la periferia. La prima guerra mondiale non fu innescata da conflitti coloniali ma da un critico acuirsi dei contrasti nei Balcani. La prima guerra mondiale quindi si trovava alla fine di una lunga catena di coflitti e guerre derivate dall'espansione imperialistica delle grandi potenze. L'imperialismo derivava da una trasformazione del pensiero storico-politico secondo cui l'esistenza di una nazione era garantita a lungo termine solo attraverso la sua espansione. Le teorie di Darwin

Zarato passò a piani più offensivi, accelerando la costruzione di linee ferroviarie con l'aiuto dei francesi per ridurre il tempo necessario alla mobilitazione. La Francia spingeva per un'azione veloce contro la Germania, e ottenne la promessa dai russi che in caso di guerra sarebbero intervenuti già dopo 2 settimane. A questo piano però si oppose parte del comando militare che voleva concentrare tutte le energie in un'offensiva contro l'Austria-Ungheria. Nel 1912 la Russia decise di impiegare due armate contro la Prussia orientale e quattro contro l'Austria-Ungheria, ponendo così le basi per la dispersione delle forze russe su due fronti. Anche in Francia i piani si fecero sempre più offensivi:i piani non si limitavano più alla difesa del confine belga, ma prevedevano anche offensive in Alsazia e Lorena, che dovevano portare a una rapida invasione della Germania. La Germania era sfavorita: la guerra che si prospettava era una guerra moderna, in cui a contrapporsi non erano eserciti tradizionali ma di masse, e intere società ed economie, e il Reich tedesco non disponeva delle immense riserve di popolazione e delle risorse dei propri avversari, e perciò una lunga guerra di logoramento era da evitare in ogni modo. Già Moltke aveva messo in guardia il paese dal pericolo di una guerra lunga, ma già i suoi successori coltivarono l'illusione di poter concludere rapidamente la guerra con veloci offensive. Secondo loro la guerra era inevitabile, e su questa conclusione si basarono i piani militari tedeschi prima del 1914. Inizialmente i piani erano stati per lo più difensivi, poi con l'avvicinamento russo-francese Alfred von Schlieffen (comandante dello stato generale tedesco) sviluppò un nuovo piano di guerra: dopo una rapida vittoria contro la Francia le truppe sarebbero state trasportate con la ferrovia fino al fronte orientale prima che l'esercito russo portasse a termine il suo lungo processo di mobilitazione. Per riuscire a penetrare rapidamente in Occidente si sarebbe inizialmente utilizzata l'artiglieria pesante contro le piazzeforti francesi al confine con la Germania, ma questa ipotesi venne sostituita da un'altra, cioè si pensò piuttosto di aggirare le linee di difesa francesi. Punti deboli del piano: secondo i calcoli la vittoria si sarebbe raggiunta in 42 giorni, dopo quella data i tedeschi non sarebbero più riusciti ad arrestare l'avanzata dei russi; inoltre in caso di violazione della neutralità del Belgio sussisteva la minaccia di un intervento britannico, pericolo che venne sottovalutato; infine Schlieffen aveva sopravvalutato le forze tedesche, perché l'avanzata attraverso il Belgio nei tempi previsti e con le forze a disposizione era impossibile. La pianificazione della guerra non va confusa con ciò che poi si è concretamente realizzato, ma i piani sempre più offensivi elaborati prima del 1914 hanno di certo aumentato la probabilità di una grande guerra. A molti era chiaro che si sarebbero fronteggiati non solo eserciti e Stati ma intere società civili: Conrad (capo dello stato maggiore austriaco) definiva la guerra imminente come una “battaglia per l'esistenza”. Non ci si preoccupava delle conseguenze economiche e sociali di una grande guerra, ma solo dei piani, nella speranza di poter evitare una guerra duratura con rapide e fruttuose azioni di offensiva. Non vi era certezza che i piani avrebbero funzionato. Così Moltke decise di progettare come primo atto di guerra un attacco ai Paesi Bassi, che dovevano servire da canale di approvvigionamento per la Germania. Correnti nazionalistiche dominavano l'opinione pubblica in gran parte degli stati europei. L'idea dell'inevitabilità della guerra sembrava confermata dalla corsa agli armamenti e dal crescente irrigidimento dei sistemi di alleanze. L'immagine di una guerra inevitabile era particolarmente presente tra i soldati tedeschi e austriaci. Alla rassegnazione si alternava una vitalistica approvazione: la guerra era una medicina per curare gli evidenti segni di decadimento della cultura moderna, era un “bagno curativo e rinvigorente”, contro una “pace pigra”. Molti si aspettavano una rigenerazione morale e speravano che la guerra potesse rafforzare l'influenza politica e la posizione sociale della professione dei militari, che vedevano minacciata dalla democratizzazione, internazionalizzazione, individualismo e materialismo. Dopo la prima guerra balcanica l'impressione che il conflitto fosse inevitabile si accrebbe ulteriormente. L'impero asburgico cominciò a sostenere la tesi che fosse meglio dichiarare subito la guerra piuttosto che rimandarla, e che la guerra contro l'ambiziosa Serbia era indispensabile per evitare lo sfacelo dell'Impero asburgico. Molti generali prima del 1914 si schierarono senza dubbio

per la guerra preventiva, anche se non è chiaro quanto estesa fosse la loro influenza sui governi. Determinante fu il peso dell'esercito sulla politica in Serbia: nel 1903 gli ufficiali avevano assassinato il re filoaustriaco Alesssandro I e la sua sposa e avevano spinto il paese a stringere legami sempre più forti con la Russia. Il governo serbo si vide così costretto a una politica espansionistica sempre più aggressiva e nazionalista che portò alle guerre balcaniche del 1912 e 13. Il topos della guerra inevitabile non va esagerato: prima del 14 molti diplomatici e politici europei ritenevano inverosimile una guerra nell'immediato futuro, secondo alcuni perché le potenze europee erano già abbastanza impegnate con i loro problemi interni, secondo altri perché erano legate fra loro da forti intrecci economici. Inoltre da 40 anni in Europa regnava la pace, e c'era fiducia nel fatto che le possibili crisi si sarebbero potute risolvere senza ricorrere alla guerra. Molti misero in guardia dalle conseguenze catastrofiche che una guerra avrebbe portato. La guerra poteva avere conseguenze politiche e sociali incalcolabili, e di questo erano consapevoli soprattutto i conservatori, che per esempio in Russia avevano potuto constatare quanto breve fosse il passo dalla guerra alla rivoluzione. Quest'idea tra l'altro era condivisa dai leader e teorici del movimento socialista operaio: Engels già nel 1887 aveva profetizzato che la successiva guerra condotta dalla Germania sarebbe stata una guerra mondiale e dal grembo della guerra sarebbe nata una rivoluzione: il risultato certo era il collasso generale e la creazione delle condizioni per la vittoria della classe lavoratrice. In definitiva una grande guerra era ritenuta legittima solo laddove gli interessi vitali di un paese fossero stati minacciati. Francia, Gran Bretagna e Russia erano interessate più che altro al mantenimento dello status quo in Europa: i tre paesi possedevano grandi imperi extraeuropei, il cui controllo e sfruttamento impiegava notevoli risorse, da una grande guerra avevano quindi poco da guadagnare. Le conseguenze per la stabilità interna in Russia sarebbero state non da poco. Tuttavia la situazione europea pareva in Germania sempre più inconciliabile con gli interessi del Reich, e questo incrementò la disponibilità a correre il rischio di una grande guerra. Dietro a ciò si nascondeva la teoria social-darwinista secondo cui al Reich tedesco non restava che scegliere tra l'ascesa a potenza mondiale e la ricaduta nell'insignificanza. Dopo la seconda crisi marocchina del 1911 emerse l'isolamento della Germania, e i tedeschi si convinsero che i rivali stavano accerchiando il Reich per impedirgli di perseguire i suoi interessi vitali.

Sistemi di alleanza e riarmo Spesso le alleanze e le relazioni internazionali fra gli stati europei vengono citati come motivi dello scoppio della guerra, come se le potenze europee fossero scivolate in modo più o meno consensuale nella guerra seguendo i doveri di reciproca assistenza. Tuttavia non andò così, tanto più che in caso di alleanza era richiesta al massimo la neutralità degli alleati. Decisiva fu invece la percezione che vi fossero in gioco interessi nazionali vitali. Detto ciò non si può ignorare l'importanza della contrapposizione franco-tedesca: ossia da un lato l'isolamento dell'Impero di cui esso stesso fu responsabile e il suo fissarsi sulla monarchia asburgica come alleato, e dall'altro l'avvicinamento fra Francia, Gran Bretagna e Russia. Questi fattori influenzarono strutturalmente le relazioni internazionali dell'anteguerra. SISTEMA TRADIZIONALE: ALLEANZE FLESSIBILI Il sistema tradizionale delle relazioni internazionali si basava su alleanze flessibili, di cui Bismarck era stato maestro. SISTEMA NUOVO: ALLEANZE STABILI Dal 1890 in poi si affermò un nuovo modo di concepire le relazioni internazionali, che vedeva in alleanze stabili la base per l'espansione coloniale. Con l'ascesa al trono di Guglielmo II nel 1888 il governo tedesco prese a identificare la sicurezza del paese con alleanze stabili e con la forza militare: le spese per gli armamenti raddoppiarono, e si decise di non prolungare l'accordo con la Russia perché mal si adattava all'alleanza con l'Austria-Ungheria. Le speranze di allearsi con la Gran Bretagna andarono deluse perché questa decise inizialmente di rimanere fedele alla propria splendid isolation. La Russia invece, privata del proprio alleato, si avvicinò alla Francia: nel 1892 strinsero un accordo militare e nel 1894 un contratto di alleanza che aveva carattere meramente

vinti. Secondo molti storici l'equilibrio europeo era inconciliabile con quello globale, e la Germania non poteva diventare una potenza mondiale senza distruggere l'equilibrio dell'Europa. Ciò avrebbe prodotto il blocco dell'espansionismo imperiale del Reich da parte dei vicini europei. D'altra parte va sottolineato che 1) non furono conflitti coloniali a causare la guerra: le rivalità tra le potenze europee venivano appianate con compensazioni e annessioni territoriali nelle periferie imperiali. La cooperazione nello spazio coloniale poteva portare a un duraturo addolcirsi delle relazione tra alcune potenze europee. 2) Neppure la corsa agli armamenti navali tra inglesi e tedeschi fu la causa diretta della guerra: la gara infatti perse progressivamente di importanza e si esaurì al più tardi nel 1912 quando il parlamento inglese concesse i mezzi per assicurare un deciso salto in avanti rispetto ai concorrenti. La Germania allora diede priorità all'ampliamento dell'esercito e rinunciò ai progetti di allestimento di una flotta navale invincibile. Anche per questo i rapporti fra inglesi e tedeschi migliorarono prima del 1914. 3) Ciò nonostante i conflitti imperiali e l'allestimento della flotta tedesca contribuirono a creare una contrapposizione tra blocchi in Europa. Per questo gli anni 1904- 1907 vengono spesso definiti come un periodo di stravolgimento delle relazioni internazionali.

CRISI IN BOSNIA, 1908: mostra come le alleanze fra gli stati europei fossero comunque ancora flessibili. Di fatti l'Impero dello zar rimase isolato e la Francia non si fece condizionare più di tanto dalla sua alleanza con la Russia. In questa crisi emersero per la prima volta le diverse linee di tensione nei Balcani che negli anni successivi avrebbero portato alla prima guerra mondiale: il peggioramento dei rapporti tra Austria e Serbia dal golpe militare del 1903; il nuovo orientamento preso dalla politica russa a favore di un comportamento offensivo nei Balcani e nei confronti dell'Impero ottomano e l'aspirazione al controllo degli stretti da parte dei russi; la persistente debolezza e la crisi interna dell'Impero ottomano stesso. Contro questa decadenza della sovranità ottomana si ribellò il movimento dei Giovani Turchi*, che nel 1908 fece scoppiare una rivolta degli ufficiali in Macedonia. La crisi politica dell'Impero ottomano spinse la Bulgaria a dichiarare la propria indipendenza pochi mesi dopo. In reazione a ciò l'Austria annesse il territorio della Bosnia- Erzegovina, già occupato dal 1878. la Russia aveva accettato questa annessione con un accordo segreto, che prevedeva in cambio il sostegno austriaco in favore della revisione del patto internazionale che vietava alla flotta russa il passaggio attraverso gli stretti. Il governo austriaco rese però pubblico l'accordo, cosa che significò un affronto per la Russia. In questa crisi la Germania diede appoggio incondizionato all'Austria. In questa fase si utilizzò per la prima volta l'espressione “lealtà dei Nibelunghi”. Francia e Gran Bretagna fecero pressione perché la Russia accettasse l'annessione, poiché non erano preparate a un'ulteriore destabilizzazione dei Balcani e dell'Impero ottomano. In questo caso l'entente ebbe il merito di porre un freno all'acuirsi dei conflitti.

  • Giovani Turchi: Giovani Turchi (turco Genç Türkler o Yeni Türkler o Jön Türkler) è la denominazione con cui la storiografia fa riferimento agli appartenenti a un movimento politico della fine del XIX secolo (prima noti col nome di Giovani Ottomani) affermatosi nell'Impero ottomano, ispirato dalla mazziniana Giovine Italia, costituito allo scopo di trasformare l'Impero, allora autocratico e inefficiente, in una monarchia costituzionale, con un esercito modernamente addestrato ed equipaggiato. Essi raccoglievano inoltre l'eredità dei Giovani Ottomani, movimento semi-clandestino della seconda metà dell'Ottocento che si proponeva obiettivi liberali e costituzionali, contribuendo alla Costituzione (Kanun-i Esasi) del 1876. Il movimento - ufficialmente noto come Comitato dell'Unione e Progresso (İttihat ve Terakki) - sorse a Salonicco e comprendeva prevalentemente intellettuali, reclutati spesso nelle società segrete degli studenti universitari progressisti, nonché ufficiali dell'esercito, i quali ne promossero il primo sviluppo, allo scopo di modernizzare e occidentalizzare l'intera società ottomana, liberandola dai "Vecchi Turchi". Quando Abdul Hamid II (1876-1909) cominciò a congedare o a fucilare gli ufficiali sospettati di far parte dell'associazione, l'ala militare del gruppo, nell'estate del 1908, marciò con le proprie truppe sulla capitale Istanbul, costringendo il sultano a concedere il ritorno alla Costituzione del 1876 e cambiamenti al governo del paese. Nello stesso periodo si verificava la frantumazione della sovranità ottomana nei territori balcanici, con la dichiarazione di indipendenza della Bulgaria (che annetté la Rumelia orientale), lo scoppio della rivolta a Creta, che fu annessa alla Grecia, e la

sottrazione di Bosnia ed Erzegovina da parte dell'Impero austroungarico. Il sultano Abdul Hamid, di fronte alla crisi di legittimazione del movimento e del governo, tentò quindi di attuare una controrivoluzione, ma i Giovani Turchi ebbero il sopravvento nell'aprile 1909 e il sultano, deposto, fu sostituito dal fratello, Maometto V (1909-1918). Il nuovo regime, guidato da esponenti del movimento, tentò di realizzare, con qualche successo, un'opera di modernizzazione dello Stato, ma non seppe avviare a soluzione il problema dei rapporti con popolazioni europee ancora soggette all'Impero, in stato di endemica rivolta. Al contrario, i Giovani turchi cercarono di attuare un ordinamento amministrativo più centralistico di quello, autoritario ma inefficiente, del vecchio regime, e ottennero l'effetto di accentuare le spinte indipendentiste e di accelerare la dissoluzione della maggior parte di quanto restava della presenza turca in Europa. Inoltre i suoi dirigenti, in particolare Talat Paşa, si macchiarono delle colpe del genocidio armeno, condotto durante la prima guerra mondiale.

SECONDA CRISI MAROCCHINA: iniziò la vera fase di tensione nelle relazioni internazionali. I conflitti cominciarono a ripercuotersi in Europa. La crisi innescò una reazione a catena in cui si acuirono sopratutto le tensioni sui Balcani. A monte di tutto vi fu il tentativo della Francia di stabilire un protettorato in Marocco. Nel 1911 truppe francesi irruppero in Marocco per reprimere le insurrezioni contro il sultano. Questo atto costituiva una violazione del trattato di Algeciras*: la Francia non aveva chiesto l'autorizzazione agli stati firmatari prima di intervenire.

*Trattato di Algeciras: accordo concluso tra i rappresentanti dei maggiori Stati europei e degli Stati Uniti che si riunirono dal 16 gennaio al 6 aprile 1906 per discutere la questione del Marocco, su cui la Germania di Guglielmo II aveva rivelato qualche mira. Nonostante l'opposizione della Germania e dell'Austria, la Francia finì con l'avere la meglio: il trattato finale (123 articoli e un protocollo addizionale) infatti, riconoscendo l'integrità dello Stato sceriffale, proclamò l'internazionalizzazione economica del Marocco e affidò il controllo di polizia nei porti marocchini alla Francia e alla Spagna. Ciò servì poi da base per l'instaurazione dei rispettivi protettorati (1912).

Il governo tedesco pensò di poter sfruttare la situazione e ottenere concessioni dalla Francia in Africa centrale e inviò su ordine personale dell'imperatore la cannoniera Panther. La Gran Bretagna vide nell'impiego di una nave da guerra tedesca tanto più a sud delle acque nazionali dalla Germania una provocazione. Il governo inglese assicurò il sostegno alla Francia. Il Reich si trovò di nuovo isolato e nelle trattative di novembre dovette accettare il protettorato francese sul Marocco ricevendo come compensazione una parte del Congo francese, più piccola di quanto sperato. La soluzione di questa crisi mostrò:

  • che le potenze europee non erano pronte a far scoppiare una guerra per controversie coloniali
  • che riuscivano ancora a conservare la pace offrendo compensazioni in colonie
  • che né il governo francese né quello tedesco prendevano realmente in considerazione la guerra

Nonostante il suo esito felice tuttavia la crisi ebbe conseguenze a lungo termine:

  • la pace era divenuta più fragile: le alleanze persero sensibilmente di flessibilità
  • le potenze dell'entente si avvicinarono l'una all'altra come mai prima di allora
  • la Germania era isolata e per questo ancora più dipendente dall'alleato austriaco
  • a consolidarsi fu soprattutto l'alleanza franco-britannica, che acquistò una dimensione sempre più militare → da semplici accordi per interessi coloniali ad alleanze più strette e più militarismo → in definitiva con la crisi marocchina si acuirono le tensioni fra i blocchi, nacque un clima di diffidenza e la convinzione che la guerra fosse prossima. Per garantirsi maggiore sicurezza ogni paese prese a potenziare i propri armamenti, e questo accrebbe la diffidenza reciproca. Questo circolo vizioso lasciò il segno soprattutto sulle relazioni franco-tedesche e russo-tedesche, che fino al 1911 erano state buone. La Francia modernizzò le proprie strutture di comando dell'esercito e riprese la cooperazione militare con la Russia. La Russia iniziò a mettere in atto un grande piano di riorganizzazione militare e di riarmo. L'isolamento della Germania nella seconda crisi marocchina aveva destato profondo sgomento: si prese posizione per un ulteriore rafforzamento della flotta e un incremento degli uomini nell'esercito. Il governo tedesco

penisola e impedire un allargamento dell'Austria alla Bosnia-Erzegovina attraverso un processo di arrotondamento dei confini e riorganizzazione della regione. In ciò un sostegno venne dalla Russia che si vedeva come potenza di difesa dei popoli balcanici e che voleva controllare gli stretti. Tuttavia la Russia contribuì a destabilizzare la situazione ma non fu in grado di controllare gli spiriti che aveva destato. Il 13 marzo 1912 Serbia e Bulgaria si unirono grazie alla mediazione e al favore della Russia. In ottobre anche Grecia e Montenegro aderirono alla Lega balcanica. GUERRA BALCANICA: L'8 ottobre il Montenegro dichiarò guerra all'Impero ottomano, gli alleati lo seguirono. Dopo più di 40 anni di pace la guerra era tornata in Europa anche se in forma circoscritta. Durante la guerra le truppe degli Stati balcanici commisero nelle zone di conquista crimini di guerra contro la popolazione civile con una violenza fino ad allora mai vista in Europa. Le truppe ottomane vennero rapidamente sconfitte. Il 3 dicembre fu siglato un armistizio. CONSEGUENZE DELLA GUERRA BALCANICA: la guerra scosse in profondità l'equilibrio europeo ben al di là degli stati coinvolti. L'Austria vedeva nell'espansione delle potenze vicine una minaccia. Per la Russia invece il sostegno ai propri alleati, in primis ai Serbi, era diventata una questione di prestigio: piegarsi davanti all'Austria non era più possibile, il governo si sentiva pronto ad un eventuale conflitto e l'opinione pubblica premeva attravverso le sue correnti panslave*.

*Per panslavismo si intende il movimento culturale nato nel XIX secolo con l'arrivo di ideali liberali e nazionali diffusi negli ambienti colti slavi in seguito al romanticismo e alle guerre napoleoniche. Mirava alla presa di coscienza dei popoli slavi di radici comuni, e si poneva come obiettivo quello di creare un unico Stato nazionale.

Così alla fine dell'anno una guerra fra Austria e Russia sembrò inevitabile. A impedirla fu l'intervento di Gran Bretagna, Francia e Germania, che non avevano interesse nella dissoluzione dell'Impero ottomano. Il 17 dicembre fu indetta un'assemblea permanente a Londra al termine della quale si giunse a una pace il 30 maggio 1913: l'Impero ottomano rinunciava a tutti i possedimenti in Europa compresa Creta, conservando solo una sottile striscia di terra tra il Mar Nero e l'Egeo, mentre i quattro stati balcanici della Lega registrarono notevoli acquisizioni territoriali. L'Europa parve aver nuovamente dimostrato la propria capacità d'azione attraverso la cooperazione superando il sistema della alleanze. La pace fu però di breve durata: gli stati balcanici cominciarono a litigare per il bottino di guerra: Serbia e Grecia pretendevano una parte di Macedonia più grande di quanto previsto dal trattato di Londra, e la Bulgaria non era disposta a cedere. SECONDA GUERRA BALCANICA: Il 1 giugno Grecia e Serbia strinsero un patto contro la Bulgaria la quale in risposta attaccò i due stati. Poco dopo Romania e Impero ottomano entrarono in guerra al fianco di Serbia e Grecia. La Bulgaria si vide costretta a trattare: con la pace di Bucarest (10 agosto 1913) la Bulgaria dovette rinunciare a quasi tutti i territori annessi dopo la prima guerra balcanica: il nord della Macedonia e il Kosovo passarono alla Serbia, la Macedonia meridionale alla Grecia. L'impero ottomano potè riottenere la Tracia orientale. La Romania ottenne parte meridionale della Dobrugia. La Tracia occidentale andò alla Bulgaria.

CONCLUSIONI SULLE GUERRE BALCANICHE: - Le guerre balcaniche danneggiarono non solo l'equilibrio della regione ma l'intera pace europea. Il controllo sulle piccole potenze della regione da parte delle grandi potenze europee era venuto meno già quando Bulgaria,Grecia, Montenegro e Serbia avevano violato il patto di Londra rimanendo impuniti e conquistando nuovi territori. - Il grande vincitore delle guerre balcaniche fu la Serbia, che quasi raddoppiò il suo territorio e la sua popolazione, divenendo il paese più potente dei Balcani. Ciò rappresentava soprattutto per l'Austria un disastro: c'era da temere che il multietnico impero asburgico divenisse preda del nazionalismo serbo, che mirava a un'unione di tutti i popoli slavi del Sud sotto la sua guida. La fiducia dell'Austria-Ungheria nell'ordine internazionale fu messa a dura prova dal fallimento della concertazione fra le potenze europee (vedi punto precedente).

Da qui in poi l'Austria passò a una politica aggressiva, meno improntata a conservare la pace in Europa e più concentrata sulla Serbia. Il 3 ottobre 1913 il Consiglio dei ministri giunse alla conclusione che una guerra contro la Serbia era inevitabile. Senza consultarsi con le altre potenze Vienna pretese il ritiro delle truppe serbe dal nord dell'Albania richiamandosi all'accordo di Londra. La Serbia, militarmente indebolita, acconsentì. Le guerre balcaniche avevano avuto come conseguenza un indurimento dei sistemi di alleanza e un evidente peggioramento delle relazioni tra le grandi potenze. Già nel dicembre 1913 si arrivò a una nuova crisi quando una missione militare tedesca fu inviata a Costantinopoli. La Germania sosteneva da anni l'Impero ottomano con armi ed esperti militari. Questa volta però il capo della missione non si limitò al ruolo di consulente ma fu anche a capo di un commando militare delle forze armate ottomane. La Russia sollevò obiezioni. Nel 1914 Germania e Impero ottomano convennero che il capo tedesco averebbe dovuto rinunciare al commando divenendo però in cambio ispettore generale delle forze armate turche e responsabile della loro formazione. In questo modo formalmente le richieste della Russia vennero ascoltate ma di fatto non si limitò il controllo tedesco su Costantinopoli e la Russia dovette accettare questa sconfitta. Questo fatto però alimentò le forze che in Russia erano a favore di una politica estera più attiva; tra essi c'era il ministro degli Esteri Sazonov che si impegnava per la conquista degli stretti e per l'ampliamento della flotta sul Mar Nero. In maggio si giunse a un accordo russo-britannico riguardo alle flotte. Quando la notizia si diffuse crebbe in Germania la paura dell'accerchiamento.

La crisi di luglio Nel 1914 si riaprì una crisi nei Balcani. Il 28 giugno 1914 l'erede al trono autriaco, l'arciduca Francesco Ferdinando, venne assassino a Sarajevo insieme alla moglie. L'attentato era stato pianificato da un gruppo di giovani nazionalisti serbi (“Giovane Bosnia”). L'attentato inizialmente fallì, la bomba lanciata sull'automobile mancò il bersaglio. Più tardi l'automobile lungo il percorso incontrò un altro membro del gruppo, Gavrilo Princip, che sparò da vicino alla coppia. Vienna diede subito la colpa alla Serbia, e così anche le altre potenze europee. Tuttavia gli attentatori avevano agito su incarico o almeno con il sostegno dell'organizzazione segreta nazionalista Mano Nera* che si batteva per l'unificazione statale di tutti i serbi. Era strettamente legata all'esercito serbo e temeva un attacco preventivo dell'Austria e giudicava Francesco Ferdinando il principale istigatore della guerra.

*La Mano Nera, ufficialmente Unificazione o Morte, fu una società segreta fondata in Serbia nel maggio del 1911 come parte del più ampio movimento nazionalista pan-slavo, che aveva come obiettivo quello di unire sotto lo stesso Stato tutti i territori con popolazioni serbe (ovvero la Bosnia ed Erzegovina, annessa dall'Austria-Ungheria nell'ottobre 1908). La società fu complice della Giovane Bosnia nell'attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914, in cui vennero uccisi l'Arciduca d'Austria Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia, considerato l'evento scatenante della prima guerra mondiale.

Il governo serbo non era interessato a un conflitto, per questo venuto a conoscenza dei piani di attentato, aveva informato Vienna. Questi avvisi non erano stati presi sul serio dal servizio segreto austriaco. Il governo serbo di certo non seguì alcun piano per far scoppiare una guerra e si può escludere il suo coinvolgimento nell'attentato. REAZIONE ALL'ATTENTATO DI SARAJEVO: il governo di Vienna decise rapidamente di usare l'accaduto per un'azione politica forte e se necessario per una guerra contro la Serbia. Si doveva umiliare il paese, arginare il nazionalismo serbo e ripristinare il prestigio della monarchia asburgica. L'Austria fu aiutata in tutto ciò dalle reazioni molto favorevoli dell'opinione pubblica mondiale: il Reich si schierò completamente a favore dell'alleato, sperando tra l'altro che la crisi avrebbe fatto saltare le alleanze nemiche. (Si pensava: o la Russia abbandona la Serbia al suo destino, o Francia e GB abbandonano il loro alleato russo non volendo rischiare una guerra per la Serbia). Queste riflessioni comunque poggiavano sulla convinzione di poter mantenere il conflitto in una dimensione locale. Il governo tedesco ritenne che il momento fosse favorevole: alcuni pensavano che la Russia non fosse pronta alla guerra, altri che avrebbero potuto trovare alleati in Italia, Grecia,

qui: il governo tedesco si attenne alla logica fatale e puramente militare del Piano Schlieffen*, che prevedeva di VIOLARE LA NEUTRALITA' DEL BELGIO. Il 2 agosto il Reich chiese l'autorizzazione del Belgio a far transitare sul proprio territorio l'esercito tedesco diretto in Francia. Bruxelles respinse la richiesta ma il 3 agosto l'invasione del Belgio cominciò comunque e lo stesso giorno Berlino dichiarò guerra alla Francia. Questo fu l' errore più grave commesso dal governo tedesco poiché la GB reagì immediatamente, dichiarando guerra alla Germania. Nessuna alleanza formale obbligava però gli inglesi a intervenire in favore dei francesi. La GB non scese in campo perché era stata violata la neutralità del Belgio, quanto perché l'occupazione del Belgio stabiliva un'egemonia della Germania in Europa che minacciava gli interessi vitali degli inglesi. Per questo il 3 agosto Londra pretese che i tedeschi mettessero fine all'aggressione, ma Berlino ignorò la richiesta e il giorno successivo la GB dichiarò guerra al Reich. Il governo tedesco era stato messo in guardia e fu perciò il primo responsabile dell'allargamento del conflitto.

A Germania e Austria sarebbe davvero bastato battere la Serbia e infliggere una sonora umiliazione al paese. Non volevano una grande guerra europea né una guerra contro la Russia a ogni costo. Ma corsero il rischio.

*Il Piano Schlieffen fu un piano strategico dello Stato Maggiore tedesco, concepito nel 1905 in previsione di una guerra su due fronti (ad est contro la Russia e ad ovest contro la Francia e la Gran Bretagna), guerra che la Germania temeva di dover prima o poi affrontare in seguito all'alleanza tra Francia e Russia ed all'accordo stipulato con la Entente cordiale tra Francia e Gran Bretagna

2 guerra industriale

La prima guerra mondiale fu combattuta su più fronti: le battaglie che costarono il maggior numero di vite umane si svolsero nell'Europa orientale ma la guerra alla fine si decise a Ovest dove si scontrarono le principali società industriali del tempo e dove prese forma l'elemento che distingueva la prima guerra mondiale da tutte le precedenti: la guerra di posizione e la battaglia dei materiali. Per questo il fronte occidentale ha plasmato il ricordo della prima guerra mondiale come mai nessun altro fronte.

Da Lüttich a Mons All'inizio di agosto del 1914 si ebbe ai confini tra Germania, Francia e Belgio la più grande marcia di truppe che la storia avesse mai visto. I tedeschi impiegarono a ovest 7/8 delle loro forze, quasi un milione e mezzo di soldati. La Francia, il Belgio e la GB mobilitarono più di 2 200 000 uomini. PIANO SCHLIEFFEN: Nel 1906 Moltke succedette a Schlieffen come capo di stato maggiore: si attenne all'idea cardine di Schlieffen di aggirare la cinta fortificata francese fra Verdun e Belfort facendo transitare truppe ben armate attraverso Belgio e Lussemburgo, costringendo così il nemico a combattere in campo aperto e causandogli tante perdite che parte delle forze tedesche sarebbero state riportate a est dopo appena 14 giorni. PIANO XVII: lo stato maggiore francese sotto il comando di Joffre prevedeva una concentrazione delle forze armate sul confine franco-tedesco. Lo scopo era la riconquista delle province di Alsazia e Lorena, perse nel 1871. Errori di valutazione sostanziali: i francesi che avevano messo in campo solo una parte delle loro riserve davano per scontato che anche i tedeschi facessero lo stesso, ma non fu così; inoltre si aspettavano che l'attacco venisse solo dalla zona a est della Mosa e lì concentrarono quasi tutte le forze lì, nella parte meridionale del confine tra Francia e Belgio. La parte del confine tra la Mosa e il canale della Manica fu lasciata scoperta. Questo favoriva il piano tedesco di un accerchiamento da nord, perché la maggior parte delle truppe francesi era schierata dove i tedeschi non intendevano colpire.

AVANZATA TEDESCA IL BELGIO

Il 4 agosto cominciò l'avanzata tedesca in Belgio, che però incontrò una forte resistenza a Lüttich, che fu conquistata ma gli attacchi alla cinta fortificata rimasero senza successo finché non si arrivò all'utilizzo dell'artiglieria pesante. Aperta una breccia nella cinta fortificata le armate tedesche poterono marciare nel Belgio con i loro 580 000 uomini. Intanto la terza armata tedesca avanzava da sud verso Dinant. Il 18 agosto con soli due giorni di ritardo rispetto al piano dello stato maggiore tedesco, il passaggio oltre la Mosa era compiuto. Il 20 agosto le truppe tedesche raggiunsero Dinant, Namur e Bruxelles. Seguirono le cosiddette battaglie di confine in cui francesi e tedeschi si scontrarono alle posizioni di partenza al confine franco-tedesco. Qui le perdite furono enormi, entrambe le parti ebbero 200 000 fra morti e feriti.

Quando i tedeschi diventarono unni Durante l'avanzata tedesca furono compiuti massicci attacchi alla popolazione civile. Nelle prime settimane di guerra i tedeschi uccisero 5521 civili belgi e 906 francesi. Il rifiuto di Bruxelles di concedere libero transito verso la Francia suscitò l'ira dei soldati tedeschi, sebbene l'invasione del paese rappresentasse una chiara violazione del diritto dei popoli. Da quando i tedeschi avevano incontrato una forte resistenza a Lüttich incominciarono a pensare che in Belgio e Francia anche i civili opponessero resistenza armata. Tuttavia in Belgio e Francia non esisteva alcun gruppo organizzato di civili volontari. L'idea di essere minacciati da volontari armati rimase però salda nella mente dei tedeschi. A ciò si aggiunse la voce secondo cui civili belgi avrebbero mutilato soldati uccisi e feriti. → paranoia dei tedeschi fino ai livelli di comando più alti. I nuovi fucili in circolazione favorivano queste idee folli perché avevano una gittata di 1500 metri e non si riusciva a individuare il tiratore. Inoltre i luoghi in cui si trovavano i tedeschi erano difficili da controllare dall'alto e accadeva spesso che dopo il tramonto i tedeschi si sparassero tra di loro. In questi casi era molto comodo dare la colpa a qualche manipolo di irregolari e fare rappresaglie contro i civili. - Esempio particolarmente drammatico: MASSACRO DI DINANT. Il 23 agosto vennero uccisi 674 civili, un quinto della popolazione cittadina. Durante la marcia i soldati tedeschi catturarono un gruppo di abitanti; quando i francesi aprirono il fuoco i soldati su ordine di un maggiore fucilarono tutti i civili prigionieri, tra cui c'erano molte donne e bambini.

  • Le ritorsioni dei tedeschi si risolvevano spesso anche con la distruzione di edifici pubblici e privati: un esempio è la distruzione della città universitaria di LOVANIO. Il 18 agosto entrò in città la I armata, diversi notabili furono presi in ostaggio, le armi furono confiscate ai privati, la città era piena di truppe tedesche e disarmata. Ciò nonostante il 25 agosto scoppiò il panico fra i soldati perché si erano uditi spari in lontananza. Alcuni soldati cominciarono a sparare in strada dalle case, altri dalle strade verso i piani alti delle case, la città fu teatro di scene indescrivibili, 248 persone furono fucilate o infilzate con le baionette, alcuni furono torturati, 1500 persone vennero deportate in Germania, si ebbero saccheggi e distruzioni.

Questi fatti danneggiarono gravemente l'immagine che il mondo aveva della Germania e fornì alla propaganda alleata un'occasione insperata per negare ai tedeschi lo status di popolo civile. I tedeschi cercarono di far passare le loro atrocità come rappresaglie legittime contro la detenzione illegale di armi da parte dei civili. La questione delle atrocità di guerra contribuì in maniera decisiva a trasformare la guerra in una guerra totale, in cui i valori della cultura avversaria venivano condannati, in cui gli intellettuali si schierarono in massa. Già la marcia in un paese neutrale aveva messo la Germania dalla parte del torto agli occhi del mondo. Nel corso della guerra poi i tedeschi si macchiarono più volte di violazioni del diritto dei popoli dando agli avversari sempre nuovi motivi di critica.

  • Un altro esempio è l'attacco alla famosissima CATTEDRALE DI REIMS a opera dell'artiglieria tedesca; i tedeschi giustificarono il bombardamento dicendo che su una torre della cattedrale si sarebbe trovato un posto di vedetta francese, ma queste maldestre

I francesi tentavano di accerchiare i tedeschi che a loro volta sfuggivano e tentavano di accerchiare i francesi, in questo modo le truppe si spostavano sempre più verso nordovest: questo fu l'inizio della cosiddetta corsa al mare , dove però l'obiettivo non era raggiungere la costa per primi ma accerchiare il nemico attraverso attacchi sul fianco, cosa che a nessuno dei due riuscì. Entrambi i contendenti si rivolsero allora alla zona tra Arras e la costa, sempre nella speranza di sorprendere il nemico alle spalle. Il re belga si era ritirano oltre l'Yser, nella zona più occidentale del paese che si affacciava sulla Manica. Presso Yser si dispose il corpo di spedizione britannico mentre i francesi coprivano la regione intorno a La Bassée. In ciascuna delle tre zone si ebbero battaglie violentissime. I belgi accusarono perdite così gravi sull'Yser da rendere possibile uno sfondamento da parte dei tedeschi. Neppure alcune navi da guerra britanniche riuscirono a cambiare la situazione. Alla fine di ottobre i belgi aprirono le dighe presso Nieuwpoort e inondarono i polder provocando l'arresto dell'avanzata tedesca nella zona costiera sommersa. Ciononostante le battaglie presso Ypres furono le più violente e le più lunghe, tanto che l'artiglieria tedesca fu quasi completamente distrutta. In Germania fu soprattutto la BATTAGLIA DI LANGEMARCK a ottenere una certa fama. Lì il 10 novembre un'unità di circa 7000 volontari tedeschi subì gravi perdite durante un attacco a postazioni britanniche. Tra loro vi erano studenti giovanissimi. Il fatto fu stigmatizzato dalla propaganda tedesca come infanticidio ma anche glorificato come olocausto della gioventù tedesca nel mito che celebrava l'esaltazione guerriera, il sacrificio e l'eroismo dei volontari, innalzando i caduti a simbolo delle speranze di rinnovamento nazionale e attribuendo loro una volontà che la gioventù tedesca avrebbe perennemente dovuto emulare. Anche Hitler prese parte alla battaglia raffigurando se stesso come soldato di Langemarck nel Mein Kampf.

Il passaggio alla guerra di posizione Dopo le battaglie nelle Fiandre di metà novembre era ormai evidente che nessuna delle due parti era riuscita ad aggirare o a sconfiggere l'altra. I soldati cominciarono a interrarsi, costruendo trincee e scavando postazioni difensive. Il fonte si estendeva per 720 km, da Nieuwpoort sulla costa fino a Altkirch presso il confine svizzero. La strategia tedesca era fallita: il sogno di una vittoria rapida a ovest tramontato. Lo stato maggiore non aveva piani per una lunga guerra su due fronti. Falkenhayn si convinse che la Germania non avrebbe vinto perché il nemico disponeva di forze maggiori, ma il suo consiglio di concludere una pace onorevole venne respinto. L'attacco dei russi a est era stato respinto, il Belgio e vaste parti della Francia nordorientale erano in mano tedesca: questi successi avevano indotto il governo a stabilire un elenco di obiettivi bellici di vasta portata. E neanche gli alleati volevano la pace alla fine del 1914: anche per loro non era ammissibile terminare la guerra senza vantaggi tangibili. Inoltre troppe erano le perdite e troppa radicata la tesi della barbarie tedesca e del militarismo prussiano → in questo modo la guerra nutriva la guerra.

Il passaggio alla guerra di posizione fu una conseguenza della tecnica moderna e delle INNOVAZIONI BELLICHE. La potenza del fuoco, la gittata e la precisione delle armi erano drammaticamente aumentate. Ancora più importante era la mitragliatrice , che poteva sparare dai 400 ai 600 colpi al minuto e che nella prima guerra mondiale fu usata per la prima volta in modo sistematico da tutti gli eserciti. Il suo effetto era sconvolgente: la mitragliatrice uccideva con efficacia industriale e assurse a essenza stessa della guerra moderna e dello sterminio di massa. Dove era impiegata per la fanteria all'attacco era impossibile attraversare la terra di nessuno e giungere alla linea nemica senza riportare perdite enormi. Altre innovazioni: il cannone moderno che non produceva fumo ed evitava il rinculo così che non era più necessario riposizionare l'arma prima di un nuovo sparo. Inoltre i cannoni moderni non dovevano neanche essere ripuliti, caricati e otturati, potevano sparare fino a 30 granate al minuto e avevano una gittata di 9 km. Il potenziale distruttivo della fanteria e dell'artiglieria nei cinquant'anni che precedettero la guerra era decuplicato. Questa superiorità strutturale della difesa era anche una conseguenza delle munizioni infumi, che rendevano più difficile al nemico determinare l'esatta posizione dei tiratori mentre per il difensore la visuale sul campo non era più ostacolata dal fumo delle polveri da sparo

tradizionali. La mitragliatrice tornava utile soltanto alla difesa, mentre il peso la rendeva inutilizzabile per l'attacco. La realtà della guerra moderna fu uno shock per la maggior parte dei soldati. Essa contraddiceva tutte le attese che questi avevano nutrito di fronte alla notizia della mobilitazione: essi attendevano una guerra eroica e cavalleresca mentre la guerra moderna costringeva i soldati alla copertura. Tale convinzione condusse alla costruzione di trincee, che non fu dunque imposta dall'alto, al contrario le prime trincee sorsero spontaneamente. I soldati iniziarono nell'autunno del 1914 a sotterrarsi in fossati per proteggersi dal fuoco nemico. A est invece fino all'estate del 1915 prevalse la guerra di avanzamento. Soltanto dopo la prima grande ritirata dei russi si giunse anche lì alla costruzione di trincee. Nei lunghi anni della guerra di posizione morirono molti più soldati che nei primi mesi, ma le battaglie iniziali furono tuttavia caratterizzate da perdite più alte che in tutte le successive: non vennero mai uccisi così tanti soldati in così breve tempo come nelle prime battaglie della guerra, quando entrambe le parti mantenevano l'offensiva a tutti i costi e non costruivano postazioni di difesa. Il passaggio alla guerra di posizione fu la risposta a questa esperienza traumatica. L'evoluzione successiva della guerra sul fronte occidentale può essere descritta come la storia dell'adattamento tattico a queste condizioni e dei tentativi di superare l'immobilismo della conduzione bellica, condizionato dalla superiorità strutturale della difesa.

Battaglia materiale e morte meccanica Nel 1915 era chiaro che il passaggio alla guerra di posizione aveva condotto a un vicolo cieco: la situazione che si era venuta a creare era quella della patta, dello stallo, derivato soprattutto dalla costruzione sistematica di trincee. Alla fine del 1916 le trincee tedesche coprivano 16 000 km, quelle degli alleati 12 000. Dietro la prima linea di trincea ne fu costruita una seconda a 2 o 3 km di distanza, dove stavano le riserve. Con il tempo nacque una terza linea, arretrata di altri 2 km in cui si tenevano pronte ulteriori truppe di rinforzo. Le trincee avevano una profondità massima di 9 metri ed erano coperte in parte con legna, terra e pietre. Tra le linee principali si diramavano innumerevoli trincee di collegamento. Nacque così un labirinto complesso e invisibile di trincee, vissuto dai soldati come un apocalittico mondo sotterraneo. I tedeschi costruirono molte trincee difensive, i francesi invece faticavano a passare alla condotta difensiva della guerra, perché puntavano a una rapida riconquista dei territori occupati dai tedeschi. Anch'essi costruirono trincee di protezione, ma il fulcro delle attività alleate nel 1915 restò l'offensiva, mentre i tedeschi a ovest passarono nettamente alla difesa, concentrando a est gli attacchi. Tuttavia da numerose battaglie emerse che la costruzione di trincee avevano aumentato il peso della difesa in modo massiccio, e gli attacchi frontali contro i nemici conducevano soltanto a enormi perdite, non alla conquista di terreno o allo sfondamento. RISPOSTE ALLA GUERRA DI POSIZIONE: - Tutti giunsero alla stessa conclusione: che prima dell'attacco bisognava eliminare le postazioni nemiche, neutralizzandone soprattutto le mitragliatrici, e ciò poteva avvenire solo con un uso sistematico dell'artiglieria→ più importante risposta tattica alla guerra di posizione. Divenne l'arma dominante della guerra, su cui si concentrarono tutti gli sforzi bellici. Si passò da cannoni leggeri ad armi più pesanti, che potessero sfondare bunker e protezioni di cemento. I francesi impiegarono maggiormente l'artiglieria nelle loro postazioni, nell'autunno del 1915. la risposta dei tedeschi fu difesa flessibile in profondità: costruivano trincee sempre più in profondità e ciò permetteva ai soldati di ritirarsi nelle retrovie e minimizzare così le perdite. - Un altra risposta alla guerra di posizione fu l'utilizzo di gas letali : il 22 aprile 1915 i tedeschi lasciarono fuoriuscire 160 tonnellate di acido cloridrico. Il padre della nuova arma era Fritz Haber, in seguito premio Nobel. Il trattato dell'Aia del 1899 aveva proibito però l'impiego di gas letali e diversi comandanti tedeschi ne rifiutavano l'utilizzo ritenendo l'uso di gas mortali immorale e folle. Tuttavia Falkenhayn si pronunciò a favore del loro impiego, e l'acido cloridrico venne classificato come gas irritante, e non letale. L'effetto era però devastante: migliaia di soldati alleati morirono dopo pochi minuti. I superstiti

riguardava tanto la patria in generale, quanto la preoccupazione di difendere concretamente il paese natio e la famiglia.

IDENTITA' LOCALE E REGIONALE giocarono un ruolo importante. Molti reggimenti erano formati da gruppi di soldati provenienti dalla stessa regione. Spesso i soldati combattevano al fianco di camerati che provenivano dal loro paese natale, cosa che fece nascere un sentimento di appartenenza. Più omogenea era un'unità, più alto era anche il suo morale in battaglia. Anche in unità molto eterogenee comunque si stabilirono forti legami fra soldati. Questo CAMERATISMO è stato molto esasperato a livello di ideologia, ma non era dovuto a fattori ideologici, bensì soprattutto al fatto che si voleva sopravvivere nelle trincee bisognava fidarsi gli uni degli altri. La questione della guerra passava completamente in secondo piano. Anche i fattori religiosi potevano svolgere un ruolo nell'adempimento del dovere. Molti continuavano a combattere infine perché erano stanchi e volevano tornare a casa. A ogni nuova battaglia si legava la speranza che questa portasse finalmente allo sfondamento, alla vittoria e alla pace. Proprio nella nostalgia della pace paradossalmente si trovava un motivo per lottare ancora. Non meno importanti di questi stimoli positivi al combattimento furono i fattori negativi che trattennero dal rifiuto e dalla diserzione. Passare al nemico era pericolosissimo per l'incolumità, poiché i soldati che volevano arrendersi erano difficilmente distinguibili da chi attaccava. Non meno rischioso era allontanarsi dal fronte verso le retrovie: vi era il rischio di finire nelle mani della polizia e di essere processati dal tribunale militare. Condanne pesanti minacciavano i disertori. Anche l'automutilazione, se scoperta, poteva comportare gravi condanne.

3 guerra senza confini

Troppo spesso si dimentica che la prima guerra mondiale fu combattuta su più fronti e non solo su quello occidentale; sia all'interno che al di fuori dell'Europa la guerra non conobbe confini e coinvolse popoli e nazioni nel proprio vortice. A sfumare furono anche i confini della morale e del diritto dei popoli. Guerra senza confini in due sensi: 1. in quanto globale 2. in quanto coinvolse anche tanti civili

La guerra all'Est Piano tedesco : nei piani tedeschi l'idea era di sconfiggere la Francia in poche settimane e rivolgersi solo in seguito alla Russia: per questo motivo allo scoppio della guerra sul fronte orientale del Reich venne schierato appena un decimo dell'esercito tedesco complessivo. Piano russo: mentre gli imperi centrali prevedevano solo di mantenere le loro posizioni in oriente, la Russia intendeva passare all'offensiva contro Germania e Austria-Ungheria. Questo attacco (sollecitato soprattutto dai francesi minacciati dall'esercito tedesco occidentale) doveva avvenire il prima possibile. Già a metà agosto 1914 due armate entrarono nella Prussia occidentale. Il comandante tedesco Prittwitz vedendo la superiorità del nemico chiese a Moltke di potersi ritirare al di qua della Vistola e cedere così ai russi l'intera Prussia orientale. Prittwitz fu sollevato dall'incarico e sostituito da Paul von Hindenburg e da Erich Ludendorff. Questo duo entrò subito nel mito tedesco: tra il 24 e il 31 agosto 1914 i russi vennero stretti in una morsa durante diversi combattimenti che poi entrarono tutti insieme nella storia come la battaglia di Tannenberg. In questa battaglia di accerchiamento, la più grande di tutta la guerra, la II armata russa venne completamente distrutta. Nelle settimane successive Hindenburg e Ludendorff tentarono la stessa manovra contro la I armata ma i russi riuscirono a ritirarsi in tempo. Ma se da una parte i russi venivano sconfitti dai tedeschi, dall'altra infliggevano una grande sconfitta agli austriaci: gran parte della regione, compresa la capitale Leopoli cadde nelle loro mani. In pochi giorni l'Austria- Ungheria contò 100 000 caduti. Da questo smacco l'esercito austriaco non si riprese più per tutto il resto della guerra. La colpa non fu solo del capo di stato maggiore Conrad, ma anche un'eccessiva noncuranza nel pensare all'equipaggiamento dell'esercito ricadde sugli austriaci. A complicare le

cose vi erano anche le tendenze separatiste sempre più forti delle varie nazionalità. L'alto numero di transfughi mostrò come la monarchia avesse perso coesione interna.

Comando tedesco spaccato in due : 1) Hindenburg ottenne l'incarico di comandante di tutte le truppe del fronte orientale. Lui e il suo braccio destro Ludendorff insistevano per uno spostamento del fulcro strategico della guerra dall'Ovest all'Est. Una rapida vittoria contro la Russia sembrava loro più probabile che un successo decisivo contro la Francia. 2) Falkenhayn invece (che era succeduto a Moltke dopo la sconfitta sulla Marna) sosteneva che tutte le vittorie in Oriente fossero prive di valore. → orientalisti vs occidentalisti Hindenburg vs Falkenhayn Dati gli insuccessi degli austriaci il comando tedesco tentò di dominare il debole alleato. Motivo di attrito era la richiesta che ci fosse un comandante tedesco a capo di tutte le truppe alleate in Oriente. Questa richiesta sarebbe stata accettata solo nel 1916. All'inizio di maggio del 1915 tedeschi e austriaci si accordarono per un'offensiva comune e riuscirono a sfondare a Gorlice e a Tarnow. In questa operazione fecero ricordo a un tale dispiegamento di armi da fuoco come non si era mai visto fino ad allora in Occidente. Ora l'iniziativa dell'azione passava di nuovo alle potenze centrali, che nei mesi successivi riuscirono a penetrare nel cuore dell'impero russo. Per il numero di reparti nemici sconfitti (morirono un milione e 400 000 uomini dell'esercito russo) e la grandezza dello spazio conquistato questa offensiva segnò la più grande vittoria delle forze centrali nella prima guerra mondiale. I russi iniziarono la grande ritirata , che non coinvolse solo l'esercito ma anche 3 milioni di civili costretti a lasciare le proprie case e a ritirarsi con le truppe verso est. A seguito della perdita di importanti zone industriali e superfici coltivabili la Russia dovette affrontare una dura carestia, le difficoltà di approvvigionamento e di rifornimento di armi e munizioni crebbero. L'esperienza della grande ritirata fu un duro colpo per il morale dell'esercito russo. D'altra parte però diede loro anche una spinta a intensificare gli sforzi verso una guerra totale. L'impero dello zar sfruttò i mesi successivi per riprendersi dalla dura sconfitta e per costruire con sforzi immani la propria macchina bellica. All'inizio di giugno del 1916 il comandante del fronte meridionale Brusilov si sentì pronto per colpire gli imperi centrali. Quattro battaglioni russi si abbatterono contro le postazioni austro- ungariche presso Luck e riuscirono a penetrarle; gli austriaci si dispersero; interi reggimenti si lasciarono catturare; il fronte resistette solo al centro dove c'erano le truppe tedesche. La situazione per gli imperi centrali si faceva molto pericolosa, tanto più che anche la Romania entrò in guerra. Seguirono altri attacchi che durarono fino a ottobre, quando le truppe russe esaurirono le proprie forze. I russi erano riusciti a portare l'Austria-Ungheria sull'orlo del baratro, ma la quantità immane di sangue versato da più di un milione di uomini fece temporaneamente precipitare lo spirito battagliero dello Zarato. Inoltre i problemi interni della Russia si fecero sempre più evidenti soprattutto l'insoddisfazione per il sistema vigente si fece sempre più pressante dopo il fallimento dell'offensiva. Anche l'atteggiamento ostile verso ebrei e tedeschi, molto diffuso tra i russi e fomentato dal governo, non riusciva più a distogliere l'attenzione dalle problematiche interne. Il paese era dilaniato da lotte sotterranee di diverse correnti, le condizioni di vita dei lavoratori peggioravano, scioperi e dimostrazioni erano all'ordine del giorno. Nel marzo 1917 una di queste dimostrazioni si trasformò in sciopero generale. In pochi giorni il regno dei Romanov, che esisteva da 300 anni, crollò. La guerra intanto continuava e il nuovo governo provvisorio con il suo ministro della Guerra Kerenskij era deciso a mettere in campo tutte le forze a disposizione. All'inizio di luglio del 1917 i russi tornarono a mettere alle strette gli austriaci nello stesso settore del fronte dove l'anno prima li avevano sconfitti e ottennero anche questa volta ripetuti successi. Al sopraggiungere di truppe tedesche però si interruppe l'attacco. Le perdite ingenti avevano demoralizzato l'esercito russo. Nel 1917 Kerenskij trattò una pace separata con gli imperi centrali, che venne firmata nel marzo 1918 a Brest-Litovsk. Così finiva la guerra fra gli imperi centrali e la Russia, ma l'est avrebbe continuato a essere palcoscenico di guerra per altri tre anni.

FRONTE ORIENTALE: i tedeschi sapevano che l'enorme estensione del paese rendeva impossibile

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La grande guerra Oliver Janz Riassunto

Corso: Scienze della Comunicazione

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Oliver Janz – La Grande Guerra
Introduzione
La nostra immagine della prima guerra mondiale è segnata dal fronte occidentale: è presentata
soprattutto come una guerra civile fra Germania, Francia e Inghilterra. Tradizionalmente si pensa
che sia stata causata dall'atavica inimicizia franco-tedesca, dalla ferita mai rimarginata della
sconfitta tedesca nel 1870-71, dalla perdita di Alsazia e Lorena, dall'aspirazione guglielmina a un
riconoscimento a livello mondiale e all'armamento navale, dal malcontento britannico di fronte al
crescente successo della Germania. Non si fa caso al fatto che l'Europa orientale e meridionale sia
stata danneggiata in misura maggiore. Di fatto l'intera Europa orientale fu coinvolta nella guerra, e
il conflitto ebbe inizio proprio nei Balcani. Perchè la dimensione orientale della guerra è rimasta a
lungo in ombra? Perché l'Unione Sovietica e gli stati dell'Europa orientale che divennero suoi
satelliti erano concentrati sul mito fondante della rivoluzione russa, anche se è dalla prima guerra
mondiale che trassero origine. Stesso discorso vale per la Turchia, che fa risalire la propria origine
(la fondazione della repubblica) con la guerra d'indipendenza scaturita dalla prima guerra mondiale.
Con il termine “mondiale” finora si è voluto intendere non tanto l'estensione globale del conflitto,
quanto la rilevanza storica mondiale che ebbe. Di fatto però rappresentò per l'Europa e per molti
paesi extraeuropei la catastrofe originaria del XX secolo, e dimostrò quanto il mondo e il sistema di
potere internazionale fossero globalizzati già nel 1914. Molti stati extraeuropei presero
effettivamente parte al conflitto, e la guerra fu globale anche dal punto di vista economico: l'entrata
in guerra della Gran Bretagna ebbe conseguenze sul mercato mondiale, perché era il centro del
commercio mondiale e della finanza. Tutti gli stati dell'intesa infatti accesero un credito negli Stati
Uniti per finanziare la guerra e alla fine della guerra tutta l'Europa perse 10 milioni di soldati e us
dal conflitto dissanguata a livello finanziario ed economico, e indebitata con gli Usa. La guerra
sancì l'ascesa degli Usa e quella dell'Urss, e segnò la fine della supremazia politica ed economica
dell'Europa sul resto del mondo. Alla trasformazione della guerra in conflitto globale contribuirono
anche Francia e Gran Bretagna mobilitando le risorse dei propri imperi coloniale: gran parte delle
truppe britanniche provenivano da Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Canada. Entrambi i
blocchi, cercando nuovi alleati, contribuirono all'allargamento del conflitto. Emersero inoltre
conflitti regionali e interessi dei singoli stati: paesi come Romania, Bulgaria, Italia, Portogallo,
Giappone, Cina e Impero ottomano tentarono di sfruttare il conflitto centrale o per consolidare la
propria posizione o per espandersi, e così facendo alimentarono la guerra. Quando entrarono in
guerra anche gli Usa quasi nessuno stato potè permettersi di restare in disparte perché era chiaro che
al tavolo dei vincitori si sarebbe dato un nuovo ordine al mondo.
La guerra non si concluse affatto nel 1918 e cominciò ben prima del 1914 nei Balcani e nelle
periferie coloniali come Marocco e Libia. Dopo il 1918 seguirono numerose altre guerre e conflitti
armati: dalla guerra civile russa alle lotte di confine dell'Europa centro-orientale, fino dalla lotta
d'indipendenza turca e alla guerra turco-greca.
Il libro si propone di:
- individuare le differenze tra la guerra in Europa occidentale e in quella orientale e nel Balcani?
Guerra occidentale: guerra classica, in cui sono morti soprattutto soldati. Guerra orientale-
balcanica: guerra senza confini, in cui è scomparsa la linea di demarcazione tra militari e civili.
- descrivere la dimensione globale della guerra contro la visione europea del conflitto
- sviscerare problemi di periodizzazione: gli antefatti della guerra
- interrogarsi sulle cause della guerra e sulla responsabilità dello scoppio,e sul modo in cui la guerra
ha portato a un tale inaudito dispiegamento di violenza tecnico-industriale e le ragioni della sua
lunga durata.
-domandarsi come sia stata recepita ed elaborata dalla memoria collettiva la morte di quasi 10
milioni di uomini.
1 In cammino verso la guerra