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Locke: la legge della proprietà, il diritto di resistenza

Corso

Filosofia del diritto

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Anno accademico: 2019/2020
AutoreThomas Casadei, Gianfrancesco Zanetti
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Locke: la legge della proprietà, il diritto di resistenza

  • Saggio sull’intelletto umano (1690)
  • Due trattati sul governo (1689-1690)
  • Lettera sulla tolleranza (1689)

 John Locke (1632-1704) è considerato tra i massimi filosofi dell'età moderna; autore decisivo sul

piano filosofico per l'empirismo, sul piano giusfilosofico e filosofico-politico per il giusnaturalismo, il contrattualismo, e per la dottrina del liberalismo, Locke non ha mancato di lasciare tracce significative anche nell’ambito pedagogico ed educativo, non che nella teorizzazione dell’idea di tolleranza. Per Locke, la trasmissione della conoscenza non avviene per mezzo di idee innate, né per tradizione: l'accettazione della tradizione e semplicemente una credenza.

La costruzione del patrimonio conoscitivo avviene tramite l’azione della ragione sull’esperienza sensoriale: l’attività dei sensi, innervata nel ragionamento razionale, produce l’interiorizzazione di canoni morali che fungono da filtro per la valutazione di azioni successive. La costruzione del Patrimonio conoscitivo inizia così, empiricamente, mediante l'acquisizione di principi

basilari semplici e intuitivi.

L’intera riflessione di Locke (che da questo punto di vista corre in parallelo a quella si Pufendorff) si basa sull’assioma dell’esistenza di un Dio benefico, fondamento di un ordine politico e sociale legittimo

Il potere è una conseguenza della relazione tra Dio e il creato à è un requisito funzionale alla realizzazione di scopi divini nella vita terrena. É istituita a questo scopo una corrispondenza (convenentia) tra legge naturale e la natura umana in quanto natura razionale.

 Locke giustifica i diritti e i doveri degli uomini nella società civile facendo leva sulla necessità di

superare le incertezze dello stato di natura mediante un contratto, che protegga la proprietà legittima

(legittimazione dell’autorità su un piano etico)

L’unica proprietà illimitata per natura è quella di Dio sulla creazione = si traduce nell’obbligo per gli uomini dell’autoconservazione e della proprietà di sé vincolo che implica la proibizione del suicidio e esclude la liceità della schiavitù volontaria (Secondo trattato sul governo).

La dignità e l’autonomia degli uomini sono dunque aspetti derivati da Dio; proprio l’essere proprietà di

Dio e di sé stessi rende gli uomini uguali per natura à concetto di uguaglianza “di partenza” (basic

equailty) che non nega le differenze materiali, sostanziali e circostanziali che dipendono da età, virtù,

talento, nascita, benefici.

Diversamente da Thomas Hobbes, per Locke lo stato di natura è una condizione originariamente

pacifica, è uno stato di libertà entro i limiti della “legge di natura” (lo stato naturale è governato da una

legge di natura vincolante per tutti e la ragione insegna che nessuno deve ledere gli altri nella vita, della

salute, nella libertà o negli averi).

Appare chiara la priorità deontologica della legge di natura sui diritti naturali  nella fondazione

lockiana dei diritti si va dall’onnipotenza del Dio creatore alla legge di natura (che coincide con la ragione), ai diritti soggettivi (invertendo il senso della fondazione di Hobbes).

Libertà lockiana è dunque assenza di interferenze esterne, ma non mancanza di regole — la legge di

natura, per quanto chiara e intelligibile, non è sempre spontaneamente applicata da tutti gli uomini: quindi un contratto istitutivo della società civile diviene necessario, non per generare una sovranità

illimitata, ma per istituire una convivenza garantita da un’autorità legittima, nota e imparziale.

Piero Costa ha notato che Locke è intervenuto sulla teoria contrattualistica in tre direzioni:

§ depurando lo schema del contratto dalle interpretazioni § ampliandolo alle condizioni di validità e di osservanza del contratto § ponendo il problema del fondamento e dei limiti del potere sovrano

In particolare, la libertà costituisce un aspetto essenziale del soggetto poiché è condizione necessaria

per assolvere al compito della conservazione di sé à “Solo la libertà della forza dell'altro mi garantisce la possibilità di conservarmi: per questo chi minaccia la mia libertà minaccia la mia stessa vita”.

La libertà è quindi indispensabile alla conservazione della vita ma poiché della vita ne dispone solo Dio, la libertà non è suscettibile di rinuncia o alienazione.

Dopo la stipulazione del contratto, la libertà civile è la continuazione della libertà “naturale” in un ambiente politicamente strutturato: quello di un corpo volontariamente costituito, inclusivo di tutti i soggetti che ad esso si sottopongono, organizzato per mezzo della rappresentanza e dotato di forza coattiva, nonché finalizzato alla tutela delle regole sociali fondamentali (e nulla più).

 La concezione dell’uomo di matrice lockiana rimane incentrata sulla proprietà privata  è un diritto

di natura (come la vita e la libertà). Mediante il lavoro, gli esseri umani si appropriano di beni secondo un circolo virtuoso che viene deviato solo dall' introduzione del denaro, fonte di profitto sproporzionato e causa della perdita di un nesso di causalità diretta tra attività lavorativa e bene acquisito.

Nella proprietà il soggetto trova una regola di condotta soddisfacente perché coincide con il comando divino nel diritto - dovere di conservare sè stesso attraverso il lavoro e la proprietà, egli fa coincidere la soddisfazione del bisogno con la sua dimensione di un compito, la vocazione religiosa, la cura dei propri interessi con la realizzazione del bene in generale.

 dalla proprietà scaturiscono anche la giustizia, che assicura a ciascuno il suo, e carità, corrisponde

a una “diritto al superfluo” del povero in condizioni di “estremo bisogno”.

Resta il fatto che il fine specifico dello stato civile è la salvaguardia della proprietà dello Stato civile ,

frutto del contratto tra il popolo e il sovrano (contratto= un patto fiduciario concepito da Locke,

diversamente da Hobbes, come revocabile)

 La limitazione del potere politico dipende dalla limitazione del potere naturale (qui si colloca un altro

elemento enfatizzato dalla critica, cioè la vicinanza tra Locke e il costituzionalismo). Il contratto lockiano supplisce a diverse esigenze tra cui quella giudiziaria che scaturisce dalla necessità di istituire un giudice arbitro delle controversie.

Il trasferimento allo stato del potere di punire avviene proprio per la conservazione della proprietà di tutti membri della società e implica, al contempo una limitazione del potere legislativo: esso non è, e non può essere, un arbitrario potere assoluto sopra le vite e i beni del popolo. Questo colloca Locke nel solco della tradizione liberale della limitazione del potere in funzione anti-

dispotica.

Il potere sovrano non è e non può essere concentrato nelle mani di un’unica entità e non è irrevocabile,

assoluto e indivisibile.

La tradizionale limitazione giurisdizionale del potere politico e ritrascritto nei termini dei diritti naturali inalienabili dell'uomo e della tripartizione del potere in tre funzioni: Ø potere legislativo: potere supremo, non perché senza limiti, ossia assoluto; ma perché è quello posto al vertice della piramide dei poteri. È il potere di predisporre e emanare leggi che appartiene al popolo che lo conferisce per delega a un organo preposto ad adempierlo, che è costituito dal Parlamento.

Ø il potere esecutivo: subordinato al potere legislativo, spetta al sovrano e consiste nell’applicare le leggi, nel punire i trasgressori; è quello che per noi è il potere giudiziario: diversamente dalla successiva indicazione di Montesquieu, non ha una sua autonomia ed è preposto a far rispettare la legge (deve essere uguale per tutti e deve far si che tutti siano uguali davanti a lei; e che ci sia la certezza del diritto, secondo il principio di legalità). Ø il potere federativo: la gestione della politica estera che prevede la possibilità di muovere guerra verso altri Stati, di stipulare accordi di pace, di intessere alleanze con tutte quelle comunità extra-

Nel Saggio sulla tolleranza (1667) la tolleranza appare come un importante strumento di governo che

ne aumenta l’efficienza nello svolgimento del compito di difendere i diritti naturali dell’individuo (vita,

libertà e proprietà).

È in quest’ottica che si giustifica:

à esclusione dalla tolleranza degli atei (che negando Dio mettono in questione la tenuta dell’ordine giuridico politico) e dei cattolici (non sono ritenuti affidabili nel rispetto del patto tra società civile e il sovrano poiché sono contesi tra due sovrani: il pontefice e il magistrato lockiano).

Il primo trattato sul governo fu scritto per confutare l’opera di Robert Filmer (1588-1653), Sostenendo la via assolutista ipostatizzava una teoria paternalistica e patriarcale, dove il fondamento del potere politico stava nel potere paterno di Adamo). Per Filmer, e il punto di partenza è il luogo in cui Dio concede il patriarca il dominio sulla terra, investendolo al contempo della proprietà e della sovranità; ciò implica un riconoscimento maiestatico tra autorità paterna e dominio regio, proprietà e diritto divino del sovrano. Filmer, sostiene inoltre la fondamentale omologia tra famiglia e ordine politico e dunque rifiuta la distinzione tra governo della famiglia e governo del Regno, tra politica ed economia.

Per Locke non esistono argomenti che dimostrano il carattere assoluto del potere paterno; nella sua riflessione solo Dio è titolare assoluto sulla creazione, pertanto Adamo è inteso, non come primo sovrano padre, ma come il primo uomo: è all'umanità pertanto che viene conferita la proprietà su se stessi e sulle proprie sostanze, in virtù della comune e primigenia proprietà di Dio.

Va precisato che Locke riconosce, implicitamente, il diritto della moglie ad una proprietà privata autonoma dal marito, anche se vede nella natura un fondamento che giustifica la subordinazione della moglie al marito, precisando che, in virtù delle loro differenti intelligenze e volontà, è necessario che il governo ricada sull’uomo in quanto più abile e forte (ad eccezione del matrimonio la donna è inferiore

all’uomo per tutti gli altri diritti).

Contro la teoria di Filmer del diritto divino dei re, Locke rilancia e radicalizza la funzione dei diritti come

argine del potere sovrano.

Pensiero di Locke: costituisce una tappa centrale nell’evoluzione del liberalismo  secondo cui l’ordine politico e giuridico ha come propria origine, come proprio centro e come proprio fine il soggetto e le sue libertà. Per tutelarli, nella ,macchina costituzionale da lui ideata, è ammessa anche, come “valvola di

sicurezza”, la resistenza all’arbitrio dell’autorità.

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-Due trattati sul governo (1689-1690)
-Lettera sulla tolleranza (1689)
John Locke (1632-1704) è considerato tra i massimi filosofi dell'età moderna; autore decisivo sul
piano filosofico per l'empirismo, sul piano giusfilosofico e filosofico-politico per il giusnaturalismo, il
contrattualismo, e per la dottrina del liberalismo, Locke non ha mancato di lasciare tracce significative
anche nell’ambito pedagogico ed educativo, non che nella teorizzazione dell’idea di tolleranza.
Per Locke, la trasmissione della conoscenza non avviene per mezzo di idee innate, né per tradizione:
l'accettazione della tradizione e semplicemente una credenza.
La costruzione del patrimonio conoscitivo avviene tramite l’azione della ragione sull’esperienza
sensoriale: l’attività dei sensi, innervata nel ragionamento razionale, produce l’interiorizzazione di
canoni morali che fungono da filtro per la valutazione di azioni successive.
La costruzione del Patrimonio conoscitivo inizia così, empiricamente, mediante l'acquisizione di principi
basilari semplici e intuitivi.
L’intera riflessione di Locke (che da questo punto di vista corre in parallelo a quella si Pufendorff) si
basa sull’assioma dell’esistenza di un Dio benefico, fondamento di un ordine politico e sociale legittimo
Il potere è una conseguenza della relazione tra Dio e il creato à è un requisito funzionale alla
realizzazione di scopi divini nella vita terrena. É istituita a questo scopo una corrispondenza
(convenentia) tra legge naturale e la natura umana in quanto natura razionale.
Locke giustifica i diritti e i doveri degli uomini nella società civile facendo leva sulla necessità di
superare le incertezze dello stato di natura mediante un contratto, che protegga la proprietà legittima
(legittimazione dell’autorità su un piano etico)
L’unica proprietà illimitata per natura è quella di Dio sulla creazione = si traduce nell’obbligo per gli
uomini dell’autoconservazione e della proprietà di sé vincolo che implica la proibizione del suicidio e
esclude la liceità della schiavitù volontaria (Secondo trattato sul governo).
La dignità e l’autonomia degli uomini sono dunque aspetti derivati da Dio; proprio l’essere proprietà di
Dio e di sé stessi rende gli uomini uguali per natura à concetto di uguaglianza “di partenza” (basic
equailty) che non nega le differenze materiali, sostanziali e circostanziali che dipendono da età, virtù,
talento, nascita, benefici.
Diversamente da Thomas Hobbes, per Locke lo stato di natura è una condizione originariamente
pacifica, è uno stato di libertà entro i limiti della “legge di natura” (lo stato naturale è governato da una
legge di natura vincolante per tutti e la ragione insegna che nessuno deve ledere gli altri nella vita, della
salute, nella libertà o negli averi).
Appare chiara la priorità deontologica della legge di natura sui diritti naturali nella fondazione
lockiana dei diritti si va dall’onnipotenza del Dio creatore alla legge di natura (che coincide con la
ragione), ai diritti soggettivi (invertendo il senso della fondazione di Hobbes).
Libertà lockiana è dunque assenza di interferenze esterne, ma non mancanza di regole — la legge di
natura, per quanto chiara e intelligibile, non è sempre spontaneamente applicata da tutti gli uomini:
quindi un contratto istitutivo della società civile diviene necessario, non per generare una sovranità
illimitata, ma per istituire una convivenza garantita da un’autorità legittima, nota e imparziale.
Piero Costa ha notato che Locke è intervenuto sulla teoria contrattualistica in tre direzioni:
§depurando lo schema del contratto dalle interpretazioni
§ampliandolo alle condizioni di validità e di osservanza del contratto
§ponendo il problema del fondamento e dei limiti del potere sovrano

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